Sarà stato per quel profumo dolce e rassicurante di casa dell’Abruzzo, saranno state le bollicine dell’aperitivo, sarà stata la mancanza di umidità nell’aria, sarà stata la vicinanza dell’ex presidente del Coni ma ancora presidente della Fip e fresco componente del cda della Salernitana Gianni Petrucci a fargli da sponda, sarà stato per il logo di quel settimanale (l’Espresso”) che nei decenni scorsi si segnalava per scomode e scottanti inchieste, sarà stato per quel titolo evocativo e impegnativo del dibattito in piazza a Rivisondoli (“Il calcio di domani”) organizzato dall’editore del settimanale Danilo Iervolino che è anche proprietario della Salernitana e soprattutto uno dei più ferventi fautori dell’avvento dei fondi di private equity nel calcio e che da mesi si lamenta perché in «Lega A non si decide mai nulla in un contesto rissoso e paludoso..», sarà stato perché (forse) si è al punto di non ritorno, sarà che è stato raschiato pure il fondo: sarà per cento e mille ragioni, certo è che il presidente della Figc Gabriele Gravina sabato scorso ha imbracciato (figurativamente) il fucile e sparato bordate, fulmini e saette (sul sito del settimanale il video di tutto il dibattito). In assenza di contraddittorio e senza alcuno dei protagonisti destinatari di parole e messaggi. Avvisi ai naviganti chiari, netti, pesanti, preannuncio di nuovi conflitti e – nelle intenzioni del presidente federale – di una svolta nel governo delle cose calcistiche tricolori.
Strali verso la politica e il Governo, fulmini e saette verso alcuni presidenti di serie A (non nominati eppure…), accuse pesanti nei confronti della Lega serie A, accusata d’immobilismo, riottosità, conflittualità, e presidenti (alcuni) messi sull’avviso: da oggi si cambia registro, metterò mano alle riforme e non esiterò a prendere provvedimenti duri. La cornice di questo quadro? Un sabato sera estivo-italiano, la piazzetta Garibaldi di Rivisondoli e le note pre-dibattito di un’orchestra jazz, il palco illuminato dai riflettori, alle spalle il campanile della chiesa. Un contesto idilliaco per i turisti ma parso più come una sorta di astronave piombata improvvisamente da Marte sulla Terra, per chi segue le vicende pallonare tricolori: il protagonista assoluto della serata un pimpante Gabriele Gravina che da cinque anni è il presidente della Figc. Non se la prendano gli altri partecipanti al dibattito moderato dal direttore de L’Espresso, l’ad della Salernitana Maurizio Milan e il tecnico granata Paulo Sousa, ma sul palco la scena se l’è presa tutta Gravina con la compartecipazione di quell’eterna volpe che è Gianni Petrucci, fervido nel preparagli il terreno sul tema dei diritti tv che sono in fondo la radice del problema di un sistema in profondo rosso: i club di A non trovano la quadra da mesi, le stime sul prossimo accordo sono al netto ribasso, l’accordo coi broadcaster è ancora lontano e questa voce d’entrata tiene in vita (ma solo perché il fallimento generale non è previsto) tutto il sistema calcio, anzi tutto lo sport italiano, secondo quanto stabilito dalla mutualità fissata al tempo dalla legge (già modificata in parte) Melandri. Senza soldi non si cantano messe, però le odi nel 2023 ancora resistono. «Gabriele sta facendo bene in un contesto difficile, ha avviato una serie di riforme importanti. Io sono tornato nel calcio e sono felice di lavorare con lui. I diritti tv e la serie A? La Lega A esiste per una delega della federazione. Lo Stato delega il Coni che poi delega alle federazioni la gestione dei vari sport. È un tema non banale. Non si capisce mai che la Lega esiste perché riceve la delega della federazione. E così per il basket, è così per il calcio: eppure non c’è parità. La Lega A di calcio e quella del basket magari ora si ribelleranno ma dico una cosa che è legge. Vero, Gabriele?».
Così Petrucci nell’introdurre un tema scottante, dando il là ad uno degli affondi di Gravina che, alla frase del collega di Giunta Coni, avrebbe lì per lì solo annuito. «Visto? Interpreto pure il pensiero di Gabriele. Il diritto televisivo è facoltà delle società però ho fatto un discorso con Gabriele due mesi fa dicendogli che la Lega basket aveva completa autonomia sui diritti tv. Gabriele mi ha corretto, mi ha detto: no Gianni, non è proprio così. Aveva ragione. E’ certamente un diritto della Lega ma l’intervento e l’interesse della federazione è davvero determinante. Può agire, può muoversi». La chiosa di Petrucci rimanda ai pensieri di Gravina. Che pensa a un intervento drastico se lo stallo sui diritti tv dovesse rimanere e che in cuor suo forse non ha cassato il pensiero dell’ingresso dei fondi: un’arma di pressione la questione della delega, uno spettro che però inizia a far capolino mentre la Lega A non ha mai abbandonato l’idea di rendersi autonoma e staccarsi dalle costole federali.
Proprio nel giorno in cui – oggi – la Commissione dei cinque presidenti di A guidata da Lotito e De Laurentiis proseguirà nelle trattative private con i broadcaster per arrivare a un’offerta sui diritti tv nazionali del prossimo triennio (o quinquennio, quello che viene viene..). La sbalorditiva stima di 1,1 miliardi di euro è assai lontana, c’è chi dando i numeri rivela che al momento si sarebbe sui 750 milioni per tre anni e chi invece è convinto – tra questi Gravina – che alla fine si arriverà ad una cifra sui 950 milioni, simile a quella dell’ultimo triennio. E proprio stamattina, mentre la commissione proverà a stringere in vista dell’ennesima assemblea di Lega A che si terrà mercoledì (“esito delle trattative private e iniziative conseguenti”, sempre mercoledì saranno presentati il palinsesto e i conduttori del nuovo canale radio della Lega A su cui ci sono parecchi mugugni, tutti i veli caduti nell’articolo qui) a Roma si terrà invece il consiglio federale che dovrà approvare il consuntivo del 2022 della Figc e stilare la graduatoria di riammissioni e ripescaggi in quel marasma di ricorsi e giudizi che hanno bloccato un’altra volta la serie B e la Lega Pro, contesto su cui il presidente Gravina sempre a Rivisondoli ha detto: «Non si può andare avanti così, sono sovvertiti i valori sportivi e vi è danno di immagine al brand italiano» (tutto l’articolo con dichiarazioni è qui). Al consiglio federale riuscirà a partecipare in video-conferenza il consigliere federale Lotito impegnato a Milano? Chissà, di certo sabato sera gli saranno fischiate le orecchie, così come al Governo e al mondo politico, e non solo di una parte calcistica, quella governata dal duo Lotito-De Laurentiis e dai vertici Casini (soprattutto) e De Siervo.
«Sento qualche presidente importante della Lega A che si fa vanto dell’aver ottenuto lo slittamento della rateizzazione dei debiti. So bene che in pandemia e nel post, a vantaggio di alcuni settori ci sono stati dei vantaggi economico-finanziari ma non si risolvono i problemi rinviando di cinque anni la copertura delle perdite, non si risolve rinviando di cinque anni la ratizzazione dei debiti fiscali. Una modalità che non tiene conto delle società virtuose. Non è giusto alterare il valore dell’equa competizione, la regolarità deve essere salvaguardata sempre». Così Gravina ha iniziato il primo affondo, coinvolgendo anche la politica, il Parlamento, il Governo. «Mi preoccupa davvero il rapporto tra il valore della produzione e il costo del lavoro, è il 70% in A e del 94% in Lega Pro; al netto delle plusvalenze arriviamo al 90% in A e al 104% in Lega Pro. Un’industria che poggia su questi numeri ha grandi criticità. Purtroppo ci siamo cullati nel rincorrere in maniera errata un concetto di economia sballato, il concetto della crescita oggi ha un valore assoluto che non tiene conto di altro. E abbiamo abbandonato il percorso dello sviluppo sostenibile. Troppi viluppi, dobbiamo toglierlo dalle catene. In Italia ci sono tante catene, tanti viluppi. In capo al Governo e al Parlamento ci sono delle responsabilità incredibili. Noi certo ci assumiamo le nostre. Cominciamo a dire però anche quali sono le responsabilità dei soggetti che governano il nostro Paese. Pensiamo al decreto crescita che si riferisce al “rientro dei cervelli” e che invece da noi viene applicato ai mezzi di produzione, che sono i calciatori. C’è la rincorsa, per questo, a tesserare sempre più stranieri: sono numeri non più sostenibili. Questa è una delle battaglie che il Governo deve seguire: oggi questo rinviare ha permesso al mondo del calcio di congelare oltre 2,5 miliardi di indebitamento. Capisco che ci siano modalità ed esigenze. Allora facciamo un piano industriale: ecco le nostre responsabilità. Ma qualcuno però ci deve seguire, ci deve dare un supporto affinché il nostro piano industriale possa trovare un atterraggio comodo, anzi equo, affinché tutte le nostre società siano messe tutte nelle stesse condizioni di partecipare tutti nello stesso modo. Non che chi paga retrocede, e chi non paga a volte, per una serie di ragioni, vince. Non è giusto».
Un affondo duro, cui sarebbe poi seguito a stretto giro di posta un altro, ancora più pesante. Il ricordo di un’estate fa deve ancora far male: un anno fa (leggi qui, qui, qui) la Lega di serie A guidata da Lotito fece guerra sull’indice di liquidità, portando in giudizio la Figc davanti al Collegio di Garanzia presso il Coni vincendo il ricorso, addirittura confermato dal Tar che avrebbe dato torto alla Federcalcio. Uno smacco sbalorditivo. Un anno dopo, un agguerrito ma serafico Gravina dice, partendo dalle riforme: «La nuova riforma delle nuove licenze Uefa che hanno avuto riflesso sulle nostre sono una mia iniziativa: le nostre sono avanti di un anno, sono regole moderne, innovative, di equilibrio. Noi abbiamo già avviato un rapporto tra valore della produzione e costo del lavoro a 90 e quest’anno saremo a 80, siamo come Italia un anno avanti rispetto agli altri 54 Paesi della Uefa. Ma c’è ancora da fare molto, e dobbiamo vincere anche delle resistenze».
E qui, altra bordata. «È nota la famosa conflittualità tra la Figc e la Lega A sull’indice liquidità, ci hanno addirittura portato dinanzi al Collegio di Garanzia dello sport presso il Coni un anno fa e su questo voglio stendere un velo pietoso. Ma se si contesta un indice di liquidità di 0,5%-0,6% quando nell’economia normale già 1 è indice di criticità? Non si capisce e non si intuisce che quell’indice e quella modalità significano venire incontro alle esigenze delle società, far capire che c’è allert, che ci sono indici di pre-fallibilità da tenere in considerazione. Però ci arriveremo, io posso aver abbozzato in quella occasione ma non indietreggio di un millimetro, perché io andrò a meta nel più breve tempo possibile avendo un largo consenso in consiglio federale. Spero che anche la Lega più importante, la Lega di A che è riferimento del nostro movimento, possa capire che è arrivato il momento di lavorare insieme tracciando e guadagnando idee, trasformandole in progetto e soprattutto indicando una visione che oggi purtroppo non c’è. Bisogna essere onesti. Oggi il nostro calcio naviga a vista, non ha visione. Ancora oggi paghiamo il prezzo di tante, tantissime riunioni e assemblee dove ancora si discute di diritti tv. Questo a me preoccupa, come federazione sono azionista minoranza in quell’attività economica che la Lega sta portando avanti. Sono azionista di minoranza ma devo far notare come le risorse dai diritti tv siano fondamentali per mandare avanti tutto il movimento calcistico e tutto lo sport italiano. È evidente che adesso bisogna procedere a delle riforme. Se non lo capiscono con il buonsenso, allora sarò costretto a…». Seguiranno azioni ai puntini sospensivi? Chi e come risponderà agli strali di Gravina? Il nuovo capitolo del libro è appena agli inizi, il felice the end funziona solo al cinema. E il calcio italiano è un teatro. Tragico. Comico. Assurdo.