Unbreakable, che in italiano vuol dire infrangibile. “Cara Italia, facciamo vedere a tutti che noi, dalle difficoltà e dalle cadute, sappiamo rialzarci”. Quanto vive una farfalla? Alcune appena poche ore; in media pare arrivino al mese, le più rare dicono celebrino l’anno. Dipende dalla specie. Poi però ce n’è una che è unica, che non muore mai. Quando, a 16 anni (era il 2006, il volto da scricciolo che sbucò dalla Danimarca faceva orgoglio e tenerezza), vinse l’oro mondiale, fu definita la “farfalla di Orzinuovi: è Vanessa Ferrari, denominata pure la cannibale. A cinque anni – racconta nel suo blog – capì che la sua vita sarebbe stata la ginnastica artistica. In 24 anni le sue ali – che per una ginnasta sono le gambe – si sono spezzate così tante volte quasi da superare le medaglie raccolte nel palmares, 5 ori mondiali e 10 europei; però in questi 24 anni ogni volta, dopo il tonfo secco, sordo, sbilenco, si è rialzata. Più forte e più testarda. Resiliente.
Indistruttibile. Infrangibile. Già, perchè chi fa ginnastica sa che spezzarsi non è una possibilità, è una certezza. Sa che per rialzarsi bisogna dimenticare il sapore di alibi e di rimpianti. Vanessa non ne ha, eppure. Eppure per tre volte è stata alle Olimpiadi e quella medaglia le è sempre sfuggita di un soffio, a volte perché i giudici sanno essere ingiusti ed impietosi (a Londra nel 2012 quel quarto posto fece gridare allo scandalo), a volte perché la vita ti riserva prove più dure da superare. Come se da te volesse una conferma. A Montreal, nel 2017, la caduta più rovinosa. Rottura del tendine d’achille, dopo aver superato almeno altre quattro fratture e cinque operazioni. “Più che la gamba mi faceva male il cuore”, dirà poi. Poi, perchè lei ha continuato ad andare avanti. Prendendosi tempo, e dandosi obiettivi. Cinquecento giorni – cinquecento, sì – ferma. Poi la rieducazione. Il rientro, la prima gara, senza passaggi intermedi. A Melbourne un anno fa, per la Coppa del Mondo chiusa sul gradino più alto del podio e l’orizzonte che punta il Sol Levante. A 29 anni, quando la vita di una ginnasta è già sepolta, Vanessa continua a inseguire il sogno, “perché se sei bravo a sognare – ha detto nella sua ultima intervista prima della nuova ripartenza – puoi fare avverare qualsiasi cosa”.
Per questo scricciolo alto 146 centimetri è l’Olimpiade, la sua quarta esperienza a cinque cerchi dentro un passaggio stretto, complicato, per via del ranking mondiale e delle graduatorie di specialità. Per esserci a Tokyo, Vanessa deve conquistare il primo posto nel corpo libero. Un passaggio obbligato. Che passa da Baku; è l’Arzebaijan, è la sua ultima possibilità. Per arrivarci, Vanessa ha dovuto volteggiare tra mille ostacoli, ha dovuto superare e sconfiggere paure, burocrazia, controlli. Lunedì mattina bloccata a Malpensa. Volo negato: il presidente del Coni Malagò che fa pressioni sul governatore della Lombardia, l’ambasciata italiana che si fa sentire con quella russa e poi con quella azera. Vanessa finalmente parte, fa scalo a Mosca; riparte e atterra a Baku. Al gate degli arrivi internazionali viene prelevata e messa in isolamento, poi portata in una clinica dove viene sottoposta ad un tampone. Otto ore di attesa, e poi un altro tampone. Anche questo negativo. Finalmente liberata, adesso è pronta per l’ultima prova. Stamattina (il fuso orario è di tre ore) ha superato le qualificazioni come l’altra azzurra Mori che le contende il pass olimpico, domenica c’è la finale. Per la quale ha dato appuntamento a tutta l’Italia, così: “Cara Italia, facciamo vedere a tutti che noi, dalle difficoltà e dalle cadute, sappiamo rialzarci”. Unbreakable. Però in italiano è più bello: infrangibile Vanessa.
P. S. Scrivo solo perché qualcosa dovrò pur fare.
P. S. 2: Finale annullata in serata. Data della finale non ancora stabilita.
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