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Figc nel pallone, il dossier Chinè va a Draghi

Interrogazione al Senato sul doppio ruolo: il procuratore federale è anche capo Gabinetto del Mef. L'ipotesi di incompatibilità e un'omissione negli atti

Anni fa un blitz delle Iene svelò l’impensabile, una maxi-evasione al Ministero dell’Economia e Finanze. In un’ala del palazzo gestita dal Craal si vendeva di tutto senza l’emissione di uno scontrino: fosse stato ancora in vita, Quintino Sella si sarebbe portato via la sua scrivania. La stessa scrivania che un giorno fece dire a Tremonti, ai tempi del governo Berlusconi e delle (s)vendite di Stato: “Possiamo dare via tutto, tranne questa scrivania”. La scrivania del ministro delle Finanze passato alla storia (sono passati oltre 150 anni) perché capace di portare l’Italia al pareggio di bilancio davanti alla protervia dei furbi. «Chi froda è ladro e bugiardo» è una frase che riecheggia ancora. Il Ministero delle Finanze da anni è accorpato a quello dell’Economia, si chiama Mef e dietro la scrivania (figurativamente, è cimelio che tutti si son guardati bene dallo sfiorare) siede il bellunese Daniele Franco, ex Ragioniere dello Stato, ex direttore della Banca d’Italia da cui proviene anche il presidente del Consiglio Mario Draghi. Sulla scrivania di entrambi da qualche giorno è arrivata un’interrogazione parlamentare a risposta scritta. Si chiama “atto di sindacato ispettivo”, a Palazzo Madama è stato protocollato con il numero 4-05460, è a firma dei senatori del “Gruppo Misto” Elio Lannutti, Luisa Angrisani e Margherita Corrado.

Il conflitto d’interessi è requisito? Non è più causa d’incompatibilità? E se anche fosse, l’omissione d’un incarico nelle dichiarazioni “d’insussistenza di cause di inconferibilità e di incompatibilità” e in quella per l’assolvimento degli obblighi di trasparenza, può essere motivo di dimissioni, o quantomeno di provvedimenti? Presidente Draghi e ministro Franco, voi ne eravate quantomeno a conoscenza? Voi cosa pensate di fare? Una serie di domande per spezzare una lunga melina perché le domande rimbalzano da mesi senza aver ancor ricevuto neanche una risposta. Nel silenzio in via Allegri, sede della Figc, nel silenzio in via XX Settembre dove ha sede il Ministero dell’Economia. Lì dove dal 16 febbraio lavora Giuseppe Chiné, nominato capo di Gabinetto del Mef proprio dal ministro Daniele Franco che l’ha quindi scelto come suo braccio destro. Calabrese di Bovalino, laureato in Giurisprudenza, il 53enne Consigliere di Stato è stato capo dell’ufficio legislativo del ministero dell’Economia con Tremonti (di cui è stato per due anni anche consigliere) e confermato nei governi Monti e Letta, poi ancora capo di Gabinetto al Ministero della Salute durante il governo Gentiloni e dell’Istruzione nel Conte I. È dunque tornato alla base in via XX settembre a lavorare per il neo ministro Daniele Franco: si conoscono e si stimano da anni. Da anni, precisamente dal 2004, Giuseppe Chiné è però anche nell’ufficio inchieste della Federcalcio. Dall’1 dicembre 2016 è membro della Procura Figc, il sempre più potentissimo organo federale da cui passano i destini di squadre, società, dirigenti e tesserati. Il consiglio federale sotto l’egida di Gabriele Gravina il 10 dicembre 2019 inoltre lo nominava “procuratore federale aggiunto con funzioni vicarie” e il 18 dicembre dello stesso anno, in relazione alle dimissioni presentate dal Capo della Procura Giuseppe Pecoraro l’11 dicembre (cioè il giorno dopo la nomina di Chiné ad aggiunto e vicario), gli affidava il “coordinamento” della Procura in ragione della scadenza del mandato dell’intero Ufficio fissato al 30 agosto 2020, con prestazioni – come da comunicato 88/A rinvenibile sotto la voce “Federazione trasparente” – a titolo gratuito e rimborso spese forfettario. Nota a margine: il 30 agosto 2020 è finito il mandato ma non s’è provveduto alle nuove nomine. Dal che uno penserebbe: ma allora tutti gli atti della Procura Federale – dal caso Suarez al caso tamponi Lazio, dalla bestemmia di Buffon al caso Juve-Napoli-Asl – alcuni aperti e chiusi alla velocità di un ghepardo non senza scossoni e altri affrontati (i maligni scriverebbero affossati) con la stessa velocità di un bradipo – sarebbero illegittimi? Qui però la risposta è arrivata sebbene tardiva, magari persasi nei meandri di una vasta, dettagliata e corposa comunicazione sul sito ufficiale Figc: l’Ufficio ha (avrebbe) agito in deroga. Una deroga che comunque terminerà il 30 giugno del 2021, cioè tra un mese.

CHINÈ
Giuseppe Chinè, procuratore capo Figc e capo Gabinetto del Mef

Perché dall’1 luglio entrerà in funzione il nuovo Ufficio della Procura Federale, nominato dal consiglio federale del 26 aprile 2021, cioè nella riunione in cui la Figc ha fissato nuovi paletti come le norme anti-Superlega e quelle per l’ottenimento delle licenze nazionali, che ha fissato nuovi criteri sulla trasparenza e sulle multiproprietà, che ha approvato il bilancio della Federcalcio Servizi srl nominando i nuovi consiglieri (Luca Perdomi, Francesco Ghirelli e Mauro Grimaldi), e che, dopo aver affrontato il problema del contenimento dei costi sottolineando una serie d’interventi, aiuti, richieste, deroghe, slittamenti e provvedimenti economici e finanziari formulati (alcuni già ottenuti) al Governo, ha stabilito i nuovi compensi per le cariche federali portando ad esempio il modesto compenso del presidente federale da 36mila euro lordi ai 240mila euro lordi da sommarsi poi alle indennità dovute in qualità di vice-presidente dell’Uefa. Ma questa è un’altra storia, un altro conto. Invece come da comunicato 226/A, su proposta del presidente Gravina il consiglio federale ha nominato come nuovo procuratore Figc Giuseppe Chiné, confermato dunque nell’incarico senza più però quella fastidiosa dizione di “aggiunto e vicario” che scadrà con la deroga, ruolo che continuerà a svolgere insieme a quello di Capo Gabinetto del Ministero del Mef assunto dal 16 febbraio 2021. Privato e pubblico, le sfere sarebbero differenti, a meno che.

A meno che l’interrogazione a risposta scritta presentata pochi giorni fa (nel quasi silenzio) dai tre senatori non trovi risposte differenti dal presidente Draghi e dal ministro Franco. Scrivono, si chiedono e chiedono, Lannutti, Angrisani e Corrado.

Premesso che gli organi di giustizia istituiti presso le federazioni sportive hanno, a giudizio degli interroganti, una natura pubblicistica e, secondo le norme statutarie del CONI e delle federazioni sportive, agiscono nel rispetto dei principi di piena indipendenza, autonomia, terzietà e riservatezza; tra gli organi di giustizia della Figc vi è il Procuratore federale, incarico svolto dall’attuale capo di Gabinetto del ministro Franco, nominato con decreto ministeriale del 16 febbraio 2021; considerato che dal giorno della nomina, il capo di Gabinetto del Ministero dell’Economia e delle Finanze è stato collocato fuori ruolo dal Consiglio di Stato, ma, per quanto consta agli interroganti, ha svolto le funzioni di procuratore federale della FIGC, in assenza del titolare, firmando oltretutto in tale veste rilevanti atti processuali idonei a generare notevoli conseguenze economiche per la stessa federazione e per le altre parti, tra cui il deferimento al Tribunale federale nazionale n. 9086/304 pf20-21 GC/bip del 16 febbraio 2021; nella dichiarazione sostitutiva rilasciata il 16 febbraio 2021, circa l’insussistenza nei propri confronti delle cause di inconferibilità e incompatibilità non ha indicato, come avrebbe dovuto a giudizio degli interroganti, l’incarico allora e ancor oggi svolto presso la Figc, dichiarando invece di non svolgere incarichi o essere titolare di cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione, né di svolgere attività professionali, o presso enti pubblici o privati, oltretutto omettendo di dichiarare eventuali compensi ricevuti quale procuratore federale della Figc, si chiede di sapere: se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa; quali iniziative urgenti intenda assumere, per quanto di propria specifica competenza, al fine di tutelare e garantire la separazione tra le funzioni di governo e quelle di organo della giustizia sportiva; se, alla luce dei fatti e delle valutazioni riportati in premessa, sussistano ancora i requisiti di affidabilità e correttezza necessari per assolvere l’incarico di capo di Gabinetto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, tanto più nel presente momento storico di gestione dell’emergenza economica (in particolare del “Recovery Plan”)”.

L’interrogazione finisce con il Recovery Plan, nella cifra monstre oltre 700 milioni di euro sono stati stanziati per lo sport e per il calcio in particolare, anche con il decreto sugli impianti sportivi che ha richiamato l’attenzione degli investitori esteri così presi dallo sgonfio pallone italiano, così come il “decreto Crescita” attraverso il via libera dell’Agenzia dell’Entrate ha consentito ai club di attirare campioni con ingaggi monstre. Dalla politica, dal Governo e dunque anche dal Ministero dell’Economia e Finanze passa il presente e il futuro del calcio, appiedato adesso sì dalla crisi post-Covid ma azzerato da anni per scelte inadeguate dei propri dirigenti e di chi avrebbe dovuto vigilare, sorvegliare, intervenire. Sono mesi che i club, la Lega Calcio e la Figc chiedono interventi, aiuti, sostegni. I bilanci sono in profondo rosso, molti a rischio default. Una bomba a orologeria, a meno che non la si disinneschi. «Lo sport e il calcio sono una questione di interesse nazionale», ha detto più volte proprio Gravina che è il presidente federale e che quindi è pure il capo del procuratore federale Giuseppe Chinè. Dal decreto “sostegni” (50 milioni) e dal “sostegni bis” (180 milioni) sono arrivati una pioggia di milioni alle società, ultimi in ordine di tempo ben 55 come rimborso per le spese sui tamponi. Servono però altri corposi interventi per tamponare le falle perché la barca azzurra fa acqua da tutte le parti. Solo la serie A ha oltre 700 milioni di perdite, la partita sui fondi è stata bloccata, serve ossigeno e serve pure subito. Ossigeno come quello arrivato grazie a interventi e aiuti statali: il credito d’imposta, lo slittamento nel pagamento degli stipendi (si preme ancora sul taglio almeno di due mensilità), il rinvio e lo slittamento delle scadenze per il pagamento e il versamento degli oneri fiscali e contributivi. Questioni di rilievo, come la richiesta del fondo “Salva calcio”, questioni che finanziariamente e economicamente dipendono dalle scelte e dalle decisioni dello Stato, del Governo, del Ministero dell’Economia e Finanze, insomma dal palazzo dove il procuratore federale Chiné è capo di Gabinetto, il braccio destro del ministro Daniele Franco. Basterebbero altri due banalissimi esempi a spazzare via i dubbi almeno sui motivi di opportunità che mal legano il ruolo di capo di Gabinetto del Mef e capo della Procura federale: mesi fa la Figc ha accordato, previo assenso delle Agenzie delle Entrate, il differimento del pagamento dell’Irpef ad alcune società in difficoltà, tra di queste il Genoa. E ancora: solo dieci mesi fa si è scoperto come da dieci anni la Figc non paghi l’Imu su Coverciano, l’immobile della federazione è in provincia di Firenze ma evidentemente considerato come un bene nella Città del Vaticano.

È invece di proprietà al 100% del Ministero dell’Economia e Finanze la società partecipata “Sport e salute”, la società cioè che distribuisce i contributi pubblici alle Federazioni sportive e che in questi anni e soprattutto in questi mesi di milioni ne ha girati alla Figc che come tutte le altre federazioni sportive è un’affiliata del Coni che è un Ente pubblico. Intanto Gravina e il consigliere giuridico (deus ex machina si diceva un tempo) Giancarlo Viglione si tengono stretti Chiné. Se nessuno dice niente.

Però. La Figc è ente pubblico o privato? Come bisogna considerarlo? Il tema è dibattuto, lungo e complesso. Di certo i riflessi del pallone italiano sono pubblici, come gli interventi a sostegno. Di certo anche la giurisprudenza dibatte a lungo pur senza aver mai sciolto compiutamente la complicata matassa. La Figc è un organismo di diritto pubblico? La domanda è arrivata qualche mese fa dinanzi alla Corte di Giustizia U.E. (Sez. IV, 3 febbraio 2021, cause riunite C 155/19 e C 156/19, presidente Vilaras, Relatore Šváby), rimessa con ordinanza del Consiglio di Stato, (sez. V, 12 febbraio 2019, n. 1006) che aveva in particolare chiesto di chiarire (causa tra Figc e la Vellis Servizi Globali srl) se la Figc soddisfi il requisito della direttiva 2014/24, secondo cui per «organismo di diritto pubblico» s’intende qualsiasi organismo che sia stato istituito per soddisfare specificatamente esigenze d’interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale.

Pubblico o privato? Pubblico e privato? Al di là della natura giuridica della Figc, e al di là dunque del doppio ruolo del consigliere di Stato Giuseppe Chiné e sui motivi almeno di opportunità che lo tengono su due poltrone in due stanze separate in due palazzi separati eppure specie in questi mesi ruoli, poltrone e palazzi mai così vicini, la questione posta nell’interrogazione dai tre senatori è anche e soprattutto un’altra. “Se non c’è conflitto, perché nella specifica dichiarazione sostitutiva presentata all’atto della nomina a capo di Gabinetto del Mef non c’è traccia dell’incarico in Figc?”. E già, perché come si può facilmente rinvenire nella documentazione pubblicata sul sito del Mef alla voce “Informazioni ai sensi del D. Lgs. 33/2013”, nella “dichiarazione di insussistenza di cause di inconferibilità e incompatibilità”, consapevole delle sanzioni penali previste in caso di dichiarazioni false o mendaci, il consigliere di Stato Giuseppe Chiné ha dichiarato il 15 febbraio scorso l’insussistenza di queste cause, di non essere titolare di alcun incarico con oneri a carico della finanza pubblica, di svolgere “presso enti pubblici e privati e di percepire i relativi compensi” solo in qualità di giudice tributario presso la Commissione di Giustizia tributaria e di non svolgere incarichi o essere titolare di cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione. Nessun accenno dunque all’incarico di Procuratore Capo in Figc, circostanza almeno singolare se si pensa che Gerardo Mastrandrea, giudice sportivo della serie A è anche capo ufficio del coordinamento legislativo proprio del Mef e che nella sua dichiarazione sugli incarichi compare anche quella in Figc.

La domanda dei tre senatori è rivolta al presidente del Consiglio Mario Draghi e al ministro Daniele Franco: eravate a conoscenza del doppio incarico di Chiné? Il doppio ruolo è compatibile? È quantomeno opportuno che il capo di Gabinetto del Mef mantenga incarichi in un Ente che da mesi chiede e ottiene aiuti, sostegni, soldi? L’omissione nella dichiarazione è solo frutto di una svista, di un errore involontario, di una classica scivolata sulla buccia di banana sempre dietro l’angolo? Basterebbe saperlo, tanto più che proprio in questi giorni il Procuratore federale Giuseppe Chiné deve affrontare anche il vento di uno spiffero insidioso: sono solo voci quelle di un esposto alla Commissione Federale di Garanzia Figc nel quale gli viene contestata la consegna a terzi di materiale e documenti coperti dal vincolo di riservatezza come prescritto dall’articolo 34 comma 3 lettera d) dello Statuto Figc? Materia di politica federale.

Sul doppio ruolo, sull’omissione dell’incarico in federazione e sulla compatibilità delle responsabilità, sul conflitto insomma, dovranno invece rispondere il Governo e il Mef. Magari Draghi e Franco faranno ricorso anche loro alla Var: la posizione di Chiné è in fuorigioco? La scrivania di Quintino Sella è lì che li osserva.

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