Serie A al terzo voto, Gravina spera nei dossier. Nei Dilettanti blinda Abete e prova a risolvere il nodo Repace ma Tavecchio non molla

Elezioni in Lega A: la Figc gioca le ultime carte di pressione, i club cercano un'intesa su Casini. Guerra di dossier, Scaroni verso il forfait. Asse Lotito-De Laurentiis nella sfida a via Allegri. Nodi da sciogliere in Lnd: battaglia tra i presidenti dei Comitati per i vice, il jolly di Abete e Gravina per lo spinoso caso Umbria. Esposto di Fiorucci al Coni, la regola dei mandati riguarda pure Malagò
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Delicato. Dirompente. Decisivo. Il momento solenne sta arrivando. È tempo di verdetti. Girano i bussolotti nell’urna mentre rotola il pallone sul prato, erba mista a fango: fili lontani e paralleli che eppure s’intrecciano, legandosi a un altro filo. Esile, sempre più logoro e consunto. È quello sul quale come un trapezista prova a tenersi Gabriele Gravina: la poltrona di presidente federale è bersaglio di venti contrari che si portano dietro veleni e indiscrezioni. Annunciano tempesta. La maggioranza bulgara dentro il consiglio federale non basta più ad assicurarlo al quinto piano di via Allegri, dalle finestre lui attende l’esito di battaglie decisive. Si vota oggi in via Rosellini a Milano per la carica di presidente della Lega A, il 21 a Roma tocca alla Lega Nazionale Dilettanti scegliere il nuovo presidente, a Roma è previsto a breve anche l’inizio del tavolo governativo sulle richieste urgenti e pressanti di un pallone tricolore sempre più sgonfio, il 24 marzo infine la Nazionale di Mancini deve battere a Palermo la Macedonia e conquistarsi la finale (il 29 marzo) nello spareggio (Portogallo o Turchia?) per un posto al Mondiale. Il momento è solenne. Il momento è arrivato. “Gravina è uno di quelli che si lascia scivolare tutto addosso, vedrà anche stavolta farà così…”: la frase di un esperto consigliere federale risuona – acuta e grave – mentre si consumano giornate frenetiche. Trattative nascoste, insolite alleanze, indebite ingerenze, solite pressioni psicologiche, guerra di dossier. La realtà dice che il presidente federale ha una maledetta fretta: vuole blindarsi prima che l’Italia sfidi la Macedonia (leggi qui), deve farlo prima che l’eventuale esito negativo delle qualificazioni mondiali gli risuoni come un dejà vu. «Il consiglio federale deve dimettersi. Tavecchio deve dare le dimissioni, il calcio italiano ha bisogno di una svolta, dobbiamo assumerci tutti delle responsabilità». Parole pronunciate il 19 novembre del 2017, parole pronunciate da Gabriele Gravina presidente all’epoca della Lega Pro, parole pronunciate dopo l’eliminazione dell’Italia di Ventura e Tavecchio, bastonata dalla Svezia. Quattro anni e quattro mesi dopo pare di risentirle. Tra le labbra di chi ha messo nel mirino il presidente Figc, tutte le sue mancate promesse, tutte le sue mancate riforme, tutte le sue mosse guerrafondaie: le fila nemiche intanto s’ingrossano, s’attrezzano, s’armano. Lo sa bene Gravina, l’ha capito. Rovista nel proprio arsenale mentre finge disincanto. Nervoso, sempre più. Sul prato misto a fango rotolano nomi e sponsor, inchieste accantonate e altre improvvisamente aperte alla velocità della luce, pressioni e concessioni. Potrebbero forse non bastare più. Per questo prova a blindarsi: prima del 24 marzo vorrebbe vincere la partita in Lega A assicurandosi un presidente “vicino e fedele” (non forte ed autorevole) come lo era stato il silurato (dai presidenti di A che l’accusavano di essere “appiattito al volere della Figc”) Paolo Dal Pino, vorrebbe che il 21 la Lnd trasformasse il suo commissario straordinario Giancarlo Abete in nuovo presidente della Lega Nazionale Dilettanti, vorrebbe nel consiglio federale del 16 marzo mettere sul tavolo il tema delle licenze nazionali. Il momento è delicato. Decisivo. Solenne. Gli serve blindare almeno il 51%, ovvero la fedeltà assoluta della Lega Pro e della Lega Dilettanti.

Lo scontro e le pressioni. “Devi tenerti lontano dalla Lega A, a casa nostra decidiamo noi. Nelle nostre questioni tu e la tua federazione non devono metterci più becco”. Di avvertimenti di questo tenore – anche peggio – i presidenti di A gliene hanno lanciati tanti negli ultimi mesi mentre aumentavano le stoccate tra lui e il Governo, tra lui e la Vezzali (leggi qui). Dalle parole poi sono passati ai fatti, e nei fatti la maggioranza “graviniana” in Lega A non esiste più. Il no ai principi informatori, la rivolta contro Dal Pino, la voglia di sedersi al tavolo delle trattative col Governo su ristori e provvedimenti economico-finanziari (leggi qui), l’elezione costruita dall’asse LotitoDe Laurentiis di Gaetano Blandini a consigliere indipendente (leggi qui), la disintegrazione dei candidati graditi alla presidenza (leggi qui e qui), il no ai nuovi parametri per l’ottenimento delle licenze nazionali (leggi qui): il libro si è riempito sempre più di pagine, compattando molti club di A. Alle mosse dei presidenti la Figc ha provato a rispondere, continua a farlo. Come leggere le indiscrezioni rimbalzate sulla chiusura indagini – non ci sono ancora i deferimenti che si porterebbero dietro le eventuali sanzioni, aspre o tenere? – sul tema plusvalenze? Come leggere le intenzioni d’inasprimento dei parametri per l’iscrizione ai campionati? Come leggere la richiesta urgente formulata da Gravina al capo della Procura Federale (capo Gabinetto del Mef) Giuseppe Chinè – mentre sul tavolo della Procura Figc restano tra i faldoni inchieste scottanti – di aprire un’indagine sulle dichiarazioni di Blandini nel corso della riunione tra Federazione e Leghe professionistiche andata in scena lunedì da remoto e seguita da un’incredibile escalation di comunicati e note di agenzia. “La Procura Figc ha aperto un’indagine d’urgenza – così una nota Ansa – sul consigliere Blandini eletto con l’appoggio della cordata Lotito che avrebbe pronunciato insulti nei confronti dei dirigenti della federazione in una riunione tecnica. Al presidente Gravina è stato riferito infatti che Blandini avrebbe detto in federazione sono ladri e drogati: su queste basi Gravina ha fatto un esposto alla Procura che ha immediatamente aperto un’inchiesta”. Pochi minuti dopo un’altra nota Ansa: “Da fonti vicine a Blandini si sottolinea che il consigliere di Lega non avrebbe detto né ladri né drogati. Nel corso di una discussione più ampia, riferita alle proposte della Figc sulle licenze per iscrizione al campionato, Blandini avrebbe detto, al termine di un ragionamento più ampio, che la proposta della federazione era provocatoria e quindi o sono in malafede oppure incompetenti o cosa hanno fumato… chiudendo con una battuta ironica per allentare la tensione”. Alle note di agenzia verrebbe da aggiungere qualche considerazione. Tra bilanci falsi, plusvalenze, esami a Perugia, iscrizioni ed esclusioni da campionati, votazioni in Lega, cioè tutte questioni scottanti che pendono da mesi se non da anni, la Procura Figc apre invece un’inchiesta urgente su voci e indiscrezioni di corridoio, eventualmente pronunciate in una call senza registrazioni né prove, frutto di segnalazioni riportate al presidente federale che va dal suo procuratore capo e ottiene subito l’apertura delle indagini. Gravina il capo della Figc oppure come una sorta di Noriega? Nota a margine: la riunione tecnica si è svolta con collegamenti da remoto. Oggetto della riunione i parametri per le licenze, presenti i rappresentanti delle Leghe professionistiche. Dunque Lega Pro, Lega B e Lega A, presenti Percassi e De Siervo. Dopo l’incontro, una riunione informale dei rappresentanti dei club di Lega A: c’era anche l’indipendente Blandini e c’era anche l’avvocato Ruggero Stincardini. Nella riunione tecnica si è trattato dei temi discussi con la federazione dove non c’era Gravina, che all’incontro con le Leghe aveva mandato il segretario generale Brunelli: chissà se per altri impegni o per evitare un nuovo bluff sul tema oggetto di confronto-scontro, lo 0.7 come indice di liquidità blandito come minaccia e impossibile da mantenere, perché molti club già sul lastrico finirebbero davvero nel burrone. Chissà poi chi, tra i presenti nel consiglio dei club di Lega, abbia fatto da delatore. Il segreto pare di Pulcinella ma resta un segreto.

Il voto in A. Nel segreto dell’urna oggi dovrebbe invece tenersi la terza votazione per l’elezione del presidente della Lega A. Preceduta appunto da questa nuova puntata su Blandini, inviso a Gravina e inviso a De Siervo dai tempi della Rai tanto che pare l’amministratore delegato avesse commissionato in Lega proprio a Stincardini un paio di pareri su possibili profili d’incompatibilità alla carica. Funzionerà l’ennesima arma di pressione su molti club? Funzioneranno le ultime sponsorizzazioni e raccomandazioni? Chissà. Il quorum per la fumata bianca è intanto sceso a 11, c’è tempo fino al 24 per evitare commissariamento. Dopo aver esaminato i curricula, i profili, i programmi oggi tocca ai candidati presentarsi dal vivo ai presidenti, poi si dovrebbe procedere al voto. Dalla corsa si è eliminato Carlo Bonomi: il presidente di Confindustria una settimana fa, subito dopo aver presentato il proprio programma in una lunga intervista a “Il Corriere dello Sport”, aveva detto che deve occuparsi della difesa delle aziende italiane in un momento così delicato come questo della guerra in Ucraina ma in realtà era stato già silurato dalla maggioranza dei club di A. A Gravina sarebbe andato bene Bonomi, proposto da Scaroni e appoggiato in questo caso anche dall’Inter, non dalla Juve. A Gravina piaceva e piace Mauro Masi, la cui candidatura sarebbe appoggiata anche qui da Scaroni complice una benedizione di Gianni Letta e la mediazione di Luigi Bisignani. Masi, non solo per fede calcistica, è vicino anche a Lotito ma vicino anche agli interessi – da presidente della Banca del Fucino – del presidente federale. Gli altri candidati sono Bini Smaghi (nome soffiato e spinto da alcune proprietà statunitensi, non tutte e anche lui si è già sfilato, non si presenterà oggi) e il giurista Lorenzo Casini, profilo scelto da De Laurentiis e Barone (Fiorentina), approvato anche da Blandini, che piace molto a Lotito e su cui ci sarebbe la confluenza di molte società. L’intenzione sarebbe quella di andare al voto e vedere se si trova convergenza, in caso di fumata grigia si tornerebbe a trattare senza escludere una sorpresa, tipo riprovare con un candidato espressione diretta di un club ma in questo caso andrebbe cambiato lo statuto, e qui il nome di Percassi (senior) resta il più gettonato. Restano punti interrogativi dentro una selva: Scaroni che è rimasto l’ufficiale di collegamento di Gravina in Lega potrebbe disertare l’assemblea, l’asse federale con Cairo prova a reggere l’urto, rinforzato dalla preparazione di un dossier sulla presunta incandidabilità di Casini (ma anche su Masi esistono profili borderline vista la carica al Consap) confezionato nelle ultime ore: il divieto di pantouflage che ostacolerebbe la corsa di Casini in realtà varrebbe solo per gli ex dipendenti (di pubbliche amministrazioni) che hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali, e non dunque per un capo di Gabinetto ministeriale. Il conflitto va accertato in concreto recita il decreto legislativo (50/2016) e dunque ci sarà da valutare.

Il voto della Lega Nazionale Dilettanti. Una giungla in serie A, una giungla ancor più fitta nell’area dei Dilettanti. Dopo il Vietnam autunnale (leggi qui, qui, qui, qui, qui) – la guerra a Cosimo Sibilia poi costretto alle dimissioni, il commissariamento chiesto da quattordici comitati molti dei quali rivoltatisi come foglie al presidente avellinese e approdati sulle rive graviniane e così deposto anche il vicario Ettore Pellizzari e la nomina del commissario straordinario Giancarlo Abete – proprio nel giorno d’inizio della primavera è previsto l’inizio del nuovo corso. Perché a Roma il 21 marzo – 13 mesi dopo le elezioni che avevano portato alla conferma di Sibilia – sono state fissate le elezioni del nuovo organo di rappresentanza e governo della Lnd. Quindi un presidente, un vicario, i vice-presidenti espressioni delle tre aree (Nord, Centro e Sud) e via discorrendo. I Comitati regionali si apprestano a eleggere i delegati al voto, domani ad esempio tocca (chi da remoto, chi in presenza) a Lombardia e Abruzzo, il 10 in Campania, l’11 in Basilicata, il 12 nel Lazio. L’intero movimento è in ginocchio. Fiaccato dalla crisi economica e dalla pandemia, fattori pregressi e contingenti abbattutisi come una mannaia su un corpo già in decomposizione: in rosso i conti, in rosso il conto delle iscrizioni saltate, in rosso i nomi di aspiranti candidati. Non sono serviti i 3,2 milioni di euro che Gravina ha girato al movimento che resta in attesa poi di conoscere l’esito della richiesta formulata da Gravina al Governo di un ristoro di 100 milioni di euro per il caro energetico. È salito e di parecchio il fuoco all’interno dei Comitati, è salita la tensione in questi mesi di commissariamento. Come previsto all’atto del siluramento del rivale, il candidato preferito della Figc al soglio è Giancarlo Abete. Avesse potuto, l’inquilino di via Allegri gli avrebbe conferito da solo la carica. Ha dovuto accontentarsi, aspettare. Fino ad un certo punto, perchè col nuovo anno ha ripreso a far visita ai comitati proprio con Abete: un pensiero ad un presidente per la A e un pensiero per quello della Lnd (leggi qui). In questi mesi il nome di Abete nell’elenco del consiglio federale compare con un asterisco: sta per invitato. Non può votare, ma far sentire peso e posizioni. A Gravina adesso serve anche che gli faccia da sponda, da protezione, da baluardo. Che voti dentro il consiglio, da presidente della Lnd. Per questo ha lavorato e lavora, affinchè Abete sia l’unico candidato: senza opposizione, senza voti mancanti delle aree, dei vice, dei consiglieri. Quei sei voti dentro il cf gli servono eccome. Aveva chiesto tempo per riflettere il già due volte presidente federale, pedina fondamentale all’epoca del ribaltamento Tavecchio e ascesa graviniana. Non gli è stato dato. “Giancarlo, solo tu puoi mettere ordine lì dentro”. Da buon democristiano, dopo aver detto, «sono a disposizione», Giancarlo Abete ha accettato. E ha cominciato a lavorare. Un’opera di mediazione, difficile. C’è da trovare una squadra ma prima ancora una quadra, c’è da muoversi tra equilibri sottili, senza scontentare nessuno e anche la decisione di mettere un limite (tre mandati) e paletti precisi (il 55% delle spettanze a chi è al terzo mandato) non è stata presa benissimo. Ci sarebbero da onorare le promesse autunnali, quelle che avevano consentito a Gravina di prendere il controllo della Lnd del rivale Sibilia. La mannaia del bilancio non approvato dopo il voto negativo di due revisori dei conti (il bilancio preventivo peggiore rispetto al consuntivo era stato approvato all’unanimità), espressioni di due Comitati (uno umbro) che avrebbero cambiato fronte, resta un passaggio fondamentale per districarsi tra nomi, voci, pressioni e sponsorizzazioni. Da buon democristiano Abete ha avuto un’idea. Cambiare rispetto al passato per non cambiare nulla. E così i tre vice-presidenti dovrebbero essere tre presidenti di Comitato, non più come in passato. Una scelta che come giustificazione avrebbe quella del contenimento delle spese. E poi la scelta del vicario: anche qui dovrebbe toccare al presidente di uno dei comitati regionali, il vicario però dovrebbe dimettersi dalla carica perché avrebbe compiti di coordinatore. Lo schema proposto – e presentato a Gravina (il presidente ha intenzione di portare la Divisione “calcio a 5” all’interno della Figc e poi di modificare lo statuto mettendo sotto il proprio braccio il controllo totale della Lnd) – ha catturato attenzioni e centuplicato la lotta interna. A quel posto di vicario ambiscono in tanti, alcuni ad esempio miravano alla poltrona di presidente ma hanno dovuto fare un passo indietro, è il caso ad esempio dell’umbro Luigi Repace, del pugliese Tisci, del lombardo Carlo Tavecchio. Proprio l’ex presidente Figc è tra i più agguerriti. Non gli basterebbe l’eventuale nomina di vice-presidente espressione dell’area Nord. Un’area che fa sentire i propri numeri e le promesse. Non si arrende ad esempio Renato Mossino (Piemonte) da sempre avversario di Sibilia, non si rassegna il Veneto di Giuseppe Ruzza che però in autunno fino all’ultimo aveva provato a stare dalla parte di Sibilia. A chi toccherà? Ivaldi (Liguria) potrebbe scalzare i favoriti ma il Nord si coagula con Mossino che punta ad essere il vicario. Insieme al pronostico corre un’altra voce: a Tavecchio potrebbe andare una poltrona di spessore (anche economico) come quella della “Lnd servizi” oppure quella della “Federcalcio servizi srl” se l’attuale presidente Ghirelli diventasse il vicario di Gravina in Figc. Da Nord a Sud, è un pieno di doglianze e rivendicazioni. Ci conta l’ex presidente del comitato siciliano Lo Presti (attuale consigliere federale d’area) ma ci conta pure l’attuale presidente siculo, Morgana, un altro di quelli passati di fronte in autunno. Gli exit-poll davano come favorito Piero Di Cristinzi del Molise, in seconda battuta il calabrese Mirarchi che però pare in vantaggio. Al Centro (Cadoni della Sardegna riscuote consensi) invece si segnala la posizione di Luigi Repace. Tra i promotori delle raccolta firme anti-bilancio di Sibilia, contava di diventare presidente. Quando ha capito che non era proprio aria e che le parole autunnali sono volate via insieme alle foglie – pare che il tentativo di mediazione con Memmo dell’Abruzzo per farsi ascoltare da Gravina non sia andato a buon fine – ha cominciato a far sentire la propria voce. Forte. È così che è a lui che Gravina e Abete hanno pensato come vicario. Democristianamente andrebbero a bomba e contemporaneamente eliminerebbero anche un inghippo pesante. Si libererebbero di un fardello che dura da tempo. Troppo. È stato stabilito che il vicario di Abete dovrà rassegnare le dimissioni da presidente “liberando” il proprio comitato regionale. Toccasse a Repace – le voci sono autorevoli e univoche – certo Tavecchio e compagnia non la prenderebbero benissimo ma Gravina, raccontano tanti spifferi, s’è esposto sul nome di Repace. E poi Figc e Lega Dilettanti magari eviterebbero il protrarsi di una situazione assai border-line. Anzi, persino oltre.

Il caso Umbria. L’11 gennaio di un anno fa Luigi Repace diventava per la settima volta presidente del Comitato umbro. Eletto la prima volta nel 2000, di lì quattro mandati consecutivi fino al 2016. Appena cinque mesi durò il suo quinto consecutivo: si dimise infatti nell’aprile del 2017, Giuseppe Palmerini al suo posto dopo l’assemblea elettiva straordinaria. Appena un anno dopo però (26 febbraio 2018, la data è significativa) Palmerini lasciava di nuovo il posto al rieletto (sempre dopo un’assemblea elettiva straordinaria) Repace, giunto così al suo sesto mandato. Il settimo l’avrebbe conquistato l’11 gennaio del 2021, senza praticamente cimentarsi contro rivali. O meglio, un rivale poteva esserci. Era Luca Fiorucci che però non sarebbe riuscito a raccogliere il quorum di firme necessarie per passare da aspirante candidato a candidato effettivo. Fiorucci e i suoi legali (avvocato Stefano Pellacani) presentarono un esposto-denuncia alla Procura Federale, denunciando diverse irregolarità come ad esempio nella raccolta delle firme, nelle modalità di voto ma soprattutto evidenziando “la non candidabilità di Repace”. Denunciò poi anche “la violazione della legge dell’11 gennaio 2018 numero 8”. Cioè la legge che pone (by-passata visti i risultati, a partire da Giovanni Malagò fino a Lotito, ma anche Abete, Gravina, Nicchi, Tommasi e via discorrendo) di limiti al rinnovo dei mandati degli organi del Coni e delle federazioni sportive nazionali, ad esempio. Una legge entrata in vigore il 13 febbraio del 2018. In aggiunta Fiorucci si rivolse anche al Tribunale federale nazionale. Il ricorso però fu liquidato dai giudici (sezione Disciplinare) nel giro di un mese, liquidato senza entrare nel merito, appellandosi a un difetto di notifiche. Eppure la legge e le date restano implacabilmente a sottolineare in rosso un grave vulnus. Perché la legge dei limite dei mandati è entrata in vigore il 13 febbraio del 2018, perché l’elezione di Repace (quella del sesto mandato) avvenne il 26 febbraio. Perché nel testo di quella legge c’è espressamente scritto. Art. 6, comma 4, della Legge n. 8/2018: “I presidenti e i membri degli organi direttivi nazionali e territoriali delle federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive associate e degli enti di promozione sportiva che sono in carica alla data di entrata in vigore della presente legge e che hanno già raggiunto il limite di cui all’art. 16, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, come sostituito dall’art. 2 della presente legge, possono svolgere, se eletti, un ulteriore mandato”. E lo Statuto del Coni ha adottato – articolo 36 bis, commi 3 e 4 – quanto espresso dalla legge approvata in Parlamento. Dunque chi era in carica al 13 febbraio del 2018 poteva legittimamente candidarsi e ottenere un nuovo mandato usufruendo di questa “scappatoia”. Luigi Repace però il 13 febbraio del 2018 non era ancora presidente del Comitato Dilettanti Umbria (lo sarebbe diventato il 26 del mese) e dunque fuori dal limite fissato dalla legge. Fuori legge, Repace: irregolare la sua candidatura, illegittima la sua elezione. Così parrebbe dalla legge. Fiorucci e l’avvocato Maria Moroni non si sono ancora arresi. Quindici giorni fa hanno presentato un esposto alla Procura generale del Coni dopo l’archiviazione della Procura federale. «Vogliamo che venga fatta giustizia. L’esposto presentato alla Procura Federale sull’ineleggibilità del Presidente Repace è stato inspiegabilmente archiviato, riunito con il primo procedimento, riguardante la raccolta delle deleghe, senza alcuna valida giustificazione. Un provvedimento davvero difficile da spiegare, visto che non si è entrati minimamente nel merito di una situazione che è sotto gli occhi di tutti e non necessita di alcuna indagine, tanto è chiara la legge sul numero dei mandati. Proseguiremo la nostra battaglia per il rispetto delle regole, a nostro avviso clamorosamente aggirate con l’ammissione della candidatura a presidente di Luigi Repace in base alla “Legge 11 gennaio 2018, n. 8 in materia di limiti al rinnovo dei mandati” che non lascia spazio ad interpretazioni. È una vicenda amara, amarissima, perchè, oltre ad una dilatazione dei tempi senza motivo, dobbiamo constatare che nessuno, all’interno della Figc, ha rivolto una risposta nel merito». Istanza che rischia però di restare lettera morta. Mentre la Procura Generale del Coni ha chiesto lumi a quella federale, Fiorucci valuta l’intenzione di scrivere all’intera Giunta Coni e dunque anche a Malagò (e Gravina, che è nella Giunta), approdato al suo terzo mandato. Magari quella norma prevista nella legge potrebbe servirgli per ripresentarsi alle prossime elezioni e conquistare il quarto mandato. In fondo lui era presidente Coni il 13 febbraio 2018. A quel giorno Repace invece non era presidente del Comitato Umbria. Sarà per questo che è nata l’idea di farlo diventare vicario della Lnd, prevedendo che per la carica di vicario debbano giungere le dimissioni da presidente? In fondo libererebbe il posto al Comitato (nuove elezioni) e risolverebbe l’inghippo dei mandati. Democristiani si nasce, mica lo si diventa: per informazioni chiedere a Gravina, Abete e persino Tavecchio.

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