Sei giorni. Soltanto sei giorni in più. È l’unica concessione ricevuta almeno finora: nessun provvedimento speciale per il calcio. Però la partita è ancora lunga, complessa, delicata, e per vincerla c’è bisogno di tattica, diplomazia, pazienza. L’unica concessione finora è contenuta in poche righe, fissata nel decreto legge numero 176 “Misure urgenti di sostegno nel settore energetico e di finanza pubblica”, specificata all’articolo 13 che si occupa delle “Disposizioni in materia di sport”. È un limite temporale cambiato, spostato avanti sì ma di appena sei giorni. Nemmeno una settimana. «Un differimento tecnico nei termini», così l’ha definito Andrea Abodi due giorni fa in audizione alle Commissioni Cultura riunite di Camera e Senato. «Il calcio è un pezzo del sistema industriale ma non di un mondo a parte, non ci sarà un provvedimento specifico, di settore», avrebbe poi aggiunto il neo ministro dello Sport. Intanto l’articolo 13 dispone così: “Al fine di sostenere le federazioni sportive nazionali, le discipline sportive associate, gli enti di promozione sportiva e le associazioni e società sportive professionistiche e dilettantistiche che hanno domicilio fiscale, sede legale o sede operativa nel territorio dello Stato e operano nell’ambito di competizioni sportive in corso di svolgimento, i versamenti sospesi… …possono essere effettuati, senza sanzioni o interessi, entro il 22 dicembre 2022”. I versamenti sospesi sono ritenute Irpef, contributi previdenziali e assicurativi, Iva e imposte dirette, una massa debitoria che nel corso dei mesi è diventata macigno. Un miliardo di euro è quanto tutto lo sport italiano deve al Fisco, in fondo la sospensione dei versamenti si trascina esattamente da un anno. Prima grazie a un emendamento aggiunto in extremis a fine dicembre nella Legge di Bilancio 234/2021, poi col Decreto Legge 17/2022 a marzo, infine con la conversione in legge del Decreto (Aiuti) numero 50, a maggio: tutti gli adempimenti previsti da gennaio a novembre 2022 ammassati e fatti confluire in un’unica data. Da togliere fiato e sonno, l’ultimo mese trascorso tra incontri, valutazioni, proposte (leggi qui). Il 16 dicembre per oltre un miliardo di euro, la parte del “leone” tocca alle società di calcio professionistiche, per la serie A sono quasi 900 milioni. Altro che urlo di dolore da piscine e palestre: è il pallone avvelenato che sgomita e che, col cappello in mano, s’affanna da mesi. Quella massa era una mina vagante, quel macigno ha continuato ad appesantirsi. Adesso è una montagna. Pare impossibile da scalare felicemente: i club avevano tempo fino al 16 dicembre 2022, adesso quel limite è stato spostato in avanti ma di appena sei giorni. Che si fa? La misura ad hoc preparata dagli uffici del Ministero dello Sport è per adesso rimasta fuori dalla manovra, stoppata dal Governo e in particolare dal ministro Giorgetti, il dietrofront obbligato – non si può dare al pallone ciò che non diamo al Paese – mascherato da motivi di opportunità. Per ora, almeno. Intanto il macigno resta.
Controlli e sanzioni sportive. Se uno non ha i soldi il 16, come fa a trovarli per il 22? La domanda continua a rimbalzare, per ora senza risposta: la più semplice, mettersi a stampare banconote – l’inflazione già galoppa – certo non pare la soluzione migliore. I conti dei club sono in profondo rosso, i presidenti del pallone speravano in un altro e consistente aiuto dalla politica, dal Parlamento, dalla maggioranza almeno: dopo aver inutilmente chiesto ristori al Governo Draghi e ribadito fino allo sfinimento che l’industria del pallone non ha ricevuto quanto ad esempio quella della cultura e della cinematografia, contavano (e contano) sul neo premier Meloni e sul neo ministro dello Sport, Abodi. Nessun provvedimento ad hoc per il calcio, ha ribadito invece: al momento bisogna contentarsi del differimento nei termini. Che non sposta, non cancella, non riduce economicamente e finanziariamente quel macigno, però quei sei giorni inseriti in quel decreto legge almeno un risultato l’hanno ottenuto. Perché, per spiegare, bisogna ricordare come l’adempimento verso il Fisco fissato originariamente al 16 dicembre coincidesse anche con le scadenze federali: entro il 16 dicembre le società di serie B e Lega Pro dovevano dimostrare di non avere debiti né verso i tesserati (stipendi) né verso il Fisco al 30 novembre 2022 (in questo caso anche la serie A), altrimenti ai guai con l’Erario si sarebbero aggiunte penalizzazioni in classifica. Coincidendo le due date, entro il 16 dicembre dovevano quindi assolvere agli adempimenti validi per Fisco e pallone, per la A solo verso il Fisco. Quel “differimento tecnico nei termini” così come l’ha definito Abodi che nel corso di queste settimane ha più volte parlato e discusso col presidente federale Gravina (leggi qui) e coi presidenti delle Leghe Casini, Balata e Ghirelli (A, B e Lega Pro) oltre a vari presidenti di club, s’è quindi rivelato un aiutino, nei fatti un escamotage per addolcire – al momento – quel macigno. Senza nemmeno dover costringere la Federcalcio a un altro provvedimento di sospensione come accaduto in passato, ad esempio come nell’estate del 2021 (leggi qui): se un club per la legge dello Stato ha tempo fino al 22 dicembre per mettersi in regola col Fisco, la Federazione potrebbe mai deferirlo e sanzionarlo perché entro il 16 non vi ha adempiuto? La risposta alla domanda è un arzigogolo dal quale si esce così: no, grazie a un tecnicismo. Grazie al quale, almeno a livello sportivo, le società non risulteranno inadempienti. Lo sarebbero e lo saranno tutte (A, B e Lega Pro) al 16 febbraio 2022, cioè al prossimo steep di controllo federale, se non avranno pagato Irpef, contributi, Iva e altro: il 16 febbraio dovranno dimostrarlo alla Figc anche i club di serie A per evitare almeno le sanzioni sportive. Un’insignificante appendice però, se confrontata alla massa debitoria, a quei 900 milioni di euro da versare al Fisco. La sospensione dei versamenti (quelli maturati al 30 novembre 2022) sta intanto scadendo tra urla sinistre. Resta, anzi resiste, una speranza: che dopo il 22 dicembre ma prima del 16 febbraio intervenga un nuovo provvedimento di legge che consenta il rateizzo (magari senza pagamento di sanzioni e interessi) della scadenza del 22 dicembre, ad oggi ancora prevista in un’unica soluzione. Al momento per lo Stato non si è posto il problema della copertura perché – 16 dicembre o 22 dicembre – sono comunque importi da contabilizzare a fine anno. Se rateizzo specifico ci fosse, ci sarebbe bisogno di un provvedimento di legge che abbia la copertura. La Legge Finanziaria? Chissà, magari.
I club in rosso. Il presidente di Lega Pro Ghirelli da mesi fa proposte e recapita lettere, decanta il suo campionato e loda i suoi presidenti, però in camera caritatis si agita eccome. Preoccupato assai, almeno trenta sarebbero le società in estrema difficoltà: riusciranno a versare al Fisco entro il 22 dicembre dopo aver scampato almeno il pericolo della penalizzazione? Chissà. Dalla Triestina al Pordenone, dall’Olbia alla Vis Pesaro, dal Foggia alla Viterbese, dalla Pro Vercelli al Pescara, dal Crotone al Siena: l’elenco sarebbe lungo assai così come in serie B (a Brescia ad esempio, è di attualità anche il sequestro operato dal Tribunale nei confronti del patron Cellino) e anche qui almeno sei club (si sussurra ad esempio della Reggina e del Cosenza ma la geografia economica va da Nord a Sud passando per il Centro) si trovano in situazioni delicate. Somiglia invece al suono dell’orchestra sul Titanic l’urlo che arriva dalla serie A: alla Sampdoria servirebbero subito milioni e milioni per evitare il default, il cda in attesa di ipotetici compratori ha avvertito («40 milioni subito o l’anno prossimo giochiamo col Vado», così Panconi), in difficoltà è segnalato il Verona, ufficialmente le ha smentite il Lecce. La situazione però coinvolge tutti i club, tutti hanno usufruito (in tutto o in parte) della lunga sospensione dei termini, l’ha fatto la Lazio del senatore Lotito che è pure vice-presidente della Commissione Bilancio al Senato e che in questi mesi e in questi giorni caldissimi continua a spendersi e spandersi, pare però al momento senza visibili risultati. L’ha fatto il Torino e ne ha usufruito la Roma; l’hanno fatto tutti gli altri club e tutte le “grandi”, pare forse che solo la Fiorentina abbia continuato a versare regolarmente. L’incombenza impellente però toglie il fiato, quel macigno complessivo – quasi 900 milioni di euro – è un incubo che rimbalza come un pallone sgonfio e consunto sul tavolo più che sul prato. Lacera e divide, consuma i nervi come dimostrato nell’ultima assemblea di A, al termine della quale il presidente Lorenzo Casini ha precisato, per evitare la lista delle buone e delle cattive. «La sospensione è stata utilizzata da tutte le squadre, poi ce ne sono alcune che hanno più possibilità finanziaria e altre no». Poi ha aggiunto, anzi ribadito. «La rateizzazione degli adempimenti fiscali è già prevista dalla legge dello Stato, qui il tema è se pagare o no una sanzione oltre a rateizzare. Ho già scritto a Gravina che c’è la massima disponibilità al fatto che, nel caso in cui si possa accedere a forme agevolate di rateizzazione, ai club non sia consentito avere un mercato invernale a saldo negativo». Congelato l’aiuto di Stato, per ora il tema “questione fiscale” che era all’ordine del giorno dell’assemblea del 22 novembre, non compare per quella convocata il 2 dicembre: magari meglio silenziare la questione, evitare nuovi clamori. Magari nel silenzio e all’ultimo minuto si ripete il miracolo dello scorso anno.
I provvedimenti. Il 27 dicembre di un anno fa spuntò infatti a Palazzo Madama l’emendamento nella Legge di Bilancio, il 51 bis (leggi qui). La stima fu di 444 milioni di euro senza nemmeno bisogno della copertura: la sospensione però prevedeva un arco temporale di quattro mesi. In sostanza: tutti gli adempimenti (per cassa e per competenza) dall’1 gennaio al 30 aprile 2022 sospesi, i pagamenti a maggio in un’unica rata (senza sanzioni e interessi) o in sette rate, spalmate da maggio sino a dicembre. A maggio, col decreto legge 17 “Energia e appalti” i termini per la sospensione dei pagamenti sarebbero però stati ancor più ampliati, fissati poi con il “Decreto Aiuti” (50/2022) da saldare in un’unica rata. Il 16 dicembre. Una serie d’interventi da perdere l’orientamento, da far impazzire la calcolatrice: nel tempo così quei potenziali 444 milioni sarebbero aumentati sino a raddoppiare almeno. La fetta preponderante dovuta dal pallone italiano, quasi tutta della serie A. Rimandato di mese in mese, adesso, in pochi giorni, ci sarebbe da versare tutto il lordo del costo del lavoro, da settembre 2021 a novembre 2022: 13 mensilità di F24 (cassa) e 10 di Inps (competenza), oltre naturalmente alle altre tasse e imposte, tra cui Irap, Ires e Iva. Qualche club ha versato nei mesi regolarmente gli F24, molti, quasi tutti, hanno profittato della sospensione. E se la situazione in A è precaria, peggio ancora in B e Lega Pro viste pure le entrate. Il dato confermato anche dopo l’ultima finestra federale: il 17 ottobre scadevano i termini federali per il pagamento degli stipendi. Tutti i club di A hanno regolarmente pagato il netto. Hanno però continuato a accumulare il lordo. L’aliquota Irpef è del 43%: scatta per stipendi superiori ai 50mila euro lordi annui (fino al 31 dicembre era a 75mila), dunque vale per tutti calciatori di A e dunque il conto Irpef è assai salato per le società. Che fare? Si racconta che Ghirelli avrebbe suggerito a Gravina di posticipare (a livello di scadenze federali) gli adempimenti, sino a porli direttamente in sede d’iscrizione al prossimo campionato. Cioè a maggio. Gravina pare però che abbia detto di no, non può e non vuole: in assenza di un provvedimento di legge (dello Stato) resta fissata la scadenza federale del 16 febbraio che stavolta varrà non solo per Lega Pro e serie B ma anche per la serie A. Al massimo si potrebbero sondare le direzioni regionali dell’Agenzia delle Entrate e dell’Inps per “facilitare” le rateizzazioni. Ma non pare questione semplice da risolvere. Mentre in Transatlantico se ne discute, il pallone continua a rimbalzare in un labirinto sempre più oscuro.
Le vie d’uscita. Un eventuale e ipotetico provvedimento di rottamazione e/o saldo e stralcio di cartelle non scioglierebbe quel macigno da un miliardo: è un debito ma sostanzialmente non è ancora dichiarato, lo sarebbe nel 2023 quando quel miliardo potrebbe diventare “cartella esattoriale”. Serve, anzi servirebbe, un provvedimento ad hoc. Un rateizzo. In tre anni o magari in cinque: versamenti mensili e magari un acconto, percentuale da decidere. «Pare che il Governo voglia aiutare le società professionistiche di calcio con un emendamento ad hoc per rinviare alcune scadenze fiscali. Io sono un grande amante del calcio ma dico una cosa semplice: siamo impazziti? Diamo un aiuto fiscale solo alle società di calcio magari per consentire di fare il mercato di gennaio con più liquidità? Non scherziamo. Se dobbiamo fare una misura fiscale per le aziende, deve valere per tutti»: così il senatore Matteo Renzi avrebbe tolto la foglia di fico a un provvedimento che pareva già definito, frutto di un lungo lavorìo politico-istituzionale-sportivo. No a un provvedimento specifico per il calcio: la corrente di pensiero è diventata negli ultimi giorni un’onda, giusto in tempo di infilare quel “differimento tecnico nei termini” che evita almeno penalizzazioni in classifica ma che non solleva e non frantuma quel macigno. La proposta sul tavolo era questa, in fondo la rateizzazione era già prevista e ammessa: versare subito un acconto (il 15%?) e poi rateizzare il resto in 3/5 anni, ma senza il pagamento di sanzioni e interessi. Proposta per ora congelata, anzi sulla carta rispedita al mittente. Il Governo nella prima bozza del disegno di Bilancio 2023 approvato in Consiglio dei Ministri ha previsto, nel contesto della “tregua fiscale”, misure specifiche che però devono essere ancora limate, tra queste c’è la rateizzazione dei debiti fiscali col pagamento però del 5% di sanzioni. Rateizzo e modalità uguali per tutti. «Non c’è alcuna rateizzazione sul tema, nessun provvedimento di settore e specifico. Il calcio è un pezzo del sistema industriale, ma non di un mondo a parte. Rispettiamo le richieste di alcune società che ne avevano bisogno ma quelle stesse società hanno avuto il tempo di potersi attrezzare creando le necessarie riserve per adempiere nei confronti dell’Erario. Adesso si assumono le stesse medesime responsabilità che si assume il sistema delle imprese», ha detto Abodi socchiudendo la porta, costretto al dietrofront dopo le aperture di appena dieci giorni fa. Dunque, al momento, rateizzo sì ma con interessi di mora come per tutti, cittadini e imprese. Però gli articoli della Finanziaria sono 136, alcuni hanno solo il titolo perché il testo deve essere ancora messo a punto. Poi ci sarà il passaggio in aula, ci saranno gli inevitabili emendamenti. Chissà, magari il pallone tricolore può solo sperare che finisca come un anno fa. In fondo quell’emendamento votato all’unanimità (27 dicembre 2021) che avviava il primo valzer di sospensioni arrivò su proposta a firma dei senatori di Fratelli d’Italia De Bertoldi e Calandrini. Adesso Calandrini è il presidente della Commissione Bilancio al Senato, il vice-presidente è Claudio Lotito. Se è successo una volta, perché non sperare nel bis, in un altro gol ai tempi di recupero?