Sarà un autunno difficile. L’ha detto ieri il presidente del Consiglio Mario Draghi che s’è dimesso ma come da prassi resta in carica per il disbrigo degli affari correnti. Sarà un autunno difficile: vorrebbe dirlo a viva voce anche Gabriele Gravina, presidente della Figc che non s’è dimesso dalla carica e nemmeno pensa di farlo. Guerra sui tamponi, vicenda Suarez, sconfitte in serie al Collegio di Garanzia Coni, inediti e inauditi ricorsi al Tar (anche qui, bastonate), declino tecnico dell’intero movimento, la Nazionale fuori dalla fase finale dei Mondiali per la seconda volta consecutiva, Parentopoli in Figc e arresti nel ritiro dell’under 21, giustizia sportiva a volte lumaca a volte ghepardesca ma quasi sempre fallimentare e, a proposito. Il fallimento Catania, i deferimenti dettati da transfertmark di Chinè e le bacchettate al procuratore Figc dagli organi di giustizia sportiva, i consigli legali di Viglione, le intemerate contro il sottosegretario Vezzali, le svolte “epocali” seguite dalla corsa a chiedere soldi per sostenerle e da una corsa contro il muro, il caso Chievo e il rischio di concorso in fallimento senza dimenticare il trust Sampdoria e mica solo quello (ormai andato) della Salernitana, le plusvalenze e le inchieste della Procura della Repubblica (più d’una è ancora in azione), l’interrogatorio in una caserma della Finanza a Roma il primo d’aprile e i progetti (piano Fenice, ad esempio) di riforme accartocciati con fastidio dal Governo, la battaglia contro Claudio Lotito sulla Salernitana e la Lazio e le norme sulla multiproprietà, la candidatura all’Europeo 2032 dopo il repentino dietrofront sul 2028, i conti in rosso, il decreto Crescita e le norme sull’apprendistato, i conflitti con il presidente della Fifa Infantino e persino i rilievi di Ceferin, l’amico presidente dell’Uefa, i litigi, le pressioni e le invasioni con la Lega serie A, la continua ricerca di sponde con la politica e con Giovanni Malagò, le chiamate in servizio al “Club Italia”, la battaglia contro Sibilia, il commissariamento della Lnd e il ritorno di Abete, le invasioni nell’Aia, lo spot sul professionismo del calcio femminile e i milioni spesi dalla Rai per assicurarsi i Mondiali (senza azzurri, sarà un bagno per l’Ente di Stato) dando poi una degna vetrina all’Europeo femminile con tanto di docufilm. Un bagno di sangue, a tinte horror: il film dell’ultima stagione sportiva di Gabriele Gravina e della Figc potrebbe durare per ore ma non c’è molto tempo. In sala poi non registrerebbe chissà quale incasso (magari se su Raitre riprendesse Blob…): il copione si ripete al solito da anni. Quasi cinque.
Nella sala intitolata a Paolo Rossi di via Allegri, domani mattina Gravina prenderà la parola nell’ultimo consiglio federale prima del breve riposo estivo. L’ordine del giorno, su carta intestata, prevede: “Approvazione dei verbali degli ultimi due consigli; domande d’integrazione al campionato di Lega Pro; criteri relativi alle licenze nazionali per l’ammissione ai campionati professionistici stagioni sportive 2023/2024, 2024/2025 e 2025/2026; articolo 16 bis N.O.I.F. – Norma transitoria: valutazioni; modifiche regolamentari; nomine di competenza; varie ed eventuali”. Ci arriva dopo giorni caldi, intensi, laceranti. Magari, se riuscirà a conservare un po’ di freddezza, osservando bene i volti in consiglio, s’accorgerà che la maggioranza bulgara di cui dispone comincia invece a sgretolarsi. Qualche giorno fa ha presentato il “Report 2021” sul calcio italiano. «Il calcio italiano perde un milione al giorno, il 79% delle nostre società chiude in perdita, il rosso aggregato del calcio italiano è di 4,3 miliardi di euro, i debiti sono arrivati a 4,7 miliardi, il costo del lavoro è aumentato in maniera spropositata, serve una rivoluzione culturale nel mettere sotto controllo i costi. Porterò nel consiglio federale del 28 luglio una nuova riforma delle Licenze Nazionali su piano triennale. Il calcio italiano deve voltare pagina». Queste le sue parole, prese da un libro come non fosse il suo, quello di un presidente federale in carica da quasi cinque anni. E che, proprio il 27 luglio di un anno fa, solennemente diceva (è tutto sul sito Figc), sempre al termine dell’ultimo consiglio prima della pausa estiva. «È tempo di cambiare, diamo una prospettiva di lungo termine al calcio italiano».
Il libro di Gravina continua a riempirsi di queste pagine mentre il libro del calcio italiano e quello delle riforme continua a restare in bianco. È passato un altro anno e nemmeno una riforma (quelle del programma elettorale, quelle sbandierate e annunciate nel corso degli ultimi quattro anni) è su carta. Niente. “Il calcio italiano sono io, inutile che proviate a farmi lo sgambetto, non ci riuscirete”: così, con queste parole, avrebbe troncato l’ennesima discussione nel corso di un incontro tenutosi a metà luglio con i tecnici delle varie leghe che doveva fare da confronto prima di mettere su carta i punti da esaminare per le nuove licenze. Fatti due conti (no, non pare c’entri nulla una cena con i magistrati della Corte dei Conti Massi e Miele, insieme a Massi senior c’era pure Massi junior che lavora in via Allegri), registrata l’aria spirata nel corso dei due “tavoli” con i tecnici e rappresentanti delle Leghe e della Uefa, letta con stupore e sorpresa la lettera del vice-presidente di Lega Pro Francesco Ghirelli, avvertita l’aria di indifferenza della politica e ascoltato pure qualche spiffero che esce dalle stanze di qualche Procura della Repubblica intenta a indagare su conti e operazioni di qualche club e sulle eventuali responsabilità federali, Gabriele Gravina si prepara così ad un altro bel dietrofront. Alla melina. E così quell’attacco, quel grido forte lanciato appena qualche giorno fa rischia di diventare, un’altra volta, un filo sommesso. «Il diritto di veto è una iattura per la riforma del sistema, non si può rimanere ingessati, modificheremo questa norma. Il calcio ha bisogno di voltare pagina».
I giornali si sa, diventano carta straccia già il giorno dopo. Non c’è mica da scandalizzarsi: c’è chi li usa per pulire i vetri, specie al Sud si dice “con i giornali ci incarti il pesce”. Non ci resterà male certo l’editore de “La Gazzetta dello Sport” (tanto per notare come l’aria intorno a Gravina sia cambiata, ecco quanto detto da Cairo – fino a poco tempo tra i principali “pubblicitari” del corso federale graviniano – oggi al proprio giornale: «Si impone una riflessione seria sul calcio italiano, bisogna rendere sostenibile un sistema che da anni non lo è più, servono nuove idee e brillanti, la Figc deve ascoltare questo appello, i nostri club sono allo stremo, purtroppo veniamo da dieci anni di pessima gestione della Lega…», e il riferimento alla passata gestione in via Rosellini appare soprattutto come un plauso convinto al nuovo corso, nuovo corso guidato da Lorenzo Casini sotto la spinta di un rinato e più forte Claudio Lotito) se quell’intervista di un mese fa a Gravina sia già nel cestino. “Settori giovanili, conti in regola, regole ferree, serie A e Europeo 2032, così metto in sicurezza il calcio italiano”. Questo il titolo, fedele virgolettato del presidente federale che aveva poi aggiunto. «Nel consiglio del 28 parlerò della riforma dei campionati e presenterò il nuovo manuale delle licenze per il prossimo triennio». Senza contare la promessa fatta ad aprile: a giugno presenteremo il piano per “sterilizzare” il sistema delle plusvalenze. Niente, niente manuale delle licenze, niente regole sulle operazioni tra club, niente avvio di riforme. Nella sala Paolo Rossi domani si giocherà solo per il pareggio, magari a reti bianche. Tutto rinviato, ci si aggiornerà a settembre. Il consiglio di non andare ancora allo scontro – valga solo come ultimo esempio quello sull’indice di liquidità che ha fatto registrare una batosta per la Figc e per i legali che l’hanno spinta a tanto – gli è arrivato da più parti.
Preoccupato dalla crisi politica (una nuova maggioranza potrebbe metterlo ancor più al palo, del resto prima dell’avvento di Casini in Lega le questioni politico-calcistiche le trattava solo lui), negli ultimi giorni il presidente federale si è di nuovo appoggiato molto a Marco Brunelli, il segretario generale della Figc e ha invece raffreddato i rapporti con Giancarlo Viglione, il suo vero braccio destro. Nel corso dei due incontri tecnici sulla questione delle licenze e dei parametri c’è stata parecchia fibrillazione. La vittoria della serie A al Collegio di Garanzia e la bocciatura del ricorso Figc avevano prodotto questa incredibile situazione: per la serie A nessun indice di liquidità (0,5%) come parametro ammissivo per l’iscrizione, in vigore invece l’indice per B e Lega Pro, cioè due leghe economicamente nettamente inferiori, con l’indice fissato al più alto 0,7%. Nel penultimo consiglio Mauro Balata per la serie B era rimasto in silenzio mentre il vice-presidente federale Francesco Ghirelli (nemico, poi amico di Gravina ma nel pallone tutto è labile) aveva avanzato qualche perplessità, soprattutto una volta fuori da via Allegri. Serie B e Lega Pro adesso non ci stanno: l’indice di liquidità deve almeno essere uguale per tutte le Leghe. Non solo. Dopo esser stato costretto a fare marcia indietro sul diritto di “recompra” (la serie A ha ottenuto il ripristino, pochi mesi fa Gravina non ne voleva nemmeno sentirne parlare), il presidente federale spingeva invece per la reintroduzione dell’indice PA. Ha spinto. Fino a qualche giorno fa. Perché Ghirelli – pare molto attivo nei contatti con la Lega A – ha preso carta e penna e gli ha scritto una lettera: “La Lega Pro si oppone a questa reintroduzione”. Gravina deve aver inteso e per il momento anche su questo punto rimanderà la questione. Di questioni nel corso dei due incontri a luglio coi tecnici delle Leghe e Uefa ce ne sono state diverse.
La Lega A glielo aveva già detto, e l’ha continuato a ripetere: per noi esiste solo il manuale delle licenze Uefa, è solo quello che fa testo. Nella prima riunione (Ghirelli e Brunelli isolati e dunque costretti da remoto) Gravina aveva proposto tra i criteri di ammissione un indicatore di liquidità più severo e senza correttivi, la Lega A (Casini in presenza, De Siervo e Butti da remoto) avrebbe ribadito il proprio niet e l’intenzione di uniformarsi solo alle regole Uefa, in silenzio gli altri. Invitate le parti a osservazioni da presentare nella riunione successiva, il 15 luglio nel corso del confronto sarebbero invece aumentate le distanze. La Figc s’era ripresentata con il solito programma: indice liquidità a salire per il prossimo triennio (0,6%, 0,7% e 0,8%) inserendo una serie di correttivi cosiddetti allargati (ad esempio anche la voce sugli investimenti fatti dai club), l’introduzione dell’indice PA subito ma con effetti sull’iscrizione ai campionati a partire dal 2025. Il secondo confronto, al quale partecipavano anche tecnici Uefa – cominciato con un senso di marcato imbarazzo: l’ufficio federale sarebbe infatti stato colto in fallo perché non a conoscenza di una norma Uefa. Gravina però siede proprio nella commissione Uefa che ha scritto la norma. A far rilevare l’autogol il delegato dell’Inter. Tra i presenti più di qualcuno avrebbe poi confessato di aver trovato un Gravina “confuso e nervoso”: al termine della riunione il presidente federale, intesa l’antifona, avrebbe alla fine assicurato che nel consiglio federale del 28 avrebbe portato in approvazione solo le linee guida e non il manuale delle licenze. Sarà proprio così domani? Un’altra questione che Gravina avrebbe voluto e vorrebbe introdurre è quella del “Salary cap”: in sostanza i club non potrebbero spendere più dell’80% in acquisti di calciatori, ingaggi e commissioni per agenti e procuratori. Almeno questa novità passerà o anche questa sarà rinviata a dopo l’estate.
Rinviata. Almeno questa è la voce che spira con sempre maggior insistenza: è la delicata e spinosa questione sulle multiproprietà (art. 16 delle Noif) che è all’ordine del giorno del consiglio federale di domani. Dopo aver cambiato e inasprito le norme (sempre in corsa) lo scorso anno, dopo aver messo ai voti la decisione di mettervi fine entro tre anni, si registra (eufemismo) qualche ripensamento. Dopo la guerra con Lotito, si prospetta infatti almeno una tregua con Aurelio De Laurentiis proprietario del Napoli e con il figlio Luigi, proprietario del Bari. La famiglia De Laurentiis ha perso i due ricorsi alla giustizia sportiva e si è rivolta al Collegio di Garanzia del Coni. Nell’attesa, ritirando il premio “Granillo” a Reggio Calabria, Gravina che aveva al suo fianco Luigi De Laurentiis, ha testualmente detto. «Lavoriamo per risolvere la situazione, Luigi lo sa benissimo. Quando c’è il buon senso si trova sempre la strada giusta ma purtroppo ci sono delle norme severissime a livello internazionale. Abbiamo vissuto un anno fa un’esperienza drammatica per il calcio italiano, un’esperienza che non vogliamo più rivivere. Ci sono delle norme statutarie che vanno rispettate, però sappiamo che ci sono degli interessi che vanno altrettanto rispettati. Come detto, stiamo cercando con Aurelio e Luigi di mettere insieme e ottemperare correttamente gli interessi del calcio e d’imprenditori che hanno fatto grandi sacrifici per mettere in piedi grandi realtà come Bari e Napoli». Detto a proposito delle severissime norme internazionali che, forse complice il caldo, il presidente federale deve aver dimenticato come nemmeno un mese fa il Palermo sia entrato nella galassia Manchester City (ma i proprietari del Genoa e dello Spezia giusto per fare due esempi – come ad esempio il fondo Eliott con Milan e Lilla – hanno club sparsi per il Mondo), c’è da sottolineare come, dopo nemmeno un anno, sulla stessa regola adesso Gravina auspichi il buonsenso. Chissà cosa penserà domani, e cosa dirà domani, in consiglio Lotito mentre intanto le inchieste sulle dinamiche della cessione delle quote del “Trust Salernitana 2021” sono ancora oggetto d’inchieste di due Procure e penda nei confronti della Figc una richiesta di risarcimento: probabile che il consigliere federale (e dominus ora in Lega A) lasci passare la cosa, ma soprattutto per non mettere in difficoltà gli amici Setti e De Laurentiis. Proprio l’imprenditore cinematografico si sarebbe infatti lasciato scappare una gustosa anticipazione: nel consiglio federale di domani la questione definitiva sulla multiproprietà potrebbe slittare fino al 2028. Vero? Si vedrà…
Si vedrà pure che cosa fare con il sistema delle plusvalenze. Mentre la Procura di Torino continua nelle indagini dell’inchiesta “Prisma” (ad aprile era stato ascoltato anche Gravina) che riguarda non solo e non tanto alcune operazioni sul mercato Juventus (a Napoli s’indaga per falso in bilancio sul Napoli) quanto una serie di contratti e di rinunce a emolumenti (un’indiscrezione non confermata riferisce di sviluppi interessanti legati alla conoscenza in Figc di alcune carte), si registra almeno una novità: è ancora lontano il piano anti-plusvalenze però Gravina ha incaricato la Procura Figc di avviare un monitoraggio su tutte le operazioni ritenute “sospette” di questa stagione, cioè quella appena iniziata. E infine, tanto per dare un’idea della temperatura che si respirerà domani in via Allegri, ecco l’ultima uscita. Dopo un lungo letargo, s’è svegliato il presidente della Lega B, Mauro Balata. Novello Sherlock Holmes, ha tuonato. «Ci siamo accorti, facendo un approfondimento sulla norma che è contenuta nella legge di riordino dello sport che riguarda l’apprendistato, che vi è un comma che comporterebbe la possibilità di redistribuire anche ad altre federazioni sportive parte delle risorse proveniente dalla mutualità, cioè la quota di diritti tv della Lega A redistribuita alle leghe inferiori. Ci siamo immediatamente attivati, abbiamo inviato nota alla federazione, affinché questo tema venga trattato già al più presto dei campionati». Il comma (comma 7, articolo 30, decreto legislativo numero 36) in questione è del 28 febbraio 2021. Esattamente diciotto mesi fa. Se n’è accorto ora, o l’ha mandato avanti Gravina? E tanto per aggiungere altro pepe, ha aggiunto: «È arrivato il momento delle riforme, erano nel programma di Gravina di un anno e mezzo fa. E sulle seconde squadre dico: la serie B è contro la promozione in B di una seconda squadra, se altre leghe ritengono di proseguire su questa strada che lo facciano pure ma senza incidere sul nostro campionato». Clima torrido s’annuncia in via Allegri: tutti contro tutti. Il pallone italiano? Ma cosa vuoi che gli importi…