«La festa del calcio genera sempre emozioni». L’ha detto Demetrio Albertini, da anni presidente del settore tecnico federale che domenica scorsa ha estratto le palline dall’urna nel sorteggio dei gironi di qualificazione del prossimo Europeo: magari l’Uefa di Ceferin non sapeva che l’ex mediano del Milan riveste un prestigioso incarico nella Figc di Gravina. «La festa del calcio genera sempre emozioni»: la frase l’ha invece pronunciata presentando la decima edizione del “Gran Galà del Calcio”, evento organizzato dall’Assocalciatori (presidente Umberto Calcagno che è pure vice-presidente vicario Figc) in collaborazione con un’agenzia di sport marketing che fa capo proprio al presidente del settore tecnico Figc, e cioè Albertini. Sport, spettacolo e cucina stellata grazie al menù ideato dallo chef Davide Oldani si fonderanno in una serata di premi che tra sorrisi, scatti e dediche celebrerà gli oscar del calcio italiano. Lunedì sera a Milano. In prima fila ci saranno calciatori e tecnici, e ci sarà ovviamente tutto il gotha del pallone azzurro, vertici federali e quelli di Lega compresi. Chissà se l’emozionante aria di festa spirerà anche qualche ora prima, chissà se anche in via Rosellini i convocati respireranno – tutti insieme e nello stesso salone – passione, vicinanza, emozione: nella sede della Lega serie A si ritroveranno il presidente federale Gravina e quello di Lega Lorenzo Casini che farà gli onori di casa insieme all’amministratore delegato De Siervo, ci sarà Calcagno dell’Aic insieme al presidente della Lnd Abete, ci saranno anche Balata e Ghirelli rispettivamente per la B e la Lega Pro, e ci saranno pure Beppe Marotta e il senatore Claudio Lotito, consiglieri federali in quota serie A. Insomma, ci saranno proprio tutti: tutte le componenti del pallone tricolore in riunione nella sede della serie A.
Nella tana del lupo. Come fossero in via Allegri a Roma e invece a Milano, a casa della Lega che in questi mesi più si è opposta e frapposta ai disegni e ai diktat di Gravina. Indice di liquidità e parametri per le licenze, mutualità e principi informatori, commissari, decreto crescita, interventi strutturali, impianti, calcio femminile. Un lungo elenco, fino alle sbandierate e consunte riforme di sistema: più di un anno trascorso continuamente a beccarsi e ribeccarsi. Un elenco infinito di puntate (leggi qui, qui, qui, qui, qui, qui, qui, e qui). Da una parte il desiderio di autonomia e l’ambizione del distacco, dall’altra il tentativo di tenere sotto l’ombrello l’associazione che in termini di fatturato e mutualità regge tutto il pallone italiano e non solo. Accuse, ripicche, lettere, ricorsi, impugnazioni sino a trascinarsi nelle aule di giustizia, sportiva e amministrativa. «Calpestata la democrazia, la Figc non vuole costruire», avrebbe detto a fine maggio Casini. «Alla Lega chiedo meno litigi e più rispetto, basta con le minacce, io non mi faccio intimidire e andrò avanti sulla mia strada», avrebbe più volte ripetuto Gravina. Il pallone tricolore lì in un angolo, sempre più sgonfio e sfilacciato, impantanato nel fango, prigioniero rantolante in un labirinto senza uscite.
Malagò, il consiglio federale e la distensione. «Parlo tutti i giorni con Gravina. Ha studiato un piano di riforme, c’è un progetto. Ovvio che tra tutte le parti in causa, per esempio Federazione e Lega, ci devono essere collaborazione e armonia. Che ora non ci sono. Il calcio italiano però deve capire che è all’ultima chiamata». Venti giorni fa l’ecumenico presidente del Coni Gianni Malagò, sempre più auto-investitosi nel ruolo di designatore di ruoli, compiti e poltrone con l’abbrivio del nuovo governo dell’amica Meloni, invitava le parti a collaborare, a trovare un punto d’incontro, una via d’uscita. Impossibile, altrimenti, bussare al Governo per chiedere nuovi aiuti e nuovi sostegni, in più c’è da pregare perché arrivi la firma sul dossier (e con il dossier, le risorse) che dia forza alla candidatura dell’Europeo 2032: Draghi e Vezzali non ci sono più ma le loro parole risuonano ancora. “Il calcio italiano deve cambiare, deve riformarsi, deve ristrutturarsi, deve essere credibile”. L’orizzonte intanto resta sempre una fessurina che potrebbe diventare ghigliottina se solo al pallone si applicassero le normali leggi del diritto, del lavoro, dell’economia. E la ghigliottina è lì minacciosa, pronta a calare, perché tra due mesi le società italiane dovrebbero versare allo Stato quasi un miliardo di euro tra imposte, tributi, contributi, ritenute: tutti adempimenti sospesi e rinviati, complice un emendamento della Finanziaria approvata dal Parlamento lo scorso dicembre. Le lancette del tempo intanto scorrono inesorabili. «Basta. Non si può più spendere di quanto ci si può permettere», ha detto al termine del consiglio federale di martedì scorso, Gravina: dopo aver dolorosamente perso la battaglia estiva, nella sala “Paolo Rossi” ha definitivamente cassato l’idea di inserire l’indice di liquidità come parametro per l’ottenimento delle licenze nazionali, ha sospeso per il momento l’intenzione di abolire il diritto di veto (proposito urbi et orbi di venti giorni fa) chiedendo alle leghe un progetto di riforme che possa essere condiviso e che vada nella direzione auspicata da anni, ottenendo qualche ora dopo dal presidente della Lega serie A plauso e condivisione. Basta spendere più di quanto si ricava ha ripetuto ai media anche Casini: è una pratica che dovrebbe essere normalità ma che per i papaveri del nostro pallone è considerata – nel caso si passi davvero ai fatti – un evento straordinario.
Il passaggio, il veto e l’invito di Lotito. Di straordinario, prima di arrivare al punto della riunione convocata dalla Figc a Milano, ci sarebbe però da sottolineare un passaggio inserito nel comunicato stampa federale a sunto del consiglio, un passaggio ciclostilato subito dopo le parole di Gravina che auspicava il cambiamento anche attraverso una riforma complessiva del format dei campionati. “Alla richiesta del presidente federale sono seguiti alcuni distinguo e contrarietà, accompagnate però da un rinnovato spirito di disponibilità e dall’impegno a collaborare per trovare, attraverso una discussione tra le Leghe, una bozza di riforma del sistema da sottoporre direttamente al Consiglio Federale. Gravina ha preso atto di quest’apertura, dichiarando di non inserire al momento l’abolizione dell’art.27 all’ordine del giorno dell’Assemblea”. Alcuni distinguo e contrarietà: è questo il passaggio da leggere, rileggere, interpretare. Non più in stile Pravda, il bollettino federale a segnalare come all’interno del consiglio – già altre volte era accaduto ma mai nemmeno una parola, un accenno – si fosse registrata più di una voce contraria. E ancora, diversamente dai precedenti, che Gravina decidesse di venire incontro ai distinguo e contrarietà, pur avendo in consiglio una maggioranza bulgara. I distinguo e le contrarietà di chi? Della serie A ma anche dalla B e persino dalla Lega Pro, del resto Ghirelli a luglio aveva recapitato al “caro Gabriele” una lettera appuntita assai. Un segnale di disgelo di Gravina? Un segnale di risposta a un invito, ricevuto per giunta proprio dal nemico più acerrimo dell’ultimo anno e mezzo, e cioè Claudio Lotito. “Non è il caso di forzare la mano, non è il momento di strappare, c’è tempo per discutere della riforma complessiva del format…”. Il patron della Lazio è tornato a essere il dominus in Lega serie A, e adesso che è diventato senatore candidamente coltiva l’ambizione di presiedere la Commissione Bilancio a Palazzo Madama. Chissà se l’obiettivo diventerà realtà, certo il presidente federale si sarà fatto bene i conti – la situazione politica è in evoluzione, i riferimenti stanno per cambiare – e ha deciso di andare a “vedere” il gioco delle altre componenti, prima tra tutte la serie A, anche se pure da Lega B e Lega Pro – un contro l’altra armate (il botta e risposta tra Balata e Ghirelli sulle gare al mattino vista la crisi energetica è da letteratura) – arrivano spifferi e insoddisfazioni. Lui intanto ha definito l’obiettivo, o meglio ha ripreso un filo che lo accompagna da anni. Parole e progetti comparivano già molto prima della sua prima elezione in via Allegri: riforme.
Riforme però rimaste tutte sulla carta, come quella bozza datata 30 agosto 2021 e accartocciata cinquanta giorni dopo. Aveva intenzione di fissare un’assemblea straordinaria già a dicembre scorso, modificare i pesi elettorali delle componenti e andare poi alle modifiche: tra gli impicci della Lnd e gli ostacoli della A, tutto rimandato. Un anno dopo ha così ripreso il pallone rilanciandolo nell’altra metà campo: io vado avanti, pronto a cambiare, però sono disponibile ad ascoltare. Un modo anche per scaricare eventuali responsabilità sugli altri? E cosa faranno gli altri? Come in un gioco a scacchi, c’è chi l’ha definita “mossa del cavallo”. La partita però è ancora lunga e lo scacco al re – da una parte e dall’altra – resta dietro l’angolo.
Il punto e le licenze. Il punto all’ordine del giorno nella riunione delle componenti convocata lunedì a Milano ufficialmente è uno: “linee guida sulle licenze nazionali”. Cioè è la definizione della cosiddetta sostenibilità del sistema calcio, sono le regole e gli adempimenti che i club dovranno presentare per ottenere l’iscrizione al prossimo campionato. Da anni il sistema delle licenze – ultimo clamoroso caso quest’estate – viene approvato a ridosso delle scadenze. Una situazione insostenibile. Costretto anche dalla giustizia amministrativa a cassare l’indice di liquidità come parametro ammissivo al campionato di serie A (era stato fissato allo 0,5%) eppure in vigore per i tornei di B e Lega Pro con un valore addirittura più alto (0,7%), facendo ricorso alle norme introdotte e consigliate dall’Uefa ha messo giù i punti focali, esaminati nelle riunione tra le leghe a giugno e poi luglio. Sul tavolo è arrivata così l’intenzione di modificare l’indice di liquidità, quello però relativo alle operazioni di mercato dei club. Era dello 0,7% nel 2019, innalzato allo 0,8% l’anno dopo e infine ridisceso allo 0,6% nella scorsa stagione. L’indice verrà nuovamente e progressivamente rialzato: l’obiettivo audace sarebbe quello di sfiorare l’1% tra tre anni. A corredo poi di quella frase che risuona da giorni – «basta spendere più di quanto si guadagna» – l’adozione della norma Uefa nel rapporto tra costi di produzione e ricavi: fissato all’80% per la prossima stagione, al 70% per l’anno successivo. Una sorta di tetto non uguale per tutti i club, variabile anche a seconda dei campionati e delle competizioni (anche europee). Poi l’introduzione di un monitoraggio mensile sui conti dei club, il vincolo dell’assolvimento di tutti i debiti per ottenere la licenza nazionale e le necessarie garanzie sulle rateizzazioni.
L’orizzonte, la bozza e le riforme. Gravina vuole arrivare all’approvazione del sistema licenze mettendolo ai voti nel consiglio federale convocato per l’ultimo giorno di ottobre. «Sulle licenze nazionali si sta andando verso la direzione chiesta dalla serie A, ossia l’allineamento del sistema italiano alle licenze Uefa. Il nuovo documento proposto dalla Figc è un’ottima base su cui lavoreremo tutti insieme nelle prossime settimane, nel comune intento di rendere il sistema più sano e sostenibile sotto il profilo economico-finanziario». Il Manuale delle licenze è lì, pronto a essere rifinito: lunedì a Milano appuntamento fissato per definire gli ultimi passaggi prima di andare tutti insieme alla festa dell’Aic. Altra questione è però quella della riforma dei campionati, del format: la composizione delle leghe, il sistema delle retrocessioni e promozioni, l’eventuale introduzione dei playoff. Il “raffreddamento del sistema”, la “fusione fredda”: così l’aveva definita un anno fa, Gravina. Balata spinge, Ghirelli ansima, Abete attende disposizioni. «Nei prossimi mesi da un lato noi leghe lavoreremo insieme per una riforma dell’intero sistema. Dall’altro, esamineremo con attenzione la proposta Figc che ancora non abbiamo ricevuto e dovremmo avere nei prossimi giorni, anche per trarre spunti e trovare l’intesa che giustamente richiede lo statuto federale, ispirato a principi di democrazia e rappresentatività del Coni e della Carta olimpica»: la diplomatica sottolineatura di Casini è già tutto un programma. «Prendo atto con grande soddisfazione della disponibilità di Ghirelli e Balata, anche Casini mi ha contattato. Ritengo questo un momento positivo, si tratta di capire i risultati di questa loro intesa. Una nuova condivisione d’intenti sulla riforma? È quello che volevamo. Risultato importante. Nelle intenzioni, come ho già detto in consiglio federale, siamo stati bravissimi negli ultimi 30 anni perché si è parlato tantissimo di riforma del calcio italiano, adesso però servono progetti veri». La chiusura di Gravina rimanda a un nuovo, indefinito appuntamento? Intanto si vedranno lunedì, l’incontro ha un ordine del giorno (le licenze) ma è evidente che servirà ad esplorare il campo, la strada per arrivare a sciogliere il nodo che soffoca il pallone italiano: le riforme. Il percorso appare lungo, il passaggio è stretto, complicato, obbligato. Dicembre pare lontano eppure non sono nemmeno due mesi: l’albero di Natale genererà per il pallone italiano ancora aria di festa e d’emozione?