La visione dal vivo di una parte della Finals Atp a Torino e la finale vista poi da casa deve avergli rinfocolato ego e indole. Mentre tutti osannavano il giovane Sinner, assorto e inquadrato tra le prime fila del PalaAlpitour, l’ecumenico Gianni Petrucci si sarà specchiato forse nell’indomito e anziano guerriero Djokovic che proprio non vuol saperne di cedere lo scettro. L’avete dato per morto e finito troppo presto e invece avete visto, lui resta il numero uno e chi ha osato sfidarlo è stato sconfitto e chi pensava fosse ormai andato s’è dovuto tappare la bocca: il 78enne numero uno della FIP ci avrà forse chissà trovato una similitudine nell’esperienza del presidente della Federazione italiana pallacanestro che dal 2013 regge il pilastro dei malandati cesti italiani, così come l’aveva già fatto dal ’92 al ’99 (tra una parentesi e l’altra quattro mandati consecutivi al Coni e al termine scalzato da Giovanni Malagò che aveva sconfitto nell’agone elettorale il “povero” Pagnozzi vittima delle modalità di richieste dei voti di Petrucci – allora Presidente di Coni Servizi) quando ancora c’era la lira, il presidente del Consiglio per la prima volta nella storia repubblicana era un ex comunista (D’Alema) e il presidente della Repubblica era l’ex governatore della Banca d’Italia Ciampi. E così forse nell’intimo Gianni Petrucci sarà giunto a questa conclusione dopo aver visto da casa la vittoria del tennista serbo: il leone non è morto e anzi adesso è pronto a ricacciare gli artigli, la legge me lo consente e io voglio fare un altro quadriennio alla FIP, così supero anche il ventennio e chi non è d’accordo dovrà vedersela con me.
Il consiglio federale e la lettera. E così, dopo aver celebrato il Consiglio federale del 15 novembre in video-conferenza, consiglio liquidato in trenta minuti esatti e solo il presidente a proferire verbo sui punti all’ordine del giorno (approvazione verbali; comunicazioni del presidente; settori, comitati, commissioni e uffici; nota di variazione al bilancio di previsione 2023; delibere amministrative), nessuno a fiatare ma anzi tutti i consiglieri ad approvare all’unanimità, è tornato lunedì mattina a Roma e per prima cosa ha preso il foglio intestato della federazione, ha scritto una lettera, l’ha firmata e poi l’ha inviata alla casella di posta elettronica del presidente del Consiglio direttivo del Comitato Lombardia e a quello dei consiglieri del Comitato lombardo. Dieci righe, due capoversi. Una comunicazione-premessa nel primo, un invito ad horas nel secondo. Concessi cinque giorni di tempo per dettagliare, rendicontare, evidenziare. E se queste relazioni non arrivassero in tempo? E se non arrivassero proprio? Cosa accadrebbe? E poi, perché tutta questa fretta? Ma soprattutto, perché questa lettera?
Il modello Gravina e la minaccia commissariamento. Alle domande sarebbero già arrivate copiose e univoche risposte ufficiose. Alla battaglia del Comitato lombardo Gianni Petrucci avrebbe risposto con un atto di forza, di “guerra”: si sarà ricordato forse di quanto fatto dall’amico Gabriele Gravina che da presidente della Figc due anni fa per liberarsi dell’unico antagonista, il presidente dei Dilettanti Cosimo Sibilia, chiamò a raccolta i presidenti dei Comitati affinché lo sfiduciassero sulla base della gestione economica della Lnd per poi commissariare i Dilettanti e far eleggere il nuovo presidente, un altro evergreen dello sport italiano, Giancarlo Abete. Detto, fatto. E così Gianni Petrucci ha prima chiesto ai consiglieri lombardi di dimettersi per poter così commissariare il Comitato; poi però, poiché nessuno avrebbe risposto all’invito, ha deciso di oltrepassare il guado, saltare il fossato e andare all’assalto con la baionetta.
Il no lombardo e il cavillo di Petrucci. Il presidente della Fip pare ora cerchi adesso un cavillo legale per poter liquidare la gestione del Comitato lombardo, e lo cerca forse in queste relazioni che dovrebbero evidenziare presunti e potenziali conflitti d’interesse o anomalie nella gestione amministrativa ed economica. Perché? Forse perché il Comitato Lombardia ha detto basta, i vari esponenti sarebbero anche divisi su altre questioni ma su una convergono appieno: basta con Petrucci presidente della Fip ad libitum e per sempre, basta almeno con questa storia del candidato unico, basta con la gestione del potere di un presidente che lo fa da oltre vent’anni e che a luglio, grazie ad un emendamento come caduto dal cielo e col parere favorevole del Governo che ha eliminato la legge che poneva il limite dei tre mandati per i presidenti delle federazioni sportive affiliate al Coni, ha deciso, dopo una lunga melina e opera di sviamento durata sei mesi (ad aprile, in una intervista disse «non mi ripresento più», poi in un crescendo rossiniano in un’altra intervista «sapete già, non mi ricandido, ma l’aveva detto anche il presidente Mattarella. Poi però nessuno lo ha criticato. Mi accusano di poltronismo? Se ho fatto questa carriera, proprio fesso non sono», fino alla ridiscesa in campo «il Parlamento ha detto che posso ricandidarmi: perché non accontentarlo? Unico candidato? Questo non dipende da me. Io al basket mi trovo bene, la maggior parte delle persone mi vuole bene ed è il giudizio di chi crede in certi valori. Ho avuto buoni risultati e finché il buon Dio mi darà la salute, sono disponibile») di candidarsi alle elezioni del 2024. Sarebbe questo il quarto mandato consecutivo, il sesto della carriera cestistica. Un traguardo da raggiungere. Forse per questo, sentita puzza di bruciato e di ostacoli, Petrucci ha così deciso di andare alla guerra.
Il retroscena, il candidato, le alleanze. La miccia che ha fatto saltare il banco? I retroscena raccontano di un viaggio a Milano di Gianni Petrucci a ottobre per incontrare il presidente del Comitato Lombardia. Un incontro che avrebbe dovuto protrarsi oltre il pranzo e che invece sarebbe finito molto prima, tanto che Petrucci sarebbe tornato a Roma con due ore di anticipo rispetto alla prenotazione pomeridiana del treno. Incontro finito col muro contro muro: il presidente della Fip a chiedere il voto del Comitato Lombardia, e il presidente regionale a parlare per nome e per conto del Comitato: noi non siamo d’accordo, la tua candidatura è rispuntata a sorpresa, il tuo programma quale sarebbe, noi abbiamo altre idee, vogliamo che si arrivi a una scelta condivisa e di rinnovamento. Oltre al pensiero, avrebbe anche ipotizzato la candidatura di un manager.
Il conto dei voti e il patto. Però resiste il no del Comitato a Petrucci e il peso elettorale della Lombardia è grande: è la regione con più voti (al voto vanno i delegati di ogni regione) e in base alla nuova legge che ha “aggirato” il tetto, Petrucci per essere eletto deve ottenere il sì dei due terzi dei votanti, cioè il 67% di quelli che imbucano la scheda nell’urna (se 1/3 più uno votano scheda bianca il candidato Petrucci che viene già da tre mandati di fila non viene eletto) e senza i voti della Lombardia il piano potrebbe saltare. Anche perché la posizione della Lombardia non sarebbe isolata e anche per questo la candidatura del manager sembrerebbe scemata: il Veneto, altro grande bacino elettorale e da sempre storico alleato della Lombardia, sarebbe contrario a Petrucci e venti di dissenso pare arrivino anche al centro Italia, finanche dove è stato sindaco di San Felice Circeo. Per questo, così soffiano veleni dentro il palazzo dei cesti, sarebbe partita l’offensiva di Petrucci. Deciso a liquidare la gestione del presidente lombardo come un modo per dare uno squillo di fanfara a un po’ tutti i “rivoltosi”. È così che ha inaugurato la sua nuova campagna elettorale, costretto a muoversi faticando e viaggiando, per adesso sul territorio deve muoversi da solo perché prima c’era Gaetano Laguardia a tessere i rapporti con i comitati regionali e provinciali. E mentre tra le fila avversarie si aspetta a fare il nome del candidato alternativo capace di raccogliere consensi fino al soglio federale, Petrucci si muove deciso. Il mandato scade nel 2024, Malagò e il Coni hanno già fatto sapere che le elezioni si terranno per tutte le federazioni in un arco temporale compreso tra l’1 settembre e il 31 dicembre, al massimo entro i primi dieci giorni del 2025. Bisogna anticipare le elezioni delle federazioni a rischio impasse (quelle che hanno come candidati presidenti che si apprestano al quarto mandato devono produrre almeno i 2/3 dei voti validi in favore del presidente di “lungo corso”) perché entro il 15 marzo 2025 tutte le federazioni dovranno avere un presidente e un consiglio federale all’opera. Conti e regolamenti da affinare. Si è appena all’inizio.
Il regolamento dei conti, la revoca al Presidente del Comitato Regionale Lombardia e la società di servizi. Il primo atto del regolamento dei conti nella Fip si è compiuto il 15 novembre, nel corso del consiglio federale tenuto in video-conferenza: Petrucci a parlare per trenta minuti e i consiglieri ad ascoltare, il presidente a proporre il voto e i consiglieri a votare all’unanimità senza proferire parola. Ad esempio, sulla proposta di revoca formulata dal presidente della federazione che ha tolto l’incarico di “coordinamento delle attività territoriali svolte dal settore squadre nazionali nell’ambito del progetto Academy per il sopraggiunto venir meno del rapporto fiduciario che ne era alla base” al presidente del Comitato Regionale Lombardia. Sì, proprio lui, il presidente del Comitato Lombardia. La stranezza sta nel fatto che questa motivazione è la premessa nella famosa lettera che Petrucci ha inviato lunedì ai consiglieri del comitato lombardo: viene revocato un incarico a base nazionale al presidente del Comitato Lombardia e i consiglieri del comitato lombardo devono rendicontare, informare se ci siano stati effetti sul Comitato stesso.
La stranezza sta pure nel fatto che il bilancio del Comitato Lombardia è meno del 10% del bilancio della Fip, i Comitati hanno una limitata autonomia per certe voci di bilancio ma la partita Iva è sempre quella della Fip. La stranezza sta anche nel fatto che appena quattro mesi fa Petrucci aveva fatto approvare la delibera di rinnovo dell’incarico al presidente del Comitato Regionale Lombardia (incarico di collaborazione nella gestione dei rapporti tra settore squadre nazionali e comitati regionali) “tenuto conto dell’attività svolta e della competenza dimostrata…”” (così si legge nella delibera). L’incarico di collaborazione era stato conferito tre anni fa (dopo le elezioni del 2020) e a luglio 2023 andava in scadenza; il rinnovo stabilito quattro mesi fa con durata fino al 31 luglio 2024 e con un onere di circa 10mila euro a bilancio. Appena quattro mesi fa erano dunque riconosciute lavoro e competenza, quattro mesi dopo tutto finito al rogo. Il motivo? Petrucci nel consiglio federale del 15 novembre (dunque un mese dopo il viaggio e l’incontro a Milano) l’ha motivato col venir meno del rapporto fiduciario. Petrucci però non ha esplicitato le ragioni della revoca. Tolto l’incarico al presidente del Comitato Regionale Lombardia (nessuno dei consiglieri federali ne ha chiesto conto in consiglio), Petrucci ha poi scritto lunedì scorso la lettera a presidente e consiglieri lombardi. Attende risposte e relazioni entro venerdì. Il regolamento di conti pare solo all’inizio, pur se qualcuno sarebbe interessato anche a conoscere alcuni conti del bilancio della Fip.
Il bilancio, la terza variazione, lo stipendio del Poz. Ad esempio il 15 novembre in consiglio federale ha rifatto capolino il bilancio federale. Il presidente Petrucci ha proposto di votare (pardon, approvare) la terza variazione al bilancio, i consiglieri hanno votato, e approvato, all’unanimità. Le perdite ridotte da -5 milioni a -3,5 milioni di euro. Come? Grazie alle entrate registratesi con l’aumento del costo dei tesseramenti – attenzione, non l’aumento del numero dei tesserati – grazie poi a una parte delle riserve federali e grazie anche alla decurtazione dello stipendio del ct della Nazionale Gianmarco Pozzecco che da un impiego full-time un mese e mezzo fa è passato al part-time avendo firmato con il Villeurbanne. Il via libera glielo ha dato Petrucci: in consiglio federale si è parlato di un “risparmio” di 300mila euro e anche qui nessuno avrebbe fiatato pur se qualcuno aveva inteso tempo fa che l’intero contratto annuale del Poz fosse di 300mila euro. Evidentemente era qualcosa in più.
Eventi futuri e Master Group. Un’altra voce spicca a bilancio. È quella che si riferisce ai 100mila euro stanziati per “eventuali eventi sportivi”. Chissà quali sono questi eventi che potrebbero essere organizzati: nessuno l’ha chiesto a Petrucci che intanto ha messo a disposizione della Fip questi 100mila euro. Un’altra voce di bilancio si riferisce invece a “addendum di contratto” come advisor alla Master Group Sport (per intenderci, quella di Giovanni Carnevali, l’ad del Sassuolo): il rapporto contrattuale è stato prorogato fino al 30 giugno 2026. Quindi un contratto che scade tra due anni e mezzo, ben oltre il fine mandato di Petrucci che scade tra un anno: tra un anno, dopo le elezioni, potrebbero esserci un altro presidente e un altro consiglio federale ma presidente e consiglieri dovranno farsi bastare Master Group Sport come advisor. Advisor che in questi anni ha anche organizzato tutti gli eventi della federazione e delle nazionali, che fa anche da sponsor, che fa ricerche di mercato e che gestisce le attività della nazionale 3×3, una disciplina olimpica. Tutte le gare rilevanti sul territorio nazionale inoltre vengono organizzate dalla società di Carnevali e non dalla Fip. Nella qualità di advisor, inoltre, ha diritto a una provvigione dai Comitati regionali che trovano degli sponsor pur senza che svolga il ruolo di mediazione.
La nazionale femminile, il charter, la Briolini e la Gazzetta. La Master Group Sport, tanto per restare all’attualità, ha organizzato gli eventi legati alla quattro giorni lombarda della Nazionale femminile: base a Milano e partita valida per le qualificazioni all’Europeo a Vigevano. È stato il nuovo inizio della conduzione tecnica di Andrea Capobianco nominato da Petrucci che pare abbia preso a cuore le sorti del basket femminile dopo un lungo periodo di “osservazione a distanza”. E già, perché a maggio, quando la Nazionale stava radunandosi in vista dell’Europeo che oltre alle medaglie avrebbe messo in palio sei posti per il pre-Olimpico, lui non c’era. Era alla finale di Coppa Italia di calcio allo stadio Olimpico, al tavolo con i dirigenti della Master Group Sport e col presidente della Salernitana Danilo Iervolino (a maggio è entrato nel cda del club di calcio) nella cena di gala. E non c’era nemmeno nella gara decisiva in Israele contro il Montenegro: era a Milano, in prima fila a osservare una gara (non quella decisiva) della finale scudetto tra Olimpia Milano e Virtus Bologna, una partita cioè tra due club. La nazionale femminile non è riuscita ad ottenere il pass per il pre-Olimpico e lo staff è stato completamente rivoluzionato. Adesso è impegnata nelle gare di qualificazioni all’Europeo del 2025, una cui parte si svolgerà proprio in Italia. Per questo l’Italia è già qualificata di diritto ed è stata inserita in un girone con le altre tre nazionali già qualificate di diritto perché anche loro ospitanti. Come la Germania, che l’Italia ha affrontato in trasferta la scorsa settimana. L’ha fatto spostandosi con un volo charter che alla Fip è costato 90mila euro: eppure Amburgo non è uno scalo poco coperto dai voli delle più economiche compagnie di bandiera. Sull’aereo, insieme allo staff tecnico, medico e alle giocatrici, c’era anche un nuovo volto.
Quello di Barbara Briolini, commercialista pescarese che da anni lavora nella “Fondazione Onesti” come revisore dei conti, nella Covisod (commissione vigilanza delle società di serie D di calcio) e nella Comtec (commissione tecnica di controllo della Fip): è entrata però nello staff della nazionale femminile con l’incarico di responsabile delle relazioni esterne e dei rapporti istituzionali, un ruolo finora ricoperto sempre dal capo delegazione, il segretario generale della Fip Maurizio Bertea. Il nome della Briolini non è nuovo alle cronache. Anni fa ad esempio finì indirettamente in un’inchiesta che vide indagato l’allora sindaco di Pescara Luigi Albore Mascia nelle vesti di presidente del comitato promotore di “Pescara 2012”: l’accusa di abuso d’ufficio nei suoi confronti nacque dopo il contratto di collaborazione a progetto fatto a Barbara Briolini per cinque mesi e per un importo di 35.998 euro. Per i magistrati l’affidamento diretto poteva però avvenire entro la soglia dei ventimila euro. Vicende passate. Il futuro, come canta Baglioni, è adesso. E il futuro è anche un po’ rosa: ieri sera le oltre tremila società affiliate alla Fip hanno infatti ricevuto via mail un gentile omaggio. Possono attivare un contratto gratuito di un anno per la lettura on-line della edizione de “La Gazzetta dello Sport” grazie ad un accordo tra la Federazione italiana di pallacanestro guidata da Gianni Petrucci e la proprietà del principale quotidiano sportivo. Il valore dell’abbonamento (a costo zero per le società) è di 200 euro, da moltiplicare per 3164 (il numero delle società affiliate alla Fip): fate voi il conto.