C’è un alieno sul pianeta Terra. C’è un extraterrestre sul pianeta degli umani e la Terra – milioni di storia e migliaia di avvistamenti infondati – se n’è accorta soltanto oggi. Erano le ore 12.20 a Tokyo, era quasi l’alba in Europa. L’alieno prima ha osservato il cielo, come se cercasse un segnale da altre galassie, poi ha toccato la pista dello stadio olimpico come fosse una piuma, quella pista che appena due giorni prima aveva visto sfrecciare un italiano, il più veloce sui cento. Una cosa mai vista. Una cosa mondiale, però.
Lui però non è di questo mondo. Arriva da chissà quale tra le mille galassie, chissà da quale stella celeste. È un extraterrestre che sta per squarciare il Pianeta, come squarcirà 45 secondi dopo la canotta che indossa, strappandosela come fosse un Hulk qualsiasi. Come un ostacolista qualsiasi, alla chiamata sui blocchi si dà prima un ceffone sulle guance bianche e rotonde, poi agita i pugni, infine emette un urlo. Il momento è arrivato. Si allunga, distende le leve, piega le braccia. Attende lo sparo. Quando lo sparo arriva, è già lontano. Imprendibile. Irraggiungibile. Lanciato in un’altra dimensione. L’immagine che resterà per sempre di queste Olimpiadi.
Al secondo ostacolo ha già cinque metri di vantaggio. Prima che gli occhi dei milioni di spettatori che assistono alla finale olimpica dei 400 metri ostacoli si riprendano dallo sparo, l’extraterrestre è già quasi in curva. A duecento metri dal traguardo. All’appuntamento con l’impossibile. Lì dove il tabellone dice 45 secondi e 94 centesimi. Impossibile. Non è possibile. Non ci crede nemmeno lui, l’alieno.
“Non è vero, non è possibile. Non è una cosa possibile. Non è credibile quello che abbiamo visto”, dice il commentatore di Eurosport quando in Italia le lancette segnano le ore 5,20. “45 secondi e 94 centesimi, non è un tempo pronunciabile”, riesce a dire Francesco Panetta, l’ex campione mondiale dei tremila siepi e ora commentatore delle gare di atletica su Eurosport. Anche lui è senza parole. “Francesco svegliami, perché questo è un sogno”, gli fa chi gli sta accanto. Senza poter dire altro. E che cosa vuoi dire di più? Come si fa? Impossibile.
Chi è allo stadio, chi è davanti alla tv, chi ha corso insieme all’extraterrestre: tutti si stropicciano gli occhi mentre l’alieno si strappa la canotta, beve un sorso d’acqua, stringe le mani complimentandosi con chi ha corso con lui. Con chi ha corso una gara impari. Contro un alieno. Una gara mai vista. I 400 ostacoli chiusi sotto i 46 secondi, i tempi dei primi cinque avrebbero vinto qualsiasi Olimpiade, Mondiale, Europeo. Qualsiasi gara di questo Pianeta, in ogni tempo. Non questa però.
Questa l’ha dominata un 23enne nato a Ulsteinvik, un paesino di seimila anime appoggiato a uno splendido fiordo norvegese, questa l’ha sbriciolata un ragazzo che durante il lockdown per passare il tempo tra un ostacolo e l’altro con i Lego s’era divertito a costruire il Tower Bridge, l’Old Trafford, una Porsche e il castello di Disney. Un ragazzo che l’1 luglio 2021 – un mese fa – aveva abbattuto il record mondiale maschile su pista più longevo. Con 46” e 70 aveva abbassato il limite di Kevin Young, primato che durava da ben 29 anni. Lui quel giorno non era nemmeno nato. «It’s older than me»: solo questo era riuscito a dire nel momento che sembrava già storia. Già eterno: un ragazzo norvegese che mandava al macero Kevin Young, la pantera nera che aveva cancellato il signore degli ostacoli. Edwin Moses, soprannominato The Man. C’è solo lui, adesso. E ci resterà per sempre. Karsten Warholm. L’alieno.