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Serie A e arbitri sotto le antenne di Berlusconi

Affari, passaggi azionari, scalate, fondi: cosa c'è dietro l'accordo con EI Towers, il nuovo centro di produzione tv della Lega Calcio che ospiterà anche la sala Var

Dodici milioni di euro (più Iva) l’anno per le prossime sei stagioni sportive, prezzo controfirmato per la fornitura del servizio dopo lo sconto a listino di 1,1 milione di euro e senza possibilità per le due parti di recedere anticipatamente dal contratto. È così che la Lega Serie A ha quantificato la creazione del centro di produzione televisivo, primo e decisivo passo per la costituzione di una “media company” che generi un flusso di ricavi netti – almeno un miliardo l’anno è la stima – dalla licenza dei diritti audiovisivi del pallone italiano in fiduciosa attesa che i nemici vadano tutti fra panca e tribuna e che la partita sui fondi mai sepolta possa così finalmente e ufficialmente ritornare a centrocampo.

Così, dopo aver incassato gli 840 milioni annui dei diritti tv triennali messi sul tavolo da Dazn grazie alla partnership con Tim, mentre all’esterno ci si accapigliava sul segnale di Dazn saltato per Inter-Cagliari e ci si preparava a dilaniarsi sugli effetti dell’innocua e conosciuta bomba a effetto anticipato della Superlega (le dimissioni di Scaroni mai accettate, il foglio di via a Marotta accartocciato, la Juve e Agnelli son pur sempre la Juve e Agnelli), compatti, coesi e convinti i presidenti di serie A il 13 aprile in assemblea a Milano votavano sì all’accordo, affidandosi per la fornitura del servizio alla società EI Towers spa, cioè il nuovo centro di produzione televisivo della serie A.

Trovandosi già in via Rosellini 4 Milano, 18 società su 20 (Genoa e Crotone fuori dal coro) votavano sì anche a un altro accordo, sollevando così la Figc di Gabriele Gravina dagli impacci d’una Coverciano impossibile da cablare e da un’impasse lunga tre anni, trovando così un confortevole salotto alla squadra Aia costretta finora a supportare le decisioni arbitrali da angusti furgoncini nei piazzali degli stadi: così, per un canone annuo di 500 mila euro oltre Iva e per una durata di 6 anni con tacito rinnovo di ulteriori 6 salva la facoltà di disdetta della Lega, ecco un altro bel sì convinto. Sì, sì alla realizzazione della sala Var centralizzata presso lo studio T1 di EI Towers, sempre lei. Sempre in via Zanella a Lissone, un Comune nella provincia di Monza-Brianza a pochi chilometri dalla residenza di Silvio Berlusconi, a pochi chilometri dal Brianteo dove gioca il Monza il cui proprietario è Silvio Berlusconi e il cui amministratore delegato è Adriano Galliani.

Entrambi meglio di chiunque sanno cosa sia e cosa significhi EI. È la denominazione della costola da cui sarebbe poi nato un impero. A metà anni ’70 era semplicemente Elettronica Industriale; dopo acquisizioni, passaggi e fusioni adesso si chiama EI Towers, società detenuta al 60% da F2i – uno dei principali fondi infrastrutturali a livello europeo e il maggiore in Italia – e al 40% da Mediaset. Tecnicamente è un patrimonio di torri, cavi, fibra ottica, ripetitori, antenne, tecnologia. Economicamente e politicamente è invece un crocevia d’interessi e intrecci: televisivi, pubblicitari, telefonici, finanziari. Trovandosi in Italia, tutto passa, tutto gira e tutto cabla meglio attraverso il pallone.

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Come un pallone improvviso, che piomba nell’area di rigore. Come un centravanti che si finge disattento, distante da quella mischia tra difensori che si disputano quel pallone consumato, quasi sgonfio. È solo una traiettoria da calcolare, una parabola cui far attenzione. “La prendo io”, “no, ci vado io” e invece ecco che sbuca lui, il centravanti lesto: afferra il pallone, impacchetta l’involontario regalo e porta a casa la vittoria. Grazie a quelle antenne dritte: il centravanti sa come e quando approfittare, sa come sfilare quel pallone, sa come accarezzarlo. Soprattutto sa bene come capitalizzarlo. Un colpo grosso, mentre intanto altri guardano altrove.

Colpo grosso, come il titolo di una trasmissione in onda dall’87 al ’92 su Italia 7 prodotta dalla Fininvest che gestiva il palinsesto della syndacation. Scenografata come in un casinò, condotta da Umberto Smaila, divenne presto un cult: un quiz, due concorrenti e alcune graziose ragazze “Cin Cin” che a ogni risposta esatta si sfilavano un indumento, uno dopo l’altro fino a restare in mutande. Erano i primi anni delle tv nazionali di Berlusconi, i primi pure da patron del Milan campione d’Italia e d’Europa. Non era ancora il tempo della politica e dei conflitti d’interesse, il calcio poi non era in mutande come adesso. Nel tempo i conflitti d’interesse sarebbero pur emersi ma sarebbero poi stati tutti sepolti. Sono trascorsi quaranta anni, i conflitti resistono ma sono solo apparenti mentre gli interessi restano, si moltiplicano, uniscono e s’intrecciano, confluiscono e s’intasano tutti in quell’area di rigore, lì dove c’è sempre un pallone che spiove, pur sempre una vera manna dal cielo. Seppur sgonfio, ecco dunque che il pallone fa un’altra volta drizzare le antenne.

Nell’autunno del ‘79 le antenne drizzarono a Berlusconi ospitando a cena Galliani: era il 31 ottobre e quella sera cambiò il destino non solo ai due commensali. Il geometra del Comune di Monza figlio del segretario comunale di Lissone illustrò all’editore di TeleMilano come irradiarsi ovunque, come trasmettere in tutta Italia: s’era ipotecato l’appartamento per rilevare Elettronica Industriale, società di antenne e ripetitori che aveva cominciato a fare shopping sui cocuzzoli di impervie montagne. Quei cocuzzoli presto sarebbero diventati una montagna di soldi e affari. Quella sera divennero soci al 50%, anni dopo Galliani cedette le quote in cambio di 70 miliardi di lire (in azioni) a Berlusconi. Elettronica Industriale così passò interamente alla Fininvest, poi nel ‘96 sotto il controllo della quotata Mediaset, infine nel 2019 fu oggetto di un’offerta pubblica d’acquisto lanciata proprio dall’azionista Mediaset con l’obiettivo raggiunto di uscire dal listino e di cedere il pacchetto di maggioranza a un fondo per poter meglio definire asset e strategie.

Adesso il fondo che ne detiene il 60% delle azioni è F2i, asset in gestione pari a 4,8 miliardi di euro investiti in comparti infrastrutturali come telecomunicazioni, aeroporti, autostrade, distribuzione del gas, servizi idrici, energie rinnovabili, reti logistiche e sanità. I principali azionisti sono le fondazioni bancarie, Intesa Sanpaolo, UniCredit, la Cassa depositi e prestiti (il punto è fondamentale per il prosieguo anche calcistico, Cdp è pur sempre anche azionista di Tim come azionista di Tim è Vivendi di Bollorè, ex nemico di Berlusconi e azionista di Mediaset, dopo una lunga battaglia si è arrivati a un primo riconoscimento con risarcimento), casse di previdenza e altri fondi; nel collegio dei revisori dei sindaci siede Ezio Maria Simonelli, commercialista e revisore contabile in molte attività dell’ex presidente del Consiglio. Il presidente del cda di EI Towers invece è il bocconiano Marco Mangiagalli, trascorsi aziendali in Eni mentre una lunga e prestigiosa carriera in Fininvest l’ha fatta l’amministratore delegato Guido Barbieri, in EI Towers dal 2011.

EI Towers opera nel settore delle infrastrutture di rete e servizi per le comunicazioni elettroniche: come principali clienti ha gli operatori di rete del settore tv e radiofonico, delle telecomunicazioni mobili, del wireless. L’attività si articola nella gestione di circa 4.000 torri: 2.300 di broadcasting (trasmissione televisiva) e quasi 1.700 di telefonia mobile. Su queste ultime proprio in questi giorni c’è stato un significativo passaggio di proprietà. EI Towers fornisce anche un servizio di gestione del traffico di contribuzione, avvalendosi delle proprie infrastrutture di reti satellitari e in fibra ottica, la cui dorsale si sviluppa su un percorso di oltre 6.000 km, quasi quanto il raggio della Terra.

È proprio grazie alle connessioni, alla banda larga, insomma è per questa complessa rete in fibra ottica che la sede di Lissone è stata scelta dalla Lega A come sede della Var centralizzata. Trecento chilometri più a Nord di dove avrebbe dovuto essere nelle intenzioni di Aia e Figc, cioè a Coverciano, il centro federale che dal 2018 aveva ospitato il simulatore e “allenato” arbitri e assistenti delegati al video. Tre anni di promesse, parole, certezze. «La sala Var unica in accordo con la Figc prenderà il via dalla stagione 2019/2020 e fornirà un’attività arbitrale sempre più efficace ed efficiente per l’intero calcio italiano e internazionale, ponendoci ancora una volta all’avanguardia per capacità d’innovazione», diceva Nicchi nel 2018. Un anno dopo, agosto 2019, Nicola Rizzoli, responsabile della Can A: «Il Centro Var a Coverciano è un progetto ambizioso e importante per l’evoluzione e crescita del mondo arbitrale. Ne siamo orgogliosi». Alle parole sarebbero seguite quelle di Gravina, stesso giorno e stesso posto. «Stiamo già lavorando alla messa in sicurezza della location, poi passeremo alla realizzazione delle opere legate alla control room. In questo campionato saremo pronti e faremo la fase sperimentale, entreremo a pieno regime nella stagione 2020/21». Ancora Nicchi, ancora a capo dell’Aia a dicembre del 2020, a Rai Radio Uno. «Ci sarà un grande miglioramento quando la Figc ci darà la chiave della sala Var centralizzata di Coverciano, sarà un laboratorio che porterà progressi incredibili, il passo più importante che farà il calcio italiano nei prossimi anni».

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Nessun passo in avanti però, anzi tanti passi all’indietro. Perché dopo tre anni ci si è accorti di problemi connessi alla logistica (trasferte, spostamenti, viaggi alle porte di Firenze piuttosto che alle porte di Milano), delle difficoltà tecnologiche nel cablare il centro tecnico (con rischio di black-out) e dei vincoli posti dalla Sopraintendenza. E così la Figc ha chiesto aiuto alla Lega Calcio. In fondo le distanze tra via Allegri a Roma e via Rosellini a Milano sono solo geografiche, politicamente si sono ridotte, anzi quasi azzerate: il presidente della Lega Paolo Dal Pino è pur sempre il vice di Gravina in Figc, in fondo il segretario (direttore) generale della Federazione è Marco Brunelli che nel ’97 entrò in Lega ai tempi di Carraro, con Galliani nel 2003 divenne segretario generale fino a chiudere l’esperienza a Milano come amministratore delegato dopo esser partito da responsabile del “sistema licenze”, tanti incarichi prestigiosi ben ricoperti tanto che due anni fa nel giorno del cambio della guardia l’attuale amministratore delegato Luigi De Siervo (ex a.d. di Infront, advisor uscente della Lega, anche Infront è una società che ad esempio Galliani e Lotito conoscono bene) testualmente disse, «ringrazio Brunelli per il lavoro di questi 20 anni, per me sarà come sostituire Guardiola al Barcellona».

Dopo tre anni però non era più tempo di tiki-taka e di palleggiamenti: con la nuova stagione alle porte sarebbe stato un suicidio presentarsi senza la sala Var centralizzata. Serviva un assist per andare in porta, un ponte diplomatico per by-passare il progetto, questione delicata assai perché l’Aia dipende dalla Figc mica dai presidenti ai quali però si presenta sempre il conto. Servivano le parole giuste. E così, dopo aver valutato l’ipotesi di appoggiarsi alle infrastrutture di uno dei network concessionari dei diritti ma dopo aver scelto la società controllata al 40% dalla famiglia Berlusconi, ecco la Lega Serie A spiegare nel comunicato ufficiale che “è stata deliberata la costituzione, in collaborazione con la Figc, della sala Var centralizzata, progetto fortemente voluto dal presidente Gravina e dall’Associazione Italiana Arbitri”. Sintesi semplice e stringata. Spiegazione più dettagliata sul foglio presentato ai presidenti per renderli edotti della natura dell’accordo: “In conseguenza delle difficoltà di investimento rispetto alla tempistica, la Lega si è inserita in questa operazione precisando alla Figc che la compatibilità economica di questi investimenti passa attraverso la realizzazione dei costi pagati agli arbitri per le trasferte nonché dalla possibilità di sponsorizzare gli spazi all’interno della Var Rom. L’ufficio commerciale e marketing della Lega ha costruito un nuovo format di sponsorizzazione denominato Tecnology Partner per effetto del quale l’azienda che acquisterà tale format oltre a fregiarsi della qualifica godrà di brand exposure nelle grafiche televisive, di esposizione di prodotto presso il centro Var e di brandizzazione interna e esterna del centro Var con relativa qualifica alla luce degli accordi con tutte le parti coinvolte. Tale progetto ha evidentemente l’obiettivo di generare revenues addizionali al fine di coprire parte dell’incremento dei costi del progetto, come condiviso nelle precedenti commissioni diritti”. La realizzazione di una Var room centralizzata motivata “perché consentirà un efficientamento delle risorse arbitrali, una maggiore uniformità del prodotto televisivo e la percezione di un momento di trasparenza assoluta perché tutti saranno invitati a turno nella Var room”.

La sala centralizzata prevede dodici postazioni divise in salette che ospiteranno Var e Avar insieme a due tecnici video, una control room che raccoglierà i segnali video da tutti gli stadi di serie A e accanto ci sarà una area hospitality per gli addetti ai lavori, uno spazio per i collegamenti televisivi dove arbitri e dirigenti potranno spiegare episodi e decisioni prese in collegamento con le tv. EI Towers ha messo a disposizione un’area di 1200 metri quadri, trenta posti auto scoperti e tre parcheggi interni impegnandosi nella ristrutturazione e nella progettazione degli spazi con arredamenti e finiture di “elevato standard”, oltre naturalmente a fornire i servizi di connessione in fibra. Il tutto per un canone annuo di 500 mila euro più Iva, durata del contratto di sei anni con tacito rinnovo per altri sei.

Per sistemare gli arbitri nel salotto di via Zanella a Lissone, bisognava però prima aprire la porta della nuova casa tv di serie A. Serviva la chiave da mettere nella toppa, serviva trovare il centro di produzione televisivo, bisognava mettere insieme, legare, far discendere temporalmente le due proposte-offerta. Prima di quella sulla realizzazione del centro Var ecco allora quella su “Accordi con EI Towers spa per attività in esecuzione dei contratti di licenza dei diritti audiovisivi” da mettere ai voti, ai voti cinque minuti prima di quelli sulla Var. Questione al punto 5 (comunicato ufficiale 251) dell’assemblea generale convocata in via d’urgenza, punto 5 all’ordine del giorno prima del classico “varie ed eventuali” e preceduto solo da quello “su correttivo per quota abbonamenti”. In sostanza, l’unico sostanzioso punto all’ordine del giorno. Votato e approvato senza colpo ferire dai presidenti di serie A che hanno dato il via libera alla creazione di un proprio centro di produzione televisivo negli spazi di EI Towers, aggiudicatrice del contratto di fornitura per un importo di 12 milioni l’anno più Iva e della durata per sei stagioni sportive (dal 1 luglio 2021 al 30 giugno 2027) senza possibilità di recesso.

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Si legge che lo scopo del contratto è “disintermediare la filiera, razionalizzare i flussi distributivi delle partite, migliorare la qualità del segnale con la trasmissione dei match in 1080p, consentire il collegamento fisso di quattro stadi 4K UHD e il trasporto multilateral per remote production”. La produzione riguarda i contenuti audio, video e dati delle partite di campionato, della Coppa Italia e della Supercoppa di Lega. I servizi di fornitura? Pianificazione, coordinamento e controllo, trasporto HD, trasporto 4k, trasporto Var, trasporto dati, postproduzione e registrazione video, distribuzione nazionale, distribuzione internazionale, distribuzione tv locali, assicurazione, fornitura highlights alle tv private. La gestione, la responsabilità, l’indirizzo e il controllo editoriale così come la strategia commerciale e distributiva resteranno in capo alla Lega Serie A mentre a livello commerciale toccherà alla controparte “massimizzare le possibilità di diffusione e valorizzazione del canale e della raccolta pubblicitaria”. Missioni che sono una vera e propria specialità della casa per Mediaset, azionista al 40% di EI Towers, società che punta sempre più decisamente a rafforzare il proprio ruolo di principale broadcasting televisivo diventando il polo (quasi unico, si arriverebbe nell’ipotesi oltre l’80%) delle torri televisive in Italia. All’orizzonte torna l’operazione lanciata e poi bloccata sulle 2300 torri di Rai Way, operazione naufragata nel 2015 con tanto d’inchiesta per aggiotaggio (furono indagati i membri del cda tra cui l’attuale amministratore delegato), un processo di aggregazione che adesso pare più fattibile non solo perché Berlusconi adesso è al Governo ma perché nel prossimo biennio bisognerà fare i conti con il riassetto delle frequenze e perché proprio l’1 maggio si è chiusa un’altra significativa operazione. La statunitense Phoenix Tower International ha rilevato il ramo delle telecomunicazioni nel portafoglio di EI Towers (nel 2019 aveva rilevato Persidera, detenuta al 70% da Tim e al 30% da Gedi), pacchetto detenuto attraverso la controllata TowerTel spa ceduta per 535 milioni di euro alla compagnia americana che come socio forte ha Blackstone. Il Fondo F2i (con i suoi investitori) è rimasto comunque in partita: ha reinvestito parte dell’incasso acquisendo il 20% azionario e anche questa è un’altra partita da tener d’occhio perché sul piano delle telecomunicazioni e della fibra la posta è assai alta.

E il pallone? Il pallone intanto continua a rotolare. Dopo aver incassato 840 milioni l’anno da Dazn supportata da Tim (vedi qui), dopo aver valutato 250 milioni il pacchetto 2 televisivo ed esser scesa a 150, la Lega Serie A ha appena incassato da Sky 87,5 milioni l’anno per le tre partite in co-esclusiva ottenendo il ritiro dell’istanza cautelare presentata contro l’assegnazione a Dazn e si avvia a chiudere la stagione in profondo rosso con i presidenti che tutti in coro e d’accordo hanno chiesto alla Figc di far slittare i pagamenti e i versamenti delle ultime quattro mensilità sperando in un colpo ancor più grande: trasformare lo slittamento in un taglio definitivo di almeno due stipendi. I soldi non bastano mai, per quelli la porta è sempre aperta, per questo la porta ai fondi che si leghino alla media-company che ha cominciato a prender forma grazie all’accordo con EI Towers  sarà presto riaperta. Magari la promozione del Monza di Berlusconi e Galliani in serie A potrebbe accelerare il processo, favorire nuovi o vecchi accostamenti. Toccherebbe di nuovo al consorzio CVC-Advent-Fsi (Scaroni presidente del Milan è pur sempre vice-presidente di banca Rothschild, advisor del consorzio), o magari all’ex contendente Bain Capital che con 250 milioni di euro ha dato respiro all’Inter di Suning e che da un mese ha come partner imprenditoriale l’ex ad di Sky Italia Fransisco Ibarra, fratello della compagna di Gravina e adesso ad di Engineering Ingegneria Informatica spa (vedi qui) o magari chissà, a qualche fondo italiano, tipo l’F2i che grazie a Ei Towers e Mediaset (che freme per riprendere l’antico progetto di Media for Europe, riunire sotto il controllo di Fininvest tutte le attività di Mediaset del Vecchio Continente, con sede legale in Olanda, domicilio fiscale in Italia e due sedi operative, una a Cologno e una a Madrid) ha appena messo piede nell’area di rigore, in quel groviglio di antenne, in quel crocevia di affari e interessi?

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