Per budget e ruolo c’è tempo. Intanto tre mesi. Per ora. Tre mesi, a partire da oggi. Tre mesi di contratto come consulente, come fosse un ingresso dal portone laterale del palazzo in attesa di evoluzioni future perché dal primo luglio tutto potrebbe – e dovrebbe – diventare stabile, trasformando così questi tre mesi (dall’1 aprile al 30 giugno) in un rapporto lungo, duraturo, stabile. Per adesso tre mesi di un contratto definito alla voce consulenza: per questioni di budget (quello della stagione 2022/23 è già pieno, trovare uno spazio ha comportato lavoro di cesello), di equilibri interni (come collocare e collocarsi senza pestarsi i piedi e senza creare ulteriori conflitti interni?), d’immagine verso l’esterno (di quest’ingresso se ne scriveva e discuteva da mesi).
La Lega Pro del neo presidente Matteo Marani ha offerto un contratto di tre mesi che Paolo Bedin ha naturalmente sottoscritto, lui chiamato al capezzale della Lega di serie C che ha sede operativa a Firenze: per adesso vi lavorerà come consulente. Il suo è un ritorno annunciato, un ritorno nel calcio dopo quattro mesi di panca forzata, costretto a fermarsi per il benservito del Vicenza, lì dove per quattro anni aveva svolto le mansioni di direttore generale. In precedenza era stato direttore generale della Lega serie B all’epoca presieduta da Andrea Abodi, l’attuale ministro dello Sport.
Prima di mettersi in viaggio per Firenze, Paolo Bedin però si è fermato a Roma. Mercoledì è stato visto e notato in via Allegri, lì nella sede della Federcalcio presieduta da Gabriele Gravina: chissà se avrà fatto in tempo a salutare anche l’impegnatissimo ministro Abodi a cui è sinceramente legato da rapporti (reciproci) di stima professionale. In fondo di Bedin il presidente federale e il ministro avevano parlato sin dai primi incontri in autunno, quando Abodi era in lizza, e poi dopo aver giurato, come ministro (leggi qui e qui): pare avesse caldeggiato un rientro nel pallone per il suo ex direttore generale in Lega B, tra le varie ipotesi s’era fatta pure quella di un incarico in federazione. Poi però le caselle in via Allegri sarebbero state riempite da movimenti interni con la creazione anche di tre vice-segretari generali (leggi qui) e il nome di Bedin sarebbe rimasto lì, in lista d’attesa. In attesa di un nuovo incarico. È un manager preparato e stimato, manager che anche Gravina apprezza e stima. E così tra gennaio e febbraio, nell’imminenza cioè del voto per la nuova governance della Lega Pro, il nome di Bedin era tornato in auge (leggi qui, qui): in fondo il candidato presidente Marani (contrapposto a Marcel Vulpis, il reggente dopo il defenestramento di Francesco Ghirelli) era il candidato gradito al presidente Gravina: lui a convincere Marani a scendere nell’agone, lui a dissipare i dubbi sulla candidatura di un giornalista a digiuno dei sistemi di palazzo, dei meccanismi economici e politici del pallone e delle affilate questioni di Lega. «Sono un candidato istituzionale», avrebbe ammesso serenamente e onestamente Marani. Eletto poi presidente, al suo fianco si sarebbero sistemati i due vice-presidenti, Gianfranco Zola e Giovanni Spezzaferri: il primo un ex grande campione del pallone, l’altro in passato presidente dell’Aversa Normanna, un club che non c’è più in Lega Pro. Due profili diversi ma poco addentro alle questioni burocratiche, economiche e politiche di una Lega di calcio, per giunta una Lega in estrema sofferenza e che da qui a qualche mese potrebbe persino essere rivoluzionata da riforme annunciate ma sempre e solo in cantiere.
Un mezzo pasticcio sarebbe poi nato proprio nel giorno del voto nel Salone d’Onore del Coni. Eletti cinque consiglieri del direttivo, in parità due (Andreoletti e Nocelli) per la sesta poltrona: il ballottaggio saltato (mntre risaltava fuori il nome di Bedin, leggi qui) tra il fuggi-fuggi generale, il presidente dell’assemblea Mazzoni costretto a sospendere i lavori, a rimandare il voto per quel posto. Quel posto assegnato dopo una nuova assemblea, stavolta convocata a Firenze venti giorni dopo: Andreoletti (Albinoleffe) intanto s’era tirato fuori accettando l’ingresso a uno dei “tavoli di lavoro” istituiti dal presidente Marani. Eletta la consigliera Nocelli (Ancona) che avrebbe nettamente battuto Donato Macchia (presidente del Potenza) che s’era convinto di poter strappare quel posto confidando in sponde endo-federali. Niente da fare, invece.
È tanto il lavoro che ci sarebbe da fare in Lega Pro: la questione delle riforme, delle infrastrutture, dei bilanci, dei diritti tv. Per questo Marani ha istituito vari “tavoli” di lavoro, per questo probabilmente s’è affidato all’esperienza e alle capacità di Paolo Bedin che da oggi e per tre mesi farà da consulente in attesa che il contratto dall’1 luglio diventi duraturo. Restano però problemi di fondo da risolvere, nodi da sciogliere in trasparenza: sono nodi economici, politici, professionali. E sono questioni di competenze, compatibilità e sostenibilità. Che ruolo avrà Bedin? Che incarico gli verrà poi assegnato? La Lega Pro in fondo ha già un segretario generale, la carica di direttore generale è stata tempo fa cassata dall’organigramma: il segretario generale è Emanuele Paolucci, voluto al tempo dall’ex presidente Francesco Ghirelli. Non è mistero che molti club e il vertice federale ne auspicherebbero il congedo, pur se c’è da far conto con lo stipendio, pare a cinque zeri. Come regolarsi allora coi professati auspici di sostenibilità economica, come definire l’eventuale compatibilità tra i due (Bedin fa cosa?, Paolucci cosa?) vista anche la richiesta di “sensibilizzazione” che sarebbe stata indirizzata al neo-presidente Marani (ex direttore di una storica testata periodica sportiva) da un suo predecessore della stessa testata affinché Paolucci mantenga il posto? Tante domande. Tutte in sospeso. Per ora tre mesi di contratto a Bedin. Il primo luglio è ancora lontano.