Serie A donne: voto al veleno. La vedova di Paolo Rossi candidata col sostegno Figc, Mantovani spiazzata. Lega Pro: caso Caiata alla Camera

Il 29 giugno assemblea elettiva per la Lega professionistica: la giornalista Federica Cappelletti in campo come mesi fa Marani per la serie C. La corsa alle deleghe e la campagna nei salotti
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È andata bene con la Lega Pro, perché non riprovarci? E visto che tutto è andato liscio, perché non affidarsi allo stesso schema, perché non applicare gli stessi criteri, perché non scegliere nella lista un giornalista? Magari sono le domande che intimamente si sarà posto il presidente federale Gabriele Gravina alle prese con un’altra elezione da celebrare, un altro verdetto da incamerare, un altro presidente da accogliere. Cinque mesi fa, dopo la vacatio generata dalle dimissioni di Francesco Ghirelli da presidente della Lega Pro, il presidente federale aveva alla fine convinto il giornalista e presidente del “Museo del Calcio” a Coverciano Matteo Marani a scendere nell’agone per contrastare la candidatura del vice-presidente e reggente (giornalista pure lui) Marcel Vulpis, una candidatura sponsorizzata nel corso di una riunione in un albergo romano e poi con una serie di telefonate: alla fine Marani ce l’avrebbe fatta a diventare presidente della Lega Pro, pur senza ancora conoscere la macchina amministrativa che regola le vicende calcistiche, ricevendo la maggioranza dei voti dei club di terza serie.

All’orizzonte c’è adesso un’altra assemblea elettiva. La prima del calcio femminile che troppo frettolosamente un anno fa ha ricevuto l’imprinting del professionismo: un’etichetta da mettere in vetrina, una sorta di medaglia da auto-appuntarsi al petto, perché il calcio femminile in Italia avrebbe avuto bisogno di ben altro e invece si va avanti allo sbaraglio, avanti solo con le etichette, gli slogan, gli annunci mentre il vuoto resta intorno ad un movimento che meriterebbe più serietà, più rispetto, più oggettiva collocazione e definizione. Il 29 giugno si celebrano (da remoto) le prime elezioni per quella che è stata definita la Divisione serie A femminile professionistica che entrerà in attività dall’1 luglio. «Costituiamo una divisione professionistica che è l’anticamera di una Lega. Con questa divisione il calcio femminile comincia ad acquisire una vera e propria autonomia»: queste sono le solenni parole pronunciate al termine del consiglio federale di fine aprile da Gravina. Che ha deciso di affiancare, appoggiare, approvare, la scelta presa da Federica Cappelletti di candidarsi come presidente della Divisione. Laureata in Lettere Moderne e Scienze della Comunicazione, autrice di alcuni libri (“Razza Juve”, “Quanto dura un attimo”, “Per sempre noi due”), giornalista a “La Nazione”, Federica Cappelletti è soprattutto calcisticamente conosciuta come la vedova di Paolo Rossi (è presidente della “Fondazione Paolo Rossi”), il campione del mondo prematuramente scomparso tre anni fa cui il presidente federale Gravina ha voluto dedicare la sala in via Allegri dove si svolgono i consigli federali.

Federica Cappelletti è dunque una giornalista, come giornalista è Matteo Marani. Come l’ex direttore del Guerin Sportivo e Sky Sport, non ha mai avuto esperienze in un club di calcio né tantomeno in una Lega oppure in una federazione. Uno spartito che però pare andar bene al presidente della Federcalcio, uno spartito nel quale la copertina pare avere più incidenza del contenuto, come fosse un coniglio estratto all’ultimo momento dal cilindro di un qualsiasi prestigiatore che si rispetti. Tanto che verrebbe da chiedersi: ma ai club di Lega Pro e anche ai club di serie A femminile, va bene così? Non dicono nulla? E, restando al tema rosa, come dimenticare che anni fa era stata avanzata la candidatura come presidente della Divisione femminile di Martina Colombari? E come dimenticare qualche anno fa la corrente dall’alto che spinse i club di terza serie maschile ad eleggere l’attrice Cristiana Capotondi come vice-presiente di Lega Pro?

Tornando all’attualità e alla “discesa in campo” della vedova di Pablito. Confezionata la notizia dall’Ansa, la scelta di candidarsi a presidente della Lega serie A femminile professionistica l’ha espressa sempre all’agenzia giornalistica nello stesso giorno dell’anticipazione, cioè il 16 giugno, cioè a 13 giorni dall’assemblea elettiva. «Sì è vero, ho deciso di dedicarmi alla promozione e allo sviluppo del calcio femminile in Italia, in un’ottica pienamente sostenibile». Sarà l’aggettivo sostenibile, quello che risuona in ogni intervento del presidente federale, ad aver convinto Gravina della bontà della candidatura?

La velenosa domanda circola da giorni negli ambienti calcistici, non solo a Roma e non soltanto in Federcalcio, non solo nell’ala che si occupa di calcio donne. Gira e soffia impetuosa tra i dieci club di serie A femminile che dall’1 luglio formeranno una Lega che – nella parole di Gravina – sarà dotata di autonomia gestionale e amministrativa e a cui verrà delegata l’organizzazione della serie A, della Coppa Italia, della Supercoppa italiana, del primo livello del campionato Primavera e la cui sede resterà nel palazzo di via Allegri dove ha sede la Figc. Che la candidatura della Cappelletti abbia la benedizione federale pare lo abbia scoperto proprio Ludovica Mantovani che dal 2019 è presidente della Divisione calcio femminile e che nel 2020 è stata nominata coordinatrice della “Commissione per lo sviluppo del calcio femminile”. La figlia dell’ex presidente della Sampdoria Paolo Mantovani nel corso di alcune chiacchierate con alcuni dirigenti di club mirate a sondare il terreno per la candidatura – per candidarsi come presidente bisogna avere le firme di quattro club – si sarebbe sentita rispondere più o meno così: dispiace Ludovica, ma ci è stato già chiesto di appoggiare la candidatura di qualcun altra e non possiamo dire di no.

Il 29 giugno si svolge la prima assemblea elettiva e si celebrano le prime elezioni della Divisione perché nel 2019 la Mantovani fu nominata presidente al termine di un consiglio federale, il suo nome pare fosse stato suggerito anche dall’allora vice-presidente federale Cosimo Sibilia entrato poi in conflitto con Gravina e costretto due anni fa alle dimissioni da presidente della Lega Nazionale Dilettanti. Ufficialmente, l’architetto genovese Ludovica Mantovani che da anni lavora al movimento calcistico femminile, l’ha presa con stile la discesa in campo della rivale: non si aspettava altre candidature però, e invece. E invece il giorno dopo la notizia anticipata dall’Ansa corredata dal commento sempre all’Ansa della vedova Rossi, anche lei ha annunciato l’intenzione di ricandidarsi. Come? Dettando un commento all’Ansa. «Oggi posso solo essere felice che ci sia un’altra donna pronta a mettersi in gioco per questa delicata stagione di transizione. Ho appreso dalla rassegna stampa odierna della conferma di una nuova candidatura per il ruolo di presidente della Divisione Calcio Femminile Serie A Professionistica e non escludo a priori che ci siano altri possibili profili professionali interessati. Non è invece un segreto per i club della massima serie che ambirei a poter continuare a portare a termine il mio impegno nel nuovo ruolo istituito di presidente della Divisione Calcio Femminile Serie A Professionistica. La mia lettera formale di candidatura e il curriculum vitae sono anche già stati inviati per conoscenza al presidente federale».

Quel verbo (“ho appreso”), quella legittima aspirazione (“portare a termine il mio impegno”) e soprattutto il gesto (“la mia lettera formale di candidatura e il mio curriculum inviati per conoscenza al presidente federale”) testimoniano di come in realtà abbia preso abbastanza di traverso quest’ingombrante candidatura, come fosse calata dall’alto, come fosse una ghigliottina che la tagli dalla competizione, come un’indebita e inspiegabile ingerenza, come uno smacco. Tira vento sfavorevole, tira vento contro: riuscirà la Mantovani a ottenere almeno le necessarie quattro firme di club per poter presentarsi alla competizione per potersela almeno giocare con la vedova di Paolo Rossi? Al momento Federica Cappelletti non ha parlato di programmi, obiettivi, strategie. È ferma al calcio sostenibile. Mentre nei saloni e nei corridoi calcistici s’ascoltano e si registrano – un po’ come successo qualche mse fa in Lega Pro – gli interventi e le promesse da mettere (poi) in campo.

Una lettera l’ha invece inviata, ai club e ai piani alti del calcio, Ludovica Mantovani. Una lettera nella quale, dopo aver ricapitolato tutti i risultati e il lavoro svolto in questi quattro anni, scrive: “Sempre a favore della sana competizione in qualsiasi ruolo, soprattutto di vertice, in un’ottica di crescita, mi auguro la massima trasparenza riguardo a possibili ulteriori candidature per il ruolo di presidente della serie A femminile professionistica, e che tale eventuale figura coinvolga chi quotidianamente segue le dinamiche del nostro sport per poter far tesoro di tutte le scelte ponderate fino ad oggi in direttivo, delineate nella nostra strategia di sviluppo”. E poi il gran finale, con tanto di frecciata velenosa: “Allego il mio curriculum come richiestomi nel 2019, richiesta che allora mi ha positivamente colpita perché vi leggevo la volontà della Figc di cambiare rotta premiando la meritocrazia, con l’unico desiderio, oggi, di poter, laddove la fiducia sia corrisposta, continuare a lavorare con costanza, passione ed educazione, in un anno così importante come quello in arrivo che dovrà portare la Divisione Serie A Professionistica verso una Lega autonoma”. Gravina le avrà lette queste parole, avrà dato una scorsa al curriculum? Chissà, intanto manca poco più di una settimana al voto, il countdown è partito e chissà che non arrivi qualche altra sorpresa: per le candidature c’è tempo fino a cinque giorni prima del voto.

Un altro voto intanto tiene banco nella Lega Pro presieduta da Matteo Marani: il rumore si fa sempre più assordante e, dopo esser passato in Transatlantico, starebbe per approdare sul tavolo della presidenza del Consiglio e su quello del ministro dello Sport, Andrea Abodi. Il caso è relativo al vuoto da riempire come consigliere federale in quota Lega Pro: la promozione della Feralpisalò costringe (costringerebbe?) Pasini alle dimissioni visto che dall’1 luglio dovrà occuparsi di serie B come presidente di club. Non avrebbe mica un senso lasciare Pasini in consiglio federale, per giunta in Lega Pro? Del caso se n’è scritto qualche giorno fa (leggi qui) a proposito del nuovo budget per i vertici di Lega: il primo dei non eletti nella precedente tornata elettorale è Salvatore Caiata, l’ex proprietario del Potenza che ha poi lasciato il club a Donato Macchia, editore e imprenditore in ottimi rapporti con l’avvocato Giancarlo Viglione, braccio destro di Gravina. I rapporti tra vertici federali e Caiata non sono certo cordiali, il parlamentare eletto prima nei Cinquestelle e poi nella tornata dello scorso autunno tra le fila di Fratelli d’Italia, aspira alla carica di consigliere federale in quota Lega Pro. Sarebbe un passaggio automatico: il primo dei non eletti (tra l’altro per un soffio, l’altro consigliere è Marino dell’Olbia) che prende il posto di chi è salito di categoria. Però questo passaggio non sarebbe visto di buon occhio in via Allegri e per questo sarebbe partito un monitoraggio per capire se ci sono i margini per indire una nuova elezione, stavolta per una sola carica, quella di consigliere federale. Una stonatura e una melina che stanno avvelenando il clima, non solo calcistico ma addirittura politico. Per questo, come aveva anticipato qualche giorno fa in un suo editoriale su “TuttoC” il giornalista (anche lui) già vice-presidente della Lega Pro Marcel Vulpis, il “caso Caiata” starebbe per approdare a Montecitorio. È pronta un’interrogazione parlamentare sulla questione, già rimbalzata sui tavoli della premier Meloni e del ministro Abodi pur sempre nominato dalla maggioranza di governo (anche il senatore Claudio Lotito si sarebbe occupato della vicenda) cui appartiene anche Caiata. Che cosa risponderanno?

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