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Serie A, tempo di donne anche al governo. Rebecca Corsi brucia Galliani e Arrivabene per un posto nel consiglio di Lega

Domani l'assemblea, poltrona vuota da 4 mesi: candidata la vice-presidente dell'Empoli che può entrare in consiglio dopo gli anni della Sensi. Veti, trattative e conflitti tra i manager dei club
lega serie a
Rebecca Corsi con il papà Fabrizio

Una donna, anche nel governo del calcio. La serie A prova a giocare d’anticipo, preparandosi a dare un calcio a etichette, costumi e consuetudini, pronta a ribaltare stereotipi riconoscendo la parità di genere nelle stanze del suo governo risolvendo uno stallo che dura da quattro mesi, superando così finalmente veti e clausole di non gradimento. In attesa che a Roma Giorgia Meloni salga al Quirinale, sciolga la riserva e formi il nuovo Governo, in attesa che la storia repubblicana registri a Palazzo Chigi l’insediamento del primo presidente donna del Consiglio dei Ministri, nel rissoso condominio in via Rosellini 4 a Milano la stanza del consiglio di Lega serie A potrebbe infatti tingersi anche di rosa dopo tanti anni (Rossella Sensi è stata anche vice), facendo spazio al sorriso e alla gioventù di Rebecca Corsi, 33enne vice-presidente dell’Empoli e figlia di Fabrizio Corsi che guida il club toscano da oltre trent’anni collezionando promozioni (6) in serie A.

Domani c’è una nuova assemblea e al corposo e delicato ordine del giorno – approvazione del bilancio d’esercizio al 30 giugno 2022, presentazione delle offerte finora pervenute (due) di fondi stranieri di private equity legate alla creazione della media-company, approvazione dei criteri per la vendita dei futuri diritti tv – è stato aggiunto in extremis un altro punto. L’elezione del consigliere di Lega che prenda il posto di Tommaso Giulini, retrocesso a maggio col Cagliari e quindi decaduto dalla carica il 30 giugno. Nel consiglio di Lega passano decisioni strategiche, in fondo somiglia al Gabinetto del Consiglio dei Ministri. Nel gabinetto calcistico i posti sono ricoperti attualmente dal presidente Lorenzo Casini, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo, dal consigliere indipendente Gaetano Blandini, dal presidente del Milan Paolo Scaroni, da quello del Verona Maurizio Setti e infine da Luca Percassi, amministratore delegato dell’Atalanta e nominato mesi fa, nel vuoto lasciato dal polemico abbandono del presidente Paolo Dal Pino, anche vice-presidente di Lega. L’ultima poltrona di consigliere è desolatamente vuota. Da quattro mesi.

Uno stallo obbligato, figlio di una battaglia lunga e furiosa: ogni volta l’elezione rimandata per le velenose divergenze tra i venti club e le tante, troppe candidature. Rinvii diplomatici perché no, la Lega non poteva permettersi il lusso di presentarsi divisa a un appuntamento elettivo proprio nel momento in cui invoca unità e aiuti allo Stato, non poteva rilasciare quell’immagine di rissosità e lacerazioni plasticamente manifestatesi nel corso degli ultimi mesi: le liti sul nome per il nuovo presidente e la spaccatura sulla nomina del consigliere indipendente, entrambi i passaggi vinti a sorpresa (ma mica tanto) dal gruppo sempre più folto guidato dal fresco senatore Claudio Lotito.

Veti, clausole, appetiti e trattative: da quattro mesi i presidenti di serie A vanno in ordine sparso, in cerca di una sintesi, di un accordo, di un nome. In cerca di una maggioranza qualificata, possibilmente la più piena e la più larga, al lavoro per dare un segnale d’unità all’esterno in attesa che i conflitti con la Figc, e le richieste a Governo e Parlamento, trovino una felice e salvifica conclusione. Come trovare una sintesi tra le tante richieste? «Sono un giovane dirigente di una neopromossa mai stata in Serie A». Ridendo, l’a.d. del Monza Adriano Galliani si sarebbe presentato così a giugno, alla prima assemblea cinque anni dopo l’ultima riunione in cui rappresentava il Milan. Il ritorno di peso nelle stanze dove si decide il futuro del calcio italiano, lui che della Lega serie A è stato il deus ex machina per un ventennio. “Aspettavamo il tuo ritorno, un grande ritorno. Sei un giovane esperto, Adriano”. I complimenti e le congratulazioni dei colleghi si sarebbero però fermate lì. Galliani, ancora nelle vesti di semplice uditore, avrebbe cominciato sinuoso a tessere la propria tela. Inserendosi, al solito astuto, nelle discussioni, ad esempio sulla vendita dei diritti tv dell’area Mena e sui piani futuri dell’associazione. La consolidata amicizia con Lotito (e De Laurentiis) e la consolidata esperienza non sarebbero bastate però per conquistarsi le preferenze. “Il posto non può andare a un club neo-promosso, sebbene sia Galliani”, questo il pensiero di molti: la presenza dell’ex presidente ed ex vice-presidente di Lega in consiglio magari avrebbe fatto ombra. Troppa ombra ad altri, a partire da presidente e amministratore delegato. Al posto ci aveva pensato anche il rampante ed esuberante Danilo Iervolino, presidente da dieci mesi della Salernitana. Alcune sue esternazioni iniziali non sono mai state digerite, come la sua assenza alla riunioni, da gennaio a oggi. “Sono passati dieci mesi e non è venuto mai, nemmeno una volta, nemmeno a presentarsi”: questo il velenoso refrain. Alle assemblee c’è sempre andato l’amministratore delegato Maurizio Milan che pure ha provato a “sponsorizzare” la candidatura del suo presidente. Niente da fare, anche i discorsi nel corso della riunione in Lega di lunedì tra le varie componenti e poi nel corso della cena tra i tavoli del “Gran Galà del Calcio Aic” a Rho hanno ancora una volta segnalato il niet: diplomaticamente filtra che Iervolino abbia rinunciato alla candidatura. Alla candidatura forte, ci aveva pensato – e ancora ci pensa – la Juventus. In fondo il club che ha il maggior numero di tifosi non è presente in nessuna stanza del potere calcistico, né in Lega né tantomeno in Figc, visto che i consiglieri in quota sono Marotta e Lotito. E così hanno cominciato a circolare la candidatura e il curriculum di Maurizio Arrivabene, amministratore delegato del club, in passato manager alla Ferrari e alla Philip Morris. Un’altra ancora, a far balenare l’ipotesi Pietro Berardi, l’a.d. della Roma scontratosi però più volte in assemblea con De Siervo e Casini tanto da prendere la parola e chiedere l’integrale trascrizione a verbale dell’intervento in occasione delle trattative sulla vendita dei diritti tv dell’area Mena. “Se non a Berardi, allora il posto deve andare al rappresentante di un club di proprietà a stelle e strisce”. Già decisivo per l’elezione di Casini, il blocco delle proprietà Usa (c’era anche il Venezia) che attualmente ne conta sei (Milan, Atalanta, Spezia, Roma, Bologna e Fiorentina) ha allora provato a farsi avanti: siamo noi che investiamo nel pallone italiano, vogliamo poter contare. Alle osservazioni però sarebbe seguita una plastica risposta: nel consiglio c’è già Scaroni (Milan) e c’è pure Percassi (Atalanta, di recente passata a guida americana). E così anche Commisso e l’a.d. viola Barone hanno visto scendere le proprie ambizioni. La Fiorentina poi è tra i club che da mesi è meno incline (eufemismo) alle strategie portate avanti dall’amministratore delegato De Siervo.

Nei discorsi, tra veti ed esigenza di equilibrio, rappresentanza e sintesi, hanno fatto ingresso allora anche altre considerazioni. Ad esempio, perché non dare il posto in consiglio ad un club medio-piccolo? Perché non consegnare un riconoscimento che sia un tangibile attestato al lavoro e ai risultati di società che da anni in A coniugano risultati sportivi ed economici? C’è chi ha pensato all’Udinese e all’avvocato Campoccia che da anni è tra i più attivi in Lega e nella varie commissioni, c’è chi ha pensato al Sassuolo ed a Giovanni Carnevali. E c’è chi ha pensato all’Empoli: in fondo Fabrizio Corsi è da trent’anni che tiene in alto l’Empoli: 7 promozioni di cui 6 in serie A, equilibrio gestionale, spazio ai giovani e agli italiani e successi, trofei nel settore giovanile e spazio alle nuove generazioni. Ne è un esempio la figlia, Rebecca. Prima responsabile marketing del club, da quattro anni vice-presidente dell’Empoli e assidua frequentatrice delle infuocate assemblee di serie A. «La prima volta che ho visto una partita dell’Empoli allo stadio mi sono addormentata in braccio a mio padre. Da quel giorno, però, non ho più dormito. Il mio sogno è quello di diventare un giorno presidente dell’Empoli. Io lotto in serie A e per cancellare le etichette»: così in un’intervista nella quale confessava anche d’essere fidanzata con un calciatore di serie A. Domani potrebbe entrare nel consiglio di Lega. Un giorno da celebrare. E forse anche i.l giorno per bruciare certe frasi sessiste, tipo quella che De Laurentiis rivolse in assemblea a una manager della Lega (Viola Fabri): “Lei è incompetente, vada a casa ad accudire i figli”. Domani si vota: l’aggiunta in extremis del punto all’ordine del giorno segnala che forse, dopo quattro mesi, si è trovata un’intesa. Mai dire mai però, perché nel rissoso condominio di via Rosellini quello che è oggi non è detto sia pure domani.

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