Nella notte dell’Arechi l’unica nota stonata è partita all’inizio: cosa c’entrava il (fischiatissimo) inno della serie A prima del calcio d’inizio di una partita di serie B? In attesa di risposta e azione che tolgano dagli imbarazzi, la notte dell’Arechi, pur sempre una notte di agosto e dunque da prendere come si fa coi bagliori lunatici, ha poi regalato qualche conferma.
Ad esempio: quando arbitra (male) il romano Forneau, la Salernitana sforna sempre rimonte da batticuore. Più che la sentimentale, ma fine a se stessa, rimonta del Partenio, il ricordo e gli occhi vanno a quel Salernitana-Venezia del 17 aprile 2021. Sotto di un gol al 90’, alla quint’ultima di campionato e contro un avversario che stava giocandosi anch’esso la serie A, la doppietta di Gondo (due gol in due minuti) regalò i tre punti che sostanzialmente schiusero le porte alla promozione.
Il 17 (anche la cabala ha il suo fascino) agosto di tre anni dopo un’indomita, volenterosa, applicata (e incompleta) Salernitana è ripartita dalla serie B ribaltando destino e punteggio, regalando la prima vittoria dell’anno solare 2024 alla tifoseria, rompendo così un digiuno da tre punti durato 230 giorni (exploit a Verona, 30 dicembre 2023) che in casa persisteva addirittura da 265 giorni (vittoria, in rimonta, con la Lazio, 25 novembre 2023).
A proposito di tifosi: 12.259 tra paganti e abbonati, dopo una stagione disperante e con una gestione societaria tremebonda che nell’ultimo anno ha oltrepassato (e continua, viste le lucciole e lanterne con le quali s’insegue, si attende e si cerca, un ipotetico compratore…, ma questo è solo un esempio) il metaverso, sono una risposta (piacevolmente) assordante anche perché, dopo tempo immemore, l’Arechi è tornato catino ribollente di fuoco e passione. È una risposta che meriterebbe (anzi, impone) impegni seri da parte dell’attuale proprietà.
A proposito di serietà, così come segnalato già per la gara di Coppa, la Salernitana (la foto è tratta dal sito ufficiale) ha mostrato sul campo impegno, serietà, spirito di unione e compattezza di gruppo, voglia di non abbattersi e di non mollare, di non sbracare ma invece di reagire davanti a difficoltà e lacune (seconda volta sotto e seconda rimonta): sono primi elementi incoraggianti che però necessitano di puntelli e di tempo, senza illudersi (la strada è lunga, la B è il campionato europeo più folle che ci sia) e senza dar fiato alle trombe.
In attesa che Petrachi riceva l’agognato via libera (arriverà?, nel mirino un centravanti, un mediano e un difensore centrale oltre Soriano) e non senta solo sentirsi dire e ripetere come in una nenia, “vendere, vendere, vendere“, c’è da registrare il lavoro sul campo di Martusciello, un allenatore serio che tra tante difficoltà (il ritiro si è consumato senza che avesse a disposizione almeno una parvenza di rosa, e in rosa aveva, ed ha, giocatori in uscita) sta provando a dare un’anima e un gioco alla squadra, motivando giocatori reduci da una stagione scellerata e dichiaratamente sul mercato (persino con Dia, “intorno a Dia si è creato un meccanismo ignorante, fatto di voci non vere”: dice quello che pensa, e già questa è una qualità) montando, smontando e rimontando il puzzle con le tessere che ha.
Non ne ha molte ad esempio, in difesa. Tanti si concentrano sulla mancanza di un attaccante (in fondo fa notizia e fa seguito, eppure si vince e ci si salva con la difesa) eppure anche col Cittadella il reparto ha mostrato evidenti carenze, e non sembra solo una questione di meccanismi da trovare. L’olandese Velthuis appare lento e poco “cattivo”, Bronn (anche per il rapporto qualità-stipendio-resa) non è un satanasso, Daniliuc da terzino non rende (anche se ha qualità, voglia e spirito) come potrebbe invece da centrale, per di più è sul mercato e fonte di guadagno. Lo stipendio di questi ultimi due, unito a quelli di Bradaric e Sambia (resistono ancora i gentili cadeau della scellerata conduzione De Sanctis avallata, influenzata e in qualche caso imposta da Iervolino e dall’allegra corte dei miracoli nell’estate del 2022, perchè l’appesantimento dei conti nasce dalle operazioni del mercato estivo di due anni fa), sempre in relazione al rapporto qualità-stipendio-resa, e a cui bisognerebbe aggiungere quelli dell’inconsistente Valencia e del finora sempre panchinato Legowski), imporrebbero scelte drastiche e conseguenti adattamenti alla categoria e magari a fare mea culpa del passato (la difficoltà a piazzare alcuni calciatori per valore e ingaggio, il depauperamento del patrimonio calciatori e la necessità di svendere, e in qualche caso liquidare, sono palesi). Anche a centrocampo (piacevole conferma di Amatucci) c’è bisogno, oltre che di qualità, di filtro e nerbo. Davanti, tra esterni e mezzepunte, il parco pare anche affollato. Certo, manca il centravanti che possa reggere il peso dell’attacco (inutile chiedere a Simy di fare stazza e trampolino come fosse un Djuric, appoggiando spioventi) ma soprattutto manca il (definitivo) punto sulla saga cessione-societaria che va avanti da un anno.
Inutile fare l’elenco dei tanti astanti e figuranti succedutisi nel corso di questa lunga e continua televendita (vale per i venditori e per gli acquirenti…, televendita non ha alcun riferimento ai servizi giornalistici, meglio chiarire), una sorta di saga strapaesana non all’altezza della figura di un imprenditore che aveva (o che ha ancora) velleità di vetrina nazionale e internazionale. Le voci continuano a rincorrersi (mentre è inutile tornare sull’ingresso di Busso, ad della Gabetti Sport, se n’era scritto il 28 maggio, leggi qui, e ricordarlo non è per vanto ma solo per testimoniare di come sia stata lunga anche questa gestazione, passata non senza frizioni con l’attuale ad Milan non sempre in sintonia, anzi, con la linea del patron): domani (lunedì) e poi mercoledì ci sarebbero nuovi snodi (da prendere con le pinze). Eppure il nodo, al di là del prezzo e della consistenza degli (eventuali) acquirenti, si nasconde in una (particolare) voce di bilancio che pare (giustamente) insormontabile.
Più che aggiungere altri nodi, bisognerebbe scioglierne soltanto uno, adesso: continuare l’operazione di snellimento dei conti sì, ma salvaguardando almeno una sufficiente competitività, per rendere poi il “bene” realmente appetibile e magari farsi due conti a gennaio… Adesso far morire il neonato in culla e lasciare la Salernitana al primo che passa sarebbe come trasferirla dal padel alla padella: sarebbe questo il più clamoroso autogol del fu “Mister Miliardo”, quello dal «sangue furibondo e granata…» in una smodata sbornia di parole. L’effetto bollicine sarà svanito del tutto?