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Basket: arbitri tra veleni, violenze e silenzi. Il destino di Lamonica legato a Petrucci tra svolte solo annunciate, ritorsioni e bocciature

Le mosse del presidente federale uscente e quelle del gruppo Valori tra omissioni e favori. Il contratto del commissioner in scadenza. Gli atti di violenza contro i giovani arbitri. La gestione dei CIA regionali, i pensieri "social", il duetto Corrias-Bilan e l'intervista rilasciata ad Hines
Luigi Lamonica

Senza slancio e successi ormai da decenni, il mondo del basket tricolore s’infiamma e s’accende ogni volta solo quando c’è da andare al rinnovo delle cariche federali, centro decisionale e di potere che spesso attiva gangli e ramificazioni come forma di protezione, conservazione e attacco. Negli ultimi giorni la scena s’è ravvivata e ha persino catturato la ribalta dei quotidiani nazionali (di solito, cronaca politico-sportiva assente) alla notizia (in realtà vecchia di due mesi, leggi qui) dell’ufficializzazione della candidatura (leggi qui) dell’avvocato Guido Valori come presidente della FIP, poltrona occupata da undici anni da Gianni Petrucci, nel frattempo convalescente in ospedale (condizioni per fortuna in miglioramento, è stato trasferito) dopo un rovinoso e spettacolare incidente automobilistico. C’è chi ha ricamato sulla tempistica della “discesa” rivale sul parquet, definendola priva di classe e… valori: sul punto ci sarebbe da discutere e forse anche da convenire, se non fosse che, appunto, la notizia era vecchia di due mesi, e che certi velenosi commenti siano arrivati anche da sponde amiche che il buon Petrucci s’è legittimamente creato nel corso degli ultimi trent’anni, prima alla presidenza FIP, poi a quella del Coni e poi di nuovo alla FIP: magari, un po’ come accade per gli accordi (legittimi, alla luce del sole) commerciali tra la Figc e alcuni quotidiani nazionali, bisognerebbe risalire ad accordi (anche qui legittimi, alla luce del sole) che, ad esempio, consentono a tutte le società di basket nazionali di usufruire per un anno dell’abbonamento a un quotidiano on-line.

Chiusa la parentesi, se ne sono però aperte immediatamente altre, dopo il comunicato ufficiale che dava conto dell’appoggio di tre Comitati regionali alla candidatura di Valori. Una lettura che pare abbia mandato su tutte le furie innanzitutto lo stesso Petrucci, che pure da tempo sapeva come l’avvocato romano Valori fosse il suo rivale. Qualche ora prima della notizia, pare avesse dato mandato alla segreteria di girare gli atti del Collegio dei Revisori dei Conti FIP sulla querelle Maggi-Comitato Lombardia, guarda caso uno dei comitati (ieri Consulta delle Regioni dopo le dimissioni di Persichelli: la vice-presidente federale Gonnella ha fatto le veci di Petrucci, assente anche in video) schieratisi apertamente da mesi (leggi qui, era novembre) contro la sua idea di ricandidatura per il quarto mandato. E mentre c’era chi ometteva la notizia del comunicato ufficiale e chi ne attaccava la tempistica, quattro esponenti del Veneto prendevano carta e penna per dissociarsi dall’adesione del Comitato Veneto e per ribadire l’appoggio a Petrucci. Casarin, Crotti, Guolo e Crosara gli estensori del comunicato: quattro esponenti che da Petrucci hanno ricevuto incarichi e mandati federali, e che siedono e partecipano ai consigli federali. Nella lettera, sostengono di non condividere la scelta del Comitato Veneto e che il comitato abbia agito senza tener conto del parere di tutti. Alle rimostranze verrebbero da contrapporre due quesiti: Casarin, Crotti, Guolo e Crosara parlano per conto proprio, oppure parlano per conto di chi rappresentano? E se sì, quali e quanti sono i voti che “controllano”?

La guerra intanto è aperta. Mentre Petrucci chiama a raccolta le truppe che ai tempi della DC venivano definite cammellate, e mentre Valori e il suo gruppo cercano nuove adesioni, fibrillazioni si registrano anche nel mondo arbitrale dei cesti. In fibrillazione ad esempio è Luigi Lamonica, il monumento dei fischietti italiani, che due anni fa da Petrucci ha ricevuto il mandato di Commissioner insieme ad un contratto a cinque zeri (nello specifico, leggi qui). Il suo contratto, come quello del suo vice Giansanti, è in scadenza a giugno, sul contratto c’è l’opzione per un altro anno ma ovviamente, pur se le elezioni federali si terranno a fine dicembre, il suo destino è inevitabilmente legato a quello del presidente federale uscente. Tanto per testimoniare l’afflato che regna tra i due, bisogna per un attimo tornare all’ultimo consiglio federale.

Quando cioè Petrucci, dopo aver tessuto le lodi di chiunque fosse a tiro e lì in consiglio (da Gandini a Maiorana, da Crosara a Galanda, dal presidente del collegio dei revisori Tani al segretario Bertea) aveva annunciato una svolta epocale. «Stiamo studiando una svolta epocale, per dare l’annuncio di una iniziativa straordinaria: il triplo arbitraggio anche in serie B. Ne ho parlato con Lamonica, e ci siamo». Chiamato in causa, il Commissioner aggiungeva, reggendo così l’entusiastico ritmo: «Noi siamo pronti, presidente, dobbiamo dire grazie al torneo della Next Gen che ci ha dato l’opportunità di sperimentare gli arbitri. Ci siamo». La linea sarebbe poi ritornata a Petrucci, che avrebbe chiuso così l’argomento epocale. «C’è un problema, ma il problema è solo economico, per una parte dovrebbe intervenire la federazione e all’altra metà dovrebbero pensarci le società. Vediamo se farlo partire subito, o rinviare il triplo arbitraggio alla prossima stagione». È rimasto tutto in sospeso, magari chissà, l’annuncio arriverà in piena campagna elettorale. Campagna elettorale e questione arbitrale che si intrecciano in questi ultimi mesi di campionato: sarà forse perché i verdetti si avvicinano, sarà perché forse di veleni (leggi qui) ne sono già stati accumulati parecchi, certo è che il clima nell’ambiente dei fischietti di basket è sempre più caldo. E, come poveri bersagli, nel mirino finiscono soprattutto gli indifesi: tutti quei giovani arbitri, maschi e femmine, che dirigono partite dei campionati minori.

Perché si fa davvero fatica a paragonare col passato quello che sta accadendo, a ogni livello, in questa stagione. Nei campi di periferia e nelle serie minori nazionali si continua a registrare un numero di inaccettabili episodi di violenza fisica e morale (anche a sfondo razziale) a danno di giovani arbitri, ancora troppo spesso costretti a dirigere in singolo per la mancanza di fischietti tesserati. Il progetto/proclama di formare diecimila nuovi arbitri, sbandierato all’inizio dell’era Lamonica, che fine ha fatto? E non aiuta nemmeno il codice di giustizia sportiva FIP, che evidentemente prevede sanzioni e pene per nulla in grado di rappresentare un deterrente: chi aggredisce fisicamente un arbitro, sconta al massimo qualche mese d’inibizione (anni fa era prevista la radiazione) e, in molti casi, per i tentativi di aggressione commessi da tesserati, le giornate di squalifica vengono poi commutate in semplici e a volte insignificanti sanzioni pecuniarie. Il risultato pratico? Il giocatore, l’allenatore o il dirigente colpevoli sono regolarmente in campo sin dalla giornata successiva, dopo avere versato nelle casse dei comitati regionali la multa, tutt’altro che salata. Si spiega anche così la penuria di giovani arbitri: non è insolito registrare come in diverse gare di campionati minors manchi addirittura l’arbitro, mentre nella maggioranza dei casi c’è solo un giovanissimo fischietto e con poca esperienza alle spalle, che viene spedito a “gestire” giocatori e atleti molto più anziani ed esperti.

Eppure, il regolamento gare FIP prevede che una società non possa disputare una gara se in lista non c’è, sul parquet o in panchina, almeno un tesserato maggiorenne. Secondo il CIA (Comitato Italiano Arbitri) di Lamonica invece una qualsiasi partita, anche di un campionato seniores, può essere arbitrata da due, ma quando va bene, minorenni. C’è da restare basiti.

Il clima da quasi repulisti generale imposto dal Commissioner Lamonica, sin dall’insediamento, pare abbia persino peggiorato la situazione: le squadre di dirigenti arbitrali nelle singole regioni e province sono state azzerate, a tutti è stato revocato l’incarico di fiduciario e istruttore arbitrale. Si narra come nelle periferie Lamonica abbia applicato un metodo, inserendo nei ruoli ex arbitri ma amici fidatissimi, da anni però lontani dal mondo arbitrale (ad esempio, l’ex fischietto Longo, fratello del responsabile degli arbitri di Legadue, inviato a guidare gli arbitri friulani), oppure arbitri in attività che non possono però garantire il tempo necessario per fare crescere le giovani leve seguendole sui campi durante i week-end. Basti pensare agli arbitri internazionali (dunque impegnati nel corso della settimana sui campi di tutta Europa) Attard, Perciavalle e Bongiorni, rispettivamente messi alla guida tecnica dei CIA regionali di Sicilia, Piemonte e Toscana. Un altro arbitro di serie A, Pepponi, risulta formatore degli arbitri in Umbria. Caso a parte invece in Campania: da un mese è senza guida arbitrale perché l’ex arbitro di Legadue Beneduce ha presentato le sue dimissioni, per ragioni ancora poco chiare, e non è stato ancora sostituito. Il Lazio è invece ufficialmente guidato da due arbitri tutt’ora in attività in serie B (Silvestri e Bernassola), anche se dietro di loro c’è la mano esperta dell’ex istruttore internazionale Sandro Teofili e c’è pure quella di Luciano Tola, nominato nel frattempo capo dell’organizzazione territoriale del CIA.
Un quadro stravolto, rispetto all’impronta che aveva dato Stefano Tedeschi, il predecessore di Lamonica. Forte della sua esperienza ai vertici arbitrali del calcio, l’attuale patron della Fortitudo Bologna aveva reclutato soprattutto ex arbitri per formare i ruoli di presidenti, osservatori e istruttori arbitrali, non cedendo tra l’altro alle tentazioni di consumare ritorsioni, ma garantendo a tutti uno spazio nel mondo CIA. Ad esempio, aveva affidato la guida degli arbitri di Legadue a Enrico Sabetta, col quale solo pochi mesi prima aveva avuto una dura polemica che non aveva però certo scalfito l’imparzialità di giudizio dell’allora capo del Comitato italiano arbitri. Aveva anche affidato la guida degli istruttori a Dino Seghetti, e quella degli arbitri di serie B a Luca Weidmann, ma soltanto quando avevano concluso la propria carriera arbitrale.
Ancora in questi giorni invece, Luigi Lamonica pare stia sondando i due arbitri più anziani della squadra di serie A, Paternicò e Begnis, per ottenerne le dimissioni. Il motivo? Non per impegnarli nei quadri dirigenziali della prossima stagione (anche se almeno Begnis figura già come istruttore in Legadue) quanto invece per scongiurare il rischio di dovere effettuare una o due retrocessioni, già evitate nello scorso anno, sempre grazie all’addio -spontaneo – dell’abruzzese Di Francesco.
È in questo clima di totale incertezza (nessun arbitro italiano di ciascuna categoria oggi conosce la sua classifica, non sa se i suoi voti gli garantiscano la partecipazione ai playoff oppure se debba guardarsi dal rischio di una retrocessione) che i fischietti italiani stanno affrontando la fase finale della stagione regolare incontrando nei palazzetti un muro di ostilità crescente, in campo e sugli spalti. Mai sino ad ora si era vista una sfilza così lunga di provvedimenti disciplinari, assunti persino agli inizi delle gare (ad esempio, l’espulsione dei tecnici di Venezia e Cremona), oppure in una rapida sequenza (come nel terzo tempo di Napoli-Venezia). A Brindisi l’esperto Begnis ha addirittura dovuto interrompere la gara dopo essere stato oggetto di un ripetuto lancio di sputi. A fronte di un elenco di episodi gravi, dalle periferie all’elite del basket italiano, suona strano il silenzio non soltanto dei vertici arbitrali ma anche dell’AIAP, proprio il sindacato dei fischietti, guidato da Denis Quarta, uno degli arbitri cioè coinvolti nella concitata gara Napoli-Venezia.
Il Commissioner Lamonica e la sua squadra vengono al contempo segnalati come molto attivi nel reprimere comportamenti considerati non in linea con i diktat imposti da inizio anno: nella terza serie nazionale non si contano i fermi (ufficialmente non vanno motivati con sospensione ufficiale) di arbitri accusati di comportamenti inopportuni ma chissà, probabilmente sospettati di essere ancora legati alle vecchie gestioni. Il “passaparola” fra i giovani fischietti racconta di un presunto clima da “caccia alle streghe” con tanto di “indagini” condotte per individuare un like sgradito, uno stato whatsapp considerato allusivo, peggio ancora un post che si presti a fraintendimenti. Del resto Luciano Tola, uno degli attuali fedelissimi di Lamonica, nella sua fugace esperienza a capo degli arbitri italiani firmò come primo atto l’obbligo per tutti i tesserati di cancellare i propri profili social, salvo essere poi costretto a fare marcia indietro dopo poche ore.
Sui social è invece sempre molto attivo Silvio Corrias, ex capo del settore tecnico arbitrale, considerato da tutti, nemici compresi, uno dei migliori conoscitori del regolamento. In questi giorni Corrias è più attivo che mai con articoli e commenti: spiega a giocatori, allenatori, appassionati (ma anche arbitri e istruttori) cosa accade in campo, analizza le scelte arbitrali e le relative conseguenze. Non è passato inosservato un suo scambio di commenti, sulle piattaforme social X e Facebook,  con un giocatore di serie A (Bilan, di Brescia) che chiedeva spiegazioni su una fase di gioco. Lamonica non si è fatto promotore di alcuna iniziativa, nè per spiegare alcuni controversi e contestati episodi, nè per  svelenire il clima. Paradossalmente, al compito ha assolto un ex arbitro. Ma magari il Commissioner era preso e distratto dall’intervista che ha rilasciato al giocatore dell’Olimpia Kyle Hynes (vedi qui) nelle insolite vesti di intervistatore in una rubrica che il centro di Milano cura per l’Eurolega. Anche qui, silenzio generale. Anche dei vertici FIP.

 

 

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