Lecco o Perugia, il Consiglio di Stato completa la serie B. Club umbro all’attacco: “Il Tar ha sbagliato”. Le mail in Lega e il caso Avellino

Due mesi di ricorsi, giudizi e sentenze. Ultimo atto deciso dalla giustizia amministrativa. Balata e Gravina incrociano le dita. Le memorie della difesa del grifo, il precedente del 2018
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«Non sono preoccupato, fa parte del gioco ma è un’ipotesi di fantasia: escludo la serie B a ventuno. A meno che non ce lo dica un giudice…». La perentoria affermazione è del presidente Figc Gabriele Gravina, affermazione pronunciata a fine giugno, quando cioè la matassa della serie B avrebbe iniziato ad aggrovigliarsi sino a diventare nel corso dei giorni nodo stringente, una sorta di soffocante cappio alla gola: i destini di quattordici società in bilico tra serie B, Lega Pro, serie D e Dilettanti tra promozioni, ripescaggi, riammissioni, esclusioni e bocciature. Quattordici squadre, quasi quanto la composizione di un girone, girone infernale che nel caldo di quest’estate ha bruciato norme e verdetti. Tutto, tranne la serie B a 21 (e a 22), questo il diktat: sulla stessa lunghezza d’onda il presidente della Lega B Mauro Balata e le società iscritte, tanto da affiancare il Lecco anche nel ricorso al Tar che il 3 agosto aveva risovvertito la scena riaprendo le porte della cadetteria al club lombardo e ricacciando il Perugia. Il pensiero di Gravina e gli auspici della Lega B convergeranno anche su Palazzo Spada, lì dove il 29 agosto si consumerà l’ultimo atto (come ormai d’abitudine, lo scorso anno toccò alla Lega Pro) di quest’altra infernale stagione pre-calcistica.

La Reggina, il Foggia e il duello Lecco-Perugia. Davanti ai giudici del Consiglio di Stato si consumerà l’ultimo tempo di una partita che dura da oltre due mesi, il fischio finale dei giudici arriverà mentre intanto si disputa (il 29 e il 30) la terza giornata di un campionato – il secondo più importante in Italia – partito monco. Otto partite a giornata invece di 10, due squadre costrette a turno ad attendere, il Lecco inserito nel programma ma ancora non sceso in campo (contro Pisa, Spezia e Como) e poi una x nei tre turni accanto a Modena, Palermo e Sud Tirol: la x dovrebbe dissolversi per lasciare il posto al Brescia, la prima delle retrocesse che dovrebbe prendere il posto della Reggina se anche il Consiglio di Stato, così come già avvenuto in tutti i precedenti gradi di giudizio, dovesse dar torto al club amaranto per il quale intanto il sindaco facente funzioni del capoluogo calabrese ha chiesto l’iscrizione in sovrannumero in serie D. Le speranze della Reggina sono ridotte al quasi zero. Quasi zero pure le speranze del Foggia, la società che ha perso lo spareggio promozione con il Lecco e che aspira – andando però contro il regolamento che privilegia una retrocessa – a prendere il posto del club lombardo se martedì il Consiglio di Stato dovesse bocciare la sentenza del Tar. Dentro la complicata e affilata partita che si gioca tra le aule della giustizia amministrativa, i veri contendenti sono in realtà due: il Lecco che punta a tenersi stretta la serie B restituitagli il 3 agosto dopo la bocciatura del Collegio di Garanzia dello Sport presso il Coni, e il Perugia che punta a riprendersi la serie B che il Collegio di Garanzia presso il Coni gli aveva spalancato il 17 luglio e che il Tar due settimane dopo gli ha sottratto.

L’ultimo giudizio: tensioni e veleni. Come di solito accade prima di una partita decisiva, la tensione è altissima: tanto per dire, pare che alla Figc fosse arrivato il consiglio di non far giocare subito il Lecco, altrimenti un possibile provvedimento monocratico avrebbe sospeso l’avvio del campionato che la Lega B ha voluto mantenere per il 18 agosto contro il parere federale contrario che suggeriva di attendere la conclusione dell’iter davanti alla giustizia amministrativa. La posta in gioco è alta: lo è per i club interessati, per le tifoserie e le città, lo è per gli avvocati delle parti che intanto affilano le armi, che provano a scoprire e parare le mosse dell’avversario, lo è per i giudici del Consiglio di Stato che dovranno comunque entrare nel merito delle decisioni prese dai colleghi del collegio di primo grado della Prima sezione ter del Tar Lazio presieduto dal giudice Francesco Arzillo. Potrebbe esserlo però anche per il presidente della Figc Gravina la cui estate non è stata certo all’insegna di relax, serenità e riposo. A prescindere dal caso Nazionale, come dimenticare ad esempio le parole di alcuni qualificati rappresentanti della serie A che hanno parlato di “dilettanti allo sbaraglio”? In questo contesto sportivo si agita e muove anche il contesto politico che non ha lesinato accuse anche dopo il “caso Mancini”: una decisione avversa che ad esempio costringesse (ipotesi remota, ma c’è) la B a 21 come verrebbe presa dopo quell’affermazione perentoria, «escludo la serie B a 21»?

Il ruolo di Balata. Ed è un passaggio decisivo anche per il presidente della Lega B Mauro Balata che si è trovato al centro della scena da mesi al governo di una serie B che gà dall’inverno faceva sentire i brividi (leggi qui), che da giugno è stata un coacervo di sentenze e ribaltoni (leggi qui, qui, qui, qui, qui, qui) e che, non senza fastidio, ha provato ad addossare specie ad altri l’ennesimo ingorgo pur se falle e black-out non sembrano essere stato affatto assenti. Una breve carrellata di parole del presidente di Lega B che è anche consigliere federale. Così il 25 giugno: «Le regole sono chiare, ma dopo lo slittamento dei playoff di serie C bisognava aiutare con le iscrizioni le neopromosse. Bisognava dare una mano al Lecco nello sbrigare le pratiche per l’iscrizione o prorogando i termini. La B Balata a 21? Sarebbe una soluzione ingiusta destinata a creare un’infinità di problemi». Il 12 luglio: «La x nel calendario? Non sempre ci troviamo a far fronte a responsabilità non nostre. Vedremo come si risolverà questo problema e poi partiremo con il nostro campionato. Questi sono problemi che devono risolvere altre persone, se in futuro dovesse essere ancora così cercheremo di risolverceli da soli. Sono tutte situazioni che minano la credibilità del sistema e le società stesse. Dobbiamo trovare soluzioni per queste situazioni. Il principio che alimenta la serie B è quello dell’intangibilità del format. Vi saranno dei ricorsi, ma questo non deve incidere». L’1 agosto: «Riteniamo che i calendari debbano avere non solo la precedenza ma devono essere tutelati. Il vero problema è questo, servirebbe un percorso di giustizia più breve a tutela delle competizioni, delle società e dei tifosi. Sovrannumero? Non è sul tavolo. Abbiamo deciso che siamo 20 squadre e partiamo a 20. Queste situazioni fanno male al calcio, c’è troppa confusione».

Le promesse per il futuro. È l’ultimo tempo di una partita lunghissima, dal prossimo anno Gravina ha solennemente promesso che non succederà più: ci sarà infatti, secondo il presidente federale, la “norma Gravina” che provvederà a eliminare queste fastidiose appendici che ogni estate decidono, fuori dal campo, i verdetti del campo. Una questione anomala e singolare. Come è possibile che una squadra che ha vinto un campionato sul campo dopo due mesi non sappia in quale campionato debba partecipare? La domanda ha tenuto banco in Italia e oltre confine (leggi qui) per due mesi. Quest’anno il caos in serie B è diventato il caso Lecco. Vincitore il 20 giugno dei playoff promozione, escluso in prima battuta il 30 giugno per il parere della Commissione infrastrutture, ammesso in serie B il 7 luglio dal Consiglio federale dopo il parere (non vincolante, della Lega B e della Commissione infrastrutture, nota bene: le società che in prima battuta non hanno i requisiti e quindi che non superano l’esame della Covisoc e/o della Commissione infrastrutture, possono sì fare ricorso ma non è che possano colmare i “vuoti” registrati adempiendo agli obblighi, devono solo circostanziare i fatti alla data fissata come termine ultimo per la presentazione della domanda di iscrizione) della Commissione infrastrutture e della Lega B, decisione di ammissione bocciata il 17 luglio dal Collegio di Garanzia dello Sport presso il Coni e riammesso il 3 agosto (motivazioni il 7) dal Tar Lazio. Quattro diversi giudizi, esiti come si fosse sopra un’altalena. Per brevità e sintesi, ecco il sunto delle motivazioni del Tar (leggi qui l’intero articolo).

Si riparte dalle motivazioni del Tar. 1) “Non si poteva chiedere al Lecco, dunque la richiesta era inesigibile e inapplicabile la originaria scadenza perentoria, di assolvere agli adempimenti per l’iscrizione al campionato di serie B entro il termine ultimo del 20 giugno: semplicemente perché al 15 giugno per l’adempimento dei criteri infrastrutturali – i criteri fissati nel Manuale delle Licenze a novembre 2022, le scadenze regolate dal comunicato Figc dell’aprile 2023 – il Lecco non aveva ancora disputato il ritorno della finale playoff. 2) Come e perché, a quale titolo, poteva dunque chiedere la deroga per lo stadio (in serie B, perché il Ceppi è a norma per la Lega Pro) se ancora non sapeva a quale campionato partecipare, in forza di quale acquisito diritto avrebbe potuto e dovuto chiedere ospitalità, in deroga? 3)E come poteva assolvere a tutti gli adempimenti in un solo giorno – la promozione in B sancita il 18 sera dopo la vittoria sul Foggia – visto che il termine ultimo era il 20 di giugno, e entro il 20 giugno ogni club di serie B avrebbe potuto sanare l’eventuale mancanza (del 15 giugno) sui criteri infrastrutturali, cavandosela con una semplice ammenda? 4) Come pensare che quel doppio termine perentorio con scappatoia (15/20 giugno) applicato alla contingente situazione del club lombardo non manifesti invece l’esatta disapplicazione del termine par-condicio che deve valere per tutti i club ma in questo caso a discapito proprio e solo del Lecco, condizione di par condicio per la quale il Perugia aveva inoltrato ricorso ottenendo la vittoria al Collegio di Garanzia presso il Coni che aveva ribadito la “perentorietà dei termini” come garanzia di par-condicio? 5) Come pensare che il Lecco non abbia adempiuto agli obblighi in un tempo straordinariamente celere, addirittura in 5 giorni (dal 18 sera al 23) e quindi meno degli 11 giorni che la Figc aveva considerato nell’originaria previsione, cioè quando la finale playoff era fissata per l’11 giugno e poi slittata con provvedimento della Lega Pro perché c’era in ballo la vicenda Siena?”.

Una sentenza accompagnata e motivata da parole come buona fede, forza maggiore, par condicio, buonsenso. Parole e affermazioni che però spazzano come un uragano il principio della “perentorietà dei termini”, baluardo e moloc che negli anni ha deciso i destini di molti club, tanto per tornare al recente passato chiedere a Chievo e poi Campobasso. Una sentenza che sostanzialmente pare blindare la posizione del Lecco (con “il merito sportivo” tanto sbandierato) davanti al giudizio di secondo grado della giustizia amministrativa dove sarà di nuovo affiancato dal Comune di Lecco per “i molteplici interessi sociali, turistici ed economici in ballo” e per non perdere il finanziamento di 800mila euro chiesto alla Regione Lombardia per l’adeguamento dello stadio Ceppi-Rigamonti di Lecco. Davanti ai giudici – si dibatte anche il ricorso della Reggina e quello del Foggia – compariranno anche le memorie della Figc e ovviamente quelle del Perugia che punta a vincere il ricorso con una serie di punti elencati nelle memorie difensive preparate dall’avvocato Loredana Giani.

Il ricorso del Perugia al Consiglio di Stato. Una vicenda singolare, piena di anomalie, di escamotage, di norme contra legem che hanno ribaltato persino la giurisprudenza acclarata e comune non solo in campo amministrativo ma anche in quello della giustizia sportiva: per il legale del Perugia basterebbe ad esempio tornare indietro di appena qualche anno, al 2018 quando l’Avellino fu escluso dalla B con la sentenza presa dal Collegio di Garanzia dello Sport presso il Coni all’epoca presieduto da Franco Frattini che poi sarebbe diventato presidente del Consiglio di Stato prima di lasciare questa terra. “Proprio il Collegio di Garanzia dello Sport che ha l’ultima parola nell’iter di giustizia sportiva” rileva la difesa del club di Santopadre e dunque è una circostanza importante. “Pur in possesso di quanto richiesto ai fini dell’iscrizione, l’Avellino fu escluso perché i termini sono perentori anche se la scansione procedimentale fissata dalla Figc era enormemente ristretta”. Così stabilì il Collegio di Garanzia nel 2018 per l’Avellino: perché non dovrebbe essere così anche nel 2023 per il Lecco – sostiene il Perugia – visto che le norme non sono cambiate? Per il Perugia “il Tar ha avuto un trattamento di favore nei confronti del Lecco interpretando il manuale delle licenze sportive secondo cui il termine per indicare lo stadio sarebbe stato di solo 9 giorni e non invece di 7 mesi. Come lo si può solo pensare”? Questo si domanda l’avvocato Giani: esiste(va) un termine a data fissa, la cui decorrenza parte dalla pubblicazione del bando, e nel caso in questione sarebbe il comunicato del 9 novembre 2022. È da quel giorno, dice il Perugia, che il Lecco sapeva dei criteri per l’iscrizione in B ed è da quel giorno che avrebbe dovuto usare la “normale prudenza” per attivarsi. E proprio la vicenda Avellino verrebbe in soccorso, con la decisione del Tar dell’agosto 2018. “Fin dalla fase monocratica innanzi al Tar fu rilevato che il termine a data fissa non può essere spostato in avanti anche se la notifica della sua decorrenza sia avvenuta in ritardo”. Per il Perugia la questione Lecco è identica, e identica dovrebbe essere la decisione che deve prendere il Consiglio di Stato “correggendo” l’errore del Tar e nonostante l’atto di contrizione di Figc e Lega B manifestato nei precedenti gradi di giustizia. E ancora.

Per il Perugia poi, alla data di adozione del Manuale delle Licenze (9 novembre 2022) non era affatto ancora nota la data di conclusione della stagione sportiva 2022/2023, data fissata solo col comunicato ufficiale numero 232 del 27 aprile 2023. Il Lecco – sempre secondo le tesi umbre – per sette mesi è rimasto inerte, il 15 giugno si è sottoposto alla criteri della B fornendo come indicazione lo stadio Ceppi-Rigamonti, e solo dopo, grazie a una revisione della Figc, adducendo motivazioni come l’assenza del Prefetto di Lecco e la difficoltà nel reperire fondi pubblici per adeguare lo stadio, ha usufruito di un termine diverso, addirittura prorogato dopo la scadenza del termine, una decisione inaudita e mai vista. Cioè la domanda di proroga presentata dopo la scadenza del termine per l’indicazione dello stadio (15 giugno) e dopo che il Lecco aveva dichiarato di voler giocare a Lecco (15 giugno): questo fa rilevare il Perugia secondo cui si è davanti ad un escamotage per “insabbiare” la decisione del club lombardo dell’indicazione (del 15 giugno) di voler giocare a Lecco.

Sul punto – il Tar ha stabilito che il Lecco non doveva presentare nulla il 15 giugno perché nulla poteva ancora presentare visto che il verdetto promozione sarebbe arrivato il 18 giugno – il Perugia porterà al vaglio dei giudici del Consiglio di Stato quanto già presentato dinanzi al Tar. E cioè due mail inviate dal Lecco all’ufficio competizioni della Lega B il 15 giugno, la prima alle ore 19.48 e la seconda delle ore 20.24 che fa seguito a una richiesta dell’ufficio della Lega B e che dunque testimonia dell’avvenuta ricezione perché si legge “si inviano gli allegati richiesti”. Sono (sarebbero) la prova che il 15 giugno il Lecco manda alla serie B la documentazione infrastrutturale dello stadio Ceppi-Rigamonti che aveva mandato anche alla serie C. “E nel momento in cui il Lecco invia alla serie B la documentazione infrastrutturale certamente non lo fa perché vuole giocare in serie C: nessuno manda documenti alla serie B perché vuole giocare in serie C”. E, sostiene il Perugia, è la prova che “la Serie B ha ritenuto perfettamente valida ai fini dell’iscrizione alla serie B la documentazione allegata dal Lecco a quella precedente mail ancorché vi fosse in alcuni punti indicata la serie C. Non si chiedono infatti integrazioni di una documentazione che non si ritenga valida ai fini del procedimento (ed il procedimento era quello di iscrizione alla Serie B)”.

Documenti che testimoniano assunzione di obblighi del Lecco e la consapevolezza (del Lecco e della Lega B) che il Lecco sta chiedendo di giocare al Ceppi la serie B. Dunque, in sostanza, per il Perugia al Lecco è stato consentito di cambiare l’offerta già presentata per una gara, senza badare ai termini perentori, alla data fissa, all’istanza di proroga presentata per giunta dopo la scadenza dei termini. “Cosa c’entra la forza maggiore?” chiede il Perugia ai giudici del Consiglio di Stato.

“E cosa c’entra il titolo sportivo? O si fissava un nuovo termine, prima della scadenza. Oppure si disapplica il termine perentorio”. Che è sempre stato applicato in precedenti giudizi: il ricorso del Perugia che chiede al Consiglio di Stato di ribaltare la sentenza del Tar e concedere al club umbro il posto del Lecco, si chiude con un’ultima annotazione. E cioè: la documentazione presentata dal Lecco elimina qualsiasi ombra sul futuro del Lecco se venisse escluso dalla serie B. “Il Lecco lo scorso ha militato in Lega Pro, ha la disponibilità del Ceppi idoneo alla Lega Pro, ha presentato il 15 giugno garanzie idonee per la Lega Pro e l’ha fatto presentando domanda anche alla Lega Pro perché risulta dai documenti”. Dunque per la difesa del Perugia, il Lecco ha titolo per essere nuovamente “iscritto in Lega Pro senza evocare scenari di scomparsa dal calcio professionistico”.

Le risposte ora toccano al Consiglio di Stato. L’ultimo atto di un’altra estate calcistica decisa nelle aule dei tribunali. C’è da consolarsi: almeno il brand giudiziario continua a brillare nel firmamento calcistico tricolore.

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