Ibarra lascia Sky e si lega a Bain, si riapre la partita dei fondi nel calcio

Eliminato lo spettro Superlega, il sistema cerca risorse. Il piano di Gravina e Dal Pino e l'ipotesi di un gruppo che aveva conteso a Cvc l'ingresso in Lega

Tre giorni a discutere di Superlega, tempestati da comunicati notturni, sepolti da dichiarazioni h24, ridestati e rintronati da altri comunicati, sempre in piena notte. E poi tre giorni pieni a discettare e litigare, prima a dividersi e poi a ricomporsi: il pallone dei ricchi, il pallone dei sognatori, il pallone dei tifosi. “Ce ne andiamo”. “Vi cacciamo”. “Scusate abbiamo sbagliato, noi restiamo”. Preso da calci e rinvii, dopo gol e autogol il pallone però torna sempre a metà campo. Pronto a ripartire, basta un fischio. Un vecchio adagio recita: non è mai finita fin quando non è finita. A volte poi le partite si decidono al 90’, a volte si ribaltano risultati ai supplementari, qualche volta ai rigori. Sull’orlo dell’eliminazione, è proprio in quel momento che dietro l’angolo spunta la sorpresa. A volte basterebbe leggere nelle pieghe d’una sfida, almeno riflettere sull’inerzia d’una contesa.

Come a volte, basta leggere fra le righe d’un comunicato. Come questo, a uso aziendale interno, firmato da Stephen van Rooyen, il vice presidente esecutivo e amministratore delegato di Uk & Europe Sky. «Vi scrivo per informarvi che Maximo Ibarra ha deciso di lasciare Sky per affrontare una nuova sfida professionale». Il comunicato sarebbe arrivato sulle caselle mail di dirigenti e dipendenti nella tarda serata del 20 aprile, proprio nelle stesse ore in cui il Liverpool e le altre inglesi battevano in ritirata abbandonando nella culla la Superlega di Perez e Agnelli. La conferma che Ibarra avesse poi abbandonato la poltrona di amministratore delegato di Sky Italia sarebbe arrivata a stretto giro di posta. Sempre con un comunicato, stavolta diffuso in forma ufficiale. “Engineering Ingegneria Informatica comunica che l’assemblea degli azionisti del 29 aprile sarà chiamata ad approvare il bilancio d’esercizio 2020 e a ratificare la nomina di Maximo Ibarra in qualità di Designeted Ceo. Gli azionisti e il CdA di Engineering Ingegneria Informatica accolgono Ibarra con entusiasmo anche per il duplice ruolo che assumerà: oltre a divenire Ceo, sarà anche partner dei fondi azionisti Bain Capital e Neuberger Berman, avviando così un percorso imprenditoriale”.

Dopo aver smentito l’abbandono di una nave in balia dei conti di bilancio dopo la sconfitta nella contesta con DAZN sui diritti tv triennali, venti giorni dopo Maximo Ibarra in persona avrebbe chiuso il cerchio, così. Con un altro comunicato stampa. «Sono entusiasta di entrare in Engineering, campione italiano della digital transformation e dello sviluppo di soluzioni software e piattaforme proprietarie per il mercato entreprise. Metterò a disposizione le mie competenze non solo in qualità di CEO, ma anche come imprenditore in partnership coi fondi di investimento coinvolti». Uno pensa, è finita. E se invece fosse appena iniziata? E cosa mai c’entra col pallone italiano?

Tutto nasce dalla digitalizzazione. Engineering Ingegneria Informatica SpA è un gruppo specializzato nello sviluppo di software e nelle tecnologie al servizio d’imprese pubbliche e private: sede centrale a Roma, 65 punti Italia-estero, quasi 12mila i dipendenti. In costante crescita per ricavi e utili (1,3 miliardi di euro è il fatturato nel 2019) è controllato dal fondo Bain Capital Private Equity, l’azionista di maggioranza; un altro fondo vi compare come secondo azionista, ovvero la NB Renaissance Partners. Nomi sconosciuti nel palazzo del calcio? Mica poi tanto, se appena qualche mese fa in cordata contendevano a un’altra l’accordo con la Lega A per la creazione di una media company che gestisse e commercializzasse i diritti audiovisivi e commerciali: il fondo vincitore, acquistandone una quota (10%), avrebbe così immesso liquidità nelle casse asfittiche delle società. In autunno i litigiosi presidenti scelsero però all’unanimità la proposta formulata dalla cordata CVC-Advent-Fsi.

La corda però nel corso dei mesi si sarebbe logorata, sino a spezzarsi a inizio primavera. Niente accordo finale, nessuna stipula, zero soldi: finita a carte stracce, tra accuse e baruffe, veti, divieti veleni e sospetti incrociati. Sette società (Atalanta, Fiorentina, Inter, Juventus, Lazio, Napoli e Verona) che chiedevano di scindere la questione diritti tv dalla media-company, nove contrarie e due nel limbo. Assemblee saltate e deserte, appelli all’unità e accuse velenose. Un far west finito a colpi di ricorsi e carte bollate, con un gruppo di club che contesta la gestione (gli avvocati ipotizzano una mala gestio riservandosi di agire nelle sedi competenti per l’accertamento delle responsabilità) Dal Pino chiedendo le dimissioni del presidente di Lega A e vice di Gravina in Figc: il rieletto presidente federale sempre più bersaglio grosso, sempre più nel mirino pochi giorni dopo la rielezione. Accusato di avere una posizione troppo sbilanciata a favore dell’ingresso dei fondi, considerata come quasi un’ingerenza indebita nelle questioni della Lega.

Ingresso dei fondi – a rileggerle adesso le vicende sono ancor più nitide – che avrebbe impedito a Juve, Milan e Inter di entrare nella Superlega: costrette a pagare penale pesantissima, coi fondi che avrebbero salutato così la serie A. Un progetto osteggiato poi da altri presidenti – Lotito e De Laurentiis – perché sarebbe venuta meno l’autonomia organizzativa e gestionale. Nel prossimo consiglio federale (lunedì 26 aprile) Gravina tornerà a battere su un punto: evitare l’impasse nelle Leghe, abbassare il quorum nelle votazioni. Si riparlerà anche di soluzioni per “aiutare” il sistema calcio italiano. Eliminato il pericolo Superlega, cristallizzata una situazione di sofferenza economico-finanziaria, sotto inchiesta Covisoc i movimenti di club come Juve e Inter, si tornerà – magari sotto sotto – a parlare dell’ingresso fondi? Molti club puntano all’accelerata, il campo adesso sarebbe libero. Nel caso, si ripartirebbe dalla bozza stipulata con CVC-Advent-Fsi o altri tornerebbero in lizza, riformulando le proposte? Domande che si legano a una considerazione.

La scelta del consorzio guidato da CVC avvenne in base alla superiore valutazione della quota (1,65 miliardi di euro contro 1,335 miliardi per il 10%) e maggiore liquidità garantita subito, e perché nel gruppo c’era una componente (Fsi) italiana. Eppure la proposta del duo Bain Capital-Nb Reinassance piaceva a molte società per molti aspetti, quattro in particolare. Valutazione economica della futura media company; minimo garantito; modalità di distribuzione del prezzo; exit dei fondi dalla media company. Inoltre la “distribuzione del prezzo di CVC” sarebbe stata soggetta a contestazioni perenne da parte delle squadre di B promosse in A, mentre per quella di Bain gli importi di competenza di promosse e retrocesse sarebbero state gestibili mediante il meccanismo del “paracadute”, evitando così problemi con la serie B che guidata da Galliani (Monza) s’era rivolta allo studio Chiomenti (lo stesso al quale i 7 club tra cui il Milan hanno chiesto la testa di Dal Pino) per evitare discriminazioni nella ripartizione del prezzo.

Il gruppo guidato da Bain Capital poi non avrebbe posto clausole e penali sul passaggio della serie A da 20 a 18 club. Una questione, anche questa, all’ordine del giorno, visto che Gravina punta deciso alla riforma dei campionati. Per dare ossigeno alla “famiglia calcio” bisognerà però trovare soprattutto risorse, aprire portone e finestre del Palazzo. La costituzione della media company e la cessione di una quota ai fondi di private equity resta la strada principale. Un punto che porta a un interrogativo, ricavato nelle pieghe delle parole usate da Maximo Ibarra nel salutare la sua nuova avventura. Amministratore delegato di Engineering e «imprenditore partner dei due fondi proprietari, Bain Capital e Reinassance». Proprio, ma sarà solo un caso, i due fondi che fino a qualche mese fa erano pronti a entrare nel calcio italiano e che adesso avrebbero come partner un soggetto italiano per poter riprsentarsi con un’arma in più. Chissà. E se fosse proprio questa la nuova avventura di Ibarra, rientrare nella “famiglia calcistica” sotto una nuova veste? Interrogativo capzioso, forse. Ma dicono tutti che il calcio italiano è per le famiglie, in fondo il calcio italiano come plasticamente dimostrato nella battaglia sui diritti tv (vedi qui) par pur sempre una questione di famiglie. Maximo Ibarra lo sa bene, l’ha imparato da (ex) ceo di Sky Italia: il calcio in italia è questione di Stato. È di origine colombiane ma è italiano e fratello di Francisca, compagna da più di vent’anni di Gabriele Gravina. Il presidente federale che ai fondi non ha smesso mai di pensare. «Quello dei fondi è un argomento complesso: si ispirano alla pura finanza, ma al centro deve esserci sempre la valorizzazione del prodotto. Però dopo un anno di approfondimenti sarebbe un peccato mandare tutto all’aria», aveva detto quando la votazione era sul tavolo. Infastidito da illazioni e accuse, aveva ribadito poi solo sabato scorso, in un’intervista a “Il Corriere della Sera” dell’editore Urbano Cairo. «È una questione di cui non mi sono mai occupato e lo dico con forza. Come presidente federale ero e resto imparziale. Trovo per questo disonesto, oltre che ridicolo, il bisbigliare di qualcuno sul fatto che il mio intervento sia mirato ad accelerare la questione». Già, la questione. La questione è che aveva proprio ragione Boskov: la partita è finita solo quando arbitro fischia.

 

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