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Serie A, nuovi venti di guerra in Lega: diritti tv, New York e Abu Dhabi, altre spine per De Siervo. Pronto un altro ingaggio da Infront

In assemblea le linee guida sulla vendita dei diritti e il fascicolo media-company. Il blocco anti-De Siervo e le manovre sulla sede negli Usa: Costamagna potrebbe sostituire Stillitano. E nel Golfo...

Il piano industriale legato alla creazione di una media-company e le linee guida per la vendita dei diritti audiovisivi del triennio 2024/27: a leggerli, sembrerebbero il piatto forte dell’assemblea di oggi. E invece i due punti all’ordine del giorno rischiano di restare lì in sospeso, oppure adagiati sul tavolo come fossero polvere. Progetti, piani, programmi: “Tutta fuffa, non si deciderà nulla di particolare, la situazione è sempre la stessa, anzi è peggiorata: fin quando non si scioglieranno gli ultimi nodi, fin quando le ultime zavorre non saranno eliminate, si assisterà ai soliti siparietti, ai soliti scontri, al solito stallo. Il clima è pesante: ma non è più tempo di mediare, è tempo di decidere e decidersi”. La voce che risuona alla vigilia della riunione di oggi pomeriggio nella sede di via Rosellini a Milano è autorevole e accreditata. Rialza il sipario sul palcoscenico della Lega di serie A, una Lega al solito divisa, spaccata, litigiosa, spesso inconcludente.

I punti come mine. Consesso che oggi potrebbe riservare nuovi colpi di spada e nuove, ma abituali, baruffe. Su altri due punti all’ordine del giorno. Nel mirino c’è la questione della sede di New York dopo la creazione di una società allo scopo, e nel mirino il progetto di aprirne un’altra, sempre con relativa costituzione societaria, negli Emirati Arabi, nella capitale Abu Dhabi. Carichi a pallettoni, diversi presidenti oggi s’annunciano decisi a dare battaglia, a porre questioni non solo economiche ma anche di competenze, opportunità, caselle, nomine. Nel mirino da tempo ci sono le operazioni condotte dall’amministratore delegato Luigi De Siervo. Avversato, pungolato, attaccato, sta provando a tenersi a galla, a resistere, a rilanciare: dopo il defenestramento di Paolo Dal Pino la clessidra però ha cominciato a far scorrere la sabbia, come un count-down del suo tempo in Lega A. Lui intanto guarda l’orizzonte tempestoso senza però evitare di osservare altri campi, s’affida a messaggi e messaggeri quasi come volesse dire: sono qui ma potrei anche andar via, dipende da cosa c’è sul tavolo. Anche lui, dopo il sempiterno Franco Carraro, ha subito ripreso a strizzare l’occhio alla politica dopo che le urne hanno dato il loro verdetto. Nel mondo sportivo è tutto un divenire (leggi qui), anche l’a.d. della Lega serie A non si sottrae. «Come detto dal Coni, dico alla politica di guardare allo sport: serve un ministero dotato di portafoglio». Il suo mandato ha scadenza ancora lontana, lo stipendio è di 800mila euro, nel mondo della politica tutto è in movimento pur se ad esempio l’amico ed ex ministro Luca Lotti al momento pare fuori dai giochi importanti. Intanto, prova a fissare paletti: ad esempio, se riuscisse a far approvare le linee guida per la vendita dei diritti audiovisivi del triennio 2024/27, potrebbe mai essere defenestrato? Alla vigilia dell’appuntamento di oggi, s’è comunque augurato. «Vogliamo assegnare i diritti tv del futuro triennio entro la fine di questa stagione: mi auguro una prova di maturità». Accadrà? I conti si tireranno a giugno, intanto oggi è ancora settembre e saranno solo valutate le linee guida dell’intero percorso, linee guida scritte da De Siervo con la collaborazione di Capellini (Inter) e che saranno messe sul tavolo, a disposizione dei presidenti. Pronti, parecchi, ad affrontare ben altre questioni. Una, in particolare. La domanda che rotea nell’aria si lega al possibile scontro che potrebbe scatenarsi tra qualche ora, subito dopo pranzo. I punti all’ordine del giorno dell’assemblea in via Rosellini sono (quasi) tutti legati al lavoro e alle operazioni condotte da De Siervo anche negli ultimi mesi: nell’agenda di giugno erano stati rimandati a dopo. Il dopo è arrivato, ma pare nulla sia cambiato da giugno e da tanti mesi – praticamente da anni – precedenti. Gli ultimi mesi, legati soprattutto alla vendita in ritardo (ben sedici mesi, un campionato e mezzo dopo) dei diritti audiovisivi dell’area Mena e, tanto per mettere altro pepe, sulla ripresa del fascicolo media-company.

Scontro continuo. Accuse, litigi, penali, clausole, lettere private rese pubbliche e proposte misteriose spuntate all’ultimo secondo. Litigi tra il presidente Lorenzo Casini e l’a.d. Luigi De Siervo, accuse d’intromissioni, invadenze, ingerenze. Accuse tra società e amministratore delegato, piccate puntualizzazioni al neo-presidente, risse verbali da quartiere se non anche litigi da bimbi sui banchi di scuola. Il 30 giugno l’a.d. della Roma Pietro Berardi prese la parola in assemblea. Un breve stralcio vale come una fotografia segnante di cosa scorra davvero durante le assemblee di via Rosellini. «…abbiamo un amministratore delegato che forse ha frainteso il suo ruolo, lui non è il sovrano. L’ad e il presidente sono al servizio delle venti associate di A. Se l’amministratore delegato non è contento di come una sua associata si comporta, può intavolare una discussione individuale. Non è che, come un sovrano, come un monarca, come un dittatore, lui mette pubblicamente sui giornali e scrive a tutte le associate, cose peraltro false e diffamatorie. Non si lavora così… Le diatribe col presidente sono diventate insopportabili pubblicamente, molti di voi le hanno fatte presenti… la dinamica presidente, amministratore delegato, in tutte le società nelle quali ho lavorato, non l’ho mai vista… la perdita di valore di fatturato di 200 milioni di euro in così pochi anni in tutte le aziende nelle quali ho lavorato non sarebbe mai stata accettata e, purtroppo, invece di stare a parlare, come recuperare il tempo perso, come recuperare tutto questo lavoro creato e distrutto, tutto questo valore distrutto… La Lega è una cosa di tutti, e una lega è una cosa delle associate, e dobbiamo cercare di cambiare la cosa… Sto parlando in rappresentanza d’investitori stranieri, è inevitabile che il valore della Lega si stia deprimendo, stia abbassandosi e la linfa nuova può essere solamente portata da investitori stranieri che hanno voglia e credono nel nostro prodotto, prodotto che deve essere diffuso nei mercati internazionali nei quali dobbiamo ragionare e lavorare con una maggiore managerialità moderna, fatturato, diritti e tutto questo tipo di attività. Con questo teatrino penoso che a volte ci riduciamo a fare, è veramente difficile attrarre investitori stranieri. È veramente difficile chiedere, convincere investitori che sono dentro di continuare a investire, di fare stadi nuovi di proprietà, di investire in nuove campagne marketing e nel fare tutto questo. Siete sicuri che stiamo facendo gli interessi dell’assemblea?». Dopo quelle parole, un’altra serie di distinguo, bordate, frecciate, puntualizzazioni messe a verbale da parte di presidenti e dirigenti di club, precisazioni di Casini e De Siervo, chiarimenti e definizione dei ruoli. La tregua estiva pare sia finita, però.

Lo scenario. La Roma è di proprietà a stelle e strisce, come lo sono molti altri club italiani. La visione è diversa, l’approccio anche. Meno parole, più fatti, a voler sintetizzare. A stelle e strisce ad esempio è la proprietà del Bologna (Saputo), e Fenucci non ha mai lesinato rilievi. A stelle e strisce ad esempio è la Fiorentina che in assemblea è rappresentata da Barone ma guidata da Rocco Commisso. Non è un mistero che il patron viola abbia conti e questioni aperte con i vertici della Lega e con alcuni club. Merito suo, riconosciuto da tutti, è stato quello di far assegnare i diritti audiovisivi negli Stati Uniti (leggi qui) legandosi a Cbs grazie proprio al patron della Fiorentina. Un risultato in termini economici non eccezionale, impietoso se confrontato con quello delle altre maggiori leghe europee. Tre anni di A per complessivi 170 milioni di euro più 6 milioni per tre anni (in tutto 18 milioni) per le gare di Coppa Italia dopo aver salutato Disney che attraverso Espn trasmetteva le gare in virtù del precedente contratto: cifre al ribasso rispetto al passato, impietose se confrontate. Con quelle della Premier, ad esempio, che ha venduto i diritti negli Stati Uniti alla NBC di Comcast per 2,7 miliardi di dollari (2,38 miliardi di euro) in sei anni, quasi triplicando il valore del suo contratto esistente con l’emittente. La cifra per ogni stagione che il campionato inglese riceve dagli Usa (oltre 390 milioni di euro) è più del doppio del totale incassato dalla A. La Liga, poi. Tebas ha strappato un contratto per la cessione dei diritti audiovisivi del calcio spagnolo da 1,2 miliardi di euro. Otto anni per 150 milioni di euro l’anno, cioè ogni anno il triplo di quelli italiani. Presentato ma poi rapidamente accartocciato il progetto del Mundialito negli Usa per riempire il vuoto dei Mondiali senza l’Italia, avrebbe continuato a tenere banco la questione della sede di rappresentanza e presenza sul territorio statunitense. A New York. «Far conoscere la A negli Stati Uniti è fondamentale perché ci sono ormai dieci presidenti di club nel calcio italiano. Era un’idea nata sei anni fa. Finalmente hanno ascoltato il mio grido». Così Commisso appena tre mesi fa. Chissà se oggi in assemblea si ascolteranno altre grida. La questione della sede di New York e quella ipotizzata ad Abu Dhabi sono solo alcuni punti, frammenti, di questioni irrisolte. Che si trascinano. Roma, Fiorentina, Napoli, Juventus e Milan sono club che da tempo hanno nel mirino De Siervo. La Lazio a volte si espone, a volte no: in fondo fu Lotito a volere nel 2018 De Siervo come amministratore delegato ma il patron biancoceleste che nei mesi s’è ripreso la scena anche a Milano, è parte forte del blocco, al quale si iscrive il Bologna e la Salernitana di Iervolino che segue spesso le mosse di De Laurentiis. Altri club sono in posizione di attesa, si muovono un po’ come spira il vento più forte. Come solidi alleati, De Siervo può contare sull’avvocato Campoccia (Udinese), sull’avvocato Romei (Sampdoria) e su Cappellini (Inter). Naturalmente, l’esito politico delle urne ha cominciato a scavare altri solchi. La perdita di alcuni punti di riferimento anche per i vertici di Lega è considerevole: il discorso vale per De Siervo ma vale anche per il presidente Casini, che fino a qualche mese fa lavorava al Ministero dei Beni Culturali di Enrico Franceschini.

New York, New York. Con lo slogan “Calcio is back” a fine maggio s’era tenuto l’evento inaugurale legato alla creazione della sede. De Siervo aveva al fianco gli “ambasciatori” Vieri e Del Piero. «È un arrivo in ritardo di vent’anni su quello che avrebbe dovuto essere», disse De Siervo. Che nella costituita società americana riveste il ruolo di ceo pur senza sommare altro all’attuale stipendio. Cinquantamila dollari oltre all’importo relativo al capitale sociale costituito in altri 50mila dollari come “spese” per il setup e il primo anno, la forma di corporation di diritto dello Stato di New York e una governance composta da un “sale director” con un “president e il secretary” per la società, il cui oggetto era la gestione del personale e della sede: queste le basi di un progetto che nei mesi ha visto cambiare le cifre, oltre alla mission e che a giugno registrò l’approvazione di 19 club, contrario solo il Napoli. L’attuale rappresentante in terra americana è Charlie Stillitano: pare che possa essere sostituito. Nei corridoi di Milano si fa il nome di Oscar Costamagna, figlio del banchiere Claudio Costamagna, ex presidente di Cassa Depositi e Prestiti.

Abu Dhabi e un Golfo di dollari. Il tema della sede di New York farà capolino con vigore oggi, al pari della progettata apertura di una sede – con analoga costituzione societaria – ad Abu Dhabi. Anche qui una questione di opportunità ed economica. La vendita del pacchetto nell’area Mena (Nord Africa e Medioriente) è stata un’operazione chiusa tra lacerazioni, ritardi, perdite. Il 30 giugno. Sedici mesi per ufficializzare un pacchetto che ha fruttato alla fine della fiera quasi 40 milioni di euro in meno ai club di A (25, 28 e 31 milioni di dollari, il precedente triennale dell’area aveva portato 110 milioni di euro), quindici mesi di litigi e baruffe dirompenti solo nell’ultimo mese tra accuse, litigi, penali, clausole, lettere private rese pubbliche e proposte misteriose spuntate all’ultimo secondo. Molti presidenti pensano adesso: vale la pena spendere un milione di euro per aprire un ufficio che in questo momento servirebbe a poco? De Siervo contava di dare l’annuncio ufficiale della creazione/apertura a metà ottobre a Dubai, nella riunione delle Leghe europee. L’ufficialità però potrebbe richiedere qualche settimana in più oppure svanire, anche perché fra i club serpeggerebbe qualche riflessione sulla strategia. Certo, importante è consolidare i rapporti con Abu Dhabi e gli altri attori dell’area Mena, ma i proprietari di club vorrebbero una struttura più agile ed economica rispetto alla sede commerciale locale che avrebbe un costo stimato di circa un milione di euro. L’idea alternativa sarebbe quella di “inserire” la serie A all’interno dell’hub del “Made in Italy” negli Emirati Arabi, progetto a cui starebbero lavorando Luiss, Confindustria e alcune istituzioni nazionali. L’ufficio nella capitale dell’emirato e dove ha sede la società che ha acquistato i diritti tv, dovrebbe essere solo la base per intessere i rapporti con gli altri Stati del (ricco) Golfo: questo nelle intenzioni di De Siervo che oggi ribadirà il progetto. Per il ruolo di responsabile dell’ufficio circola da giorni il nome di Alfonso De Stefano, attualmente consigliere delegato del fondo Aser Ventures nella regione Mena.

Linee guida, ingaggi da Infront e media-company. Numeri e cifre sono sempre più da tregenda: i club italiani hanno bruciato in un biennio 1,2 miliardi di ricapitalizzazione, l’81% dei ricavi se ne è andato tra acquisto di cartellini e stipendi ai calciatori, perde quasi quanto la Premier League che però ha fatturato di molto superiore al doppio, tra le principali leghe europee solo la Ligue1 incassa meno, è l’ultima come flusso di ricavi (in Inghilterra superiori del triplo) ma è la seconda per monte acquisti-ingaggi. Strategie (!) folli dei club che plasticamente si riversano nelle scelte della Lega e dell’assemblea. Che oggi dovrebbe valutare il piano industriale legato alla creazione della media-company e legato all’ingresso dei fondi (il fascicolo aperto da tre anni, buttato all’aria e ora ripreso) presentato da De Siervo (una settantina di pagine, pare, parte fondante tra produzione e distribuzione è il centro televisivo di Lissone) dopo la brochure estiva del presidente Casini e le altre mille puntate sul tema (leggi qui) e che poi dovrebbe discutere delle linee guida per l’assegnazione dei diritti tv del triennio (2024/2027) approntate da De Siervo con la collaborazione degli uffici di Lega, e dalla commissione ad hoc, con l’apporto di Capellini (Inter). Anche qui, si annuncia campo minato. De Siervo, come da lui stesso annunciato, punta a tempistiche da record per l’assegnazione futura, addirittura un anno prima, ma il record da battere e un primato da raggiungere sarebbe quello relativo ai ricavi, non sui tempi. E ancora: assegnare i diritti con largo anticipo potrebbe comportare problemi sulla gestione dei diritti correnti. O no? In attesa delle risposte, la Lega serie A sta per ufficializzare un acquisto importante. Nell’ottica dell’assegnazione dei diritti e della valorizzazione del prodotto è pronta a entrare negli uffici di via Rosellini a Milano, una manager di valore ed esperienza. Si chiama Anna Guarnerio, “senior director media sales and operations” di Infront Italia.

 

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