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L’assist di Mbanda

Il rugby è fermo, lui fa il volontario e dà un calcio al razzismo
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Lo sport si è fermato. Lui no. Senza nemmeno pensarci s‘è tuffato in una sfida più grande e per ora senza tempo, s’è lanciato nella mischia proprio quando a tutti è stato chiesto di evitare contatti; ha cominciato a correre, senza aspettare il fischio dell’arbitro, l’applauso della folla, l’urlo del compagno. Forse sarà per il tipo di sport che pratica, certo è una questione di cuore. Grande così. Lui è Mata Maxime Esuite Mbanda, italianissimo ragazzone di uno sfavillante color ebano, nato a Roma da papà congolese – a 19 anni arrivato in Italia con una borsa di studio è diventato poi medico chirurgo – e mamma di Pannarano, un piccolo centro del beneventano. Mata Maxime ha 26 anni ed è un campione di rugby. Gli inglesi sulla sua scheda tecnica scriverebbero flanker, letteralmente un fiancheggiatore. In pratica è una terza linea-ala: quando sta in mischia deve tenere compatto il pacchetto ed è il primo che deve staccarsi quando la palla esce dalla mischia. Deve saper placcare, deve saper correre, deve portare la palla in meta, deve lottare per ottanta minuti, senza mai fermarsi, senza mai poter tirarsi indietro.
Ecco, Mata Maxime è uno di quelli che non si tira mai indietro. Glielo ha insegnato la vita – a novembre, prima di un raduno della nazionale per strada a Milano, la città dove è cresciuto – fu oggetto di insulti razzisti e all’immancabile imbecille purtroppo di turno rispose petto in fuori, proprio come gli ha insegnato l’amato rugby che obbliga a non nascondersi (in questi giorni il Comune di Pannarano avrebbe dovuto conferirgli la cittadinanza onoraria ma la cerimonia è ovviamente saltata), a non indietreggiare. Denunciò pubblicamente l’accaduto, così: “Sono fiero di essere il risultato dell’unione di due culture diverse e mi batterò sempre affinchè vengano rispettati i diritti di cittadino italiano e del mondo, i miei e quelli di qualsiasi altra persona che abbia una storia analoga alla mia, si chiami Mario, Giulia, Juan, Xiang, Mohamed”.

E’ uno di quelli che non si tira mai indietro e sarà per questo di strada ne ha già fatta: quattro anni fa l’esordio in nazionale, venti cap e dieci punti in azzurro, indossato anche ai Mondiali del 2019 in Giappone. In Italia gioca a Parma, con le Zebre. Il rugby è stato tra i primi sport a fermarsi: niente gare, niente allenamenti. Tutto sospeso. A star fermo lui però proprio non ce la faceva, figurarsi passare la quarantena in casa. A differenza di altri sportivi che postano foto e video di allenamenti in casa corredati dagli hastag #iorestoacasa #celafaremo #andràtuttobene, s’è messo in testa di placcare l’avversario prendendolo di petto, buttandosi nella mischia di una partita più difficile. Subdola. Più lunga di quelle che affronta sul campo, a volte nel fango. “Questa partita non dura 80 minuti, questa partita bisogna analizzarla azione dopo azione e stabilire gli obiettivi”, ha detto spiegando la sua scelta. Rispondere cioè all’invito della Croce Gialla di Parma, un messaggio secco letto sui social: e così s’è tolto scarpini e maglietta e ha indossato un’altra divisa, un altro kit. S’è infilato mascherina e tuta, strumenti necessari di sicurezza, ed è sceso in campo. Da volontario, in questi giorni di emergenza nazionale. Sta sulle ambulanze che trasportano gli ammalati, consegna farmaci e cibo agli anziani, supporta infermieri e medici impegnati in una lotta strenua, recapita mascherine da portare negli ospedali, alle forze dell’ordine, a tutti quelli che sono in mischia. In prima linea. Servizio pieno, dalle ore 8.30 alle ore 18. Va così da una settimana ed è una gioia che nemmeno una meta al Sei Nazioni. “Quando una persona si trova ad affrontare un’emergenza mette al sicuro se stesso e la sua famiglia ma poi si chiede: cosa posso fare per gli altri?”.
Maxime è uno di quelli che non si ferma. E così con un post sul proprio profilo fb ha invitato altri, tanti, a raggiungerlo. A Parma come a Milano, a Salerno come a Palermo: “Se sei giovane, non vivi con anziani o persone con malattie pregresse e proprio non riesci a stare in casa con le mani in mano, prova a fare una chiamata alla pubblica assistenza Anpas della tua città, potrebbero avere bisogno di te!”. Ci sarà mai un assist più bello di questo?
P. S. scrivo solo perché qualcosa dovrò pur fare
#losportèunvirusmeraviglioso #lassistdimaximembanda

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