Federcalcio, la Parentopoli dell’Italia di Gravina: figli e nipoti di… tutti assunti in Figc

Al Club Italia e via Allegri parenti di magistrati, politici, ministri, giudici federali. Tensione sulla sentenza Coni per l'indice di liquidità. L'Ungheria di Orban: 8 milioni per ospitare la Supercoppa
Orban e Gravina in tribuna a Cesena

Stasera l’Italia di Mancini e Gravina torna in Inghilterra, lì dove undici mesi fa conquistò l’Europeo festeggiato come la rinascita del calcio italiano. Una sbornia da lasciare ubriachi, a cominciare da quella sfilata per le strade di Roma voluta dal presidente Figc e osteggiata da Questura e Prefettura. Stasera l’Italia gioca contro l’Inghilterra, battuta nella finale di Wembley: celebrata come l’affermazione di una supremazia italica su quella britannica che invece in tema di club è distante anni luce. E invece undici mesi dopo di acqua ne è scesa, come una valanga. l’Inghilterra si prepara al Mondiale che invece l’Italia guarderà da casa. Una cosa – per alcuni – surreale. «Surreale giocare in uno stadio vuoto», invece ha detto il ct inglese: a Wolverhampton si giocherà a porte chiuse per una squalifica dell’Uefa, sugli spalti tremila ragazzini. In tribuna ci sarà però Gravina con tutto il suo stato maggiore. Come a Cesena dove l’Italia ha affrontato l’Ungheria, battuta di misura eppure accompagnata da commenti entusiastici. Dicono che la locomotiva sia ripartita. Chissà. Chissà magari se il presidente federale e il presidente del Club Italia (per semplificare e anche per arrotondare lo stipendio robusto – 36mila euro più 240mila euro – le due cariche appartengono alla stessa persona) ne avrà profittato per scambiare due chiacchiere col primo ministro ungherese Victor Orban che sedeva al suo fianco al Manuzzi, il primo ministro ungherese in trasferta accanto al presidente della federcalcio magiara. Un amico, un suo uomo: perché (anche) il calcio ungherese lo governa, lo dirige e lo controlla sempre lui, Victor Orban. «Il segreto della rinascita ungherese? Nella programmazione e nelle risorse, nelle strutture federali, nei nuovi stadi di proprietà delle società»: questo ha confessato il ct ungherese, l’italiano Marco Rossi da giocatore compagno di Mancini nella Samp (leggi qui l’intervista): magari il ct azzurro gli avrà chiesto qualche dritta magari da passare al suo presidente federale che è pur sempre il responsabile di tutte le nazionali. In fondo il destino d’entrambi pare intrecciato, nonostante il flop Mondiale, nonostante le batoste, una maglia scolorita.

Le dimissioni, l’indice di liquidità e gli stadi. Si va avanti così, sempre con lo stesso spartito. «Pensate davvero che la soluzione fossero le dimissioni mie e di Mancini? Avrebbero generato effetti positivi e devastanti? Il mio senso di responsabilità non è legato alla poltrona, io amo affrontare i problemi, me ne assumo le responsabilità e dobbiamo lavorare». Intanto continua la guerra con la Lega A, continua la battaglia con alcuni presidenti: si attende il giudizio del Collegio di Garanzia Coni sul ricorso presentato dalla Lega A contro la decisione del consiglio federale sull’indice di liquidità (leggi qui e qui). Sentenza slittata a lunedì, circola preoccupazione tra i palazzi romani. Nervosismo invece in dibattimento: l’avvocato della Figc Giancarlo Viglione, il braccio estro di Gravina, ha sostenuto che “per la Figc la Lega A non esiste, ha solo la delega del campionato”. Parole affilate, queste: «Con sorpresa la Lega A non conosce i manuali delle licenze Uefa. Non abbiamo violato alcun regolamento e non è un provvedimento retroattivo come sostiene la Lega perché la Figc è tenuta a controllare l’equilibrio economico-finanziario dei club di A». I legali della Lega A Vaccarella e Mattarella hanno presentato un ricorso dettagliato, il presidente del Collegio di Garanzia è Gabriella Palmieri, è da pochi mesi nel ruolo e vorrebbe l’unanimità del giudizio dal collegio, unanimità che pare ancora non ci sia. Per questo si è presa altro tempo, e per questo pare che proseguano telefonate e messaggi, febbrili assai tra via Allegri e Palazzo H. Intanto Gravina deve disinnescare un’altra bomba a orologeria, piazzata un po’ a sorpresa (forse era un assist) dall’amico Ceferin, il presidente Uefa: «La candidatura all’Europeo del 2032 dell’Italia? Ho parlato molto con Gravina, l’Italia vive di calcio e respira calcio ma il problema è che le infrastrutture sono terribili. Sarebbe importante garantire un implemento delle risorse per migliorare. Se non arriverà un aiuto dal Governo, garantendo nuovi impianti, la candidatura potrebbe essere un problema». Svelto e rapido, dopo aver detto ad aprile di essere stanco di chiedere aiuti e sostegni al Governo, «basta, sono deluso, non ne parlerò più», Gravina ha colto la palla al balzo tornando all’assalto di politica e Governo, dipingendo il cielo tutto d’azzurro: «Per questa candidatura ci siamo noi e la Turchia, siamo ben posizionati, l’Italia è finalmente credibile». Servono risorse e impianti, c’è da mantenere le promesse alle proprietà straniere e ai fondi che hanno rilevato e continuano a rilevare gli agonici club italiani: gli sono stati promessi affari e stadi, un accordo bisognerà trovarlo garantendosi l’appoggio della politica, del Governo.

Federcalcio, la Parentopoli dell'Italia di Gravina: figli e nipoti di... tutti assunti in Figc Storiesport

L’Ungheria, gli stadi e una proposta da 8 milioni di euro. Un bel problema da risolvere, la strada è ancora da trovare, si accettano consigli ed esempi. Gravina – che coltiva l’idea di candidarsi per un posto alla Camera (leggi qui) – avrebbe potuto chiedere al primo ministro ungherese Orban: è un ex calciatore, a casa sua (un paese di tremila anime) ha fatto costruire un impianto che potrebbe ospitare persino la finale di Champions, non riveste cariche ufficiali ma il presidente della federazione magiara è un suo amico personale e di partito, i proprietari dei club sono quasi tutti magnati che hanno la tessera del partito di destra Fidesz. Da dieci anni il leader di Fidesz e il suo governo investono massicciamente nel pallone sia in maniera diretta – su 400 dollari di spesa pubblica uno finisce sempre nel calcio – e in maniera indiretta attraverso un sistema di agevolazioni fiscali che permette a privati e imprese di investire nel settore. Anche per questo in tutto il Paese sono nati stadi e centri d’avanguardia. L’obiettivo di Orban è rendere l’Ungheria e il suo campionato un punto di riferimento per il calcio dell’Est Europa, con conseguente ritorno di sponsor e investitori internazionali, la strategia è controllare il Paese anche attraverso il pallone. Gli stadi, uno dei punti forti della politica sportiva di Orban. Sono tanti, ultramoderni e capienti: dal 2010 quasi tutte le squadre di A hanno stadi all’avanguardia grazie all’investimento del governo, che nel settore ha raggiunto il miliardo di euro. Spesso però sono come cattedrali nel deserto, un pugno nell’occhio. Stadi da riempire, magari ospitando gare di altri Paesi. A fine marzo l’amministratore delegato della Lega A Luigi De Siervo aveva illustrato ai presidenti la manifestazione d’interesse formulata direttamente dal governo ungherese: sul piatto 8 milioni di euro a partita per ospitare alla Puskas Arena di Budapest una o due edizioni (in tre stagioni sportive) della Supercoppa di Lega, un’altra proposta (6,5 milioni di dollari) l’aveva avanzata il ministro dello sport dell’Ecuador mentre c’era da ancora da parlare con l’Arabia Saudita e con lo Sport Council di Abu Dhabi: la strada maestra resta incassare il più possibile privilegiando il prime time in Italia. In attesa di novità dalla Lega, dalle offerte e dall’Ungheria, continuano novità e arrivi in via Allegri. Porte sempre aperte in Figc, la federazione italiana gioco calcio che qualcuno ha cominciato a chiamare federazione italiana giovani congiunti. Questione di nomi, parentele, famiglie, assunzioni. Nel 2017 Gravina parlò della necessità di «un nuovo umanesimo per il calcio italiano», un anno fa aveva definito il suo programma come “il rinascimento azzurro”. Per restare in tema, pare di essere ai tempi delle Signorie, di quel sistema fatto di vassalli, valvassori e valvassini. Un sistema feudale.

Padri, figli e parenti. Al Club Italia – è l’organismo che riunisce tutte le squadre Nazionali e ne coordina la gestione delle attività, è presieduto dal presidente federale che detta linee guida e approva i programmi tecnici, definisce l’organigramma di tutte le strutture ed è il capo delegazione della Nazionale A Maschile e della Nazionale A Femminile – dal primo di giugno è entrato ufficialmente e a tempo pieno Emanuele Sica. Un passato da agente Fifa, per un anno e mezzo direttore dell’area organizzativa e marketing della Virtus Basket Roma, fino a febbraio 2021 s’era occupato della comunicazione social di “Euro 2020” per conto della Figc in quanto federazione ospitante partite della competizione. Emanuele è il figlio di Carlo Sica, 14 mesi fa nominato (un valzer di nomine, leggi qui) presidente del Tribunale federale Nazionale dopo aver guidato la quarta sezione della Corte federale d’Appello. Carlo Sica è l’avvocato Generale Aggiunto dello Stato, una carriera piena di prestigiosi incarichi nella magistratura di Stato (ha difeso anni fa i marò Girone e Latorre). È stato il consulente giuridico di Gianni Letta, presidente del collegio sindacale della “Coni servizi SpA” prima che diventasse “Sport e Salute”. Un curriculum di assoluto rilievo, come l’incarico attuale di avvocato generale aggiunto dello Stato. Da presidente del Tribunale federale nazionale negli ultimi mesi ha rispedito a casa il ricorso di De Laurentiis sulle multiproprietà e ha demolito le ragioni del procuratore Capo Figc Giuseppe Chinè nel processo sulle plusvalenze (leggi qui, qui, qui e qui). Tornando al figlio: Emanuele da agosto a novembre 2021 da freelance per la Figc ha lavorato alla campagna di comunicazione della fase finale della precedente edizione di Nations League, disputata in Italia. Sempre per quell’edizione aveva lavorato Marta Giorgetti, la figlia di Giancarlo attuale ministro del Mise che sempre più spesso bacchetta i presidenti di pallone e difende la Figc. Anche Marta Giorgetti lavora adesso al “Club Italia”, è stata assegnata all’ufficio che s’occupa del coordinamento delle attività operative di tutte le nazionali azzurre. Della vicenda s’era già scritto quattro mesi fa (leggi qui): rispetto a Emanuele Sica però sta svolgendo, al momento, soltanto uno stage.

Federcalcio, la Parentopoli dell'Italia di Gravina: figli e nipoti di... tutti assunti in Figc Storiesport

Da due anni e otto mesi lavora al Club Italia invece Giulio Massi, entrato in via Allegri con Gravina già presidente Figc. Giulio Massi è il presidente del Comitato Regionale Lazio Fibs (federazione italiana di baseball e softball), è segretario e consigliere del Nettuno Baseball, ha cominciato a muovere i primi passi nel pallone da dirigente accompagnatore della Roma, dal 2017 al 2019. Dopo essere stato all’Ufficio “tesseramenti minori” Figc è passato di ruolo e d’ufficio fino ad entrare stabilmente nel “Club Italia”. Giulio è il figlio di Franco. Franco Massi è un magistrato della Corte dei Conti, ha ricoperto e continua a ricoprire importanti e delicate cariche, da ministeri a presidenza del Consiglio, da enti e aziende: Enel, Ispra, Cnel, Consap, è stato anche componente del Collegio di Garanzia Coni. Il figlio Giulio per un anno e un mese (2020/ gennaio 2021, lavorava già in Figc) è stato tra gli “esperti del ministro per le Politiche giovanili e lo Sport”: adesso il suo nome lo si ritrova ad esempio nel ruolo di “protocol compliance officer” della nazionale di calcio a 5. Una vita nello sport e d’azzurro è quella del professore ordinario di Ortopedia e Traumatologia alla Sapienza di Roma Andrea Ferretti, classe ’51, dal ’90 al 2008 il medico della Nazionale italiana e attualmente responsabile dell’area medica del “Club Italia”. Il figlio si chiama Federico: dopo aver lavorato negli uffici stampa di Empoli e Pescara, dopo esser stato assistente giudiziario come dipendente statale, Federico è entrato (a tempo pieno) da un anno e cinque mesi in Figc. Lavora nella segreteria della Procura federale, un ufficio nel quale a scorrere l’elenco d’incarichi e mansioni si ritrovano ad esempio cognomi come quello di Schifani (Andrea, il figlio dell’ex presidente del Senato), Fanfani (Alessandro, parente del defunto presidente del Consiglio) e Materazzi (Monia, la sorella dell’ex campione del Mondo): prima di entrare in pianta stabile in Figc Federico Ferretti è stato per dieci mesi segretario presso “Il Garante Nazionale dei diritti dei detenuti e delle persone private della libertà personale”.

È davvero solo una coincidenza: la moglie in seconde nozze di Marco Taradash è un avvocato già componente del collegio del “Garante nazionale dei diritti dei detenuti”. Marco Taradash è un ex onorevole passato negli anni dai radicali di Pannella a Berlusconi, è stato anche parlamentare europeo, è un giornalista. Figlio di prime nozze è Giacomo, laureato in “Scienze motorie e sportive”, è stato giocatore di volley ed è stato nella macchina organizzativa dei Mondiali di pallavolo. In Figc è passato dal Dipartimento paralimpico alla segreteria del “settore Giovanile Scolastico” guidato da Vito Tisci, presidente del Comitato regionale Puglia e altro fedelissimo di Gravina. A Ruvo di Puglia nemmeno un mese fa (qui il link della Figc) Giacomo Taradash era presente come “referente nazionale del settore Giovanile e Scolastico” alla manifestazione – riservata alle squadre under 12 femminili di calcio a 8 – denominata “Danone Nations Cup”. Dipendente dell’area commerciale della Figc è invece il veneto Tommaso Dibello, nipote del vicentino Gianni Grazioli che da anni è il direttore generale dell’Aic (l’Associazione nazionale calciatori) e che è stato nominato da Gravina l’1 luglio 2019 “coordinatore delle relazioni istituzionali della Figc” ed è per questo che si trova nel ristretto del prestigioso ufficio del “Club Italia”. Il nipote Tommaso dopo esser stato consulente sportivo dell’Aic e dopo aver conseguito la laurea in “Governance dello Sport” all’Università di Teramo, è da un anno e due mesi “sponsorship sales, licensing e merchandising” in Figc. Lì dove dai primi anni del Duemila lavora come responsabile delle iniziative istituzionali Benedetta Geronzi, la figlia di Cesare già presidente di Mediobanca e poi Capitalia. E in Figc – ci lavora anche lui da anni – Giovanni Valentini (direttore area business, si è formato alla scuola del compianto Bogarelli, battuto in volata Marco Canigiani, anche lui sponsorizzato da Bogarelli e che Claudio Lotito avrebbe liberato dalla Lazio dove ricopre tra gli altri il ruolo di direttore marketing) il figlio di Antonello che per oltre trent’anni – entrato con Antonio Matarrese – è stato in federazione ricoprendo tanti incarichi fino a quello di direttore generale prima di andar via con pensione e lauta buonuscita.

Le porte della Figc però restano sempre aperte. Anche ai ricordi. Undici mesi fa l’Italia vinceva l’Europeo, 40 anni fa si avviava a vincere il Mundial spagnolo accompagnata in avvio da critiche feroci su Bearzot. Un mese dopo tutta l’Italia festeggiava – persino il presidente federale Sordillo – al ritmo di una canzone che faceva così: “Da da da, siam tutti figli di Bearzot”. Quarant’anni dopo il motivetto sembra un altro…

© 2022 Riproduzione riservata

Correlati