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Unbelievable, l’Italia del basket che ha scioccato il Mondo

Gli azzurri che eliminano la Serbia negli ottavi dell'Europeo coi canestri di Spissu e la guida di Melli. Le frasi di Pozzecco e gli occhi ammirati del pubblico

Unbelievable urla il telecronista del circuito internazionale Fiba, nel corso della diretta: Fontecchio ha appena murato Jokic e, lieve e leggero come una libellula, ha dispiegato le ali volando a canestro. Venti metri e più coperti in tre secondi e spicci di centesimi.

Nemmeno un centesimo. Un secondo prima del fischio d’inizio non ci sarebbe stato uno a scommettere almeno un centesimo sulla vittoria di Azzurra contro i giganti e le stelle serbe. Nemmeno un centesimo neppure dopo i primi due quarti, nel corso dei quali l’Italia era stata prima doppiata dalla Serbia e poi, arcigna e concentrata, coraggiosa e indomita, s’era tenuta in linea di galleggiamento, recuperando punto su punto, eppure ogni sforzo mortificato appena Jokic o Micic accendevano il proprio talento nell’Mercedes Benz Arena, sugli spalti a seguire la sfida il padrone di casa e dei cieli Dirk Nowitzski, i ct e i giocatori delle altre nazionali. Eppure sul volto del fuoriclasse tedesco, su quelli di Itoudis e Collet ad esempio, si notava lo stupore e la meraviglia ad ogni giocata azzurra. Come se sapessero, come se intuissero che quella sfida così impari potesse improvvisamente svoltare. Magari accesa da una miccia.

Quattordici minuti e 43 secondi dalla sirena. L’Italia è a -4, Pozzecco prende il secondo tecnico. Stravolto, spossato, come fosse uscito da una notte di ubriacatura folle, deve lasciare la panca. Da consumato attore pare rubare la scena. E invece ha appena indossato il camice dello psicologo. Abbraccia e dà una pacca sulle spalle a tutti suoi giocatori mentre nell’Arena c’è chi fischia, chi lo insulta, chi l’applaude. Chiama a sé lo staff tecnico, stringe la mano a Pesic, strizza l’occhiolino a Jokic, poi Spissu lo bacia, dolce. Marco è stato il suo giocatore a Sassari, pare il suo clone. Piccolo, veloce, mortifero da tre. Eppure in azzurro non è mai stato il tamburino sardo visto a Sassari. Anche nella sera contro la Serbia ha sofferto e patito. Fin lì, fino a 14 minuti e spicci dalla sirena finale. Gli ultimi 14 minuti sarebbero invece un film da girare e raccontare. Cinque su 6 da tre, tre bombe di fila, i telecronisti in tutte le lingue urlano soltanto, “Spissuuuuuu”. Lui segna e sorride, sorride e si schernisce mentre i compagni gli battono sulla testa. Non ci crede nemmeno lui, lui che a 15 anni tornò a casa con una nota della professoressa destinata ai genitori. “Marco non segue la lezione, pensa solo al basket”. Dodici anni dopo eccolo lì a imbucare la retina, a smazzare assist, a rubare palloni, a saltare sopra i giganti slavi. A raccontare la meravigliosa favola che è il basket, uno sport straordinario nel quale conta lo strapotere fisico ma se non hai lucidità, intelligenza e visione sei condannato a perdere, anche contro chi non è stella purissima piena solo di talento, ego e individualismo.

Basterebbe riguardarsi la partita di Nicolò Melli per capire cosa sia il basket, come si giochi a pallacanestro. «Per me è il giocatore più forte del mondo perché è il più intelligente», dirà ormai stravolto e afono Gianmarco Pozzecco in conferenza stampa a fine partita. Quando l’impossibile era diventato realtà. Un’impresa diventata Storia. Consumatasi in una notte folle, ben riassunta nel titolo de L’Equipe sull’impresa di Azzurra. “La follia italiana”.

Folle come il balzo del Poz che salta sopra Antetokounmpo negli spogliatoi urlandogli “I love you” prima che il divino Giannis scenda sul parquet, subito dopo la vittoria italiana, il primo a complimentarsi il totem Jokic, stranito, sorpreso e deluso eppure sportivo e regale nell’abbraccio all’avversario. Non ci credeva nessuno, nemmeno dall’altra parte dell’Oceano. Una vittoria dal valore inestimabile, sia pur Pozzecco abbia confessato, «dopo la gara ho detto ai ragazzi: prendete la mia carta di credito e fatene quello che volete…». Sarà a volte clownesco, a volte inappropriato come ct e come guida tecnica. Sarà che le sue dichiarazioni spesso hanno il solo fine di stupire, oppure di sviare. Eppure una cosa seria, sacrosanta, straordinaria l’ha detta. «Abbiamo scioccato il mondo». Anzi, l’ha ripetuta sette volte, ieri sera. In inglese. «We shocked the world».

Una frase di una bellezza assoluta che gira nella testa da ieri, come l’adrenalina ancora in circolo. Perché è proprio così. Battendo la Serbia, l’Italbasket ha scritto una delle pagine più epiche dell’intero sport azzurro, non solo del movimento cestistico. Un’impresa straordinaria, epica, impronosticabile. Ha scioccato il Mondo. Una vittoria come quella dell’Italia al Mundial del 1982 sul Brasile. Anche quella scioccante, anche allora nessuno ci avrebbe scommesso un centesimo. Eppure. Anzi. Unbelievable.

 

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