Nelle acque del tempestoso mare magnum arbitrale italiano affogano i pesci piccoli, almeno per ora: affoga ad esempio Giuseppe Esposito, ex presidente della sezione arbitrale di Cinisello Balsamo, la sezione cui apparteneva l’ex capo della Procura Aia Rosario D’Onofrio, (ri)arrestato a novembre 2022, dopo una precedente condanna scontata tra carcere e domiciliari, perché accusato di far parte di un “traffico internazionale di droga”. A tre mesi dalla deflagrazione di quella bomba e da vicende velenose, confuse e contraddittorie (tutti i passaggi della vicenda qui, qui, qui, qui e qui, qui, qui, qui)), la commissariata giustizia arbitrale ha infatti decretato il provvedimento di “ritiro tessera” per il presidente della sezione arbitrale lombarda. È il più grave provvedimento disciplinare nella scala della giustizia arbitrale, equivale in sintesi alla radiazione prevista in ambito federale. È il fresco verdetto della Commissione Disciplina Nazionale presieduta dall’avvocato Mauro Carboni (anche estensore della delibera numero 34 datata 9 febbraio) e dei componenti Antonio Colucci, Ugo Pizzini e Bruno Vetrone: componenti della giustizia arbitrale già prima del commissariamento Figc deciso nell’agitato e convulso consiglio federale del 15 novembre. In attesa della lettura delle motivazioni, si desume che la Commissione Disciplina abbia riscontrato e accertato violazioni gravissime nell’operato di Giuseppe Esposito che ora potrà proporre ricorso alla Commissione d’Appello Nazionale Aia.
Come un’onda che arriva sul bagnasciuga, affiora ora un ricordo: cinque giorni dopo la deflagrazione della bomba (leggi qui) in un comunicato dell’Aia l’allora presidente Alfredo Trentalange aveva annunciato la convocazione di un Comitato nazionale straordinario per deliberare “la decadenza” del presidente della sezione di Cinisello Balsamo perché s’era saputo – sempre dopo però – che un tesserato della sezione l’aveva messo al corrente della situazione e che lui, Esposito, non l’avesse comunicata al presidente nazionale e all’intero Comitato Nazionale. Eppure a quel giorno (17 novembre) non era ancora stata compiuta una visita ispettiva, eppure a quel giorno non erano ancora state accertate tutte le responsabilità: un pasticcio nel pasticcio, tanto che poi i provvedimenti straordinari sarebbero stati posticipati.
In pochissimi giorni – e sempre in quei giorni – invece si sarebbe risolta la “questione processuale sportiva” di Rosario D’Onofrio, deferito il 28 ottobre (prima dunque dell’arresto e prima che si venisse a conoscenza dei precedenti) dal procuratore federale Giuseppe Chinè per la cosiddetta “vicenda Avalos”: il 25 novembre la Commissione federale di Garanzia presieduta da Pasquale de Lise aveva messo la firma sull’estinzione del procedimento motivata perché intanto D’Onofrio (difeso dall’avvocato Eduardo Chiacchio) aveva presentato le “dimissioni dall’incarico di Procuratore Aia, dichiarando formalmente di rinunciare per il futuro a qualunque incarico potesse essergli conferito dalla Figc” e dunque prendendo atto, sempre la Commissione federale di Garanzia, della richiesta di estinzione formulata dalla Procura federale (articolo 8, comma 4 del regolamento della Commissione federale) e ovviamente dalla difesa dell’imputato D’Onofrio. Quando ha realmente presentato le dimissioni? Prima del 12 novembre 2022, giorno del nuovo arresto? O dopo? Le domande paiono ancora penzolare, ancora pare navighino nel mare magnum arbitrale e federale. Lì dove si prova a procedere verso il futuro e a fare chiarezza sul passato, su responsabilità, omissioni, commissioni, intrecci e coperture. In un intreccio velenoso che annoda ancora improvvise dimissioni, interrogatori, inchieste e indiscrezioni sulla volata elettorale.
Adesso i riflettori sono pronti ad accendersi su un capitolo decisivo. Perché adesso tocca all’ex presidente dell’Aia Alfredo Trentalange difendersi e magari andare all’attacco, dopo le dimissioni del 18 dicembre e il deferimento dalla Procura Federale: come anticipato, e dopo aver rifiutato la misura del patteggiamento di tre mesi (leggi qui), il processo si terrà lunedì davanti al Tribunale federale Nazionale, collegio presieduto da Carlo Sica. L’udienza avrebbe dovuto svolgersi da remoto ma c’è stato un cambio di programma. Il dibattimento sarà in presenza ed è stato anticipato di due ore rispetto all’iniziale orario (alle ore 9 e non alle 11), perché uno dei difensori di Trentalange, il professore Bernardo Mattarella ha inderogabili impegni universitari e dunque si anticipa dando appuntamento al giorno dopo se la discussione non dovesse terminare entro le ore 10.30. Il timer è acceso. Sono noti i capi dell’accusa avanzata da Chinè e Ricciardi (leggi qui) mentre la difesa (oltre al figlio del presidente della Repubblica Mattarella nel collegio compaiono gli avvocati Paolo Gallinelli e Avilio Presutti, solo uno dei due potrà affiancare Mattarella nel dibattimento) ha affilato le armi: punta al pieno proscioglimento in un processo che si annuncia come un’altra tempesta.