Alt, fermi tutti. Un insofferente Aurelio De Laurentiis rompe con il sempre indaffarato Claudio Lotito, amico e alleato da anni nella guerra alla Figc: plasticamente fa saltare l’assemblea di serie A, abbandona Milano e al grido, «qui si perde solo tempo, non è mica così che si lavora», se ne torna a Roma mentre Lotito prova a calmarlo, «aspetta Aurelio, calmati Aurelio, adesso sistemiamo tutto». Lì, sulle sponde del Tevere, l’aspettavano per la presentazione della seconda serie di “Vita da Carlo” nella quale Carlo Verdone ritorna a zigzagare sulla propria esistenza: un po’ vera e un po’ inventata. Un po’ vera e un po’ inventata è anche la ricostruzione di quanto accaduto ieri a Milano, lì dove alle 14 avrebbe dovuto iniziare l’assemblea di Lega, riunitasi invece dopo quasi due ore a numero ridotto tra espressioni lunari e imbarazzo degli astanti, una volta esauritasi la corrente impetuosa di grida, giustificazioni e accuse: tra retroscena e spifferi, ci sarebbe materiale per una serie tv, magari anche sui litigi dei capi del pallone il regista romano potrebbe costruirci una serie. Litigi e riappacificazioni, feeling consumato e nuovo feeling che s’effonde nell’aria: ad esempio quello tra il patron del Napoli e il presidente federale Gabriele Gravina, nemici giurati che da almeno due anni se ne sono dette di tutti i colori e che invece adesso pare remino nella stessa direzione. In realtà le lancette del barometro tendente al sereno tra i due sarebbero da riportare indietro, almeno all’ultima estate. Certo adesso è autunno però proprio mentre cadono le foglie nuovi semi si preparano a diventar frutti. Uno s’intravede già: il Napoli capolista, anzi dominatore del campionato, s’è fatto avanti candidando lo stadio Maradona: “vorremmo ospitare la Nazionale”. Gli azzurri vi mancano da dieci anni, da Italia-Armenia del 2013 finita in pareggio (2-2), a quell’epoca era ancora il San Paolo. La Figc ha colto subito il segnale, è già pronta a dare il via libera, dato per imminente dopo una serie di verifiche su questioni logistiche: la Nazionale di Mancini al Maradona nella sfida contro l’Inghilterra, gara valida per la qualificazione all’Europeo in calendario il 23 marzo, due giorni dopo l’inizio della primavera. Un riconoscimento al Napoli e a Napoli certo, anche e soprattutto un bel segnale di disgelo nei rapporti tra i vertici della Federcalcio e quelli del club azzurro.
Le ultime baruffe e il segnale multiproprietà. La nuova primavera in fondo era iniziata in estate, dopo una primavera ancora litigiosa e un inverno burrascoso. Era ancora maggio quando De Laurentiis, sempre sintonizzato sulle frequenze di Lotito e Barone (Fiorentina), non fossero bastate le accuse e le parole rivolte nei mesi precedenti alla Figc e Gravina, diceva papale papale nel corso delle celebrazioni sui 130 anni de “Il Mattino”. «Gravina in tre anni e mezzo non ha fatto nulla, non possiamo aspettarci che faccia delle cose. Nei ruoli istituzionali calcistici ci sono persone che nella loro vita raramente hanno avuto a che vedere con il mondo del calcio. Gravina ha fatto una corsa dalla serie D alla serie B per poi ritornarsene in maniera fallimentare giù con il Castel di Sangro, ma in realtà questi signori non hanno mai frequentato una società di calcio contemporanea, quindi non ne conoscono i problemi, fanno finta di conoscerli ma in realtà non li possono nemmeno immaginare e capire». A stretto giro di minuti, non fossero bastate le parole e le accuse rivolte in risposta a quelle pronunciate dal patron azzurro, Gravina avrebbe risposto così. «A differenza di quanto afferma De Laurentiis, mi concentro sulle cose da fare per il bene del calcio italiano. Da quando sono in Figc abbiamo raggiunto risultati importanti sia in campo che fuori. In qualità di presidente federale non posso accettare che si inveisca in maniera irrispettosa verso istituzioni quali Governo, Uefa e Figc. Lo invito a proporre qualcosa di serio e concreto per contribuire anche lui allo sviluppo del nostro mondo. Ma d’altronde, come diceva Totò ognuno ha la faccia che ha, ma qualche volta si esagera». Sul terreno si stava consumando un altro scontro, durissimo. La guerra sulla multiproprietà, abolita a luglio 2021 dopo un consiglio federale sul caso Salernitana/Lotito e Mezzaroma, una vicenda ancora pendente tra ricorsi e inchieste. Nel guado sarebbero rimasti il Verona col Mantova (di Setti) e il Napoli col Bari (De Laurentiis): due anni di tempo per spezzare il rapporto, altrimenti d’imperio (anzi di norma) l’addio. Setti e De Laurentiis assistiti dall’avvocato Grassani sarebbero andati invece all’attacco, proponendo ricorsi al tribunale federale e poi al secondo grado della giustizia sportiva: rigettati i ricorsi, avevano presentato il ricorso al Collegio di Garanzia del Coni per “l’annullamento della delibera federale”, impugnando poi “la decisione del tribunale Federale Disciplinare e della corte Federale d’Appello, chiedendo di annullarle, con ripristino delle norme finali e transitorie dell’articolo 16bis oppure rimettendo la fattispecie alla Corte Federale d’Appello Figc affinché, in diversa composizione, svolga un nuovo esame del merito». Pronti ad andare fino in fondo – anche fuori dal recinto sportivo – nella battaglia sulla modifica di una norma considerata “illegittima, fuori legge e fuori dal mondo”. A fine luglio però ci sarebbe stato un consiglio federale: pareva un dietrofront (leggi qui) ma per Gravina era solo una concessione. E nessuna sconfessione, soltanto un allungamento dei tempi. Così Gravina, in conferenza stampa. «È stata sancita la fine delle multiproprietà nel calcio italiano. Abbiamo ricevuto nelle ultime settimane la proposta di Napoli e Bari di abbandonare qualsiasi controversia legale in corso purché venga spostata in avanti dal 2024/25 all’inizio del campionato 2028/29 l’entrata in vigore della norma transitoria. Il Consiglio ha approvato all’unanimità». A quel consiglio federale partecipava anche Claudio Lotito, ancora infuriato per la vicenda Salernitana. Subito dopo quel consiglio, sarebbe comparso sul profilo ufficiale del Calcio Napoli una nota con tanto di maiuscole. “La modifica approvata dal Consiglio Federale della Figc in materia di multiproprietà è un atto di buon senso e una scelta che dà respiro a chi in questi anni ha creduto nel rilancio del calcio investendo ingenti risorse economiche. Siamo soddisfatti e contenti di questa modifica e desideriamo ringraziare tutto il Consiglio Federale, e in particolare il Presidente della Federazione Gabriele Gravina, per l’impegno e la volontà manifestata in questa occasione. Abbiamo già comunicato alla Federazione che rinunceremo al ricorso presentato nei giorni scorsi al Collegio di Garanzia dello Sport e ad ogni altra azione anche di natura risarcitoria, perché riteniamo sia arrivato il momento di aprire una pagina nuova per il calcio italiano fondata sulla fattività e sullo spirito di collaborazione”.
I segnali estivi e la Corte dei Conti. Concessione o dietrofront, resta materia dietrologica. Un segnale però, che magari andava raccolto e analizzato per comprendere come i rapporti stessero cambiando. Un segnale al quale ne sarebbero seguiti altri. Qualche giorno dopo ad esempio. A Castel di Sangro, lì dove il Napoli da qualche anno svolge la seconda parte del ritiro pre-campionato. A Castel di Sangro, dove spesso le nazionali azzurre vanno in ritiro (ultima della serie la nazionale femminile prima della figuraccia estiva), a Castel di Sangro dove s’era consumata la parabola di Gravina presidente di una società di calcio capace in pochi anni di piombare dalla D alla B e poi ripiombare nell’anonimato (vedasi commento De Laurentiis a maggio 2022). Ad agosto del 2022 invece Gravina e l’avvocato Giancarlo Viglione (il consigliere giuridico e legale della Figc) in tribuna al Patini per l’amichevole del Napoli con l’Espanyol, test interrotto dalle intemperanze di De Laurentiis, piombato dalla panca sul terreno di gioco per inveire contro assistente e arbitro perché non tutelavano i giocatori del Napoli “vittime” del gioco duro iberico. Ai margini di quell’amichevole, il presidente azzurro e quello degli azzurri (la nazionale) si sarebbero visti in incontri istituzionali (col presidente della Regione all’Acqua Montis) e persino immortalati in una curiosa foto (quella che fa da corredo all’articolo) mentre osservano un banco ricco di prelibatezze alimentari. “Alt”, la stazione del gusto dello chef Niko Romito che si trova al km 150 sulla Statale 17 proprio a Castel di Sangro. Alt, fermi tutti. Di chilometri, anni e strada ne avrebbe percorsi anche un’istanza Cinquestelle alla Regione Abruzzo dopo un esposto presentato nel 2020: perché stanziare 1,2 milioni di euro all’anno per sei anni con clausola di rinnovo per altri sei per sponsorizzare il ritiro del Napoli? Perché questa convenzione tra il Napoli e la Regione? Due anni dopo, proprio a luglio 2022, l’avvio di un’indagine su ipotesi di danno erariale. Venti giorni fa però è arrivata la risposta della Corte dei Conti regionale che ha archiviato l’inchiesta. Così il procuratore regionale Giacinto Dammicco scrive nel decreto: “Le informazioni ricevute in sede di controdeduzione, relative agli esiti in termini economici, nonché di flusso turistico e di promozione della zona interessata, paiono sostenere la proficuità dell’iniziativa, anche oltre le previsioni di chi l’ha adottata e certamente oltre le quantificazioni che questa procura riteneva essere ragionevole a ipotizzare…. la persistenza di dubbi di legittimità riguardo alla procedura seguita e la pretesa ed indimostrata urgenza, deve confrontarsi con l’elisione fattuale, al momento dello scadere dei termini per la definizione della sussistenza o meno dei presupposti per l’esercizio dell’azione, di un pregiudizio attuale o verosimilmente potenziale; in tale quadro, il cospicuo importo destinato all’esosa operazione in oggetto, pur considerando che realisticamente sottragga risorse ad altre iniziative di promozione turistica altrettanto o più qualificanti, purtuttavia è utilizzato secondo scelte discrezionali e politiche sottratte a qualsivoglia sindacato ammissibile in questa sede…. il venir meno di fatto del pregiudizio economico e quindi dell’elemento oggettivo richiesto per l’esercizio dell’azione di responsabilità erariale esime dalla valutazione dell’elemento soggettivo proprio della presente fattispecie, ossia della consapevolezza di porre in essere un’iniziativa azzardata eppure coronata dal successo di ritorni economici, per il territorio, più che soddisfacenti”.
Lo scontro in Lega. Una nuova pagina di un film che va in onda da anni in Lega serie A – scontri, baruffe, qualche volta persino le mani – è andata in scena ieri a Milano. Eppure i segnali c’erano da tempo. Le lacerazioni, le divisioni, il malcontento: sentimenti retaggio del passato. «La lotta è molto accesa e spesso si sommano questioni non legate al tema, magari del passato che vengano richiamate; non sono neanche sicuro che il tema per cui sono andate via le sette squadre sia lo stesso per tutte. Magari, parlando prima della riunione, avevano già pensato a cosa sarebbe successo e hanno preferito andare via…». Così Lorenzo Casini diplomaticamente ieri sera a margine dell’assemblea di serie A disertata da otto club, celebrata alla presenza di dodici e che nulla avrebbe deciso, anche per ovvi motivi di opportunità: né sul voto per il consigliere, né sulla priorità della questione fiscale, né sulle riforme. Un dejà vu, insomma. Che potesse andare così lo si era capito però da giorni, alcuni club decisi a manifestare dissenso con un segnale forte, da spedire magari anhe a Lotito, accusato da qualche club di accentrare tutto, troppo. E nel mirino anche Casini, considerato un presidente assai vicino al presidente della Lazio: erano stati proprio Lotito e De Laurentiis (più la Fiorentina) mesi fa a caldeggiarne l’elezione dopo l’addio di Dal Pino, silurato dalla maggioranza guidata proprio dal duo Lotito-De Laurentiis in netta contrapposizione all’ala della Lega vicina a Gravina. Il Torino ieri non s’era proprio presentato alla riunione, altri club (specie i più grandi) pronti a dare un segnale sull’elezione del consigliere. “Perché nel consiglio deve sedere un rappresentante delle “piccole” che hanno già rappresentanza?” “Votatelo voi, visto che di voti ora ne servono undici…”. Per quel seggio ci avevano pensato Galliani (Monza) in nome dell’esperienza e ci aveva pensato la Juve con Arrivabene: però (leggi qui) quaranta giorni fa era spuntata la soluzione Rebecca Corsi, figlia del presidente dell’Empoli che tra le sue fila ha appena accolto l’ex ministro Lotti. A quel posto ci aveva pensato anche Barone ma quella viola era un’autocandidatura che non avrebbe raccolto consensi. E ci aveva pensato De Laurentiis, convinto poi che il consiglio debba essere allargato almeno a otto consiglieri e che nel consiglio “le grandi” devono avere un peso specifico. Fissata in seconda convocazione alle ore 14, alle 15 passate l’assemblea non era però ancora iniziata. Troppi capannelli, troppo nervosismo. Le urla del patron del Napoli sarebbero risuonate forti. Anche davanti la stanza del presidente Casini mentre era al telefono con il ministro dello Sport Andrea Abodi a discutere “delle questioni fiscali” e nella stanza anche Lotito che da mesi lavora sulla questione fiscale che è l’unica a togliere davvero il fiato ai club italiani (leggi qui). Da senatore e in Commissione Finanze si sta dando da fare ma il dado non è ancora (completamente) tratto. E poi sempre Lotito, così preso a discutere con i presidenti e rappresentanti dei club sul metodo e sul voto al consigliere. “Basta, qui non si fa mai nulla, si perde solo tempo. Non è possibile”. Lotito di stucco, pronto a tamponare la situazione, a rimediare, a placare l’ira di De Laurentiis. “Aurelio cosa c’è? Ora sistemiamo tutto...”. Gli strali avrebbero raggiunto però anche l’amico-alleato. O ex amico alleato? La domanda rimbalzava ieri mentre Milan, Monza, Fiorentina, Juve, Inter, Roma e Fiorentina abbandonavano via Rosellini, seguendo l’esempio del Napoli. E rimbalza ancora oggi. Anche a Roma. Chissà Gravina come l’avrà accolta… Intanto si prepara a dare il sì: la Nazionale torna a giocare a Napoli.