È una foto che si perde nel tempo, porta all’ultimo successo delle giovanili azzurre. Era 18 anni fa, 9 giugno 2004. A Bochum, in un ristorante, una foto ingiallita eppure a colori. Seduti, da sinistra a destra, il presidente Giancarlo Abete, il ct Claudio Gentile, il vice-presidente federale Innocenzo Mazzini. In piedi, da sinistra a destra, il dirigente accompagnatore Vincenzo Marinelli e il capo delegazione di quell’under 21, Gabriele Gravina. Sono passati 18 anni: dopo le poltrone da presidente federale Abete occupa ora quella di presidente della Lega Nazionale Dilettanti. Claudio Gentile è a spasso, dimenticato da tutti. Innocenzo Mazzini, radiato con Moggi e Giraudo nel processo sportivo a “Calciopoli” – reati prescritti nel processo penale di Napoli – dice ancora che «Calciopoli andrebbe rivista con altri occhi, rivisitata con altri pensieri». Gabriele Gravina nel 2017 parlava della necessità di «un nuovo umanesimo per il calcio italiano», qualche mese dopo sarebbe diventato presidente della Figc. C’è ancora lì sulla poltrona di via Allegri, come c’è ancora Vincenzo Marinelli che a 86 primavere è ancora il dirigente accompagnatore della nazionale under 21. Quella foto scattata a Bochum, in Germania, oggi ha ripreso un po’ di colore: forse anch’essa andrebbe rivista con altri occhi, rivisitata con altri pensieri.
Ad esempio. In Germania ieri la nazionale maggiore ne ha presi cinque dalla nazionale tedesca: titoli e titoloni su figuraccia e lezione, eppure fino alla vigilia – reduce dalla striminzita vittoria sull’Ungheria e dal pari con l’Inghilterra – si leggevano e ascoltavano ben altri giudizi. “L’Italia è ripartita”, “Questa la strada giusta”. Incoraggiamenti e complimenti. Persino il ct Mancini, «dovevamo ripartire così, è lunga la strada ma è quella giusta», persino il presidente della Figc Gravina, «l’eliminazione dal Mondiale non deve farci perdere la strada maestra, il rinnovamento ha bisogno di tempo, non di dimissioni e rivoluzioni». Qualche ora prima della scoppola tedesca ad Ascoli l’under 21 centrava la qualificazione all’Europeo. Anche qui, nella rassegna stampa, titoli e incoraggiamenti. Non una riga – non una su tutti i quotidiani sportivi, non una sui principali quotidiani d’informazione – sull’irruzione mattutina della Squadra Mobile di Pescara nel cuore del ritiro dell’under 21, di primo mattino nell’hotel “Parco dei Principi” a Grottammare. La visita conclusa con l’arresto di Vincenzo Marinelli e d’un suo collaboratore, l’inchiesta riguarda appalti sulla sanità abruzzese. Imbarazzo e silenzio, non una parola da parte della Figc, non una riga dai suoi media-partner. Notizia scritta ieri (leggi qui). In silenzio Gravina, presidente del Club Italia e dunque responsabile numero uno di tutte le nazionali azzurre: anni e anni di amicizia e passione sportiva li legano. Non una parola, nemmeno di conforto per l’86enne accompagnatore dell’under 21 (qui il link della federazione sullo staff, clicca), in passato presidente del Pescara. Ancora nel 2013 (vedasi brochure) insieme nello staff della nazionale giovanile.
Insieme ad esempio sul campo dell’Adriatico, come nella foto pubblicata appena due mesi fa da “ilpescara.it”, Gravina ospite del Rotary che diceva: «Il Pescara è un modello. Con questa società ha trovato una continuità importante, mantiene stabilità e continuità, è coerente a livello progettuale: questo è il vero punto di forza di questa società». Nella foto Gravina insieme al presidente Sebastiani e all’ex presidente del Pescara, Vincenzo Marinelli. Complimenti e lodi alla gestione del Pescara, una realtà che Gravina conosce bene. Nel 2005 uscì da una cordata d’imprenditori messa su dal sindaco di allora D’Alfonso che puntava a salvare il Pescara. La cordata era un’associazione, si chiamava “Amici del Pescara”. Nel progetto di salvataggio compariva anche Vincenzo Marinelli, anche lui però si fece da parte. Diciassette anni fa. Di acqua ne è caduta sotto i ponti. Marinelli è rimasto nello staff dell’under 21, a 86 anni la passione è passione. È ora ai domiciliari, spiegherà ai giudici la posizione. Chissà se Gravina troverà il tempo per un commento.
Adesso è tutto preso da ben altro. Ad esempio a innescare un pericoloso corto circuito nel sistema della giustizia sportiva. Il Collegio dello Sport del Coni a sezioni Unite ha accolto il ricorso della Lega serie A sull’indice di liquidità come parametro ammissivo per il campionato alle porte (leggi qui), il collegio è presieduto dal presidente del Collegio di Garanzia Coni, la professoressa Gabriella Palmieri Sandulli. Una bella batosta per i legali federali, in primis Viglione e poi Terracciano che aveva manifestato perplessità non solo sul giudizio ma anche sull’organo che l’aveva adottato. In attesa delle motivazioni, la Figc ha deciso ieri di fare ricorso. In nottata ha notificato la decisione al Tar Lazio. Ricorso contro la Lega serie A, contro Malagò come presidente del Coni, e contro il rappresentante legale della Lazio, cioè Claudio Lotito. L’avversario considerato la mente del ricorso. Quarantatrè pagine nelle quali si chiede la “dichiarazione di nullità, o annullamento, previa sospensiva, della decisione presa dal Collegio di Garanzia del Coni”. Da leggere e ripetere, magari da pensarci sopra per rendersi conto dell’inimmaginabile: una Federazione che va contro la decisione dell’ordinamento sportivo, che lo fa rivolgendosi al tribunale amministrativo. Un unicum. Un rischio di corto circuito istituzionale sotto gli occhi del presidente del Coni Giovanni Malagò: ieri parlante, oggi in silenzio. Invece il sottosegretario allo Sport, Valentina Vezzali: «Non entrò nel merito della questione, penso che questo dissidio tra Figc e Lega di Serie A vada risolto quanto prima. Sono convinta che la giustizia farà il suo corso». Già, il suo corso. Quale percorso? Il presidente del Collegio di Garanzia è anche Avvocato Generale dello Stato. Una carica di rilievo assoluto, di spessore. L’avvocato generale dello Stato sottoposto al giudizio di un Tar, la Figc che avanza perplessità sull’organo deputato a emettere il giudizio: qualcuno si porrà qualche domanda? La nota emessa dalla Lega serie A nel tardo pomeriggio, sottolinea il clima.
“La Lega Serie A è molto stupita per la scelta della Figc di ricorrere al Tar contro la decisione del massimo organo di giustizia sportiva in merito al sistema di licenze nazionali. Una scelta che dimostra totale indifferenza nei confronti dell’invito giunto da Coni e Governo (oltre che dalla stessa Lega Serie A) di sedersi a un tavolo e trovare una soluzione condivisa, ma che altresì contraddice quanto la stessa Figc aveva fino a ieri sostenuto, ovvero di non appellarsi contro un dispositivo senza attendere la decisione con le relative motivazioni. I presupposti del ricorso della Figc non si giustificano dal momento che, anche a seguito della decisione del Collegio di Garanzia, non sussistono elementi che mettano in discussione la regolare iscrizione al prossimo campionato di calcio da parte degli aventi diritto. Evidentemente alimentare un clima di litigiosità a scapito del dialogo è ritenuto più importante, per di più in una fase in cui, è sotto gli occhi di tutti, ben altre sarebbero le priorità su cui concentrarsi tutti insieme per garantire un futuro sostenibile al calcio italiano e, in particolare, alle nostre Nazionali”. In attesa di risposte dal bunker di via Allegri, ci sarebbero da segnalare segnali di vita.
In realtà qualcuno anche lì se l’era posta la domanda, dandovi persino anche una risposta. È il collegio del Tribunale Federale Nazionale, presieduto da Carlo Sica, avvocato generale aggiunto dello Stato (il figlio è entrato da pochi giorni nel “Club Italia”, la puntata sulla Parentopoli federale si può leggere qui): chiamato a decidere sul ricorso inoltrato dalla Lega serie A sull’indice di liquidità, così c’è scritto nelle motivazioni sull’organo competente a decidere della controversia tra Figc e Lega serie A: “Organo da individuare, ai sensi dell’art. 1, comma 647, della legge n. 145 del 2018 e dell’art. 12 ter dello Statuto del Comitato Olimpico Nazionale Italiano nella “Sezione del Collegio di Garanzia dello sport sule controversie in tema di ammissione ed esclusione dalla competizioni professionistiche” il cui comma 2 attribuisce alla cognizione esclusiva della Sezione “cognizione delle controversie relative ai provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società e associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche”, fatta salva l’assegnazione, per i profili di rilevanza e di principio, alle Sezioni Unite da parte del Presidente del Collegio di Garanzia”. Insomma, per il tribunale federale Figc l’organo deputato a dirimere questa controversia era proprio il Collegio di Garanzia dello Sport. Magari Gravina, spinto dall’avvocato Viglione, penserà diversamente. Intanto resta il ricorso, rivolto contro la Lega, il Coni. E Lotito, come a dire: ecco il vero punto.
In attesa della decisione del Tar che dovrà esprimersi sulla richiesta di sospensiva, un’altra vicenda giudiziaria lambisce la Figc. È un’altra storia che si perde nella (quasi) notte dei tempi. Una storia di oltre dieci anni fa, tra i protagonisti però c’è Antonio Matarrese, per anni presidente Figc (prima ancora della Lega A) e che nel 2018 è entrato nella “Hall of fame” del calcio italiano, nomina voluta dalla Federcalcio. Presidente del Bari dal 1977 al 1983 poi, passato ad incarichi calcistici istituzionali, il timone del club pugliese sarebbe passato ai fratelli. Una volta dismessi, nel 2012 e per un biennio era tornato nel Bari in qualità di amministratore delegato. Anni difficili e delicati, il Bari in declino sarebbe poi andato incontro al fallimento. Il nome di Antonio Matarrese e dei suoi fratelli è tornato in aula ieri. A distanza di dieci anni dai fatti contestati in un’aula del tribunale di Bari ieri si è tenuta un’udienza sulla vicenda del fallimento della SM, la società del gruppo Matarrese che, secondo l’accusa, sarebbe stata svuotata dei suoi beni proprio in favore del Bari Calcio. Dinanzi alla gup sono comparsi Michele, Antonio e Amato Matarrese, rispettivamente presidente, amministratore delegato e consigliere della SM, e Antonio anche nel suo ruolo di vicepresidente della “AS Bari Calcio” dal luglio 2010 al giugno 2011. Per i tre la Procura di Bari ha chiesto il rinvio a giudizio con l’ipotesi di reato di concorso in bancarotta fraudolenta. Per Salvatore Matarrese – procuratore della società SM dal 2008 e consigliere della “AS Bari Calcio” dal 2002 al 2011 che nell’ambito del procedimento giudiziario ha chiesto di essere processato con l’abbreviato – la pm ha chiesto l’assoluzione. Secondo le indagini Antonio, Michele e Amato Matarrese avrebbero contribuito a causare il dissesto della società “Salvatore Matarrese spa” (la SM) per finanziare tra il 2011 e il 2013 il Bari, controllato prima all’89,99% e poi al 99,99% dalla SM, società in stato di crisi già dal 2010. Un periodo per la Procura, «in cui entrambe le società manifestavano evidenti segnali di tensione finanziaria e crisi anticipatoria del dissesto». L’obiettivo seconda l’accusa sarebbe stato quello di consentirle «il rispetto dei termini e delle condizioni previste dalle Noif Figc per l’iscrizione al campionato». Secondo l’accusa, in tre anni (dal 2011 al 2013) la SM, poi ammessa alla procedura di concordato preventivo a maggio 2016, avrebbe erogato in favore del Bari, tramite bonifici o accollandosi debiti con le banche (la Banca Popolare di Bari, in particolare), oltre 20 milioni di euro, somma solo in parte restituita. A luglio 2013 avrebbe così raggiunto un’esposizione debitoria per oltre 11,4 milioni di euro e «per i risultati economici negativi della controllata, soffriva perdite per 42 milioni di euro». Un movimento di denaro che non servì al Bari per evitare un anno dopo il fallimento (10 marzo 2014). Nel capo d’imputazione che elenca le varie fasi della presunta bancarotta, si fa riferimento anche al giro di bonifici (in particolare nel 2013) in favore della società controllata Finba che aveva la stessa compagine societaria della “Salvatore Matarrese”. Secondo l’accusa, sarebbero stati erogati finanziamenti proprio a mezzo della Finba in favore dell’AS Bari calcio per 3,5 milioni di euro a titolo di finanziamento, poi rilevato dalla “Salvatore Matarrese spa” che diventava quindi debitrice nei confronti della Finba, restituendole solo la metà. La prossima puntata? Il 21 giugno si deciderà sugli eventuali rinvii a giudizio. Oggi invece la Corte federale d’Apello discuteva del ricorso di De Laurentiis sulle multiproprietà: bocciato. Il pallone italiano ormai rotola. Rotola solo nei tribunali.