Il pallone tricolore e il balletto sulle riforme. Dalle promesse di Gravina alle lettere di Ghirelli: un altro anno bruciato

Gli annunci ripetuti da oltre tre anni, i diktat del presidente federale fermi al palo: l'assemblea straordinaria saltata e il progetto riforme eternamente bloccato. Bagarre sul format campionati
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Il calcio continua a chiedere aiuto e aiuti allo Stato, anche questo Governo, dopo quello di Draghi, chiede riforme. Tra le tante, c’è anche il nodo della riforma dei campionati della quale, ha detto Abodi, «parliamo con Gravina e con i presidenti delle altre leghe. Stiamo affrontando le tematiche nel complesso. Ce ne stiamo occupando con serietà e visione d’insieme. Io amerei tanto farlo con un tavolo istituzionale e non a strappi», ha detto il neo-ministro. Le riforme sono ancora un libro bianco, pagine sfogliate ma nulla di nero su bianco. Più che strappi, sarebbe meglio parlare di stallo. La riforma dei campionati e il nuovo format: se ne discute da anni, annunciate ma bloccate da una serie di veti e veleni. Altro che visione d’insieme, l’inverno continua da anni.

La primavera è da sempre la stagione che porta con sé desideri di cambiamento. Una “nuova primavera” è slogan abusato. Utilizzato dai politici di turno, dagli economisti del momento e persino da chi governa il pallone. Son sempre gli stessi, si definiscono “prestati al calcio” eppure il tourbillon non li sfiora neppure, a loro basta dare un colpetto al carillon per far girare tutta la giostra, sempre a proprio piacimento. «Una nuova primavera per il calcio italiano». È la frase che il presidente federale Gabriele Gravina pronuncia solennemente il 6 aprile 2022, in apertura di consiglio federale e poi nella conferenza stampa di consuntivo. Quel giorno annuncia una svolta, il cambiamento di rotta, un’inversione decisa, veloce, inderogabile. Il momento è delicato. La nazionale da venti giorni è fuori dal Mondiale, sbattuta fuori dalla Macedonia, il presidente federale stizzito lancia accuse alla A che non s’è fermata e da Milano gli è arrivato un telegramma. Tre parole: “Proposte sulla Nazionale” (leggi qui). È solo l’ennesimo colpo di cannone in una battaglia a puntate tra A e Figc (qui, solo un esempio). L’indice di liquidità per le licenze, l’elezione del nuovo presidente di Lega, la nomina del consigliere indipendente, fondi e media-company, decreto crescita: punti divisivi accompagnati da veleno. I vertici della Figc (Gravina, i vice presidenti Ghirelli e Calcagno) sono come asserragliati in un bunker: qualche giorno prima – l’1 aprile – il procuratore capo Chinè ha deferito la Juve e altri quattro club di A (Napoli, Genoa, Sampdoria, Empoli, poi una serie di club di B e Lega Pro e due società escluse) per le operazioni di plusvalenza (qui), il giorno dopo Gravina è stato ascoltato in una caserma della Guardia di Finanza a Roma dal pm Marco Gianoglio della Procura di Torino che sta conducendo l’inchiesta Prisma sulle operazioni del club bianconero (qui). Da lì a pochi giorni, si terranno due velocissimi gradi di giudizio della giustizia sportiva che scioglieranno in bolle di sapone tutta la vicenda (qui) (qui), accompagnata dalle bacchettate dei giudici al procuratore capo (qui) che all’epoca era pure capo Gabinetto del Mef e da una domanda da tutta la gente comune: è possibile prendere le valutazioni di Transfertmark come punto di riferimento? Alla domanda nessuna risposta, come nessuna risposta l’avrà ad esempio la fine ingloriosa del Catania: fine annunciata dall’estate che si consuma invece a metà aprile, a torneo in corso (qui e qui), negli stessi giorni in cui il presidente degli allenatori italiani (e direttore della scuola allenatori del centro federale di Coverciano) Renzo Ulivieri viene squalificato per insulti all’arbitro (qui) e l’associazione arbitri italiana è attraversata da veleni e processi.

Il calcio italiano è sprofondato e produce solo veleni, scontri e ricorsi (qui e qui), è alla canna del gas, chiede da mesi aiuti e ristori al Governo Draghi che però da mesi risponde sempre alla stessa maniera: il calcio deve essere credibile, deve prima riformarsi, deve darsi delle regole e una bella regolata. Mesi prima – agosto 2021 – era stato accartocciato un documento che la Federcalcio aveva commissionato come studio a una società di consulenza che però avvertiva: noi non rispondiamo sulla veridicità dei dati. Il documento si chiamava Fenice (qui): anche questo finito in una babele di carte e parole. Riavvolgere il nastro degli ultimi mesi forse serve a qualcosa. Prima però un obbligato salto all’indietro nel tempo. Inizio 2019, Gravina è da ottobre 2018 presidente federale: dopo la rivolta contro Tavecchio e il patto elettorale sottoscritto con Sibilia siede al quinto piano di via Allegri.

30 gennaio 2019. “Care leghe, con questo format siete autonome e vi potete autodeterminare, sempre nel rispetto delle altre componenti. Cominciate a produrre un progetto di riforma del calcio italiano”. Rivolgendosi a Lega A, Lega B e Lega Pro, così il presidente della Figc Gabriele Gravina al termine del consiglio federale che ha portato la competizione a 20 squadre dalla prossima stagione. Con la modifica dell’articolo 49 delle norme interne federali (Noif) il numero delle squadre partecipanti a serie A e serie B può essere ridotto in maniera “non inferiore” alle 18 squadre e a 40 squadre per la serie C. «È una decisione epocale, quello che per anni questa federazione ha tentato di fare senza riuscirvi. È la dimostrazione che i tavoli di confronto servono eccome», sottolinea. E poi: «Con tale riforma si assegna la cosiddetta “golden share” alle leghe, che autonomamente potranno decretare il loro format del campionato prima di confrontarsi con le altre leghe coinvolte e con lo stesso consiglio federale». Infine: «Permettetemi un pizzico di orgoglio, è un piccolo premio alla mia grande tenacia, per questo me ne prendo vanto e merito. Per anni abbiamo assistito a strappi e tensioni. Ora sta alle leghe prendersi la responsabilità politica di poter determinare il proprio format. Per esempio, se la Lega di B vuole andare a 18 può chiederlo autonomamente ma si deve interfacciare con la Lega di A e di C».

6 aprile 2022. «È il tempo della responsabilità e dell’azione: tutte le componenti del calcio italiano sono chiamate a fare un passo avanti per il bene del movimento. Questo tavolo ci accompagnerà per l’intera durata dell’attuale mandato del Consiglio federale. Confido di portare alcune decisioni in approvazione già il 20 aprile». Così Gravina al termine della prima riunione del tavolo di lavoro permanente chiamato “Riforme del calcio italiano”. Vi partecipano Lorenzo Casini (Lega A), Mauro Balata (Lega B), Francesco Ghirelli (Lega Pro), Giancarlo Abete (Lega Dilettanti), Umberto Calcagno (Aic), Renzo Ulivieri (Aiac) e Duccio Baglioni (Aia).

28 luglio. «Dobbiamo lavorare in una logica di sistema per raggiungere la sostenibilità del calcio italiano, un tema non più rinviabile che passa anche da due date importanti: l’11 ottobre, in occasione della riunione del consiglio federale, approveremo il Manuale per il prossimo triennio mentre il 12 dicembre si terrà un’assemblea straordinaria per l’eliminazione del diritto di veto delle singole componenti e per arrivare alla riforma dei campionati. Stabiliremo così chi davvero avrà voglia di rinnovare il mondo del calcio italiano». Sono le parole di Gravina al termine del consiglio federale, quello che ha posticipato di tre anni la fine della multiproprietà, che ha candidato l’Italia all’Europeo 2032, che in base alla relazione Covisoc ha individuato in Fermana e Torres le ripescate dopo l’esclusione di Campobasso e Teramo. Il presidente della Federcalcio chiude la giornata “appoggiando” le rimostranze di Balata sull’estensione della mutualità generata dai diritti tv ad altre federazioni, rispondendo così per le rime al documento della Lega A.

24 settembre. «Il progetto di riforma del calcio italiano non può più rimanere immobile. È giunto il momento di riformare il sistema. A cominciare dalla riforma dei campionati. Stiamo lavorando su un progetto di riforme. Ci sarà un’assemblea straordinaria il 21 dicembre, a furia di veti incrociati non si riesce a portare avanti un progetto organico. La mia proposta il 21 dicembre sarà togliere il diritto di veto in capo a ciascuna società e componente, i veti non permettono di trovare unità di intenti. Ci confronteremo, cambiamo le regole e poi affronteremo il tema della riforma del calcio italiano, perché non è una minaccia ma un’opportunità». Così il presidente federale Gravina, ospite del “Festival dello Sport” a Trento: l’assemblea straordinaria – quella che deve abolire “i veti incrociati” e che deve smascherare chi è contro le riforme – annunciata a luglio per il 12 dicembre pare quindi slittare al 21 del mese, a quattro giorni dal Natale. Un anno e mezzo dopo (leggi qui), il quiz ancora senza soluzione.

27 settembre. «Abbiamo bisogno di una grande e vera riforma. La mia proposta all’assemblea straordinaria del 21 dicembre sarà togliere il diritto di veto in capo a ciascuna componente: in quella sede ci confronteremo per cambiare le regole e poi riformare il calcio italiano. Il mondo del professionismo di base sta soffrendo ma sta reagendo con una capacità di visione nel saper affrontare i problemi e attuare metodologie e capacità di lavoro superiori alla media del sistema, senza occupare spazi impropri o cercare scorciatoie». Così Gravina nel corso del direttivo di Lega Pro presieduto da Ghirelli: il presidente federale sottolinea come il mondo del calcio “non stia cercando scorciatoie” e pone ancora una volta in evidenza la necessità di cambiare lo statuto, almeno di entrare nel tessuto dell’articolo 13 (Ordinamento del giuoco, dei campionati e delle squadre nazionali), che disciplina così al comma 2: “La Figc disciplina l’affiliazione delle società e definisce, d’intesa con le Leghe interessate e sentite le componenti tecniche, l’ordinamento dei campionati. […]”. L’articolo 49 (Ordinamento dei campionati) delle Noif, recita così al punto 3: “A decorrere dal 2019/2020 il numero di partecipanti ai campionati di A, B e C può essere ridotto rispetto a quello previsto dal comma 1 lettera a) e b) ma comunque non inferiore a 18 squadre per la A e la B e 40 per la C. Ciascuna Lega può deliberare, dandone comunicazione alla Figc entro il 31 dicembre di ciascun anno, il numero di squadre partecipanti al proprio campionato e la relativa modifica entra in vigore a decorrere dalla stagione successiva a quella della sua adozione. Affinché la delibera della Lega possa avere efficacia è necessario che venga ratificata con delibera del consiglio federale adottata d’intesa con le altre Leghe interessate. L’intesa con le Leghe interessate è necessaria esclusivamente laddove la modifica dell’ordinamento del campionato abbia conseguenze sui meccanismi di retrocessione e promozione. In tal caso i meccanismi di retrocessione e promozione verranno individuati con delibera del consiglio federale”. Quel giorno, ma anche nei precedenti e poi in quelli a seguire, verrebbe da porre una domanda spontanea: perché convocare un’assemblea straordinaria per eliminare il diritto di veto delle componenti? Perché, visto che ridurre A e B sotto le 18 squadre è inimmaginabile? Nessuno chiede, eppure la risposta ci sarebbe, la si intuirà nel corso dei giorni: il motivo può essere solo uno, ridurre la C sotto le 40 squadre. Sarebbe una riforma storica, “epocale” per usare un termine caro a Gravina. Interessante sarà seguire le evoluzioni del presidente della Lega Pro Ghirelli, come degli altri presidenti di Lega (la serie A ribadisce ogni giorno da mesi anzi da anni che sotto le 20 non scende, che non gradisce playoff e playout, la serie B che vuole “raffreddare il sistema” riducendo il numero delle retrocesse e punta a fettina della mutualità della A): un ginepraio di lettere e risposte affilate dentro il quale verrà sotterrata quella volontà espressa a aprile da Gravina di convocare a dicembre un’assemblea straordinaria. Della quale non v’è più traccia. È infatti scomparsa dall’agenda: adesso compare solo un generico riferimento a una serie di proposte da esaminare nell’ultimo consiglio federale dell’anno, quello convocato per il 19 dicembre. Niente assemblea straordinaria, nessuna abolizione diritto di veto e nemmeno la riformulazione dei pesi elettorali. Delle riforme, della riforma dei campionati, s’è persa traccia.

11 ottobre. Ecco la nota dell’ufficio stampa Figc al termine del consiglio federale sugellato dal fermo altolà di Gravina («basta spendere più di quanto ci si possa permettere, il nostro movimento deve essere sostenibile»). “Facendo riferimento alla lettera inviata alle componenti federali nei giorni scorsi, Gravina ha illustrato ai consiglieri la volontà di modificare lo Statuto eliminando l’intesa prevista per qualsiasi modificazione dell’attuale statuizione dell’ordinamento dei campionati. Gravina ha ribadito il principio a cui si ispira la sua volontà, che non è finalizzata alla modifica del numero delle società partecipanti ai singoli campionati ma è piuttosto tesa al raffreddamento del sistema, quindi alla messa in sicurezza dei conti dei club attraverso un nuovo meccanismo, con un minore turnover a livello di promozioni e retrocessioni. Ferma restando l’autonomia su come organizzare i rispettivi campionati, la volontà della presidenza federale è favorire il dialogo su una riforma di sistema la cui necessità, come si sente ripetere spesso, è ampiamente condivisa. «Bisogna avere il coraggio di cambiare – ha affermato Gravina nel suo intervento – diventando protagonisti del cambiamento, tutti insieme. Assistere al tentativo di cambiamento degli altri ci condanna all’immobilismo, creando danni irreparabili al sistema negli anni a venire». Alla richiesta del presidente federale sono seguiti alcuni distinguo e contrarietà, accompagnate però da un rinnovato spirito di disponibilità e dall’impegno a collaborare per trovare, attraverso una discussione tra le Leghe, una bozza di riforma del sistema da sottoporre direttamente al consiglio federale. Gravina ha preso atto di questa apertura, dichiarando di non inserire al momento l’abolizione dell’art.27 all’ordine del giorno dell’assemblea. L’auspicio è che si arrivi a un progetto condiviso di riforma entro la fine dell’anno”. Auspici, condivisioni, intenti, progetti. Parole triturate dalla realtà. Dall’attualità. Invece un vorticoso giro di lettere, interventi, repliche. Eccone un brevissimo sunto.

28 ottobre. «La Lega Pro anticipa i tempi. I sondaggi fatti ci dicono che c’è enorme attesa per il cambio della formula del campionato e noi in assemblea abbiamo proposto un nuovo format alle nostre società. Ora ci sarà tempo per discuterne con loro e pensare a eventuali modifiche che saranno valutate nei prossimi incontri fino ad arrivare a una versione finale. Se saremo bravi avremo l’opportunità di trasformare il tutto in una grande opportunità: non vogliamo perdere l’occasione di portare nuovi giovani spettatori allo stadio pigiando su un dato centrale, l’emozione. Tutte le volte che lo facciamo o lo abbiamo fatto l’esperimento è riuscito, vedi gli ultimi playoff». Così il presidente della Lega Pro Ghirelli al termine dell’assemblea di Lega. La sua proposta di riforma: 60 squadre non più organizzate in tre gironi da 20 ma in 6 gironi da 10. Il criterio principale per creare i gironi: territoriale. Per ogni squadra 18 gare di regular-season, 9 di andata e 9 di ritorno. Cambio delle qualificazioni per playoff e playout: niente più promozioni dirette, 3 retrocessioni su 9 dirette. In sostanza: 60 erano e sono e 60 resterebbero, e visto che da A (niet sulle 18, niet su playoff e playout) e B (meno retrocessioni, questo il succo) non ariiva alcuna proposta sul cambio del proprio format, il sale della riforma dei campionati, almeno secondo il vice-presidente federale Ghirelli, si concentrerebbe nella terza serie.

1 novembre. «La riforma del calcio italiano non è la rimodulazione della Lega Pro»: in visita a Potenza, così Gravina replica al suo vice-presidente federale. «Se questo serve per una fuga in avanti dico già che non va bene. Non è la riforma definitiva del calcio italiano. Dobbiamo ragionare come sistema. Il calcio italiano necessita di un progetto condiviso, ho dato il mandato alle leghe (A, B, C e Dilettanti) di riunirsi per produrre entro i prossimi mesi un documento di riforma». Nei prossimi mesi le proposte di riforme. E quella di Ghirelli derubricata a fastidiosa fuga in avanti.

2 novembre. Ghirelli non ci sta. Precisa, riprende il tema senza menzionare l’amico (ex amico?) Gravina. «Se in qualsiasi parte delle istituzioni calcistiche si pensa che la mia proposta possa essere una fuga in avanti per inficiare la riforma dei campionati proporrò di spostare l’inizio del cambio della formula al campionato 2024/2025. Se si legge bene, era già previsto. Ci sarà così un altro anno per realizzarla, in questo mondo parolaio e marmoreo. Una cosa deve essere chiara: un calcio che perde 1 miliardo e 200 milioni di euro, non può pensare che facciamo una operazione “falsa”. Quale sarebbe? Tagliare venti squadre di serie C, perché? Inciderebbe il taglio per venti/trenta milioni di euro sul deficit complessivo e non servirebbe a nulla. Noi siamo per la riforma, non faremo nulla per dare alibi. La nostra proposta non è una fuga in avanti per inficiare la riforma dei campionati». Gravina contro risponde. «La riforma che ho in mente è più complessa e articolata, però apprezzo Ghirelli, dimostra come ci sia fermento e voglia di cambiamento». Ne riparleranno i due qualche giorno dopo, nel corso dell’incontro organizzato dalla Figc “Giocare insieme: il calcio come modello d’integrazione”. Intanto mentre la serie A pensa a nuove sospensioni sui versamenti fiscali e contributivi, ai diritti tv, alla media-company e ai fondi, mentre la B barcolla (respinto nella culla ogni tentativo di dialogo con la A) aggrappandosi con il presidente Balata a Gravina, Ghirelli continua invece a prendere carta e penna. Scrive, posta sui social, si fa intervistare. È in ogni dove, proprio non si capisce se si muova da solo o per conto di…

11 novembre. “Caro Lorenzo, caro Mauro”. Comincia così il testo della lettera indirizzata ai presidenti di A e B, Casini e Balata. “…Incontriamoci. Vi propongo di farlo nella bellissima Firenze per affrontare insieme il tema della Riforma dei campionati, come da mandato conferitoci nell’ultima riunione del consiglio federale. Ci siamo parlati in queste settimane, dobbiamo fare un passo decisivo in avanti. Ci dobbiamo provare e dobbiamo farlo con l’intento di riuscirci, perché lo stato di salute del calcio italiano non è dei migliori”. E ancora. “Se davvero abbiamo la concreta volontà di fare la riforma dei campionati, ci sono solo due strade. La prima: una proposta con uno spettro temporale attuativo di tre/quattro anni in modo che gli interessi di breve periodo dei club attualmente in organico non siano di ostacolo. La seconda: una proposta da attuare subito, qualora il calcio non potesse aspettare. Allora occorrerebbero subito risorse finanziarie. Si afferma che occorra stabilizzare i numeri per promozioni e retrocessioni. La C si è dichiarata disponibile a discutere una promozione in meno in B. Ma quale condizione consente questa importante rinuncia per i club? Che vi sia un sostanzioso riconoscimento, stabile nel tempo che le assicuri sostenibilità economica. In prima battuta dal paracadute che la A versa ai club che retrocedono in B, tra l’altro risolvendo un problema di distorsione competitiva a favore di tali club e di possibili conseguenti ricadute sulla regolarità del campionato di B”. La chiusura della lettera: “Incontriamoci, prima ho detto Firenze ma possiamo farlo anche a Roma. Diamoci un calendario d’incontri per arrivare a una proposta da consegnare al presidente Gravina. Resto in attesa di vostre…un caro saluto”.

15 novembre. «Io credo che una riforma dei campionati sia quanto mai necessaria, lo dico da secoli e non da oggi, e condivido la proposta del presiedente Gravina. Una serie A e una serie B a venti come adesso, una serie C elite a 20. Noi l’abbiamo approvata questa ipotesi, abbiamo fatto anche degli studi, ma le altre componenti non hanno fatto altre proposte. Gravina le ha chieste ma siamo ancora in alto mare, nessun tavolo comune, ognuno che va per conto proprio”. Così il ligio consigliere federale Balata che presiede la Lega B, che pensa come la B conti poco anche come percentuale elettorale, appena il 5%. Cosa dovrebbe dire allora la serie A, che vale il 12%? Insieme non fanno la quota della Lega Pro. Però la serie A ha molto altro cui pensare: soldi, scadenze, inchieste, arbitri, nelle riunioni in assemblea il tema riforme e soprattutto quello dei campionati comparso solo negli ordini del giorno. In fondo la serie A l’ha detto in tutte le lingue del mondo a Gravina, che o non ci sente o finge di non sentire. Intanto la sua assemblea straordinaria, quella annunciata in primavera, sotterrata e sepolta alle porte dell’autunno. L’inverno è alle porte. L’inverno porta il gelo. E porta al congelamento. Solo Ghirelli continua a riscaldarsi. Scrivendo.

21 novembre. “Caro presidente Casini, caro presidente Balata, per prima cosa mi scuso per il disturbo che vi arreco, abbiamo una responsabilità diretta, anche personale. Dobbiamo svolgere seriamente il nostro ruolo di dirigenti nazionali, dobbiamo quindi incontrarci e lavorare, ognuno di noi rinunciando a qualcosa di ciò che vorremmo a beneficio dell’interesse generale e pertanto sono a sottoporvi le seguenti disponibilità per l’incontro: 29 novembre a Milano, da voi, dalle ore 9 alle 13; 30 novembre a Milano, da voi, dalle ore 8 alle 11; 1 dicembre, a Firenze da me, giornata intera. Resto in attesa”.

23 novembre. Casini e Balata finalmente rispondono a Ghirelli, cui andrebbe dato almeno un merito: almeno per una volta serie A e B parlano la stessa lingua. E poi, al confronto con la lettera di Benigni e Troisi a Savonarola in “Non ci resta che piangere”, in questo frenetico invio di missive non ci sarebbe proprio partita. “Egregio presidente, caro Francesco, facciamo seguito alla tua del 21 novembre, condividendo le preoccupazioni espresse riguardo lo stato di salute del calcio italiano… proprio la responsabilità istituzionale che caratterizza il nostro agire ci impone di riconoscere il consiglio federale come sede statutariamente deputata a vagliare qualsivoglia proposta riformatrice. Per questa ragione siamo da settimane al lavoro per definire un piano d’intervento di cui, appena giunto a compimento di redazione, sarà nostra premura portarti a conoscenza e condividere, nel prosieguo di una collaborazione che deve essere spunto e preludio alla trattazione nella sede istituzionalmente deputata”.

25 novembre. «Il nostro male è la pigrizia, mi impegno a non arretrare di un centimetro nella riforma del calcio italiano. Capisco lo sconcerto per lo spettacolo che abbiamo offerto anche nelle ultime settimane: la notizia sul procuratore dell’Aia implicato in affari malavitosi; i giudizi pesanti sui presidenti dei club e le litigate che si susseguono tra loro. Tutto questo mentre si sta svolgendo il Mondiale in Qatar senza la nostra nazionale. Dobbiamo impegnarci, dobbiamo pensare al futuro. Sono sessanta anni che parliamo di riforme…».

27 novembre. «Il progetto seconde squadre fa bene alla Nazionale e anche alla Juventus. Basti pensare che la società bianconera ha schierato nella seconda squadra 97 giocatori e il 28% ha già esordito in prima squadra. Il progetto è stato visionato in maniera frettolosa, non approfondita, mentre è sotto gli occhi di tutti che una società che ha creduto in quel progetto ha effetti positivi, importanti a livello di sistema del calcio italiano». Lo dice Gravina che ha al suo fianco Andrea Agnelli, il presidente federale presente alla tavola rotonda (sul palco anche Casini e Ghirelli) “Le seconde squadre in Italia e in Europa, modello per il futuro?” organizzata dalla Juventus all’Allianz Stadium. È il giorno prima della nuova bufera giudiziaria (in realtà datata, una parte della vicenda velocemente affrontata in primavera col doppio processo federale) che porterà alle dimissioni di Agnelli e dell’intero cda bianconero e poi a una valanga di scoperte (!). «Niente linciaggio, aspettiamo l’esito delle inchieste», ha detto Gravina che ha derubricato in “cavolata” la propria partecipazione alla cena con alcuni presidenti a casa della mamma di Agnelli. Il fondo della questione in realtà è un altro e non riguarda le riforme né la riforma dei campionati. Per quelle si attende l’esito del consiglio federale pre-natalizio. Di quale anno, scegliete voi.

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