Rocchi e Orsato (e Valeri) oggetto di un’inchiesta della Procura Figc, sotto il giogo dell’accusa di un assistente arbitrale che ne denuncia comportamenti, violazioni, toni bruschi e persino minacce. Il designatore arbitrale e il numero uno dei fischietti tricolore che rischiano il deferimento, chiamati adesso a difendersi dalle accuse, a spiegare al procuratore capo federale Giuseppe Chinè cosa sia accaduto. È una vicenda affilata e intricata, è una matassa che rischia di far saltare per aria l’intero sistema, è un caso che dimostra come la guerra intestina arbitrale continui e sprofondi, a colpi di sciabola e denunce.
Altro che Pasqua di pace e resurrezione: nei giorni di festa la casa degli arbitri di serie A attraversata da veleni e minacce, sferzata e squassata da uno scontro violento che pare un regolamento di conti tra Can e Comitato Nazionale Aia di cui è espressione, accuse e sospetti che frullano, che diventano una miscela esplosiva, tritolo pronto a far saltare per aria tutto l’establishment arbitrale italiano e a far sussultare la Figc sotto gli occhi del suo presidente federale Gabriele Gravina, che da mesi è attore e non solo spettatore delle vicende arbitrali. Sotto la lente d’ingrandimento ci sono i comportamenti del designatore Gianluca Rocchi, del numero uno dei fischietti italiani Daniele Orsato e dell’arbitro Paolo Valeri: alla procura federale sono arrivati due esposti, quello del Comitato Nazionale che ha girato la documentazione raccolta dopo le denunce di De Meo, e quella del designatore Rocchi intenzionato a fare chiarezza e a difendere se stesso e il gruppo arbitri coinvolto. Il capo della Procura Figc Giuseppe Chinè ha aperto un fascicolo, ha ascoltato due testi, ha letto carte e documenti, si appresta a interrogare il designatore, Orsato, altri arbitri e altri uomini Aia. La vicenda è seria, rischia di diventare persino ancora più esplosiva di quella del procuratore-narcotrafficante Rosario D’Onofrio, strabiliante e stupefacente.
La vicenda ha una genesi. Nasce due giorni prima di Pasqua, dopo la fine di Milan-Empoli del 7 aprile, si allunga nei giorni festivi fino al 14 aprile, quando arbitri e assistenti Can sono in raduno a Coverciano, raduno nel quale avviene un incontro che definire burrascoso è dir poco. Dal giorno dopo il vorticoso valzer di mail e relazioni, che già ha interessato i vertici dell’Aia e della Can, arriva ai piani alti, non solo nell’Aia ma anche della Figc e arriva fino alla Procura federale: è ormai impossibile arrestare quel fiume di fango e veleni. Chinè apre un fascicolo, comincia a indagare su presunte (gravi) violazioni in relazione al codice di giustizia sportiva ed al codice etico. Nota a margine: la giustizia domestica è stata commissariata dalla Figc a dicembre dopo l’esplosione del caso D’Onofrio, le indotte dimissioni del presidente Aia Alfredo Trentalange (assolto due settimane fa nel processo di secondo grado, leggi qui, e a proposito: il presidente della sezione Aia di Cinisello Balsamo Giuseppe Esposito cui era stata ritirata la tessera s’è appena visto ridurre la sanzione, portata ora un’inibizione di due anni) hanno portato alle nuove elezioni tenutesi il 16 aprile, cioè quando questo nuovo debordante conflitto interno era già esploso. Il nuovo Comitato nazionale praticamente espressione di quello uscente: Carlo Pacifici che già faceva parte del Comitato ha infatti preso il posto di Trentalange, fuori il vice Duccio Baglioni nominato però dal consiglio federale a capo del tavolo sulla “violenza contro gli arbitri”, riconfermati gli altri componenti uscenti e senza nemmeno il pathos del duello (leggi qui). Unico era il candidato presidente, unica la lista a lui collegata. Tutto questo accadeva il 16 aprile. Quando cioè il nuovo caso era già esploso: semplicemente strisciava sottoterra prima di venire alla luce. Uno scontro violento che pare una resa dei conti, un avvelenamento di pozzi che pare come aprire la volata alla nuova campagna elettorale. Perché per il nuovo Comitato dell’Aia si è votato un mese fa ma si rivoterà tra poco più di un anno. E non è escluso che Trentalange possa ricandidarsi. O almeno pensarci.
I protagonisti. Il caso potrebbe pure legarsi al nome di chi l’ha portato alla luce, alle dichiarazioni che ha fatto, alle accuse che ha mosso nei confronti del responsabile della Can Gianluca Rocchi (il designatore che Gravina voleva come candidato unico per la successione di Trentalange e per il qual aveva indotto Domenico Messina al ritiro, il designatore che ha declinato però l’invito, il designatore che pare poi non gradisse avere nel ticket elettorale Katia Senesi e che soprattutto volesse continuare a fare solo il designatore), del numero uno dei fischietti italiani Daniele Orsato, di Valeri ma in fondo contro una squadra che pare proprio non si allinei e uniformi a quella che attualmente governa l’Aia: si chiama Pasquale De Meo, è di Foggia, fa l’assistente arbitrale, a gennaio ha centrato le 100 presenze in A e lo scorso anno fu protagonista di una complicata vicenda nel corso della campagna elettorale nella martoriata e dilaniata sezione di Foggia. Due volte commissariata nel giro nemmeno di due anni, elezioni invalidate e ricorsi, all’elezione s’era candidato pure lui ma poi sulla contesa era piovuta una segnalazione per dei bonifici fatti per saldare le quote associative di qualche elettore moroso, l’intera vicenda finita sul tavolo dell’allora procuratore Aia Rosario D’Onofrio che però – fu uno dei sui ultimi atti prima del nuovo arresto – archiviò il fascicolo.
La nuova vicenda, quella che adesso scuote il palazzo calcistico dalle fondamenta fino all’attico, nasce da De Meo perché dopo la partita Milan-Empoli del 7 aprile, è lui a segnalare per iscritto le dichiarazioni fatte dall’osservatore arbitrale Claudio Puglisi nello spogliatoio della quaterna arbitrale, alla presenza di tutta la quaterna: l’arbitro è Matteo Marcenaro, gli assistenti sono Luca Mondin e appunto Pasquale De Meo, il quarto uomo è Antonio Rapuano. Claudio Puglisi è della sezione di Voghera e non è un nome nuovo alle cronache. Era un assistente arbitrale, il suo nome comparso nelle intercettazioni di “Calciopoli” (il dirigente del Milan Meani chiedeva a Mazzei di designarlo per la sfida col Chievo visto che il Milan era stato penalizzato la settimana prima dalle decisioni della terna), il suo nome comparso tra i condannati del processo penale di Calciopoli (a livello sportivo in primo grado un anno di inibizione, inibizione poi ridotta a tre mesi) a Napoli, condannato a un anno e 21mila euro di multa in primo grado, prosciolto ma per prescrizione al secondo grado. De Meo è stato già ascoltato da Chinè, dopo che al procuratore Aia sono arrivate tutte le relazioni sulla complessa vicenda. Una matassa affilata e intricata: tra le relazioni c’è pure quella del nuovo responsabile Con (commissione osservatori nazionali) Domenico Celi che a gennaio ha preso il posto del dimissionario Luigi Stella. Dopo la gara del 7 aprile Milan-Empoli, De Meo è stato designato per una sola partita, quella del 30 aprile in serie B tra Cagliari e Ternana, mentre l’ultima partita diretta da Orsato è Verona-Inter del 3 maggio.
Lo sfogo e la miccia. “Sapete cosa ho fatto io fino a oggi? Lo volete sapere? Avanti, dò 0.10 in più sul voto a chi indovina. Che partite ho fatto finora secondo voi? Allora ve lo dico io: quest’anno ho fatto sempre gare di serie C e di serie B. E sapete grazie a chi? Grazie agli amici di Torino. Tutto questo da quando ci sono loro da due anni, gli amici di Torino. Vi sembra normale? Una stagione ho fatto solo 2 gare di A, una era la Fiorentina. Ditemi voi se è normale. Poi è arrivato Celi, si è reso conto della situazione e ha detto qui c’è qualcosa che non va. E sono tornato a fare la serie A. Vi devo dire del mio passato? Prima di arrivare qui, negli anni precedenti, ogni stagione ero sistematicamente sempre nei primi posti in graduatoria degli osservatori e ho dovuto in diverse occasioni spingere per convincere i vari organi tecnici di turno a farmi retrocedere in graduatoria perché ogni volta io non volevo essere promosso e chiedevo loro per favore, li pregavo in tutti i modi di fare in modo che io non fossi promosso. Poi quando ero in serie B durante una stagione, ero nei primi posti in graduatoria, e ho chiesto e ho pregato ripetutamente la commissione responsabile di non essere promosso e ho voluto io pagare una cena a tutta la Commissione proprio per non essere promosso”.
Queste frasi sono quelle – scrive De Meo il giorno dopo rivolgendosi al vice-presidente Aia Duccio Baglioni e al componente della Can Lorenzo Manganelli – che Puglisi pronuncia davanti a tutta la quaterna arbitrale dopo la gara, nell’abituale colloquio nel corso del quale vengono esaminati gli episodi della partita. Ai complimenti che la quaterna rivolge a Puglisi per le osservazioni fatte, Puglisi invece replica attaccando la governance dell’Aia, quella cioè eletta a febbraio del 2021. Tutto questo accade negli spogliatoi di San Siro, secondo De Meo. Per l’assistente dauno queste dichiarazioni meritavano di essere segnalate, scrive, “per rispetto della Commissione e dell’Aia e perché ho ritenuto eticamente e moralmente non corretto il comportamento di Puglisi le cui esternazioni sono pesanti in termini di gravità e non attinenti al colloquio dopo gara all’interno dello spogliatoio. Altrimenti in quest’associazione ognuno può comportarsi come vuole, dire quello vuole e che agire in violazione di qualsiasi principio etico e morale”.
De Meo nella nota segnala che tutti erano presenti al momento delle dichiarazioni di Puglisi. Dopo la segnalazione, inizia un giro di valzer: telefonate, mail, comunicazioni, richieste. Celi informa Rocchi, viene chiesta agli altri presenti nello spogliatoio una relazione. L’arbitro Marcenaro scrive e invia: “Al termine della gara effettuavamo il colloquio con l’osservatore arbitrale Claudio Puglisi, che si svolgeva in un contesto molto sereno e disteso. Terminato il colloquio, in un clima del tutto informale, facevamo i complimenti al Puglisi per le competenze, a nostro avviso, dimostrate nella lettura delle dinamiche di gioco. Lo stesso, con tono ironico, rimarcava che queste asserite competenze non erano evidentemente state apprezzate in precedenza visto che era alla prima gara stagionale in serie A. Il discorso veniva interrotto dall’ingresso nello spogliatoio del tecnico Hawk-eye: Puglisi salutava e andava via”.
Così Luca Mondin: “Dopo il consueto confronto dei dati relativi alla gara, d’accordo con l’osservatore arbitrale, procedevamo subito al colloquio. In un contesto, anche in considerazione della gara, che definirei rilassato, abbiamo svolto il colloquio con l’osservatore arbitrale Puglisi Claudio, analizzando le varie criticità occorse nella stessa. Lo stesso si soffermava soprattutto sulle due OFR effettuate dall’arbitro Marcenaro Matteo, rimarcando al giovane collega la sua volontà di valutarle nel contesto di una gara condotta in maniera positiva. Alla fine del colloquio, prima il collega Rapuano Antonio e successivamente il team arbitrale, faceva i complimenti all’osservatore arbitrale per, a nostro parere, aver dimostrato competenza nella disamina e nel peso dei singoli episodi accaduti. Lo stesso, a seguito di tale affermazione, con tono ironico, ci faceva notare di essere alla prima designazione in serie A della stagione, asserendo che probabilmente le competenze da noi evidenziate in sede di tale colloquio non erano state apprezzate precedentemente. A quel punto il discorso veniva interrotto dall’operatore di Hawk-eye che entrava nello spogliatoio per ritirare il materiale. Successivamente l’osservatore arbitrale ci salutava congedandosi. Resto a vostra completa disposizione per ulteriori eventuali chiarimenti”. Infine ecco quanto scrive il quarto uomo, Rapuano: “Al termine del colloquio effettuato dall’osservatore arbitrale Puglisi Claudio, dopo averlo ringraziato, gli facevo i complimenti per come aveva analizzato gli episodi avvenuti nella gara. Tra l’altro il tutto avveniva in un clima molto sereno, disteso e cordiale. A questo punto Puglisi rispondeva sempre in maniera tranquilla e senza tono polemico, dicendo che per diversi anni era stato designato su gare importanti ma che con l’arrivo degli “amici torinesi” era stato messo un po’ da parte con designazioni solo in serie B e serie C. Il tutto veniva poi interrotto dall’ingresso dell’operatore”.
Come si legge, tutti e tre riferiscono del colloquio con Puglisi, notano una sua sottolineatura “ironica” ma non scendono troppo nei particolari, almeno non come ha fatto invece De Meo. Ha esagerato De Meo? O hanno ristretto gli altri? Domande sospese. Intanto quattro giorni dopo la partita a San Siro, è l’11 aprile, De Meo che precedentemente ha parlato con Celi e che prima ancora aveva inviato a lui e Rocchi una relazione su quanto accaduto a San Siro, inoltra via mail un’altra serie di documenti, tra cui alcuni screenshot di conversazioni telefoniche, messaggi di testo e il contenuto di alcune telefonate. E già, perché dopo il 7 aprile sarebbe arrivata la Pasqua. E gli auguri telefonici si sarebbero trasformati presto in veleni. Nella nota le telefonate e messaggi tra De Meo e Rocchi, tra Orsato e De Meo, tra Celi e De Meo. Il passato che riaffiora, il futuro che s’oscura: accuse, rimproveri, conversazioni bruscamente e l’appuntamento per un chiarimento al raduno di Coverciano del 14 aprile. Altre due storie che meritano capitoli a parte, altre due storie di una storia che pare soltanto l’inizio. L’inizio della resa dei conti in casa Aia. (1 – continua)