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Arbitri, parte la volata elettorale. Doppio ruolo per Rocchi: Gravina lo vuole commissioner in stile Nba. Nel ticket c’è anche Orsato

Spaccatura profonda nel Comitato Nazionale: l'ala Pacifici e l'ala che si riconduce a Trentalange. Il peso Figc nelle scelte Aia. Il caso Trefoloni e la candidatura alternativa

Un doppio ruolo. Con un mandato blindato, per giunta inedito. Una rivoluzione. Un’investitura piena, che assecondi le esigenze tecniche e le richieste economiche e che metta fine, una volta per tutte, alle velenose guerre intestine nel mondo arbitrale. È quanto sta pensando il presidente federale Gabriele Gravina che all’attuale designatore arbitrale e riconosciuto pupillo Gianluca Rocchi vorrebbe affidare il ruolo di commissioner, un po’ alla stregua del commissioner dell’Nba, imitando così l’amico Gianni Petrucci che un anno fa ha messo sotto contratto l’ex big dei fischietti cestistici Luigi Lamonica affidandogli il ruolo tecnico e politico di capo degli arbitri del basket con un biennale (più opzione) da centomila euro più un rimborso spese di ventimila euro pur se anche nel mondo dei cesti i veleni continuano a serpeggiare (leggi qui).

Per ora il pensiero-progetto è custodito, nemmeno tanto segretamente, nel cassetto della scrivania di via Allegri, pronto a esser tirato fuori alla fine della stagione calcistica. Quando i conti da tirare saranno parecchi: perché non ci saranno solo le classifiche di rendimento a stilare promossi e bocciati che daranno il via al valzer di promozioni, conferme e addii nella Can A-B sulla base anche del nuovo regolamento (limite età e militanza) approvato non senza polemiche mesi fa (leggi qui), ma perchè ci sarà anche da mettere mano al nuovo vertice della Can e soprattutto ci sarà da rifinire la campagna elettorale – prima ancora si andrà al voto in tutte le sezioni per eleggere i nuovi presidenti e i delegati al voto – che entro la fine dell’anno porterà al voto per il nuovo presidente Aia e per i nuovi componenti del Comitato Nazionale. Un passaggio atteso e fondamentale prima del voto per la presidenza federale alla quale Gravina conta di arrivare in beata solitudine assicurandosi senza nemmeno troppo penare il suo terzo mandato di fila anche con i voti della componente arbitrale che nella precedente tornata elettorale (il presidente era Alfredo Trentalange) s’era invece astenuta decidendo di non schierarsi tra Gabriele Gravina o Cosimo Sibilia. Il peso elettorale dei delegati Aia è minimo in termine percentuale rispetto alle altre componenti (2%), è però significativo dal punto di vista politico: in passato (con Marcello Nicchi presidente, ad esempio) lo spostamento si è rivelato decisivo.

Il doppio ruolo e i precedenti. Designatore dall’estate del 2021, Gianluca Rocchi alla soglia dei cinquanta anni è davanti al bivio e, raccontano, in cerca anche di nuovi stimoli: continuare solo come designatore (la nomina è decisa dal presidente Aia coi voti del Comitato Nazionale) non costituirebbe per lui certo un up-grade e poi davanti ai suoi occhi balenano altrui esperienze, anche remunerativamente prestigiose, come ad esempio quelle di Collina, Rosetti, Rizzoli e persino dell’ex designatore Messina che lo scorso anno puntava alla poltrona di presidente Aia ma venne distolto dalla richiesta di Gravina (dopo le dimissioni di Trentalange per l’elezione straordinaria voleva un candidato unico, e così sarebbe stato: raggiunto un compromesso, candidato e poi eletto il romano Carlo Pacifici, leggi qui) trovando alla fine consolazione e impiego a Cipro. Gli starebbe stretto solo il ruolo di presidente Aia: per questo Gianluca Rocchi scruta l’orizzonte e all’orizzonte c’è la proposta del presidente federale di occuparsi degli arbitri. Con un mandato pieno e un compenso adeguato all’incarico. Perché Gravina ha grande stima di Rocchi, lo ritiene poi l’unica figura che possa mettere d’accordo le varie anime arbitrali sanando antiche e nuove fratture. Lo voleva già candidato unico nella campagna elettorale di “riparazione” dello scorso aprile quando c’era da sostituire il dimissionario-dimissionato Trentalange ma Rocchi a stagione in corso non se l’era sentita di abbandonare l’incarico Can e poi aveva presentato al presidente federale riserve solo sul ruolo politico da svolgere, lo riteneva una diminutio. Considerazioni e ambizioni sono rimaste immutate, anzi si sono rafforzate nel tempo. Rocchi accetterebbe candidatura e incarico – la scelta del nuovo designatore Can avverrà prima dell’elezione Aia – purchè vada nel senso dell’unitarietà, ma ha anche chiesto precise garanzie economiche.

Per questo Gravina ha in mente di cucirgli addosso un abito diverso: conta di affidargli un ruolo politico senza però disgiungerlo da quello tecnico, insomma una sorta di incarico come commissioner a 360 gradi che preveda anche una retribuzione adeguata visto che come presidente Aia gli toccherebbe solo una sorta di rimborso spese. Un doppio ruolo da istituzionalizzare e non soltanto un passaggio forzato e obbligato, come invece accaduto in passato in tre casi e sempre ad interim. La prima volta toccò a Saverio Giulini nella stagione 1965-66, poi al “presidentissimo” Giulio Campanati come commissario nel 1980-81 e infine a Cesare Gussoni per qualche mese dopo la sua elezione quando Tedeschi si dimise (dicembre 2006/giugno 2007). Nel progetto di candidatura unica e forte – la discesa in campo di Rocchi di fatto eliminerebbe potenziali candidature d’opposizione o quantomeno fungerebbe da deterrente per alcune – si registrano movimenti, spostamenti, riavvicinamenti, riposizionamenti e ritorni: potrebbe svolgere il ruolo di vice presidente l’ex designatore Damato, potrebbe tornare anche qualche altra figura dell’era Nicchi, potrebbe appoggiare la candidatura anche chi fino a qualche mese fa s’era apertamente schierato contro, ad esempio qualche presidente di sezione del Centro-Nord che solo pochi mesi fa apertamente aveva attaccato l’attuale dirigenza Aia nel corso della riunione nazionale di tutti i presidenti di sezione tenutasi in una località del Cilento. La corsa elettorale è partita da tempo. E in pole-position figura Rocchi, con Orsato al suo fianco. Un ticket difficilmente battibile, al momento.

La volata elettorale e Orsato. Perché nel quadro di questa rivoluzione – che dovrebbe passare attraverso una modifica Aia – un passaggio importante investirebbe e riguarderebbe anche Daniele Orsato. Il big dei fischietti italiani è all’ultimo anno sul campo, ha un rapporto assai saldo con Rocchi (accomunati qualche mese fa anche da un’indagine della procura Figc poi archiviata su denuncia di un assistente, leggi qui), ha la stima di Gravina e il suo peso, anche come sindacalista arbitrale, va tenuto in debita considerazione. Le sirene arabe risuonano da quasi un anno, l’indiscrezione riemersa negli ultimi giorni con un articolo scritto dall’ex arbitro Calvarese, ha prodotto – chissà se volutamente? – l’effetto di riportare la questione sul tavolo come una priorità. Il fischietto veneto che dovrebbe chiudere la carriera all’Europeo, è considerato risorsa indispensabile all’interno dell’Aia e naturalmente anche dai vertici federali la cui longa manus è calata ancor più pesantemente sulla componente arbitrale dopo lo scandalo D’Onofrio. L’Aia non è più solo una costola della Figc…

A Orsato potrebbe essere offerto il ruolo di vice-Rocchi nel caso in cui per il toscano fosse confezionato il ruolo di commissioner: al vertice della Can si occuperebbe più compiutamente delle designazioni oppure potrebbe vestire i panni di designatore in una staffetta con Rocchi. Oppure a Orsato potrebbe essere affidato il ruolo di presidente del settore tecnico, posto attualmente ricoperto dal toscano Matteo Trefoloni (nominato dalla presidenza Trentalange, riconfermato da quella targata Pacifici) alle prese con un processo penale che lo vede come imputato dalla Procura di Prato con l’accusa di frode sportiva (i fatti risalgono al 2017 quando era designatore del comitato toscano) e sulla cui conferma al settore tecnico in estate s’era consumato un lungo braccio di ferro nella prolungata e affilata riunione del Comitato Aia che avrebbe poi ratificato le nomine per la stagione 2023/24 (leggi qui e qui).

Un ruolo al quale pareva invece destinato l’ex presidente Aia Trentalange (leggi qui) che s’era fatto da parte dopo l’esplosione del caso D’Onofrio uscendo poi immacolato dal processo sportivo di secondo grado e al quale invece sarebbe poi stato affidato l’incarico di responsabile della Commissione Aia “Progetti Associativi e contrasto alla Violenza”, una sorta di compensazione dopo l’uscita dalla porta principale. Trefoloni negli ultimi mesi è diventato anche uno dei volti televisivi dell’Aia, scelto e voluto da Rocchi come uno dei testimonial di “Open Var” su Dazn nel corso della quale i fischietti spiegano le decisioni arbitrali. Una scelta che ha prodotto nuovi veleni interni e che potrebbe produrre clamorose nuove prese di posizione. Lo scontro partito in primavera e prolungatosi in estate – non certo solo sul ruolo di Trefoloni – nel tempo è diventato un solco sempre più profondo tra le due anime dell’attuale comitato nazionale che il presidente Carlo Pacifici regge come se avesse le vesti di un papa e dentro il quale il vice-presidente Zaroli continua a muoversi come fosse il cardinale-segretario di stato. La tregua armata è diventata conflitto. E a infiammare ancor di più gli animi c’è quella golden-share federale sull’Aia sempre più evidente, pesante, imbarazzante. Pacifici in questi mesi si è mosso con l’intenzione di ricandidarsi ma non ha trovato l’appoggio convinto nemmeno del suo vice Zaroli, anche lui in cerca di consensi. Anche lui vorrebbe presentarsi come candidato presidente, pur se l’abolizione del vincolo dei tre mandati ha cambiato anche il suo orizzonte. Potrebbe ricevere l’appoggio di una parte consistente del Nord ma la sua candidatura sarebbe divisiva. Il treno per Pacifici e Zaroli pare passato…

In questo frastagliato quadro si staglia poi la spaccatura interna, sempre più evidente: ben quattro dei nove componenti sono ormai all’opposizione su tutto, puntano alla candidatura di Trentalange che considerano vittima sacrificale dell’affaire D’Onofrio. L’area che sta trovando nuove adesioni fa capo all’ex vice Duccio Baglioni, è composta da Senesi, Camiciottoli, Marconi e Mazzaferro e appare come blocco granitico; dall’altra parte invece i cinque che sarebbero la maggioranza paiono muoversi in ordine confuso e sparso. Pacifici sta nel guado, Zaroli cerca sponde federali, come Archinà e Zappi che nei mesi scorsi aveva provato a fare da pompiere e pontiere mentre il campano Affinito resta in un limbo indistinto. Anima ed espressione della sezione 1 di Roma, non solo geograficamente centrale nel dialogo Aia-Figc, il dirigente bancario Carlo Pacifici ha nel tempo stretto il rapporto con Rocchi le cui scelte in questi mesi, anche nell’impiego degli arbitri rinvenibili in molte imprevedibili e particolari designazioni e nelle esclusioni di altri (comprese anche le promozioni internazionali, compresa la evidente situazione che vede alcuni arbitri penalizzati e altri “valorizzati” oltremodo, basta osservare anche le scelte per l’imminente giornata di serie A) sarebbero riconducibili a una campagna elettorale già partita tesa a ricostruire vecchi legami e a trovarne di nuovi in campo avverso. Assi che saltano, e altri assi che si saldano. Se Rocchi deciderà di accettare la proposta di candidatura al ruolo di capo, politico e tecnico, degli arbitri italiani il candidato rivale potrebbe essere trovato tra qualche arbitro in odor di dismissione, ad esempio Doveri. Pacifici farà di sicuro un passo indietro, difficile ipotizzare che lo faccia qualcun altro. E intanto la campagna di cannoneggiamento sta per partire.

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