Brividi. Il Festival di Sanremo si è chiuso da pochi giorni col trionfo della coppia Mahmood-Blanco. Brividi, freddi. Sono quelli che corrono da mesi lungo la schiena degli sfiatati vertici del pallone tricolore. Figc, Lega, presidenti di serie A, una zuffa continua, nella baruffa dentro pure il presidente del Coni, nella tenzone anche gli esponenti di Governo: invocano soldi e aiuti di Stato, litigano, si lacerano, si voltano le spalle, si pugnalano nemmeno più alla schiena. Bacchettano e si lanciano stoccate. Boccheggiano, provano a tenersi a galla. “Disperato”: magari la canzone di Masini di qualche anno fa descriverebbe meglio la posizione di chi governa il pallone italiano. Al festival Lucio Dalla non portò mai “Caro amico ti scrivo” eppure mai come adesso questa palla sgonfia e avvelenata passa di lettera in lettera. Si scrivono tutti, da Pechino a Roma, da Milano a Roma: lettere e intestazioni, qualcuna in forma “coperta” grazie a improvvidi lanci dell’agenzia Ansa. Eppure, è l’ansia che li accompagna. Ultima dimostrazione, il tema della riapertura al 100% degli stadi italiani. L’ultima volta fu a fine febbraio del 2020. Due anni fa. Poi, un valzer. Che continua. La commedia sta diventando una farsa. Un balletto continuo, tra sgarbi istituzionali e disperate rincorse a intestarsi vittorie. L’Italia, sgomenta e sbigottita, assiste.
Lettere, tavoli e stoccate. L’ultima puntata s’è aperta ieri, poco dopo pranzo. Con una nota. “La Figc è al lavoro con il Governo per riaprire gli stadi alla capienza del 100% già dall’1 marzo – lo apprende l’agenzia Ansa – È questa l’ipotesi sulla quale si sono concentrati gli ultimi colloqui intercorsi tra il presidente della Federcalcio, Gravina e il Ministro della Salute, Speranza. È un’ipotesi “molto concreta”, a quanto filtra da via Allegri. A due anni esatti dall’inizio delle restrizioni a causa della pandemia da Covid-19, è la notizia che tutti, club e tifosi, aspettano. Grazie al calo della curva dei contagi, l’obiettivo sembra ormai vicino. Sarebbe stato individuato anche lo strumento legislativo: un emendamento a uno dei decreti anti Covid in sede di conversione”. Poche ore dopo, ecco arrivare la risposta in punta d’inchiostro del sottosegretario allo Sport, Valentina Vezzali. “Il trend in calo del quadro epidemiologico ci spinge a essere fiduciosi. L’aumento del limite delle capienze e l’avvio di un percorso graduale che ci permetterà di tornare quanto prima al 100% è un obiettivo al quale ho lavorato da tempo. Ringrazio il Ministro Roberto Speranza e i senatori Damiani, Barbaro, Malan, Perilli, Toninelli, Garruti, Mantovani, Santangelo, Pellegrini, Augussori e Nannicini (i componenti della Commissione affari istituzionali) per la sensibilità mostrata nei confronti dello sport e del tema delle capienze degli impianti sportivi. Il trend in calo del quadro epidemiologico ci spinge a essere fiduciosi, permettendo di far respirare le società sportive fortemente penalizzate dalla pandemia e dalle misure che necessariamente si sono dovute assumere. L’aumento del limite delle capienze e l’avvio di un percorso graduale che ci permetterà di tornare quanto prima al 100% è un obiettivo sul quale ho lavorato da tempo e che oggi è reso possibile dalla sinergia col Ministro Speranza e dal fondamentale supporto del Parlamento, giunto attraverso il coinvolgimento da parte dei gruppi parlamentari che, al di là degli steccati politici, hanno compreso come sullo sport e sulle difficoltà che esso sta vivendo, non possono esserci divisioni”. In sintesi: caro Gravina, se gli stadi riaprono non è certo per merito tuo nè della tua federazione. E così, in poche ore, ecco ripiombare sul tavolo il botta e risposta tra Figc e Governo, una nuova puntata che va avanti da tempo, la penultima appena dieci giorni fa (leggi qui), un’altra che sta per aprirsi dopo le richieste di Gravina per i Dilettanti in piena campagna elettorale (100 milioni per il caro energetico) con la Vezzali che risponderà per le rime. C’è da giurarci. Delegittimato dalla serie A, sempre più debole e disperato, il presidente Gravina cerca di uscire dall’angolo nel quale è stato confinato. Ha perso pure Dal Pino, l’ad della Lega A Luigi De Siervo – magari con un po’ di ritardo – ha capito l’antifona: i presidenti hanno dichiarato guerra. Vogliono mani libere, vogliono staccarsi. L’ultimo colpo sarebbe letale per il presidente federale. Che si muove tra i palazzi della politica, incontra il ministro Franceschini, cerca sponde con Giorgetti e Di Maio perché la sua voce a Draghi, Vezzali e il Mef del ministro Franco risuona sempre più stonata. E così s’è affidato ancora una volta al suo braccio destro, l’avvocato Giancarlo Viglione che da lucano ha chiesto un aiuto al corregionale Speranza. E così ecco lo slancio, l’annuncio, la corsa, l’apertura totale degli stadi al 100%. Almeno un risultato da portare a casa, da presentare per evitare la definitiva capitolazione: riforme e aiuti, soldi e ristori, niente di niente. Da più di un anno. Quando gli stadi italiani riapriranno al 100%? Ancora non si sa.
La palla ce l’ha il Governo. A dispetto del pensiero e delle pressioni Figc, la riapertura sarà graduale. E non riguarda solo gli stadi. Perché lo sport italiano non è solo il calcio. Il percorso sarà graduale. Dall’1 marzo si tornerà al 75% negli stadi di calcio, al 60% i palazzetti. Domani la Commissione Affari Costituzionali discuterà un emendamento bipartisan all’ultimo decreto Covid su cui ha lavorato la sottosegretaria allo Sport, Vezzali: approvazione prevista entro il 22 febbraio. Dunque, stadi al 75% – se non ci saranno curve epidemiologiche al rialzo – dall’1 marzo. Il 100% quando? Gravina sperava dall’1 marzo, gli tocca invece aspettare e pregare. La prima data possibile potrebbe essere quella del week-end del 19/20 marzo. Intanto i presidenti di A aspettano di sedersi loro al tavolo col Governo, aspettano che Malagò torni dalla Cina e che il Mef convochi tutti. Gravina aspetta e spera, magari la riapertura totale potrebbe avvenire in occasione della sfida con la Macedonia: il 24 marzo a Palermo la nazionale di Mancini deve vincere per continuare a sperare nella qualificazione ai Mondiali, deve vincere per conquistarsi la finale spareggio. Dentro o fuori, dall’esito finale dipenderà il destino anche di Gravina. Che s’aggrappa alla qualificazione: le riforme sono lontane, l’assemblea straordinaria di marzo che avrebbe voluto convocare è già saltata: tutti si sono messi di traverso, magari se ne riparlerà a giugno. Tardi, troppo tardi per rimettersi al centro della scena.
L’Europeo e il dietrofront. Spera nella qualificazione, si aggrappa per non affondare. Non ha nemmeno il patentino di allenatore, eppure va avanti con la solita tattica. Distogliere l’attenzione. Le riforme, i ristori che non arrivano, gli strali al Governo, ad esempio le indagini delle Procure sulle plusvalenze, persino – pare – quella della Procura di Salerno (leggi qui) sulla cessione della Salernitana – il defenestramento di Dal Pino, Lotito che riguadagna ascendente sui presidenti (leggi qui), il Governo che con lui non vuol trattare, il Coni che si barcamena: una posizione debole che si accompagna a un’immagine sbiadita anche agli occhi dell’Uefa. E così, dopo aver spiegato a Skysport della sua “Divina Commedia” (leggi qui), ecco un’altra correzione al suo viaggio. Appena venti giorni fa aveva detto, proprio ai microfoni di Sky. «L’Italia si candiderà per ospitare l’Europeo del 2028. Da qualche giorno è uscito il bando per la ricerca dei soggetti interessati che scade a marzo 2022 e noi ci saremo, questo è fuori discussione. L’Italia ha bisogno di un grande evento anche per coronare questo percorso che abbiamo tracciato in questi tre anni; nel nostro Paese un importante evento manca da tanti, troppi anni e dobbiamo colmare questo gap. Spero che il Governo condivida, questo è fondamentale, e possa dare anche un supporto concreto affinché si possano anche ammodernare gli stadi e costruirne di nuovi». Due giorni fa, invece, sul sito della Figc ecco comparire sull’home-page questa nota. “La Figc ha presentato nei giorni scorsi alla Uefa la manifestazione di interesse per l’organizzazione di Euro 2032. Con largo anticipo rispetto alla scadenza del 23 marzo, la FIGC ha comunicato la volontà di concorrere per l’assegnazione del Campionato Europeo. Come anticipato nelle scorse settimane dal presidente Gabriele Gravina, una volta ufficializzata dal massimo organismo calcistico continentale la contemporanea assegnazione delle competizioni del 2028 e del 2032, la Federcalcio ha espresso la sua preferenza per sollecitare e programmare l’ammodernamento del quadro impiantistico nazionale attraverso la costruzione di nuovi stadi e la ristrutturazione di quelli già esistenti in una finestra temporale più ampia. Il cronoprogramma dell’Uefa prevede la presentazione del progetto di candidatura entro il 12 aprile del 2023, con la decisione definitiva del Comitato Esecutivo nel mese di settembre dello stesso anno”. E così, in nemmeno venti giorni, un plateale dietrofront. Il motivo? Sa di non essere forte e sposta la palla più lontana. La possibile candidatura britannica e la probabile vittoria di quella combinata di Spagna-Portogallo nel 2028, gli hanno consigliato di fare marcia indietro: una sconfitta sarebbe stata bruciante. I presidenti di A e le tante proprietà straniere che puntano su nuovi stadi, di certo non saranno contenti.
La Lega A e la ricerca del presidente. Cercano un presidente forte, “uno che si sieda al tavolo del Governo e faccia sentire le nostre ragioni una volta per tutte”, i presidenti di serie A. L’elezione di Blandini a consigliere indipendente, il no all’adeguamento dello Statuto ai principi informatori voluti dalla Figc sono solo gli ultimi temi di scontro: i venti presidenti di A vogliono mani libere, staccarsi dalla Figc, essere autonomi. Vogliono rottamare la Legge Melandri (leggi qui), vogliono la ristrutturazione dei debiti, vogliono trattare e spartirsi i ricavi dei diritti tv e d’immagine. Sono in rivolta (leggi qui). Il pallone sono loro, mica Gravina, Dal Pino e De Siervo. E magari mica Malagò che intanto prova a tenersi. Da Pechino ha inviato una risposta scritta alla lettera dei presidenti che chiedono un parere sui principi informatori. “…Desidero evidenziare, in primo luogo, la singolarità di una comunicazione di tal fatta. Nell’ambito dell’ordinamento sportivo in base al vigente contesto normativo di riferimento, il corretto interlocutore istituzionale di una Lega risulta essere la Federazione Sportiva Nazionale – nel caso di specie, la Figc – che è collocata in posizione di centralità. Ciò premesso, laddove una delibera federale non fosse ritenuta legittima, è comunque possibile esperire i rimedi impugnatori in proposito previsti, finanche dinanzi all’organo di giustizia sportiva incardinato presso il Coni, in posizione di totale autonomia e indipendenza rispetto all’Ente… desidero sottolineare come alcune delle società nella nota indicate come firmatarie abbiano fatto medio tempore pervenire allo scrivente espresse dichiarazioni di disappunto e di dissociazione rispetto a quanto esplicitato nella nota”. Così da Pechino. Da Roma, invece, ecco la Vezzali, al solito diretta, rivolta alla Lega A ma soprattutto alla Figc: «Cercate una sintesi ed evitate determinazioni che possano inficiare il confronto. Auspico un confronto costruttivo tra società e Figc per una sintesi della divergenza che tenga conto dell’autonomia della Lega e della portata dei principi generali, offro la disponibilità a una mia attiva partecipazione». A Roma intanto Gravina minaccia: ha convocato un consiglio federale per il 16 febbraio, se entro il 15 la Lega non si uniforma, arriverà un commissario ad acta per l’adeguamento dello Statuto. Minacce. Intanto i presidenti cercano la quadra, cercano una personalità autorevole che li rappresenti. Mentre Gravina fa il tifo per Mauro Masi, mentre nomi di politici entrano ed escono e tra questi pure quello di Angiolino Alfano che sarebbe stato gradito dall’ad De Siervo (leggi qui), continua la ricerca. I presidenti sceglieranno il candidato e poi lo voteranno tutti, nessuno escluso: questo il messaggio univoco, la A almeno su questo punto è salda e compatta. Lotito ad esempio non spingerà per Blandini, intanto oggetto di due pareri (pareri scritti pare dall’avvocato Stincardini) commissionati per valutare “ipotesi di incompatibilità”. Intanto continuano gli incontri, le sponsorizzazioni, le audizioni. Tra le ultime candidature ci sarebbe quella dell’avvocato Gabriele Fava, candidatura pare spinta dall’Inter e anche da De Siervo: pare però che anche lui potrebbe essere incompatibile, visto l’impegno nell’ufficio del presidente della Corte dei Conti. Il regolamento di conti intanto continua. Come un valzer triste. Un valzer da brividi. Disperato, è così intanto che affonda il calcio tricolore.