Pacifici si consuma a fuoco lento sulla traballante poltrona di presidente degli arbitri, il presidente federale Gravina segue con finto distacco ma montante fastidio, il gruppo di maggioranza del Comitato Nazionale si sgretola e quello di minoranza perde slancio, il designatore Rocchi resta in trepidante attesa, i designatori internazionali (Fifa e Uefa) Collina e Rosetti provano a fare i padri nobili, il principe dei fischietti Orsato s’avvia all’Europeo prima del congedo, Volpi prima annuncia l’addio anticipato e poi (forse) ci ripensa, gli straniti trentaduemila tesserati registrano movimenti, sponde e sommosse mentre sullo sfondo si fa strada una terza via nel logoro perimetro del mondo arbitrale tricolore. È la cruda fotografia dell’attuale situazione in seno all’Aia: l’associazione arbitrale dei fischietti italiani è un caleidoscopio sempre più fiammante che si appresta ad accogliere nuovi frammenti. Un terzo pezzo del puzzle, che però potrebbe far anche incastrare tutte le caselle al posto giusto.
Il quadro. In Italia, il terzo polo in campo politico ha sempre fatto poca strada. Ci aveva provato un politico scafato come Pierferdinando Casini nel 2008, ci aveva riprovato il professore Monti nel 2013: pochi consensi, poca fortuna, poca strada. Tutto dissolto. Ci hanno riprovato due anni fa Renzi e Calenda ma, tra bisticci e distinguo, la coppia che scoppia ha fatto notizia più per gli attacchi reciproci che per proposte, vittorie e consensi. Irrisolta la domanda sul motivo per il quale condividere il viaggio, puntando a un destino ambizioso: considerare l’affermazione della propria identità più importante del proprio progetto oppure mostrare flessibilità, unire le forze e offrirsi al panorama elettorale provando a recuperare voti e consensi dai due schieramenti egemoni, dimostrando di essere i più affidabili? È un po’ lo stesso dilemma che sta accompagnando i pensieri (e le mosse) di alcuni importanti dirigenti Aia, di alcuni componenti il Comitato Nazionale e di un gruppo (crescente) di presidenti delle 206 sezioni nazionali, oltre che di comitati regionali.
Elezioni congelate. Si parlano, si confrontano, si attrezzano, si muovono in attesa del momento buono, si preparano in attesa della tornata elettorale. In fondo il cartello affisso sulla sede dell’associazione italiana arbitri, è da mesi, sempre lo stesso: elezioni sospese, procedure congelate, rinvio sine die. E il cartello rischia di restarci ancora per qualche mese: certo non sarà divelto prima della definizione dei promossi, dei confermati e dei dimessi in seno alla Can A-B e soprattutto non prima della nomina del designatore (e dalla commissione) per la prossima stagione calcistica, ruolo occupato da tre stagioni da Gianluca Rocchi. Passaggi e decisioni delicate che avverranno sotto la spinta dell’attuale presidenza Aia e dell’attuale Comitato Nazionale, naturalmente sotto la supervisione federale. Passaggi e decisioni che accendono l’interesse e moltiplicano le mire, mentre intanto monta il nervosismo nella categoria arbitrale (al pari degli errori e delle sviste in campo e al Var) e soprattutto tra i vertici. Che restano spaccati, avvelenati, dilaniati.
Il burocratese. Niente elezioni, almeno per ora. Niente elezioni nelle sezioni e nei comitati, il voto locale propedeutico al gran duello nazionale. In fondo l’ha detto a muso duro il Coni di Gianni Malagò, andato in soccorso della Figc di Gabriele Gravina in stretto contatto con il presidente Aia Carlo Pacifici, mettendo così fine a una serie continua di richieste, illazioni, ipotesi, domande. Uno schiaffo feroce alla pressante domanda di quattro dei nove componenti il Comitato Nazionale (Senesi, Camiciottoli, Mazzaferro e Marconi), l’ala cioè che fa capo all’ex presidente Trentalange e al suo ex vice, Baglioni, e che da tempo chiede perché, tra le tante cose, le procedure elettorali siano state congelate. La risposta è arrivata in burocratese, otto giorni fa, nel corso della call organizzata e convocata in tutta fretta da Pacifici. Come previsto prima dell’incontro (leggi qui), una riunione dalla quale è partorito il classico topolino, altro che coniglio dal cilindro; come previsto, la riunione serviva solo per leggere un documento, prendere tempo e silenziare bruscamente l’opposizione. Il parere tecnico del Coni, letto da Pacifici, ha informato gli astanti: l’Aia non può andare al voto, almeno fin quando la Figc (e l’Aia) non avrà esaurito il processo di adeguamento dei principi informatori dello Statuto, principi impartiti dal Comitato olimpico nazionale. Tempi? Ancora incerti, ancora abbastanza lunghi: così filtra. E alla domanda dei quattro, ma perché allora Aic e Aiac (associazione calciatori e associazione allenatori), anch’esse componenti federali, sono già andate al voto?, la risposta è stata: si tratta di due sindacati di categoria, per loro no, non vale l’adeguamento. Bah.
E così tocca aspettare, magari aspettare che i tempi siano maturi per dare e darsi nuove regole (ad esempio il suffragio universale, cioè al voto tutti i tesserati) in modo da consentire a qualche big un paracadute sicuro, o magari tempo ancora per sgomberare il campo dai veleni e dai contendenti e favorire l’elezione di un candidato (non per forza un big) capace di riunire le diverse anime interne all’Aia, pescando voti anche dagli attuali due fronti. Di certo, il congelamento elettorale e la strategia a fuoco lento stanno producendo nuove tensioni e fragorosi strappi. E così, dilaniati e divisi, distanti e velenosi, i due gruppi che plasticamente si riproducono in un 5 contro 4, rischiano di perdere sempre più potere. Messi spalle al muro, qualcuno tra questi potrebbe anche vedere con favore la nascita del terzo polo, magari aggregandosi. In fondo, una voce interna assai accreditata, rammenta e ricorda: “I tempi delle scelte si avvicinano, e tutti cercano una scialuppa: che nel nostro mondo significa afferrare qualche incarico, prendersi qualche nomina e magari far fuori qualche nemico comune…”.
Il terzo polo: Zappi-Affinito. Tra voci e fermenti, si fa così sempre più strada la nascita del terzo polo. Che, in fondo, è già attivo da qualche mese. È solo che adesso ha iniziato a togliersi qualche velo. È un filo che lega lo Stivale da Nord al Sud, è una matassa che si dipana dal Veneto e arriva in Campania. Sono il veneto (laziale di nascita) Antonio Zappi e il campano Michele Affinito il volto di questo nuovo gruppo, sono due dei nove componenti il Comitato Nazionale dati in quota Pacifici ma nei mesi diventati ago della bilancia di già fragili e precari equilibri. Già un paio di mesi fa le loro uscite pubbliche avevano aperto a domande, ipotesi e supposizioni: avevano chiesto a Pacifici interventi significativi non solo sulla vicenda elettorale quanto su quella della supposta autonomia; c’era stato persino chi aveva letto un possibile avvicinamento alle posizioni del gruppo dei quattro vicino a Trentalange. Non è così, sia pure proprio nell’ultimo fine settimana la loro voce è tornata a farsi sentire.
L’ha ascoltata dal vivo il presidente Pacifici, accompagnato nella trasferta in Veneto dal suo vice Zaroli: ha riascoltato Zappi dire, anzi ribadire, come «bisogna andare nella direzione di un’Aia fortemente tecnica, con un autogoverno sostenibile». Molti osservatori (di parte e non) hanno letto quest’acrobazia dialettica come un modo per segnare (ribadire) una posizione politica nuova. Che non è di riavvicinamento al gruppo Trentalange/Baglioni (sostenitore di un’autonomia vicina alla Lega di A) ma che è anche di distanza dalla debolezza e dalla poca volontà di Pacifici nell’apertura alla propria successione, dando spazio magari a qualche big oppure a un candidato meno famoso ma che possa finalmente pacificare, sanare, e infine riunire. Alle spalle dell’asse Zappi-Affinito che si muove nelle stanze istituzionali, sul campo si muove però un altro asse. Anche questo è veneto-campano.
L’asse Orsato-Carbone. È composto da Daniele Orsato e Ciro Carbone, il primo è della sezione di Schio, il secondo è un assistente iscritto alla sezione di Napoli. Fanno spesso coppia fissa in campo nazionale, fanno sempre coppia fissa nelle uscite internazionali. Dopo essere stati all’ultimo Mondiale, si apprestano all’esperienza nell’imminente Europeo in Germania (oggi saranno impegnati, terna completata da Giallatini, nella semifinale di Champions) che potrebbe anche essere l’ultimo atto della loro prestigiosa carriera, arbitrale, sul campo. In Germania, all’Europeo, ci sarà anche un altro fischietto italiano: è Guida, anche lui napoletano di Torre Annunziata, anche lui influente voce in questo periodo di riposizionamenti e di laboriosa costruzione elettorale. Ma è il corregionale Carbone che, insieme a Orsato, sta muovendosi all’interno di questo terzo polo, guidato da Zappi e Affinito. Sono loro, per prestigio, conoscenze, appeal e personalità, ad occuparsi con la base della crescita dell’alternativa: Orsato e Carbone potrebbero anche essere i volti elettorali del terzo polo.
Una soluzione che sarebbe ben vista anche all’estero. Zappi può ad esempio contare sugli ottimi rapporti con il designatore Uefa Rosetti, e non solo; Affinito sostenne la candidatura di Zappi (candidato vice al fianco di Braschi) contro Nicchi nel 2016 e negli anni successivi il legame tra i due è diventato sempre più solido. La nascita di questo “terzo polo” sarebbe ben visto anche dagli attuali vertici “tecnici” della Can, e chissà, magari anche dalla Figc di Gravina: anche l’incontro che tanto ha fatto discutere (quello tra il fischietto di Schio, rappresentante degli arbitri in attività e il presidente Figc), ha ancora una volta testimoniato stima e feeling reciproco. In fondo la candidatura di Orsato darebbe forza anche a quella di Rocchi: insieme potrebbero costituire il tandem politico-tecnico (il toscano presidente, il veneto come designatore), ben visto in via Allegri. L’ipotesi alternativa è tenuta ancora segretamente nel cassetto. A muovere le fila sono i due componenti del comitato nazionale.
Zappi è da sempre vicinissimo a Orsato e in moltissime iniziative, recentemente sviluppatesi sia in Italia che all’estero (come l’Erasmus arbitrale), sono stati fianco a fianco in Spagna e Portogallo, proprio mentre nella riunione del Comitato Nazionale i quattro della minoranza chiedevano le dimissioni dell’arbitro internazionale di Schio (leggi qui, qui, qui). Che nella scorsa settimana s’è poi visto pubblicamente ringraziare dall’aretino Manuel Volpi che aveva annunciato il proposito di lasciare (qualche maligno ha sostenuto per anticipare le probabili dimissioni della Can a fine stagione), un proposito che al momento pare però rimesso nel cassetto. Riuscirà il terzo polo a erodere consensi, ad affermarsi, a candidarsi con un progetto condiviso, a presentare un candidato (un big o un profilo più ecumenico) con qualche esponente dei due poli che nel corso di questi ultimi tre anni se le sono date (e dette) di santa ragione?
Pacifici a fuoco lento. L’aria che tira intorno al presidente Pacifici sa di tempesta. Il dirigente bancario ha provato in tutti i modi a restare in sella, convinto che l’appoggio di Gravina potesse bastare, e magari servirgli anche per ricandidarsi. Nel corso di questi mesi però sta perdendo forza e consenso. Per dare una risposta all’affilata lettera dei quattro della minoranza, pare che alcuni presidenti del Lazio avessero preparato un documento di sostegno a Pacifici ma che lo stesso Pacifici avrebbe poi bloccato, perché dalla conta pare risultasse in minoranza anche nella propria regione: del resto è noto come goda di simpatie più nell’hinterland laziale che a Roma capitale. Nel tentativo di rimediare, è stato organizzato un incontro a Cassino, nel corso di un raduno dei playoff degli arbitri regionali di Lazio, Molise e Campania: alcuni presidenti, tra distinguo e malumori, avrebbero preso posizione pro-Pacifici ma questo “atto di forza” certo non può bastare. Anche in Figc le sue quotazioni sono date in netta discesa: Gravina aveva scommesso sulle qualità di traghettatore, ma gli ultimi avvenimenti hanno dimostrato come ci sia invece bisogno di una netta sterzata. E chi s’è apertamente schierato in suo favore, magari farà come accaduto già con Trentalange: tanti ringraziamenti, e poi ognuno per la propria strada.
C’è poi la figura del vice, il lombardo Zaroli. Nella propria regione ha ancora peso, ma fuori dalla Lombardia sta perdendo rovinosamente quota. È in sella da dodici anni, e c’è chi giura sul suo disarcionamento. Non solo all’interno della maggioranza (e in federazione): è considerato, dopo le ultime uscite e operazioni, sempre più “ingombrante”. Zaroli è anche il nemico giurato del gruppo Trentalange-Baglioni: un gruppo che, sostiene più di qualcuno, sarebbe persino disposto a sacrificare velleità e ambizioni pur di veder messo all’angolo il dirigente lombardo, vice di un Pacifici che intanto resta nel mirino.
Otto giorni fa, nella call con i presidenti di sezione convocata ad horas, in diciotto minuti aveva liquidato riunione e platea. Come? Assicurando che le elezioni si sarebbero tenute ma senza sapere e dire come e quando, dolendosi per l’intervento «poco rispettoso» dei quattro (Senesi, Marconi, Mazzaferro e Camiciottoli) che s‘erano rivolti al Coni chiedendo un parere sulle disposizioni elettorali, riportando la risposta burocratica fornita dall’ufficio del Coni sui motivi della sospensione in attesa dell’adeguamento ai principi informatori dello Statuto, ribadendo di aver ottenuto un consenso plebiscitario alle elezioni dell’aprile 2023 (in realtà era candidato unico, e nemmeno fece en-plein) e spiegando che c’è, e ci sarà, al timone dell’Aia. Eppure il suo mandato pare a termine, senza possibilità di rientrare nella prossima tornata: persino Rocchi pare abbia preso le distanze da certe sue prese di posizione, stanco poi di non avere una guida, forte e decisa, al volante dell’associazione.
Il gruppo Trentalange-Baglioni. Dall’altra parte c’è poi il secondo polo, anche questo cotto a fuoco lento dalla strategia del congelamento elettorale. La manovra d’assalto e d’attacco pare non abbia sfondato, lo stallo starebbe poi facendo perdere consensi perché le promesse di incarichi e ruoli, senza la calendarizzazione del voto, ne fa inevitabilmente calare l’appeal. Di certo il gruppo Trentalange-Baglioni non è ben visto in via Allegri e pare nemmeno a Palazzo H, da cui è arrivato un infastidito stop alla richiesta di andare subito al voto.
Le richieste. Dopo le spiegazioni fornite da Pacifici, «Aic e Aiac sono sindacati, noi no», il gruppo formato da Senesi (che resterebbe la probabile e ipotetica candidata, più di Trentalange), Camiciottoli, Mazzaferro e Marconi la scorsa settimana ha scritto una lunga lettera a Pacifici, inviandola per conoscenza al Comitato Nazionale, e a tutti i presidenti di comitati e sezioni. Di seguito, un breve stralcio. “Caro presidente, spiace che tu hai ritenuto di esserti sentito scavalcato dalla nostra decisione di scrivere direttamente al Coni; tale scelta è apparsa necessaria e obbligata alla luce dei comportamenti omissivi da te assunti a fronte non solo delle nostre plurime segnalazioni ma anche della base. Con la nostra decisione di adire il massimo organo sportivo, è stato trasmesso un parere che – a tuo (discutibile) giudizio – legittimerebbe il rinvio di fatto sine die delle assemblee elettive, preso atto che il Coni avrebbe dichiarato che le elezioni dei presidenti è subordinata ai tempi di ricezione dei principi informatori da parte della Figc, la cui adozione da parte della stessa Federazione non è facilmente pronosticabile: in parole più semplici, al momento non abbiamo una data di fine lavori..
Purtroppo, rimangono “lettera morta” numerose e importanti questioni da noi segnalate ovvero. La necessità di convocare i presidenti di sezione per discutere sullo statuto, da noi rivisto, da approvare alla base della futura trasformazione delle sezioni in Asd. I chiarimenti sulla ripartizione del materiale fornito dalla Givova alle commissioni tecniche e alle sezioni (6 milioni di euro di materiale, come previsto dal contratto con Givova, non sono bastati per fornire le divise a tutti i nostri arbitri?). I chiarimenti sul taglio del 20% al nostro budget da parte della Figc. La copia del contratto con Tigotà e Net Insurance per verificare l’importo della sponsorizzazione e la ridistribuzione all’interno nel nostro budget. I chiarimenti sulla decisione di aver consentito la partecipazione alle trasmissioni su Dazn di nostri dirigenti senza alcun ritorno economico per l’Associazione. La convocazione del rappresentante degli arbitri in attività per avere delucidazioni sull’incontro che ha richiesto ed avuto con il presidente Figc. I chiarimenti, nonostante i numerosi solleciti, sulla situazione dei pagamenti per i nostri associati. Le delucidazioni sull’avvenuta stipula di contratti con tutti i componenti delle varie Commissioni Nazionali”.
Domande e richieste che al momento restano lettera morta. Pacifici resta in silenzio, mentre l’Aia è in subbuglio e mentre le scelte (e gli incarichi) per la nuova stagione agonistica s’avvicinano. La nascita del terzo polo riuscirà a far ritrovare la giusta rotta?