Il calcio italiano? Wi-fi e famiglia. Di questi tempi un problema, soprattutto di connessione. Rete intasata, carente. Tv, telefonini, computer. In casa diventa una corsa, una lotta. Un’asta, a chi offre di più. Si rilancia fino a perdere il conto, si rifilano persino gomitate, si tentano sgambetti. Si sconfina oltre il tempo utile, si accettano persino scommesse. Genitori e figli, fratelli e sorelle, persino nipoti e qualche amico. No, è veramente un problema. Wi-fi e famiglia. Tutta colpa della banda. Sì, non è ancora (toppo) larga. Così il pallone non entra.
Quando due anni fa si presentò alle Regionali in Abruzzo, candidata di una lista indipendente in appoggio al candidato governatore Legnini, Francisca Ibarra disse all’agenzia Adnkronos. «Sono nata in Colombia, come ci insegna la storia il populismo non porta a nessun risultato, servono il confronto e il dialogo, è questo che alimenta una democrazia». Non fu eletta, eppure aveva ragione. Ha ragione. Il populismo non serve. Non serve in politica, non serve in economia, non serve nemmeno nel calcio. Lei fa l’infermiera, è impegnata con un’associazione sul territorio abruzzese, ha un volto pulito, è una persona pulita. Colpita però da pallonate violente e insensate, specie negli ultimi mesi. «Denuncerò chi ha infangato con dossier falsi questa campagna elettorale», ha detto il suo compagno solo tre giorni fa. Perché Francisca Ibarra è da più di vent’anni la compagna di Gabriele Gravina, appena rieletto presidente della Figc ma da mesi impegnato con un problema ben più delicato della singolar tenzone con Sibilia: come dare ossigeno al calcio italiano appesantito da 700 milioni di debiti, come assicurare proventi nonostante la recessione e la pandemia, come districarsi tra le varie offerte sui diritti tv, come favorire l’avvicinamento tra la Lega A e i fondi, come metter d’accordo venti presidenti che non sono d’accordo mai su nulla. Da presidente federale s’è speso spesso su questa proposta, sempre però trattenendo il respiro.
Direte che centra Francisca? Niente, in realtà. Solo che Francisca oltre ad essere la compagna del presidente Figc è anche la sorella di Maximo. E uno dice, chi è Maximo Ibarra? E’ un dottore in Scienze Politiche che ha cominciato la carriera in Telecom Italia Mobile nel ’94. Dopo un passaggio in Fiat e un altro in Benetton, è stato amministratore delegato di Wind Telecomunicazioni, poi ad di Wind Tre, poi Ceo di Kpn (società di telecomunicazioni olandese) e dall’1 ottobre 2019 è il Cief Executive Officer di Sky Italia. Ecco, il fratello della compagna di Gravina è l’amministratore delegato della piattaforma televisiva in questi mesi, e soprattutto in questi ultimi giorni, impegnata nella battaglia per l’assegnazione dei diritti tv triennali del calcio italiano. Impegnata a difendere un’esclusiva ventennale, sorpassata dall’offerta di DAZN: 840 milioni contro 750 sul piatto sul quale poi però ci sarebbe da aggiungere altro, senza dimenticare che il 10% va in mutualità e ad esempio Balata in B sta… ballando brutti momenti dopo le promesse pre-elettorali, affiancato da Galliani. Sorpresa poi dalla lettera d’impegno di Tim pronta ad affiancare la piattaforma rivale nel supporto tecnologico e nel sostegno economico, abbandonata da più della metà delle società di serie A, pronte a dire sì all’offerta di DAZN dopo la trattativa portata avanti dal duo Lotito–De Laurentiis che avrebbe via via raccolto adesioni sino alla virata decisa della Juve e dell’Inter e si vocifera pure del Milan. Erano pronte a votare già la settimana scorsa se non ci fosse stata la mancanza del quorum in assemblea di Lega con il presidente Del Pino ormai in minoranza e ricevuto nella stessa giornata (17 febbraio) da Gravina che l’avrebbe invitato a ripresentare l’ordine del giorno dopo l’esito elettorale confermandogli comunque la poltrona di vice-presidente federale in coabitazione con Calcagno.
Alle calcagne di Maximo Ibarra si sono però messi i vertici di Sky Group Limited, la madre anche di Sky Italia: la battaglia – rilanci, offerte, lettere segrete, minacce velate, pressioni tra rivali anche fuori tempo massimo, in fase di trattativa chiusa – è arrivata sino a Londra. L’insolito tandem DAZN-Tim ha fatto riflettere, e infastidito parecchio. Però, come recita un antico proverbio, chi la fa l’aspetti. E già, perché l’ingresso sul campo di Tim si spiegherebbe con la scelta di Sky di fiondarsi nel settore delle telecomunicazioni con il lancio di Sky-Wifi. Un’invasione che ha provocato la decisione presa dai vertici di Telecom Italia. Dici Telecom e pensi al direttore generale e amministratore delegato, il napoletano Luigi Gubitosi, per vent’anni manager di primo livello alla Fiat, membro del consiglio di amministrazione e amico della famiglia Agnelli. Da tre anni è al timone della principale azienda italiana di telecomunicazioni, membro del consiglio di amministrazione di Tim in quota Eliott, cioè il fondo proprietario del Milan. «La piattaforma satellitare è obsoleta un po’ in tutto il mondo. E anche in Italia». Due frasi come due frecciate, tirate ieri l’altro in occasione della conference-call nel corso della presentazione dei conti della semestrale. Al colpo niente male se n’è aggiunto poi un altro. L’annuncio dell’ingresso nel consiglio di amministrazione di Gorno Tempini, il presidente della Cassa Depositi e Prestiti, controllata dallo Stato. Un’altra mossa che ha spazientito, infastidito, preoccupato. Che ha fatto infuriare i vertici di Sky Group Limited, tanto che a Milano è arrivato al duo Del Pino-De Siervo un affondo assai tagliente.
L’ultima parte della lettera recita così: “Nell’interesse dei milioni di tifosi italiani, siamo convinti che sia estremamente importante che la Serie A venga distribuita su tutte le piattaforme e sul più ampio numero di devices possibile, in modo che ogni tifoso possa godere dello spettacolo nel modo che preferisce. Per questo chiediamo alla Lega di verificare che non vi siano vincoli di alcun tipo alla distribuzione della Serie A su alcuna piattaforma o device, comprese quelle di Sky”. Sky scrive, adombra insidie sulla libera concorrenza, e DAZN replica, a stretto giro di posta. Ancor più tagliente. “La possibile acquisizione dei diritti tv per le prossime tre stagioni da parte di DAZN, rappresenterebbe un’importante occasione per l’apertura del mercato della pay tv e sarebbe inoltre, l’occasione per l’accelerare in modo deciso il processo di digitalizzazione e ammodernamento del Paese”. Una bella stoccata, chiusa con il solito pensiero alle famiglie italiane che diventa l’affondo deciso alla concorrente, di recente multata. “Appare particolare la preoccupazione espressa circa una penalizzazione dei tifosi che, si dice, non avrebbero più garantita una pluralità di visione, considerando che il mercato del calcio è storicamente caratterizzato da un soggetto dominante come anche emerso dalle recenti decisione di AGCM”. Lettere e risposte, mentre il pallone rotola, e le società boccheggiano, pronte a tutto pur di incassare qualcosa.
Sky che si sussurra sarebbe pronta ad aumentare l’offerta trattando sui diritti d’archivio e soprattutto nel proporsi come partner del canale di Lega, altro progetto passato tra le mani del duo Lotito-De Laurentiis e per il quale il patron napoletano prevede una proposta tv come quella della Liga: le dieci partite spalmate in due giorni, ogni due/tre ore. Un progetto al quale si è appena iscritto persino Andrea Raddrizzani, patron italiano del Leeds e proprietario della società Eleven Sports che trasmette attualmente le gare di Lega Pro, l’ex Lega di Gravina ora nelle mani dell’umbro Ghirelli: avrebbe messo sul piatto 110 milioni l’anno per la realizzazione del canale di Lega.
Un’idea che volteggia nell’aria, insieme all’interesse di un’altra famiglia italiana, quella di Mediaset pronta ad acquisire il pacchetto delle tre gare non in esclusiva. Perchè il calcio è pur sempre un affare. Un affare di famiglie. Come finirà? Chissà, probabile anche che si vada a carte bollate, probabile assai che arrivi una fumata nera dall’assemblea di Lega A (riunione in video, causa focolaio Covid, si dovrebbe votare anche per il consigliere di Lega indipendente dopo il quasi pari precedente tra Conti e Blandini, magari risalta fuori Abete) che dovrebbe esprimersi con una maggioranza di quattordici voti. Il fronte sarebbe ancora spaccato, c’è chi non si è arreso come Cairo al discorso dei fondi, c’è da capire come il duello DAZN-Sky possa regalare al calcio italiano un’altra sopraggiunta cascata di milioni di euro. Immeritati, visto lo spettacolo. Alla fine si metteranno d’accordo, il calcio è pur sempre un affare di famiglia, loro dicono un bene per le famiglie. Già, almeno migliorassero il saltellante segnale wi-fi.
Castelli di sabbia, 27