La serie A aspetta. La Figc è convinta di farcela. Gravina confida nel giudizio del Tar, pronto ad affondare la scure. Claudio Lotito intanto si muove, non si fida, prepara una sorpresa. Potrebbe essere anche un contropiede. La vigilia è fatta di spifferi e tattica. Come si conviene, filtra poco dai contendenti, qualcuno pare butti l’occhio sull’arbitro mentre qualcun altro invece si concentra sulle mosse per spiazzare l’avversario. Fiducia da una parte, timore dall’altra. È una vigilia affilata, eppure non c’è nessun pallone che corra sul prato. Perché il pallone tricolore continua a rotolare soltanto nelle aule della giustizia. Domani c’è una nuova partita, questa si gioca nell’aula della prima sezione (quater) del Tar Lazio: è la sfida di ritorno di una contesa iniziata da mesi pur se il risultato dell’andata è stato scritto appena otto giorni fa. Il 13 giugno il Collegio di Garanzia del Coni a sezione Unite accoglieva parzialmente il ricorso della Lega Serie che aveva impugnato la delibera federale del 26 aprile che fissava come parametro ammissivo al campionato l’indice di liquidità nella misura dello 0,5%, il rapporto cioè tra attività e passività correnti (leggi qui). Misura adottata dal consiglio federale e voluta dal presidente Gabriele Gravina per dare un segnale di come la Federazione di via Allegri tenga alla sostenibilità economica delle società e dell’intero sistema. Decisione avversata dalla Lega A – in silenzio, Lega B e Lega Pro, eppure le difficoltà di molti club sono evidenti – per tempi e modi, prima ancora che sulla quantificazione della percentuale. Perché una misura retroattiva: presa il 26 aprile mentre la fotografia dei conti dei club sulla quale calcolare l’eventuale intervento finanziario viene scattata il 31 maggio incastonando però i primi tre mesi dell’anno, fermando così la situazione del bilancio al 31 di marzo. Misura contestata per i modi, poi: perché – sempre secondo la Lega serie A, appellatasi all’articolo 7 dello Statuto federale – quando le società sono chiamate ad adottare modelli di gestione devono essere preventivamente ascoltate. «Su criteri più rigorosi la Lega è d’accordo. Ciò che non ha funzionato sono tempistiche e modi con cui sono state introdotte misure con effetti retroattivi. La A non ha avuto l’ascolto che meritava, lo ha rappresentato più volte ma alla fine è stata costretta a difendersi». Così il presidente della Lega serie A Lorenzo Casini ha detto nel giorno della vigilia, chiuso poi in assemblea con tutte le società di serie A a Milano.
È stato eletto a marzo. A sorpresa, dopo una campagna estenuante, dopo una battaglia giocata anche dal presidente federale Gravina. Non gradiva Casini, specie perché considerato l’espressione della parte di Lega più avversa alla Figc, quella che aveva costretto alle dimissioni Paolo Dal Pino. Sostenuto da De Laurentiis, da Commisso, sostenuto e voluto soprattutto da Claudio Lotito che alla fine avrebbe raggiunto il traguardo coagulando undici sì che nel tempo sono anche aumentati: Gravina e il presidente della Lazio da due anni si cimentano in battaglie, tra provvedimenti, ricorsi, cause e strali. Malizioso ma sempre più forte, il vento che spira riporta come anche la questione dell’indice di liquidità non sia altro che l’ennesima puntata di una sfida personale. Vezzali e Malagò hanno provato a ricucire: niente da fare. Strumentale – pensa più d’uno – anche quello 0,5% come indice di liquidità ammissivo: le ultime società che dovevano mettersi in regola l’hanno fatto provvedendo con aumenti di capitale (Bologna, Spezia, Lecce), ne resterebbe solo una. Quale? Ma la Lazio, naturalmente. Lotito ne ha fatto una questione di principio e non solo, da mesi è andato avanti sul punto nel corso delle assemblee di serie A. Una questione tra l’altro avvinghiata a uno 0,1% come percentuale, la serie A aveva proposto lo 0,4% ma per Gravina e i suoi legali (Viglione su tutti) niet, 0,5% da subito e poi a salire nel corso di un biennio. La contesa verbale è sfociata nel contezioso, nel ricorso presentato dalla Lega A e giudicato (lunedì scorso) dal Collegio di Garanzia del Coni a sezioni unite (leggi qui), collegio presieduto dall’avvocato Generale dello Stato, la professoressa Gabriella Palmieri Sandulli. La Figc ha contestato persino la competenza del collegio giudicante, eppure proprio il Tribunale federale aveva indicato (il 6 giugno) come la disputa dovesse essere “giocata” dinanzi al Collegio di Garanzia del Coni. Il ricorso accolto nella parte che dispone(va) l’adozione per la stagione corrente dell’indice di liquidità come parametro ammissivo. Nemmeno ventiquattro ore: la Figc aveva già depositato il contro-ricorso (leggi qui). Al Tar Lazio, azionando così un pericoloso corto circuito della giustizia sportiva. Un’azione imprevista? Bah, di certo è la prima volta che la federazione impugna una decisione della giustizia sportiva portandola fuori dal Palazzo, portandola dinanzi al tribunale amministrativo regionale. Il ricorso è di 43 pagine, è stato redatto dall’avvocato Viglione e dal professore Terracciano senza però che abbiano letto le motivazioni del ricorso semplicemente perché ancora non ci sono. Un fatto singolare anche questo: come si fa a ricorrere se non si sa ancora per cosa? La domanda trova risposte a metà. Qualcuno sussurra: come è possibile che la Figc abbia preso questa accelerata se proprio il Tar nel 2014 sentenziò che non si potesse presentare ricorso sin quando il Collegio di Garanzia del Coni non avesse depositato le motivazioni. Era il 2014, e il caso riguardava la Juve Stabia. Risposta: adesso siamo nel 2022, e il presidente di sezione del Tar adesso non è quello del 2014.
Il Tar ha fissato la discussione del ricorso – la Figc ha chiesto la nullità o l’annullamento previa sospensiva della decisione del Collegio del Coni – il 21 di giugno, cioè 24 ore prima del limite massimo dato alle società per mettersi in regola sistemando l’indice di liquidità. Qualcun altro invece sostiene come dietro la mossa della Federcalcio ci sia invece una forte convinzione, più che un semplice auspicio: il Tar del Lazio accoglierà il ricorso, restituendo così l’ultima parola al presidente federale. Al Tar Lazio il presidente, e in questo caso anche relatore, è il giudice Francesco Arzillo, un cultore del diritto e pare un appassionato di filosofia. Meno filosofia e più sostanza: potrebbe essere invece questa l’ultima mossa di Claudio Lotito che intanto ieri ha ricevuto a Formello il presidente della Fifa Gianni Infantino, da tempo assai freddo con Gravina. Chissà, magari la serata ha portato giudizio e consigli. La domanda che circola in queste ore è però un’altra: e se il patron biancoceleste prima del giudizio del Tar mettesse mano al portafoglio? Con 2.050.000 euro (due milioni e cinquantamila euro) sistemerebbe l’indice di liquidità della Lazio allo 0,5%, spiazzerebbe l’avversario Gravina, svuoterebbe di ogni significato il giudizio del Tar ma soprattutto il ricorso federale. Sarebbe solo un altro passo di una guerra destinata a continuare ancora a lungo.