Il peso e il peso delle parole. Da un paio di giorni sulle colonne dei principali quotidiani e siti on-line che s’occupano quotidianamente delle vicende granata, è tornata a far capolino la vicenda di Mikael, l’attaccante brasiliano preso da Walter Sabatini al mercato di gennaio. «Ha un tiro fulmineo, per il suo sinistro mi ricorda Recoba: appena ricomincerà ad entrare in condizione – è arrivato con qualche chilo di troppo – dimostrerà che vede molto bene la porta». Così disse il direttore a febbraio, subito dopo la gara col Genoa. Accolto nel tripudio dell’ambiente, da quel giorno però l’attaccante brasiliano si sarebbe visto poco. Almeno in campo. Molto presente sulle pagine social (non solo sul proprio profilo), poco e anzi pochissimo, sul prato. Consacrazione saltata, o meglio rinviata.
Auguri e auspici, così almeno li fondava buona parte dell’ambiente agli albori di questo calcio-mercato. Partito col botto. Anzi, con l’implosione. La plastica rottura (ma in realtà il divorzio s’era già consumato da mesi, l’ultimo momento vissuto insieme come un attimo fuggente nella notte del 22 maggio, leggi qui) tra Salernitana e ds, sancita a favore di media tra accuse e risposte. Iervolino a parlare (peste e corna) di commissioni, procuratori, ingaggi e percentuali (da tenere a mente questo virgolettato fedele su “La Gazzetta dello Sport” del 6 giugno che risuona forse attuale oggi, 17 luglio, sulla vicenda Mazzocchi al quale pare la Salernitana pare abbia offerto un adeguamento di contratto per stoppare l’assalto del Monza, «io non mi piegherò mai a questo sistema: se un giocatore riceve una buona offerta da un altro club è libero di andare») e Sabatini a replicare, «non diceva e non pensava queste cose quando piangendo mi supplicava di salvare la Salernitana». Parole che appartengono al passato certo, mentre la questione sull’avvenuto adeguamento e rinnovo di Lassana Coulibaly chiusa con agente e mediatore meriterà un compiuto capitolo a parte.
A parte. A fine giugno sarebbero invece arrivate le convocazioni per il ritiro tirolese della Salernitana. Tra i convocati non c’era Mikael, perché il brasiliano s’era ripresentato a Salerno in condizioni atletiche non soddisfacenti, non rispettando la tabella consegnata ai calciatori prima del congedo, un atteggiamento che avrebbe fatto irritare lo staff tecnico, dunque nessuna fresca montagna tirolese ma allenamenti nella calda e afosa Salerno per il brasiliano. Chiamato a una veloce riatletizzazione degna di un professionista, per giunta profumatamente stipendiato, obbligato a mettersi a dieta, in quell’intreccio che lega massa grassa, massa magra e massa liquida, definito da qualcuno ma da nessuno del club, in condizioni impresentabili: senza comunicati e parole ufficiali, questo sarebbe almeno sempre filtrato dal club, questo almeno si sarebbe letto e ascoltato da quel giorno in poi. Così come da quel giorno sarebbe partito il quiz sul peso giusto: “Mikael è sovrappeso, deve smaltire 5 chili, no 4, anzi forse 3”.
Sulla bilancia effettiva invece – implacabilmente, inesorabilmente, inevitabilmente – sarebbe finita ben altra questione. Questa pare di maggior peso specifico sia pur tenuta ai margini della comunicazione spinta, condita al fondo da una semplice domanda: come liberarsi di Mikael che non rientra nei piani di club e tecnico (?), come chiudere un rapporto che intralcia il conseguimento di altri obiettivi sul mercato extracomunitario? Niente, la questione del peso corporeo indissolubilmente in viaggio insieme al peso contrattuale del centravanti.
A febbraio preso con la formula del prestito oneroso dal Recife al quale erano andati 560mila euro. Ai quali si sarebbero poi aggiunti i 2,75 milioni di euro versati al club brasiliano per onorare così la gravosa clausola dell’obbligo di riscatto: per inciso, al Recife andrebbe poi versata in caso di cessione una percentuale del 17% della auspicata (ri)vendita. Presa dalla necessità di liberare uno (forse più d’uno) slot, dal desiderio di liberarsi di un fardello pesante, la Salernitana ha così volontariamente lasciato Mikael a Salerno: una decisione presa magari più di pancia che di testa. Piazzare un giocatore praticamente fermo da mesi è un esercizio già difficile, figurarsi piazzare un giocatore nemmeno convocato dal club: come cioè complicarsi ancor più la vita direbbe monsieur de La Palice. Anche perché la Salernitana deve liberarsi di un altro fardello, questo però è un gravoso cadeau lasciato dalla gestione Fabiani–Marchetti in tempo di trust: sei milioni al Crotone per Simy, il gigante nigeriano all’asciutto da un anno, involuto, svogliato, infastidito e ciabattante centravanti, prima in granata e poi anche nei sei mesi di prestito al Parma. Lui però convocato per il ritiro tirolese: all’asciutto di gol ma magari asciutto anche nel fisico. Certo, piazzarlo non sarà certo facile per il ds De Sanctis: non convocarlo nemmeno per ritiro sarebbe stato di certo un clamoroso autogol. Perché magari grazie al ritiro Davide Nicola poteva (e potrebbe) aiutarlo a rimetterlo in vetrina, attirando qualche club acquirente (in prestito) disposto a una nuova scommessa. In fondo la storia dei ritiri è fatta anche di resurrezioni e scoperte: magari Simy fa ancora in tempo, ma magari – si è chiesto più di qualcuno – non si sarebbe potuto usare lo stesso metro per Mikael? Certo, non essersi presentato in forma smagliante poteva valergli una bella multa (del resto il club aveva multato mesi fa Ribery dopo l’incidente d’auto, quini le infrazioni al regolamento vengono riconosciute e punite) ma perché non convocarlo in ritiro, perché non metterlo in condizione di perdere quel peso in più – in fondo nei ritiri si lavora, si suda, si dimagrisce, ci si mette in forma – piuttosto che lasciar marcire un corposo investimento da solo. A Salerno, in compagnia solo di un preparatore e di tanta saudade piuttosto che sudore? Alle domande nessuna risposta, almeno ancora nessuna risposta ufficiale.
Di ufficiale però in questi lunghi venti giorni c’è stato un lungo carteggio tra la Salernitana e l’entourage del calciatore. Nel silenzio il peso del caso è diventato, giorno dopo giorno – mentre la Salernitana s’allenava e s’allena in Tirolo e mentre De Sanctis provava e prova a chiudere operazioni di mercato (costretto al lavoro aggiuntivo perché ha da sigillare persino le finestre, tanti sono gli spifferi che fuoriescono “legalmente” all’esterno) – sempre più ingombrante, pericoloso, fastidioso. L’agente De Souza ha fatto scrivere dall’avvocato, chiedendo la convocazione del calciatore. In realtà, presa da tante cose, la società granata forse aveva dimenticato quanto prescrive l’articolo 7 (il cosiddetto “lodo Abete”) dell’accordo collettivo stipulato tra Lega e Aic, accordo per giunta prorogato (leggi qui) appena venti giorni fa con voto (unanime) nel corso dell’assemblea di Lega a Milano. Sarebbe la famosa clausola anti-mobbing che anni fa fu sul punto di scatenare lo sciopero dei calciatori. De Sanctis e l’entourage di Mikael dovranno adesso trovare una soluzione per chiudere con soddisfazione reciproca, il caso. Mikael sarà reintegrato? Sarà ceduto? Risolverà il contratto? La Salernitana sarà costretta ancora una volta a venir a patti con agenti, avvocati e mediatori?
Per Danilo Iervolino certo sarebbe un altro immeritato schiaffo, anzi un altro uppercut: che colpa ne ha se Mikael non s’è rivelato un satanasso, che colpa ne ha se non riesce a rientrare nel peso come fanno i pugili prima di salire sul ring? E poi, che colpa ne ha se la vecchia gestione gli ha lasciato un altro fardello, quello cioè di Simy (magari il collega De Laurentiis gli dà una mano e lo porta al Bari)? L’imprenditore di Palma Campania confida che almeno il peso del nigeriano venga smaltito prima della fine d’agosto senza ulteriori costi aggiuntivi: in fondo Simy è stato convocato in ritiro, è pur sempre un giocatore di un club di A, è pur sempre un giocatore che ha gravitato (e gravita?) intorno al mondo della scuderia “GG11” il cui legale rappresentante è di casa al circolo Aniene, lì dove s’ammira scorrere il Tevere. Lì dove acqua ne passa e continua a passarne, nonostante la siccità: in fondo Gabriele Giuffrida – decisivo nel trasferimento di un anno fa di Simy in granata – è anche il procuratore di Davide Nicola, così come ha in procura ad esempio Gagliolo ma anche Perotti, Sanabria, Djuricic, Piatek, Messias e tanti altri. Ha trattato e chiuso operazioni con Angelo Fabiani, ha trattato e chiuso operazioni con Walter Sabatini. Niente di cui meravigliarsi, niente di illecito o sconveniente, è il mercato. E vuoi mettere che non ascolti – se interpellato – proprio le preghiere di Morgan De Sanctis che poi a Roma è di casa? È “de’ terra”, direbbero magari nella Capitale in romanesco e non certo in latino: Gea proprio no, così la Terra la definivano solo gli antichi greci. Ma il greco antico è idioma dimenticato. Anche se il peso e il fascino delle parole quelli sì, restano.