Dilettanti, Tavecchio prepara il conto a Gravina. Abete presidente di una Lega spaccata: ricorsi, veleni e rivoluzione sul tavolo

La sconfitta in Lega A rischia di allargare i suoi effetti. Il presidente federale costretto alla retromarcia sull'indice di liquidità che i club di A hanno bocciato, Marotta potrebbe diventare il vice in via Allegri. Tra una settimana il voto in Lnd: Tavecchio scalda Mossino scombussolando i piani mentre Gravina e Abete provano a recuperare Repace che lancia segnali a Lotito
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La debàcle per la presidenza della Lega serie A è una ferita profonda, fresca. Ancora sanguina, è difficile da suturare, altro che rimarginare: piani, pressioni e sponsorizzazioni non sono servite a nulla. Anzi. Dopo Blandini, il fronte avversario (Lotito e De Laurentiis in prima fila a raccogliere più consensi di quelli certificati dall’urna) ha messo a segno un’altra vittoria con l’elezione di Lorenzo Casini a presidente della serie A: soltanto un’altra tessera di un puzzle che si compone mentre altri eccellenti fogli di via si preparano in via Rosellini a Milano. La Lega A si vede e si sente sempre più lontana dalla Figc: non accetta più interferenze né vassalli. L’orizzonte minaccia sempre più tempesta, minaccia da tempo anche la poltrona al quinto piano di via Allegri: nervoso e sfibrato, Gabriele Gravina intanto prova a tenersi. S’avvia a registrare il successo in Lega Nazionale Dilettanti perché tra sette giorni a Roma si procederà all’elezione del nuovo presidente dopo il commissariamento. Il presidente della componente che ha la percentuale di voto più alta in consiglio federale (34%) sarà Giancarlo Abete, cioè il commissario imposto dal presidente federale in autunno quando aveva dietro le quinte guidato la rivolta contro Cosimo Sibilia, costretto alle dimissioni. Cinque mesi dopo è arrivato il momento dell’incasso: all’incasso però ci sarebbero anche tante cambiali da onorare. Troppe, come troppi e diversi i creditori per accontentare e placare tutti in una Lega poi eternamente attraversata da rancori, veleni, rivendicazioni. In campo c’è un unico candidato, quello voluto da Gravina: almeno qui non ci saranno sorprese pur se sul capo dell’ex presidente federale pendono rischi di ricorsi. Eppure la vittoria su Abete rischia di diventare per Gravina una vittoria di Pirro. Magari il numero uno del calcio italiano farebbe bene a sfogliare i libri di storia romana ma non ha molto tempo. Magari ecco, potrebbe concedersi un breve ripasso della storia politica italiana del secondo Novecento quando a farla da padrone c’erano le diverse anime della Democrazia Cristiana, quella “balena bianca” capace di inghiottire tutto, di accontentare le diverse e divisive anime, così abile e impareggiabile nel far apparire all’esterno come sconfitte anche quelle che si sarebbero invece rivelate schiaccianti vittorie. Questione di rapporti, alleanze, strategie. Basterebbe una fotografia di quanto accaduto appena sabato scorso, per tirare bene i conti.

La cena e i voti. Mentre Gravina visitava il Veneto, ospite nel trevigiano e nel bellunese per incontri con le società dilettantistiche locali e per un convegno di Pian Longhi (impiantistica e altro al centro del dibattito) chiuso con una cena – agli invitati è stata offerta la possibilità di cenare con il presidente federale ma solo previa prenotazione telefonica, un po’ tutto in stile campagna elettorale presidenziale americana – il Comitato Veneto esprimeva le preferenze per le elezioni nazionali. Come per gli altri Comitati regionali, bisognava indicare la preferenza per il presidente nazionale, per il vicario e per il vice-presidente d’area, indicazioni che poi i delegati al voto infileranno nell’urna il 21 marzo a Roma nell’assemblea elettiva. Da pronostico, i delegati veneti hanno indicato Abete come presidente. Come vice-presidente dell’area Nord il ligure Ivaldi, come vicario il piemontese Christian Mossino. Un’indicazione quest’ultima che potrebbe apparire sorprendente, perché – non è un mistero – il presidente federale quel posto l’ha promesso, spendendosi apertamente, per l’umbro Luigi Repace al quale sarebbe addirittura stato fatto credere che Gravina abbia litigato con Abete per il suo nome. E invece anche dal Veneto è arrivato un segnale inequivocabile, confermando quanto anticipato giorni fa (leggi qui): per il posto di vicario tutto il Nord e non solo, vuole Mossino. Dietro il disegno c’è la mano di Carlo Tavecchio, ex presidente federale defenestrato nel 2017 da Gravina, Abete e Sibilia, tornato un anno fa sulla scena da presidente del Comitato Lombardia. Dopo aver aiutato Gravina a far fuori Sibilia, l’ex sindaco di Ponte Lambro adesso si muove sinuoso. Da buon ragioniere, è assai abile coi conti, da democristiano di vecchia data poi non dimentica come ci si muove sulla scacchiera, sul ponte di comando.

Invito

Gioco di scacchi. «Mi era stata offerta la carica di vicario ma ho rifiutato, ho preso un impegno col Comitato Lombardia un anno fa e intendo portarlo avanti. Il 21 sarà eletto Abete, dal giorno dopo ci saranno molti argomenti da affrontare col nuovo presidente». Così al termine dell’assemblea lombarda (numeri risicati, presidente dell’assise lo stesso che un anno fa avrebbe allungato le operazioni di voto oltre il tempo massimo, sul punto e sulla regolarità delle operazioni pende ancora un ricorso al Tar dell’avversario Pasquali) considerata da tanti osservatori come una sconfitta di Tavecchio e del potente Comitato Lombardia, considerato fuori dai giochi. E invece pare nel pieno del gioco l’ex presidente federale. Sembra essere proprio lui quello che dà le carte, che muove le pedine, che si prepara ad andare al robusto, sonante incasso. I conti fatti da Gravina e Abete paiono fatti senza l’oste: Abete presidente e Repace vicario come “ringraziamento” per la rivolta autunnale anti-Sibilia, questo era il dettato. E invece Repace rischia di restare col cerino in mano, Mossino invece una pedina preziosa come vicario di Abete sul quale pendono interrogativi nel ruolo attivo in consiglio federale: per il limite dei mandati potrebbe magari essere eletto presidente, entrare così di diritto nel consiglio federale. Ma potrebbe anche esercitare il voto nel consiglio di via Allegri? Domande e ipotesi circolano da tempo, come la possibilità che subito dopo il voto del 21 parta la macchina dei ricorsi. Intanto la fronda interna al Nazionale Dilettanti scalda i motori. Come li scalda la Lega di serie A. Oggi nuovo appuntamento dei presidenti, in ballo c’è l’adeguamento ai principi informatori, difficile l’accordo: il commissario ad acta Terracciano attende lumi da via Allegri dove invece da tempo (leggi qui) è arrivato il no deciso e compatto ai nuovi parametri d’iscrizione al futuro campionato. L’indice di liquidità cui aveva pensato Gravina (sempre più al rischiatutto, leggi qui) non va bene, almeno sette club sarebbero a rischio (una società è a serio rischio anche senza), l’indice di liquidità e altri parametri stringenti non passeranno nel consiglio federale in programma dopodomani. Sarà come previsto un Manuale di licenze soft, un’altra brutta retromarcia per Gravina che intanto è costretto a fare buon viso. Il consiglio federale dovrebbe poi procedere anche alla nomina del nuovo vice-vicario al posto del dimissionato Dal Pino: Gravina aveva pensato a Ghirelli (l’altro per ora fedele alleato in consiglio che gli porta il 17% che insieme al 34% della Lnd fa 51%) ma sarebbe uno sgarbo troppo grande tener fuori la serie A: magari non Casini, ma Giuseppe Marotta per quel posto sarebbe l’ideale. Proverebbe a tenere uno dei due consiglieri di A più vicino, di certo lontano da Lotito i cui rapporti con l’ad interista non sono idilliaci. Sarebbe una mano tesa, in attesa degli spareggi per le qualificazioni ai mondiali: l’eventuale uscita della nazionale di Mancini provocherebbe reazioni a catena, la poltrona del presidente federale sempre più esposta al fuoco nemico. Il fuoco arde, mentre la cortina di fumo si dissolve. Altro che riforme, altro che rinascimento.

Il passato che ritorna. Sembra di tornare a cinque anni fa, quando dopo l’eliminazione subita dalla Svezia, Tavecchio fu costretto a lasciare. Quel giorno non l’ha dimenticato, come non ha dimenticato i protagonisti (Sibilia, Gravina, Abete tra tutti) di quella giravolta. La rivincita su Sibilia se l’è già presa dando una mano a Gravina. Per ora si limita a non andare oltre: ha paura di restare solo. Si affida agli eventi. Intanto si mette alla finestra, capta i segnali, il riavvicinamento a Lotito pare al momento operazione difficile. Mai dire mai, però. C’è chi ipotizza per lui una poltrona nella commissione campi sintetici, però il vento dei rumors porta ad altre stanze: la “Lnd Servizi” (al momento presieduta da Abete, Caira e Lombi gli altri due consiglieri) o la “Figc Servizi” (Ghirelli, Grimaldi, Perdomi)? Chissà. Intanto prova a fare da ago della bilancia, rilegge i numeri delle preferenze e delle indicazioni date dai comitati regionali in questi giorni, le speranze federali che cozzano contro la realtà dei numeri e un ghigno sarcastico gli compare sul volto. Come nei piani federali, tra sette giorni Abete sarà eletto presidente, però Abete rischia di ritrovarsi alla testa di un movimento spaccato e dilaniato, ingovernabile. Altro che spalla forte su cui Gravina pensava di contare. La crisi economica ha ingigantito malumori e rimostranze, poco o nulla hanno prodotto i 3,2 milioni di euro distribuiti al movimento per mettere un po’ d’ordine nei disastrati bilanci. E poi le promesse autunnali sono volate via, come foglie ingiallite. Senza più linfa. Nell’attuale consiglio federale siedono per la Lnd Abete (con un asterisco, da commissario non può votare) e poi Ortolano, Frascà, Zanon, Franchi e Acciardi: cinque consiglieri eletti un anno fa quando fu rieletto Sibilia presidente. Nel corso di questi mesi sono stati in via Allegri in posizione di attesa però rispondono sempre alla base che li ha eletti. Se la base adesso votasse per i tre vice d’area e il vicario non proprio come i desiderata federali, potrebbero poi disattenderne tutti istanze e risultanze? La domanda risuona forte nei corridoi di piazzale Flaminio, a Roma. La sede della Lega Nazionale, la pancia del movimento calcistico italiano. La pancia rumoreggia. E parecchio.

Scenario, spifferi e veleni. Al voto si andrà tra sette giorni, a Roma. Si arriverà all’assemblea con le indicazioni delle assemblee regionali. Diciannove comitati hanno già espresso le preferenze, al conto ne manca uno. È il Comitato Umbria che si esprimerà oggi. Guarda caso, proprio il comitato del presidente Luigi Repace che aspira alla poltrona di vicario, una poltrona che gli era stata promessa dall’autunno, da quando cioè s’era attivato nel movimento che avrebbe prima costretto Sibilia alle dimissioni e poi alla raccolta di firme (14 comitati) che chiedevano al presidente federale Gravina di commissariare la Lnd evitando che il vice Ettore Pellizzari portasse al voto i Dilettanti. Abete e Gravina pare avessero fatto ben più di qualche promessa: il vento nei mesi però sarebbe cambiato, tanto che Repace ha cominciato a sentire puzza di bruciato. Tanto da cominciare a muovere le acque, a muoversi a destra e a sinistra. Tanto pare da avvicinarsi persino a Lotito, oppure a far credere di essere pronto ad avvicinarsi al presidente della Lazio e nemico numero uno di Gravina pur di vedersi riconosciuti impegno e promesse. Resta in attesa degli eventi mentre Gravina e Abete sono al lavoro. Al lavoro davanti a uno scenario spaccato. E pericolante. Basti pensare che in Lombardia c’è ancora un ricorso di Pasquali (al Tar) sull’elezione di Tavecchio, che in Puglia un delegato (Leone) è stato inibito (sei mesi) a ottobre dalla corte federale eppure non è ancora decaduto (non avrebbe potuto candidarsi viste le dimissioni da una società), che in Campania la lotta tra l’ex delfino Zigarelli e Sibilia promette nuove scintille (eletto Ripa come consigliere, eliminato dalla corsa il sibiliano Pacifico ma tre delegati su sei sono pronti a votare al contrario delle indicazioni fornite da Zigarelli), che proprio in Umbria penda ancora un ricorso su incandidabilità e ineleggibilità di Repace promosso da Luca Fiorucci che due settimane fa ha scritto alla Procura generale del Coni (e ora alla Giunta) e che proprio qualche giorno fa sotto casa ha ritrovato in un involucro la cartuccia di un proiettile. L’elenco delle situazioni a rischio e dei veleni nei Comitati regionali non finirebbe più. E non finiscono i rilievi sui dati dell’affluenza alle urne: in gran parte dei Comitati si è andati al voto con il minimo sufficiente, in alcuni casi s’è organizzata – è il caso della Puglia – la premiazione di società e dirigenti per successi conseguiti anche quattro anni fa. Del resto, è il caso della Puglia, ci sono presidenti esperti, che sanno come muoversi quando il gioco si fa complicato, quando i malumori pervadono i protagonisti, quando dall’alto piombano direttive precise. Puglia e Molise, ad esempio, hanno espresso la preferenza per il presidente nazionale (Abete) e per il presidente d’area, in questo caso il Sud (entrambe Di Cristinzi mentre il resto del Sud Mirarchi tranne la Sicilia su Lo Presti), eppure si sono astenuti nell’indicare il vicario. Così anche “Calcio a 5” e “Femminile”: magari sette giorni in più servono per capire dove posizionarsi nell’urna, magari per attendere che Gravina e Abete riescano a sbrogliare una matassa che si è fatta intricata. Anzi complicata. Affilata assai.

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Il voto e il ribaltone. Nella tabella a fianco è riportata la situazione completa, completatasi con le preferenze dei comitati regionali espressi in questi giorni. Il senso che piomba sul tavolo ha un valore preciso. Inequivocabile. Abete come unico candidato ha fatto il pieno. Rispetto alle indicazioni del Palazzo però, l’aspirante vicario Repace ha raccolto 8 preferenze di comitati (9 con la sua Umbria, oggi) ma ben 9 invece il piemontese Mossino, l’uomo cioè indicato da Tavecchio. L’uomo che tutta l’area Nord vuole come vicario. È l’area più potente, e poi è un’area che s’è significativamente allargata: Toscana e Emilia Romagna che fanno parte del Centro hanno indicato lui e non Repace come vicario di Abete. Alla conta dei delegati, Mossino sarebbe a quota 40, Repace con la sua Umbria arriverebbe a 35. Resterebbero i voti del calcio femminile (2) e del “calcio a 5” (2): quattro preferenze per ora tenute nascoste come quelle del Molise (2) e della Puglia (3). Numeri e preferenze che saranno oggetto in questi sette giorni di trattative e strategie mentre non in discussione sono le indicazioni che si tramuteranno in elezione per i tre vice d’area: Ivaldi al Nord, Cadoni al Centro e Mirarchi al Sud. Di certo per Gravina e Abete una bella gatta da pelare, da oggi al 21. Chi farà un passo indietro? Mossino o Repace? Chi verrà sacrificato? Chi sarà ricompensato? Alla fine della fiera, restano considerazioni e fotografie sparse.

Il sunto. Puglia e Molise che hanno alla guida due dei più “anziani” presidenti di comitato si sono astenute sulla vice presidenza vicaria. In Molise, il presidente Di Cristinzi pare sia molto nervoso per non aver ricevuto l’appoggio dall’alto per la vice presidenza d’area. In Area Sud espressi ben tre nomi (Di Cristinzi, Lo Presti e Mirarchi che ottiene il minimo delle 5 candidature) per la vice presidenza d’area in un ambito – il Sud – dove di solito le candidature sono sempre allineate e coperte. Repace pare da giorni nervoso, pare cerchi appoggi dentro e fuori la Lnd. Ma Il Nord e parte del Centro sono contro. Chiede e aspetta segnali. Da Gravina, da Abete, magari da Lotito. Per ora resta in silenzio, pare non voglia andare allo scontro. Mossino è stato ospite del Comitato Toscana durante il voto, Repace in Sardegna: ha ricevuto l’endorsement anche nel Lazio dove presiede Zarelli che storicamente ha sempre espresso ritrosia verso il rappresentante istituzionale. Il candidato presidente Abete è stato presente all’assemblea del Lazio, lì dove Repace ha incassato la preferenza. Dei sei delegati campani pare che almeno tre possano non adeguarsi al voto del comitato di appartenenza (Repace): sono fedeli a Sibilia che non vede l’ora di tornare a guidare i fili, ripartendo dalla sua regione. In Veneto registrati un contrario e due astenuti per Abete (388 i votanti) ma tutti compatti e all’unanimità sono andati su Mossino, cioè l’uomo scelto da Tavecchio. Toscana e Emilia Romagna confermano di sentirsi vicine al sentire del Nord e non di quello del Centro: hanno chiesto Mossino, Repace proprio non piace. Dopo aver taciuto per lunghi mesi, Tavecchio è quello che esce più forte da questa situazione in cui si tratta solo di decidere il sesso degli angeli (vice presidenze e vicariato, Abete blindato): ha prima dato una mano a tagliare l’odiato Sibilia e adesso con Mossino cerca di guastare il sonno di Gravina che fu, con Sibilia nel 2017, uno dei fautori delle sue dimissioni. I cinque attuali consiglieri federali – eletti con Sibilia – da che parte staranno in consiglio? Con Gravina o con la base? E Come governerà Abete? Questa Lega nazionale Dilettanti è consumata da livori, rancori, invidie, gelosie, paure. Sete di vendette e contro vendette. Ci riuscirà? Cosa potrà garantire a Gravina? Potrà entrare e votare in consiglio federale? Già, perché la regola sui mandati è tutta da decifrare: Abete rischia di essere debole un minuto dopo il suo ingresso da presidente della Lnd in via Allegri. Dopo il 21 sarebbe già pronta una fila di ricorsi, l’inizio di un’altra storia. La palla gira, si ferma al 24 (Macedonia) e si spera arrivi con successo dopo il 29 (Turchia o Portogallo): però se il pallone non va in porta, Gravina rischia di finire proprio come Tavecchio. Sbalzato dalla porta di via Allegri.

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