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Moioli, la dedica è d’oro

Il mondiale, il pensiero ai nonni e agli anziani malati, l'invito a combattere
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In ginocchio. Perché quando vuoto e angoscia ti accerchiano e poi ti invadono, le gambe si piegano. E le braccia tremano. Perché se apri il giornale della tua provincia e ci trovi dieci, sì dieci pagine solo di necrologi, capisci che le radici della tua piccola comunità – forti, resistenti, secolari – stanno diventando, una sull’altra, una dopo l’altra, filamenti inceneriti. Invisibili perché non puoi nemmeno avvicinarti, anche se sono cresciute nel tuo piccolo giardino. Radici che hanno nome e cognome, che sono storie, che sono affetti, che sono famiglia.

Come quella di Michela Moioli, 24enne campionessa olimpica di snowboard cross: è di Busa di Nese, minuscola frazione di Alzano Lombardo, 15mila abitanti in provincia di Bergamo, attualmente uno degli epicentri più crudelmente ed inesorabilmente (le campane che suonano a lutto, le sirene delle ambulanze, le camere mortuarie dei cimiteri piene) flagellati dal virus. In ginocchio. Abituata a piegarsi giusto il tempo dell’uscita dal cancelletto per fiondarsi a cento all’ora su una tavola da sci – lo snowboard cross è una specie di motocross sulla neve, si scende in gruppo e bisogna arrivare al traguardo saltando dossi, derapando in curva, evitando l’avversario che cerca di superarti – Michela s’è fermata giusto un attimo prima di lanciarsi verso il traguardo. Il tempo di un post, di un pensiero. A nonno Antonio, classe 1935, malato e isolato in ospedale, senza nemmeno la possibilità di sapere sue notizie, perché nelle corsie d’ospedale non hanno tempo e modo di respirare, figurarsi telefonare. “I nonni sono alberi secolari, diamo per scontato che ci siano sempre ma poi, quando li tagliano, ci mancano. Lasciano un vuoto. E’ quello che sta facendo questo virus: ci sta mettendo in ginocchio lasciando il vuoto ovunque e dentro di noi”.

Nemmeno il tempo di scrivere, che l’hanno avvertita dalla federazione. “Michela corri, si parte” L’ultima prova di Coppa del Mondo è stata anticipata di due giorni. Bisogna chiudere in fretta, Michela è in testa alla graduatoria: è già virtualmente campionessa, le basterebbe solo uscire dal cancelletto nella pre-beat per afferrare una coppa già vinta due volte nella giovane ma già dorata carriera. Ma gli impegni si rispettano. Si affrontano. E così, in nemmeno 24 ore, s’è messa in auto con il direttore tecnico della nazionale azzurra: dall’isolamento in un appartamento dell’Esercito a Courmayeur a Veysonnaz, cantone vallese, Svizzera. Due ore e mezza di viaggio in auto, il pensiero altrove. E poi subito la pista. Sul casco, ha appiccicato due adesivi: “Forza Italia” c’era scritto da una parte, “Forza Alzano” dall’altra. Allo start – chi ha seguito la gara in tv avrà sicuramente sentito – un grido. Uno solo. “Forza Italia”. E via, a cento all’ora.

Le ha messe in riga tutte, le avversarie; non s’è risparmiata, legittimando una forza che non è solo dono divino ma testa, cuore, carattere. Cose umane, insomma. Il tempo di alzare la Coppa sul podio (“E’ per te, cara Italia”) ed è ripartita subito. Verso casa, verso Alzano. Al suo post finale, da leggere tutto di un fiato, non ci sarebbe nulla da aggiungere – “è un momento difficile che stiamo affrontando a testa alta. Grazie sindaco Camillo per come stai combattendo, insieme a tutti i medici, infermieri, volontari e personale ospedaliero. Siete tutti degli eroi! Forza alzanesi, bergamaschi e italiani! Noi non ci arrendiamo mai!!!” – se non che nonno Antonio da oggi non è più in terapia intensiva. Come altri nonni, come altre radici secolari delle nostre vite. In ginocchio, ma giusto un attimo. Perchè poi bisogna rialzarsi, e ripartire.


P. S. scrivo solo perché qualcosa dovrò pur fare
#losportèunvirusmeraviglioso #ilmessaggiodimichelamaioli

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