Magari chissà, forse è solo perché sognano l’esempio di Abramovich con Tuchel, esonerato dal Paris Saint Germain e poi l’allenatore capace nella stessa stagione (2021) di conquistare la Champions League con il Chelsea. O forse è perché vogliono solo mettere una pezza ai propri errori e disastri che diventano ampie voragini nei risultati e soprattutto nei bilanci: assumono allenatori, stipulano contratti pluriennali e poi li licenziano, spesso solo dopo poche giornate. Oppure ancora è poter sconfessare promesse e accordi estivi sul mercato ed anche evitare clamorosi dietrofront (un’estate fa Gennaro Gattuso alla Fiorentina era durato 23 giorni, qualche anno prima Marcelo Bielsa alla Lazio addirittura appena due): perché dovremmo pagare sempre noi e perché poi non possiamo assumere qualche allenatore esonerato da un’altra società ma magari adatto a noi, così come succede nel resto dell’Europa?
Sono questi i pensieri e le domande che si sono posti i presidenti di serie A, decisi a cambiare rotta, determinati a modificare il regolamento adottato anni fa, pronti a sfruttare e monetizzare il momento propizio. E già, perché l’Aiac – l’associazione italiana allenatori di calcio presieduta da oltre un decennio dall’ottantunenne Renzo Ulivieri (squalificato per insulti ad aprile, leggi qui e qui) che è pure da sedici anni il direttore della “Scuola Allenatori” del centro federale di Coverciano, il fulcro del settore tecnico Figc (vi si sfornano corsi per allenatori uno dopo l’altro, in fondo il ciclo corsi-soggiorno è redditizio, l’ultimo s’è chiuso appena ieri con i nuovi diplomati Uefa A dopo quello Uefa Pro, il corso Uefa A chiuso con una lezione tenuta dal licenziato Mazzarri, e intanto s’ingrossa la fila dei disoccupati però con abilitazione, vuoi mettere?) – vuole stipulare un accordo collettivo alla stregua di quello dell’Aic, con la Lega serie A e dunque è disposto a trattare. A concedere. Ad annuire. Quale momento migliore per profittarne, per concedersi quindi questa ghiotta opportunità?
Una delegazione dell’Aiac ha incontrato il presidente della Lega A Lorenzo Casini e ha detto di sì: “in cambio della stipula dell’accordo collettivo, siamo disponibili a introdurre la possibilità per un allenatore esonerato di allenare la squadra di un’altra società nel corso della stessa stagione sportiva, ma solo se entro il termine del 31 dicembre”. Casini ha risposto all’Aiac: “d’accordo, avvieremo allora la discussione sulla base dell’accordo in corso di negoziazione con i club di calcio femminile professionistico di serie A”. Poi ha messo al corrente della situazione i venti presidenti di serie A. Tutti ovviamente felici e contenti: tra loro non c’è più il defunto Maurizio Zamparini che ad esempio licenziò Stefano Pioli (era l’estate 2011) prima dell’esordio del campionato dopo una sconfitta del Palermo nei preliminari di Europa League, andò un po’ meglio a Stefano Colantuono licenziato dopo la prima giornata nel 2008, e tra i venti di A non c’è Massimo Cellino che ora è al Brescia ma quando stava al Cagliari esonerò nel 2005 Attilio Tesser dopo la prima giornata e alla seconda giornata licenziò pure il suo sostituto (era Daniele Arrigoni), e non c’è più nemmeno Massimo Moratti che nel 2000 diede il benservito a Marcello Lippi alla fine della prima giornata di campionato (Gasperini arrivò appena alla quarta), però la pratica del licenziamento e il tourbillon delle panchine continuano vorticosamente a girare. Come un valzer. Stonato. Economicamente pesante più di un macigno: a volte si stringono rapporti pluriennali che diventano un cappio, che magari si trascinano per anni appesantendo bilanci, a volte pietre tombali su nuove scelte.
I presidenti di Lega A da tempo premevano affinché si cambiasse una regola che ritengono obsoleta, fuori dal mondo, fuori dal contesto europeo. L’assalto è andato a buon fine, manca solo una riga d’inchiostro per vergare l’accordo. Restano da definire solo alcuni dettagli, che poi dettagli non sono. Al solito, a guidare il coro dei presidenti di A specie quando c’è da discutere di moneta e accordi, è lo scavato Claudio Lotito. Il presidente della Lazio – in realtà è tra i presidenti meno avvezzi all’esonero, lo dicono i numeri – ha messo sul tavolo due interrogativi. Il primo: come sterilizzare la possibilità che magari dietro la risoluzione del contratto con un allenatore ci sia la manina di un’altra società che ha adocchiato l’allenatore bravo e se lo va a prendere in corso d’opera? Il secondo – e qui non poteva mancare il Lotito “parsimonioso” – più che un interrogativo in realtà è una postilla da apporre: stabilire cioè nell’accordo l’obbligo del pagamento della retribuzione solo fino al termine della stagione sportiva in corso al momento dell’esonero. A dar manforte al pensiero del consigliere federale Lotito, l’altro consigliere federale, l’interista Giuseppe Marotta: “dobbiamo assolutamente intervenire e cambiare. È assurda questa regola: vieta a un tecnico esonerato nelle prime giornate di andare in un altro club e inoltre costringe la società a sobbarcarsi un costo evitabile. È un fatto che avviene solo da noi e da qualche altra parte. Bisogna dire basta, bisogna cambiare”. E così, ricevuto l’ok da tutti i presidenti, il presidente della Lega A Lorenzo Casini si avvia a stipulare l’accordo collettivo (è stato invece prorogato sino a dicembre 2022, dopo la votazione unanime, quello con l’Aic anche perché ballano ancora diversi punti, tra cui quello sui tempi d’inabilità temporanea da infortunio, quello sul tetto multe che la Lega A vuol elevare dal 5% al 25% della retribuzione fissa mensile, e ancora quello sul famoso “lodo Abete” relativo al mobbing: se ne riparlerà dunque a gennaio per il nuovo accordo con il sindacato di Umberto Calcagno che è anche vice-presidente vicario Figc) con l’Associazione italiana allenatori di calcio cui seguirà la ratifica della Lega e il sigillo della Figc.
Sarà un cambiamento salutare, o servirà soltanto per salvare le casse dei club? Sembra in realtà soltanto l’inizio di un nuovo valzer delle panchine, un tourbillon già vorticoso in estate tra rinnovi, allungamenti e rotture con tanto di clausole, buonuscite e indennizzi, un lasciapassare indistinto, un mercato nel mercato. Nell’ultima stagione i cambi di panchina in serie A sono stati 12 (compreso l’interregno di Tufano alla Sampdoria durato appena una giornata nell’attesa che Giampaolo potesse accomodarsi sulla panchina), due cambi a testa la Sampdoria come la Salernitana, come il Cagliari e il Genoa (per queste ultime due i cambi però non soni serviti allo scopo), l’anno scorso erano stati 11, 13 nella stagione 2019/20, 12 l’anno precedente e ben 17 esattamente dieci anni fa. Con la nuova regola quest’anno si andrà a caccia del record dell’ultimo ventennio? Certo, inarrivabile pare il record mondiale, stabilito anni fa in Inghilterra. È legato al nome del tecnico Leroy Rosenior, nominato allenatore del Torquay United per soli dieci minuti. Il giorno della sua presentazione coincise anche con quello del suo licenziamento. Poco dopo aver firmato il contratto, nel corso della conferenza stampa di presentazione, al tecnico fu comunicato l’esonero davanti a tutti i giornalisti presenti. A prendere la decisione fu la nuova proprietà subentrata proprio in quelle ore, proprietà che decise di porre subito fine a quel rapporto stipulato dalla dirigenza uscente. Mai dire mai, però…