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Basket, la monarchia Petrucci scricchiola: è Valori il candidato di un gruppo di Comitati. Intanto il presidente Fip pensa alla Salernitana

L'avvocato Guido Valori scelto da un gruppo di regioni trainato da Lombardia e Veneto. Il Lazio aderisce, Perischelli lascia la Consulta. Anche la Sicilia per il rinnovamento. Al presidente uscente serve il 66,6% dei voti. Malagò stoppa il tentativo di modifiche alla riforma

Appena un mese fa aveva (ri)detto. «Ho una malattia: mi diverto a prendere insulti social quando mi ricandido. Perciò lo rifarò. Sono troppo vecchio? I limiti di un mandato dovrebbe stabilirli solo l’Onnipotente, non gli umani. Per me parlano i risultati: ho vinto più che perso, il mondo del basket apprezza, e mi chiede di continuare». Dopo questa dichiarazione, il 78enne presidente della Fip Gianni Petrucci ha intanto continuato a girare, come fa una trottola dopo un robusto giro di chiave. Si è acceso e spento a intervalli regolari, come la musica di un carillon. Come un commesso viaggiatore, ha percorso instancabile lo Stivale. Come una vedetta, è andato in avanscoperta per sondare e scrutare il terreno. Come un’ape, ha volato di palazzo in palazzo (sportivo, istituzionale e politico) per fecondare il suo quarto mandato di fila alla Federbasket, impallinare i potenziali avversari, scoprire i movimenti del fronte avverso. Un calendario fitto e misto, nelle ultime due settimane: le visite istituzionali-elettorali dalla Lombardia a Napoli passando per la Sicilia, il consiglio federale Fip (orario anticipato, celebrato celermente, condito da un valzer di nomine, sparecchiato dopo l’approvazione del bilancio preventivo 2024, in calce un rosso di 2,4 milioni di euro), la toccata in tribuna all’Arechi da vice-presidente operativo della Salernitana per assistere al ko con l’Empoli, il fugace intervento al secondo giorno della Consulta regionale del basket a Roma per un rapido saluto, la presenza dal vivo all’infuocata assemblea della Lega A di calcio a Milano, un salto alla Final Eight di Coppa Italia di basket a Torino (dopo la finale femminile, presente solo per i primi due quarti di quella maschile, pur essendo stato presente a entrambe le partite il ministro dello Sport Andrea Abodi), una nuova corsa a Milano per presenziare alla batosta granata al Meazza, il collegamento in video per il Consiglio Nazionale del Coni, il trasferimento a Pesaro per il raduno dell’Italbasket, il viaggio in auto a Salerno per permeare di spirito olimpico i giocatori del club calcistico desolatamente ultimo in serie A, il ritorno in auto nelle Marche per Italia-Turchia di basket e poi di nuovo all’Arechi per l’ennesima sconfitta del club del presidente Iervolino mentre invece la Nazionale di Pozzecco volava in Ungheria. Prima la Salernitana, poi l’Italbasket.

Inghiottito com’è da un tourbillon di eventi, appuntamenti e impegni, al presidente federale dei cesti Gianni Petrucci converrà (forse) fermarsi un attimo e riconsiderare le folgoranti dichiarazioni, almeno quelle in tema elettorale. Rivedere soprattutto le trionfalistiche previsioni calibrandole però su un orizzonte meno celestiale (la Provvidenza) e molto più terreno: perché non correrà da candidato unico, non ha schiere che lo pregano di candidarsi, e non esiste nemmeno un esercito elettorale pronto a votarlo, concedendogli così di allungare una monarchia che, dopo la parentesi tra il ’92 e il ’99, si protrae ininterrotta dal 2013. Il “re” Petrucci rischia di restare nudo, di vedere le proprie velleità frantumarsi contro un muro, di registrare la sconfitta sbattendo contro un blocco sempre più nutrito e compatto. Altro che potere a vita. Altro che monarchia unica.

Il blocco è formato da una serie di Comitati regionali, da un gruppo sempre più nutrito di atleti e di tecnici che esprimeranno il voto, dallo sfavore che si respira all’interno delle Leghe, dagli spifferi di chi assiste dai palazzi istituzionali al suo desiderio di restare lì, a dispetto dei santi e dei risultati, a dispetto pure del suo nuovo impegno nel calcio. Stanchi dicono di Petrucci, stanchi della sua politica e della sua gestione, stanchi di assistere alla continua involuzione del movimento, stanchi che esigenze, richieste, problemi e istanze della pallacanestro italiana continuino a restare racchiuse in parentesi, dentro vuote vetrine e finti lustrini. Nel corso dei mesi, il gruppo ha elaborato un piano di rinnovamento e intervento. Vuole affidarsi a un presidente che abbia a cuore le sorti del basket azzurro e si è coagulato intorno alla figura di un candidato capace di battere Petrucci e ridare dignità, rinnovamento e futuro al movimento. Da mesi l’opposizione era (leggi qui) al lavoro. Lavoro completato.

Il candidato si chiama Guido Valori. È un 65enne avvocato romano, ex cestista, docente universitario in “Diritto dello Sport” e “Diritto del Lavoro”, capo della Procura Fip dal ’98 al 2005, fino al 2016 presidente della Commissione tesseramenti della Figc, già procuratore Antidoping nonché membro del Tas di Losanna, ex consulente del Credito Sportivo, nel 2021 consigliere giuridico della Sottosegreteria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega allo Sport e tanti altri incarichi. Un profilo riconosciuto capace di attrarre il consenso perché profondo conoscitore della materia sportiva e del movimento cestistico. In grado di affrontare, sfidare e battere Petrucci nel merito, senza buttarsi in sterili polemiche e senza cedere a sirene, lusinghe o peggio ancora.

Per Guido Valori si è mossa innanzitutto la Lombardia, da sempre fondamentale bacino elettorale: è la regione che ha il maggior numero di società e dunque di delegati, è da sempre la capofila del movimento cestistico nazionale, è la regione che per prima, quattro mesi fa, dopo una serie di minacce e provvedimenti (leggi qui) aveva manifestato a Petrucci l’intenzione di non sostenerlo nella sua nuova candidatura. L’anziano e arzillo Alberto Mattioli, ex presidente del Comitato Lombardia ed ex contender di Petrucci, è quello che ha lavorato alla candidatura di Valori chiedendo all’avvocato romano di accettare l’incarico. Compatta sulla linea del rinnovamento la Lombardia, anche nell’ultimo consiglio direttivo presieduto da Giorgio Maggi (al quale avrebbe telefonato l’ex ministro Stefano Patuanelli che pare coltivi ambizioni di candidatura e al quale Maggi avrebbe risposto: no grazie, il candidato ce lo abbiamo già mentre nelle ultime ore Petrucci ha risondato un rappresentante del comitato lombardo chiedendogli apertamente di dichiarargli sostegno) e riunitosi pochi giorni fa, ha votato una precisa e decisa linea elettorale. Niet a Petrucci, avanti col rinnovamento. Insieme alla Lombardia c’è un’altra regione forte: il Veneto. Il tandem viaggia in perfetta sincronia: il peso della Reyer e dell’ex consigliere federale Crotti è minuscolo al confronto del peso elettorale della maggioranza. Anche il Comitato Veneto della Fip presieduto da Roberto Nardi è per il cambiamento e rinnovamento, anche il consiglio direttivo che si è riunito ieri lavora all’elezione di una figura alternativa all’ancien regime impersonato da Petrucci: ieri ha votato sulla candidatura di Valori, dei sette votanti cinque hanno appoggiato la candidatura dell’avvocato romano, uno si è astenuto e solo Crosara s’è detto contrario. Nota a margine: in ogni contesa elettorale il voto di Lombardia e Veneto è stato decisivo.

Al tandem di testa si è unito anche il Lazio, proprio la regione di Petrucci, freschissimo destinatario di una polemica lettera (inviata venerdì per conoscenza a tutti i consiglieri federali ed anche ai presidenti dei venti Comitati di regione) scritta dal presidente del Comitato laziale Stefano Persichelli che, nella missiva, ha rassegnato le proprie dimissioni irrevocabili dal ruolo di rappresentante e presidente della Consulta delle Regioni denunciando “un atto di svuotamento delle funzioni”, svuotamento ascrivibile ad un’azione partita dall’alto dopo l’affiancamento (che aveva chiesto) di Paolini (presidente Comitato Marche, candidato “petrucciano” al prossimo consiglio federale) al vertice della Consulta. Secondo Persichelli, la Fip ha deciso di interrompere dopo tre anni la consuetudine istituzionale – Persichelli è componente senza diritto di voto del Consiglio Federale – dell’invio di tutti i documenti relativi alle riunioni dei consigli federali, decisione comunicatagli da un funzionario. Secondo indiscrezioni, la decisione pare presa da Petrucci come provvedimento punitivo da quando il presidente federale avrebbe capito che Persichelli non l’avrebbe sostenuto nella nuova corsa. Un atto di depotenziamento che l’ha impossibilitato a rappresentare le istanze dei comitati territoriali, pensiero ribadito nella lettera di dimissioni dalla Consulta, lettera e dimissioni inviate venerdì e che hanno assunto nel contempo un robusto significato politico: la decisione è stata infatti approvata anche dall’intero consiglio direttivo del Comitato Fip Lazio. Uno smacco dve essere stato, per il laziale Petrucci. Anche perchè sia il vice presidente Lorenzo Fontana sia il responsabile del settore femminile laziale Massimiliano Di Maria sono stati concordi sulla posizione del presidente del Comitato Lazio, Persichelli.

Un’altra regione decisa a non sostenere Petrucci è la Sicilia, dove da settimane i veleni scorrono a fiumi. La presidente Cristina Correnti da tempo è sulla linea del Piave. Le sue posizioni sono quelle di chiusura verso Petrucci e di apertura e fiducia nel candidato condiviso con le altre regioni che hanno peso elettorale notevole. C’è fermento anche in altri comitati regionali. Il Comitato Toscana prima aveva aperto ma poi pare abbia fatto dietrofront: resta nel guado, guidato dall’ondivaga regia di Massimo Faraoni che è anche segretario generale della potente Lega Nazionale Pallacanestro (i club dalla Lega Due in giù) che da settembre ha come presidente Francesco Maiorana eletto grazie a un accordo che però potrebbe pure cadere facendo così ritornare in auge Valentino Renzi. Il Consiglio Direttivo del Comitato Toscana si è riunito venerdì sera: per ora resta in posizione ibrida. Al gruppo guidato dal trio Lombardia-Veneto-Lazio sarebbe poi già arrivata anche l’adesione del comitato provinciale di Trento, mentre l’Emilia Romagna valuta il da farsi.

Al voto, che si terrà nella finestra decisa dal Coni tra settembre e dicembre, parteciperanno i delegati scelti in rappresentanza dei Comitati regionali, degli atleti e dei tecnici, della Lega A, della LNP e della Lega femminile. Il peso elettorale di ogni regione si fonda sul numero di club e tesserati e ha come punto fondamentale la rappresentanza attiva di atleti (e tecnici). Non serve certo la calcolatrice per fare due rapidi conti: già solo il peso di regioni come Lombardia e Veneto toglie più di una gamba alle velleità di Petrucci che intanto, mentre continuava a ripetere di correre da solo, aveva intuito come la fronda stesse ingrossandosi e che la scelta del contender fosse caduta su Valori, che tra l’altro conosce bene e al quale pare abbia già mandato segnali, diretti e indiretti. Ci sarebbe poi da aggiungere il peso di altri comitati regionali e quello degli atleti, ma soprattutto c’è da fare i conti con le nuove norme elettorali. Dopo l’approvazione in Consiglio Nazionale, i Principi fondamentali degli Statuti delle Federazioni sono appena entrati in vigore. Alcune novità che Petrucci, con altri presidenti federali, ha provato (vanamente) a contrastare fino all’ultimo secondo, persino nel corso del Consiglio Nazionale del Coni della scorsa settimana nella quale proprio Petrucci, insieme ad Aracu e Chimenti, aveva chiesto che venisse eliminato il comma che prevede (articolo 7.4), nel caso specifico di una competizione alla quale partecipa un candidato al quarto mandato di fila che però non raggiunge il quorum elettorale, la non ricandidabilità alla successiva tornata elettorale del presidente uscente. Dunque niente ballottaggio. Una proposta di cancellazione sbriciolata dalla risposta del presidente del Coni, Giovanni Malagò. «Avete scelto una strada dopo esservi incontrati in commissione e questo documento è stato già approvato dal ministro che tra l’altro aveva intenzioni diverse. Non approvarlo adesso sarebbe poco serio e anche uno sgarbo istituzionale».

Per ottenere dunque il quarto mandato di fila alla Fip, Gianni Petrucci ha davanti un’unica strada, una sola possibilità. Ha bisogno di ottenere i due terzi dei voti validamente espressi nell’assemblea elettorale, e nel computo valgono anche le schede bianche (non le nulle, eppure due mesi fa tentato il blitz, leggi qui , per non parlare poi di altre delicate questioni, ad esempio il tema arbitri e il tema Lamonica, leggi qui e qui). Deve cioè ottenere il 66,6% delle preferenze: che corra da candidato unico, con un solo contendente oppure che lo faccia con più di un avversario. Se non ottiene il 66,6% è definitivamente fuori dalla contesa. Se nella competizione elettorale l’altro candidato ottiene il quorum necessario (non il 66%, ma il 50% più uno) viene eletto, altrimenti si procede a nuova competizione; se invece alla tornata si presentano più di due candidati (compreso il candidato al quarto mandato di fila) vanno al ballottaggio i due candidati e non il presidente uscente, anche se ha ottenuto un maggior numero di voti.

Davanti a questo quadro, cosa farà Petrucci? La domanda incalza da giorni nei corridoi delle stanze sportive, istituzionali e politiche italiane. Pensava di correre da solo, ha provato a dispensare battute, ha cercato di dissimulare il quadro avverso che si stava assemblando nel corso dei mesi, ha provato a silenziare il dissenso, ha varato nomine, dispensato incarichi, ha promesso cambiamenti. Pensava di correre da solo, e invece gli tocca affrontare l’avversario. Intanto si è (ri)tuffato nel calcio, prima solo come consigliere del cda della Salernitana mentre dal 18 gennaio ha accettato la carica di vice-presidente operativo del club granata. «Questa carica è un’ulteriore soddisfazione nella mia vita. Sono entrato giovane nella Lega Calcio a Milano e oggi sono emozionato come allora perché essere alla Salernitana è un onore. Questa è una grande società e sono convinto nella salvezza; abbiamo tutte le possibilità per salvarci». Dobbiamo crederci e possiamo salvarci, concetti ripetuti almeno quattro volte nell’intervista televisiva di 5’ rilasciata dopo aver incontrato a Salerno i “senatori” del gruppo e il tecnico. Nell’intervista ha più volte ricordato la sua esperienza sportiva e olimpica, ha parlato di tanti successi (dal 2013 a oggi cosa ha vinto il basket italiano?) è riandato ai tempi della Roma che perse lo scudetto in casa col Lecce (era l’86) e a Magnini campione mondiale che mancò le Olimpiadi e sempre per dar corpo alle speranze granata è ritornato persino ad una frase di Bearzot e Vicini, «le partite iniziano tutte dallo zero a zero».

Da zero a zero parte anche la contesa tra Petrucci e Valori (spunterà qualche altro candidato?) per la presidenza della Fip, la volata è appena iniziata e ufficialmente le candidature non sono state ancora depositate (c’è tempo). Petrucci per vincere deve ottenere il 66,6% dei voti, una novità introdotta dai nuovi principi fondamentali degli Statuti federali: una novità che deve essergli andata di traverso, se persino nell’intervista pubblicata il 22 febbraio sul quotidiano La Stampa, ha detto. «La regola del 66% c’era già prima». Che dire? Nulla: sarà stato un comprensibile vuoto di memoria, capita a tutti. Evidente invece che la notizia di un’opposizione sempre più crescente all’interno del mondo del basket gli è finalmente arrivata. O meglio, l’avrà maturata. Sarà forse per questo che, sempre nell’intervista rilasciata a Matteo De Santis su “La Stampa”, ha detto: «Siamo tutti di passaggio. Anche chi pensa di prendere il mio posto. Nelle elezioni chi ha più voti, vince».

Basket, la monarchia Petrucci scricchiola: è Valori il candidato di un gruppo di Comitati. Intanto il presidente Fip pensa alla Salernitana Storiesport

Cosa farà Petrucci adesso? La domanda continua a rimbalzare, tra pettegolezzi e indiscrezioni. Accetterà di correre anche davanti a un’opposizione che nei numeri gli impedirebbe di arrivare al 66,6% e in grado di vincere già al primo turno? Accetterà di combattere, e nel caso anche perdere, uscendo dalla porta principale? O ha già trovato un’uscita laterale, con tanto di benedizione celestiale e annesso paracadute? «A Salerno ho la stima del presidente, dell’ad e ci sto bene. Mi fermano e mi ringraziano persino in chiesa..». La frase è di tre giorni fa. Chissà…

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