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D’Onofrio e l’ultima uscita pubblica sotto il segno dell’Aia. Gli arbitri e la rivoluzione: intanto cambiano sponsor tecnico

L'ex procuratore arbitrale presente in un convegno il 28 ottobre. L'associazione guidata da Trentalange e Baglioni cambia sponsor delle divise: dopo Legea, stringe l'accordo con Givova
D'Onofrio, ex procuratore Aia

Negli ultimi venti giorni il sito ufficiale dell’associazione italiana arbitri è una pagina ricca di belle storie. L’Aia accende i riflettori sulla storia di Arianna Bazzo, il quarto uomo catapultato a gara in corsa all’esordio in Lega Pro dopo l’infortunio muscolare dell’arbitro Maria Marotta. «In quell’abbraccio c’è tutto», ha confessato Arianna. Dà spazio all’esperienza di Eugenio Scarpa, arbitro della sezione di Collegno che nella vita di tutti i giorni fa l’ingegnere nel settore aerospaziale elaborando progetti a stretto contatto con la Nasa. Riflettori sulla commovente storia di Siyad Ali Hussein, fuggito dalla guerra civile in Somalia e rifugiatosi in Italia: un paio di domeniche fa, nella stessa domenica in cui tornava in campo Fabrizio Pasqua (dopo la squalifica e l’estromissione dalla Can, il fischietto di Tivoli è stato designato per Audace-Aniene Calcio, under 14 regionali: nessuna menzione sul sito) Siyad, accolto dalla sezione di Saronno, ha invece diretto la sua prima gara tricolore: Inter-Atalanta under 17 al centro sportivo Facchetti di Milano. A seguirlo c’era il componente del Comitato Nazionale dell’Aia Alberto Zaroli (Cra Lombardia) che non ha perso l’occasione per sottolineare quanto le regole siano fondamentali, nel calcio e nella vita. «Chi fa l’arbitro porta in campo le regole. Se ci fossero più persone che fanno in modo che le regole diventino la base della vita, si potrebbero ridurre i conflitti».

Il conflitto D’Onofrio. Un conflitto devastante s’era aperto qualche giorno prima, alla notizia dell’arresto per narcotraffico del già pregiudicato procuratore Aia Rosario D’Onofrio: però dopo lo sconcerto del presidente federale Gravina, dopo lo stupore del presidente nazionale degli arbitri Alfredo Trentalange e la domanda del ministro Abodi «ma è uno scherzo?», la bomba D’Onofrio ha per ora lasciato indenni e sul campo tutti i protagonisti (leggi qui, qui e qui). «Nel caso che ha riguardato l’ex procuratore generale dell’Aia D’Onofrio, come a proposito delle plusvalenze, tutto è partito da mie denunce. Perché in Figc vogliamo trasparenza. Condanne e assoluzioni non toccano a noi, ma noi facciamo rispettare le regole», ha detto mercoledì scorso Gravina in visita istituzionale a Napoli. Due giorni prima era stato invece a Torino: dopo l’incontro allo Stadium della Juventus per un convegno con Andrea Agnelli sul calcio del futuro, è passato da Trentalange. Lui e il presidente dell’Aia presenti alla manifestazione “Golden Hearts – Campioni nel Cuore” organizzata per premiare arbitri e dirigenti protagonisti di storie esemplari. Come quella di Sanam Shirvani, di origini iraniane, premiata per il suo percorso, per gli ideali di libertà e passione verso l’arbitraggio. Chissà cosa si sono detti tra una stretta di mano e un saluto, il presidente della federazione e quello dell’associazione arbitri: magari anche nulla.

L’attesa e l’ultima uscita. La Figc venti giorni fa ha commissariato la giustizia domestica col voto favorevole in consiglio dell’Aia e all’Aia ha detto: se non vi mettete in regola entro il 15 dicembre, arriverà il commissario (allertato il vice-segretario Di Sebastiano in via Allegri, lì dove lavora Meloni che per anni è stato il segretario dell’Aia di Nicchi). Intanto l’Aia, nella fretta e sotto la scure, ha pasticciato tra delibere, deferimenti, decadenze, proposte di commissariamenti e revoche per mettere almeno una pezza al caso D’Onofrio, Rosario D’Onofrio che intanto dal carcere di Milano (respinta la richiesta di scarcerazione) attende il giudizio della Commissione Federale di Garanzia: nell’udienza la difesa (avvocato Chiacchio) appellandosi all’articolo 8 (regolamento disciplina, c’è un caso precedente e accolto a fine luglio, riguardava l’avvocato Bruni all’epoca dei fatti presidente della Commissione Disciplinare del settore tecnico) ha sostenuto che non sia processabile a livello sportivo perché s’era dimesso dagli incarichi prima dell’avvio del processo e dunque ne ha chiesto l’estinzione. Nell’attesa del verdetto (processo o non processo) di via Allegri (De Lise è il presidente) il già velenoso mondo arbitrale s’è diviso ancor più davanti allo sconcertante e deprimente scambio epistolare di accuse e stilettate intercorso tra l’ex presidente Nicchi e l’attuale Trentalange. Intanto in via Campania pare si respiri aria di nuovo corso: la procura arbitrale riapre fascicoli e ascolta testimoni, al vaglio ci sono parecchi procedimenti firmati da D’Onofrio e poi giudicati dai due gradi della Commissione di Disciplina, tra i tanti pare anche quello che ha visto squalificato per sette mesi un arbitro solo perché aveva presentato supplemento al primo referto (leggi qui). Sul sito dell’Aia e della Figc intanto fa bella mostra la “manifestazione d’interesse” bandita per integrare i ruoli della giustizia federale e arbitrale. Magari è davvero un nuovo corso, magari non resterà solo uno slogan. Tanto per dire: un titolo interessante l’aveva anche l’ultimo incontro pubblico al quale aveva partecipato il procuratore Aia D’Onofrio prima che finisse un’altra volta in manette: a fine ottobre, ospite della sezione arbitrale di Nocera Inferiore, aveva relazionato su “Norme di disciplina del regolamento associativo”. Il 28 ottobre 2022: a quel giorno, secondo le dichiarazioni pubbliche poi rilasciate e secondo le carte, la Figc e l’Aia sapevano (?) della “vicenda Avalos”, conclamatasi infatti nel deferimento e nel ricorso in giudizio. Nella stanza del procuratore Figc Chinè intanto ci sono i fascicoli della Dda di Milano, adesso però si sono aggiunte le carte dell’inchiesta sulle operazioni della Juve. Tante carte, forse troppe. Tanto lavoro, forse troppo. Ci saranno tempo, forze e lucidità per approfondire tutto? Chissà. Intanto nell’aria resta uno spiffero prepotente: i vertici dell’Aia, l’intero Comitato Nazionale, resta a forte rischio commissariamento pur se molti dirigenti ed ex dirigenti arbitrali pensano a voce alta, “ormai la Figc ce li ha in pugno, che li commissari o no poco sposta”. L’aria di rivoluzione galleggia. Aria di cambiamento? Subito, o a giugno?

Il nuovo sponsor. A proposito di cambiamento e di giugno, ci sarebbe una domanda, semplice: Trentalange avrà comunicato al presidente federale un’altra novità, un’altra (mini) rivoluzione? Questa in realtà al momento non compare sul sito ufficiale dell’associazione arbitri, corre semplicemente di bocca in bocca: l’Aia avrebbe deciso di cambiare sponsor tecnico, a giugno si chiuderà il triennio con la Legea, da luglio dovrebbe essere invece la Givova a fornire il materiale tecnico a tutti gli arbitri e assistenti italiani (in tutto oltre trentamila) che scendono in campo, dalla serie A ai dilettanti, passando per le giovanili. A cambiare sponsor tecnico del resto è stata già la Figc che dopo 19 anni con la Puma ha firmato l’accordo con l’Adidas: il contratto è stato già ufficializzato, entrerà in vigore dall’1 gennaio. Divise e materiale tecnico per tutte le nazionali, 35 milioni l’anno entreranno nelle casse della Federazione, una decina in più a stagione rispetto all’accordo in scadenza con la Puma. Le cifre dell’accordo tra Aia e Givova invece non sono ancora note, pare che della vicenda se ne sia occupato soprattutto il vice-presidente della Comitato Nazionale, il fiorentino Duccio Baglioni.

Il pasticcio e il divorzio. Un accordo che dovrebbe essere messo a conoscenza del presidente federale. È stato già fatto? È una questione non soltanto istituzionale e formale ma anche sostanziale visto che l’Aia pur dipende dalla Figc: ad esempio c’era Gravina al fianco dell’allora presidente Marcello Nicchi quando nel 2019 l’Aia presentò l’accordo con la Legea che prendeva il posto della Diadora come fornitore ufficiale delle divise e del materiale per arbitri e assistenti. L’avvio non fu però certo idilliaco, tutta colpa di un pasticcio di color giallo. Gli arbitri di A e B avevano ricevuto quattro maglie di quattro colori diversi (gialla, rossa, blu e nera) in modo da poterle adattare in base alle squadre mentre quelli designati nelle serie minori, dilettanti Regionali e Provinciali, ne avevano ricevuta soltanto una, di colore giallo. Una sola, per tutto l’anno e per tutte le squadre, pure per quelle che giocavano in giallo. Un vero pasticcio. L’Aia aveva allora dato il permesso di utilizzare, in casi di necessità, la vecchia maglia Diadora. Decisione che ovviamente Legea non gradì. Nicchi allora fu costretto a fare retromarcia nell’imbarazzo di tutto l’ambiente arbitrale e federale, imponendo la divisa gialla per tutti. Con questo escamotage. «Abbiamo condiviso con la Lnd che le società interessate forniscano un’ulteriore divisa (o la sola maglia) Legea, di colore alternativo, da rendere disponibile nello spogliatoio ad uso del direttore di gara, che la restituirà alla società a fine partita».

Parenti lontani e assicurazioni arbitrali. La storia della genesi di Legea e Givova somiglia un po’ a quella tra Adidas e Puma, le due società di abbigliamento sportivo tedesche nate dopo i dissidi familiari tra i fratelli Dassler e diventate poi colossi concorrenti. Legea è una sigla coniata nel 1993, somma delle iniziali di Luigi Franco, Emilia e Giovanni, figli del fondatore Antonio Acanfora e della moglie Elena. Da sempre specializzata nella vendita di abbigliamento e materiale sportivo e concentrata quasi esclusivamente sul calcio, l’azienda con sede a Pompei avrebbe pian piano conquistato una fetta di mercato calcistico. Nel 2008 la scissione: Giovanni, uno dei fratelli Acanfora, avrebbe fondato la Givova, sede a pochi chilometri da Pompei, per la precisione a Scafati. E così le due aziende sono diventate nel corso degli anni delle rivali. Il papà Antonio è morto un anno fa, alla soglia dei cent’anni. Non ha fatto in tempo a vedere l’ultima puntata della saga familiare: la Givova che pare prenderà il posto della Legea come sponsor tecnico dell’Aia. Sulle divise arbitrali continuerà però a comparire il marchio “Net Insurance” che il 28 luglio del 2022 ha rinnovato (fino al 2025) il precedente contratto triennale di sponsorizzazione dal valore di 1,2 milioni di euro l’anno: quel giorno nella sala “Paolo Rossi” di via Allegri davanti ai riflettori c’erano il presidente Figc Gravina, il presidente dell’Aia Trentalange e Andrea Battista, amministratore delegato della compagnia assicurativa qualche anno fa al centro di un giallo-intrigo finanziario internazionale che da Roma sarebbe arrivato sino a Londra lambendo persino le porte del Vaticano, la compagnia assicurativa vittima di una frode per oltre 26 milioni di euro. «Gli arbitri rappresentano un caposaldo del mondo del calcio e Net Insurance ormai è entrata a pieno titolo nella nostra grande famiglia»: così Gravina il 28 luglio 2022. Battista: «I nostri clienti e il pubblico dello sport apprezzano i valori dell’integrità, della lealtà e del rispetto delle regole che ci accomunano agli arbitri italiani. Continueremo a condividere i nostri successi insieme alla Figc e all’Aia». Trentalange: «Siamo grati e lusingati dalla conferma ricevuta dal nostro sponsor Net Insurance che testimonia e riconosce nel tempo il valore aggiunto dei nostri 30.000 Arbitri su tutti i campi di calcio. Le nostre donne e i nostri uomini rappresentano un’eccellenza sportiva del calcio italiano che siamo fieri di rappresentare in tutti i contesti, dai campi di periferia alle grandi partite delle coppe internazionali»

 

 

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