Chievo Verona e Euro 2032, l’estate già torrida rischia di bruciare la presidenza federale di Gabriele Gravina. Il destino è sospeso. Balla tra il giudizio del Consiglio di Stato e quello Uefa, le speranze si fondano nei pensieri dei giudici amministrativi da una parte e sull’opera di convincimento di Danilo Filacchione – responsabile relazioni internazionali Figc – coi vertici Uefa e soprattutto nella mediazione politica di amicizie e sponde politiche con il Governo Draghi. Carte, richieste, preghiere e speranze che si aggiungono a nuovi ricorsi e solite baruffe. Oggi il caso Chievo ad esempio sarebbe entrato di prepotenza in consiglio federale: spifferi soffiano sulla richiesta formulata dai consiglieri di serie A di prevedere nelle poste del bilancio federale un fondo accantonamento rischi in caso di condanna al risarcimento economico nei confronti del Chievo, Gravina però avrebbe tirato fuori un parere (negativo) dell’avvocato Viglione. Si sarebbe accesa una discussione con Lotito, l’ipotesi era far mettere a verbale che la serie A non avesse approvato il bilancio ma alla fine s’è trovata la quadra. Numeri e soldi. Chievo e Euro 2032, per Gravina sono adesso due questioni fondamentali per poter andare avanti, magari senza sapere dove andare, ma comunque andare. “Non c’è vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”. La citazione, magari frutto di un ghostwriter, è di Seneca e Gravina la conosce bene: campeggiava nel suo programma elettorale, quello della rielezione. È passato più di un anno, sembra il succo della sua gestione. Il programma elettorale è rimasto solo su carta. Il bilancio è sempre più fallimentare. Il rischio è che addirittura peggiori. Con conseguenze pesanti.
Caso Chievo, rischio concorso in bancarotta e risarcimento. Colpa di altri… fallimenti. Ad esempio è di stringente attualità il caso del Chievo Verona. Dopo l’esclusione dalla B sancita fino al Tar lo scorso anno per una questione di rateazioni esattoriali, la società di Luca Campedelli non s’è arresa. Ha proposto ricorso con richiesta di risarcimento danni chiedendo la sospensiva per evitare il fallimento della società calcistica cui si lega anche quello della Paluani, l’azienda di panettoni del presidente veronese. Come scritto nel ricorso al Consiglio di Stato dai legali del club de Bosio e Manzi, “i fatti hanno la testa dura, diceva Lenin”. Il Chievo ha ottenuto la sospensiva e poi atteso la decisione del collegio del Consiglio di Stato, Consiglio di Stato presieduto da Franco Frattini, cioè il presidente del Collegio Garanzia del Coni all’epoca dell’esclusione della società veneta. Il Collegio del Consiglio di Stato era però composto in parte da giudici amministrativi che svolgono anche attività nella giustizia sportiva federale (la questione degli intrecci resta una giungla irrisolta) e che avevano già “giudicato” la vicenda Chievo. Tutto da rifare. Tempi che si allungano. Il nuovo collegio non è stato ancora formato ma l’attesa dovrebbe terminare a breve. Il Chievo ha chiesto la riammissione al campionato di serie B, il reintegro dei giocatori svincolati d’ufficio e un risarcimento danni di 143 milioni di euro. Se venisse accolta l’istanza, cosa potrebbero mai fare Gravina e federazione? Il ventaglio d’ipotesi in questi giorni si sta ampliando: ribandendo la sicurezza nella vittoria, da via Allegri qualche legale lascia però filtrare che in caso di sconfitta si procederebbe a suturare le ferite. Più che un’ammissione in sovrannumero in B potrebbe prendere piedi l’ipotesi di far ripartire il Chievo dalla Lega Pro. Se fosse costretta anche a un eventuale risarcimento economico, la federazione si troverebbe però in grande difficoltà. Ecco perchè nel consiglio federale di oggi s’è parlato anche di un cospicuo “fondo accantonamento rischi”: decisione osteggiata dalla Figc. La questione però potrebbe precipitare ancora di più. Perché intanto il Chievo è stato dichiarato fallito tre giorni fa con una sentenza del tribunale di Verona. Se dal fallimento si passasse però all’accusa di bancarotta, la Figc di Gravina potrebbe rispondere “per concorso” non avendo modificato la norma che prevede l’esproprio dei calciatori, consentendo così un vero e proprio esproprio di asset negoziabili sul mercato, equiparabile ad esempio ad un’azienda che fallisce alla quale si tolgono gli immobili la cui vendita serve per pagare i fornitori. Dunque, forse una (mite) sconfitta in Consiglio di Stato potrebbe addirittura essere la sconfitta più dolce per la Figc. Intanto, si resta in attesa.
Euro 2032, promesse e mediazioni. Il rischio di un altro flop. In attesa, e magari senza la risposta più gradita. Potrebbe essere questo l’ennesimo dispiacere per Gravina, un altro fallimento cocente, fallimento che potrebbe provocare scossoni più della mancata qualificazione al Mondiale. L’immagine e il peso dell’Italia pallonara agli occhi delle istituzioni internazionali sono sempre più bassi, scadenti. Già precipitati al minimo storico i rapporti col presidente della Fifa Gianni Infantino (al convegno su Artemio Franchi due mesi fa aveva lasciato intendere di non voler incrociare il numero uno federale, la sua visita dieci giorni fa a Formello da Lotito, accompagnato dall’avvocato Mario Gallavotti attualmente capo dell’ufficio legale Fifa è segno chiarissimo di come le cose possano precipitare) cui pure lo legava un’amicizia datata, sin dai tempi dell’Università di Teramo, il rischio adesso è che si incrinino anche i rapporti con l’Uefa e col presidente Ceferin. Gravina da un anno è nell’esecutivo, da più di un anno chiede a gran voce che all’Italia sia assegnata un’edizione dell’Europeo. A metà febbraio aveva annunciato pubblicamente (intervista a Sky) la candidatura per l’edizione del 2028. «Il bando scade a marzo, noi presenteremo la candidatura: questo è fuori discussione». Un passo affrettato, un passo pesante. In avanti, nel buio, nel vuoto. Perché la candidatura avrebbe dovuto avere il sostegno del Governo, e in quei mesi – ma la musica non è mica cambiata – Draghi proprio non ne voleva sapere, per non dire della Vezzali con cui andava, e va avanti, la guerra. Contrariato, costretto al dietrofront nel giro di appena quindici giorni: quando Gravina aveva inteso che la corsa per l’Europeo 2028 sarebbe stata impossibile vista poi la candidatura (vincente) della Gran Bretagna ecco il dietrofront nel giro di quindici giorni, con tanto d’annuncio sul sito federale: “La Figc presenterà la propria candidatura all’Europeo del 2032, sollecitando così la costruzione di nuovi impianti e l’ammodernamento di quelli esistenti in una finestra temporale più ampia”. Trovata la “pezza”, svelato l’arcano: la costruzione di nuovi impianti, il riammodernamento di altri. Cioè soldi, soldi, soldi. E finanziamenti. Il nodo resta sempre quello, e Gravina s’è speso parecchio con le società e specie coi nuovi proprietari stranieri, attirati dalla promessa di poter costruire in Italia, di fare business col calcio, attraverso il pallone. I problemi sono molteplici. Innanzitutto la scelta dell’Uefa arriverà a settembre: c’è poco tempo, resta poco tempo. Poi manca (ancora) il sostegno del Governo: come impegnare due miliardi e mezzo proprio in questo delicata fase di congiuntura economica? E ancora: avanti s’è fatta decisa la Turchia e avanza l’idea della Spagna, entrambe sono nazioni dotate di stadi moderni, entrambe spinte dall’intero movimento, anche politico. Per concludere, poi, le dichiarazioni di Ceferin. Mentre Gravina appena dieci giorni fa rassicurava, «nella corsa all’Europeo siamo ben posizionati, l’immagine dell’Italia è finalmente credibile», il presidente Uefa per due volte in pochi giorni seminava dubbi e perplessità. Prima, così: «Il problema per l’Italia è che la situazione a livello di infrastrutture è abbastanza terribile per un Paese di calcio di questo livello». Poi, rincarando la dose: «In Italia non c’è uno stadio che possa ospitare una finale di Champions. Incredibile. La Turchia è un rivale forte. Ho parlato tanto con Gabriele ma credo che anche governo e municipalità abbiano capito il valore di un Europeo. Sugli stadi servono garanzie forti, prima». Gravina sa di giocarsi la carta più pesante: senza l’assegnazione dell’Europeo perderebbe ancor più peso e credibilità. S’è spinto troppo avanti. Per questo sta cominciando a bussare a tutte le porte. Alla Gazzetta ha detto di voler mettere in sicurezza il calcio italiano, in realtà pare voglia mettere in sicurezza la poltrona. «L’obiettivo di Italia 2032 può essere un volano decisivo per il nostro calcio. Ovviamente c’è bisogno del Governo, del Credito Sportivo, della Cassa Depositi e Prestiti, del Coni, delle Leghe. Su questo tema specifico devo ringraziare il presidente Malagò che è uno dei nostri primi sostenitori». Chissà se Malagò (preso ora da problemi ben più seri) avrà modo e tempo per convincere Ceferin e Draghi. Intanto Gravina confida nel suo uomo-ombra (Filacchione parla un fluente inglese, Gravina no) quando va all’estero: Danilo Filacchione sta facendo tutto il possibile. Basterà per evitare il fallimento? Sarà il vento giusto da prendere per arrivare in porto? Chissà, intanto Gravina pare dare segno di nervosismo e sfinimento.
Il bilancio da record. E il nuovo affondo. Oggi nella sala “Paolo Rossi” s’è tenuto il (penultimo) consiglio federale della stagione. Il consiglio bulgaro si sarebbe trasformato in riunione blindata, in presenza solo i consiglieri mentre il resto collegato da remoto perché pare che il virus abbia appiedato parecchi in via Allegri. All’ordine del giorno c’era, tra i vari punti, l’approvazione del bilancio consuntivo del 2021. Detto dell’ennesimo botta e risposta tra Gravina e Lotito, tra la Figc e la Lega serie A, restano da trascrivere le dichiarazioni rese al termine della riunione da Gravina. Sul bilancio (economico) del 2021, chiuso con un valore della produzione pari a 229,5 milioni di euro, margine operativo lordo di 40,3 milioni e un risultato positivo pari a 11,1 milioni di euro. «Si tratta di un risultato record per la Federazione. Un bilancio straordinario». Poi, andando di diplomazia: «Ho presentato al Consiglio federale preoccupazioni fondate su alcune decisioni e risposte che ci aspettiamo dal Governo su alcuni temi delicati che possono compromettere la tenuta non solo del calcio, ma dello sport come il lavoro sportivo, aspetti legati all’apprendistato e al vincolo sportivo. Ancora oggi ho registrato lamentele per la scarsa risposta sulla famosa rendicontazione dei ristori. Sono passati sette mesi e non ne veniamo a capo. Il nostro segretario generale è in costante contatto con le istituzioni, spero ci siano risposte a breve sui ristori e spero siano concrete dal Governo al mondo dello sport». Infine ha imbracciato di nuovo il fucile, annunciando riforme e cambiamenti (nel consiglio del 28 luglio si dovrebbe parlare anche della riforma dei campionati), perché senza garanzie concrete e riforme reali il Governo non darà un euro e Euro 2032 diverrebbe davvero una chimera: «Oggi lo statuto consente a tutte le componenti il diritto di veto, se una lega non è d’accordo non si può fare la riforma. Non si può rimanere ingessati, modificheremo questa norma che rappresenta una iattura per il nostro mondo. Se la riforma sarà fatta senza il voto della A? In extrema ratio sì, anche senza il voto di Lega B, lega Pro e Dilettanti. Cosa che prima non era possibile. Il calcio italiano ha bisogno di voltare pagina». Così ha tuonato. Così ha assicurato. Magari chissà, il calcio italiano davvero cambierà pagina. Però il libro continuerà a essere quello di Gravina…