Il nuovo anno calcistico è ripartito: la serie A ha ripreso a far muovere il suo allegro carrozzone dopo la forzata pausa osservata per il Mondiale, giocato senza la nazionale azzurra. Nei cinquanta giorni di assenza il pallone tricolore ha continuato però a rotolare, senza farsi mancare davvero nulla: la bomba deflagrata in casa Aia (il procuratore capo D’Onofrio s’è scoperto fosse un narcotrafficante) che ha portato alle indotte dimissioni del capo degli arbitri Trentalange, la bomba in casa Juventus con il presidente Andrea Agnelli e l’intero cda bianconero costretto alle dimissioni, tutti sul banco degli imputati in sede penale e di nuovo in sede sportiva, sistema quest’ultimo che velocemente nella scorsa primavera aveva liquidato (in primo e secondo grado) le accuse messe su dalla Procura federale sfornando due sentenze all’acqua di rose. Si è all’inizio di questo nuovo anno e una nuova ventata di procedimenti e processi si avvicina promettendo sconquassi: la Figc deve attrezzarsi per reggere il peso e tenere il passo, la mole di lavoro è notevolmente aumentata.
Caduta la presunta incompatibilità e il presunto conflitto d‘interessi (oggetto di una doppia interrogazione parlamentare – senza esiti – legata anche all’omissione d’un incarico nelle dichiarazioni “d’insussistenza di cause d’inconferibilità e incompatibilità” e in quella per l’assolvimento degli obblighi di trasparenza) di Giuseppe Chinè che per un anno e mezzo è stato contemporaneamente capo di Gabinetto del Mef e capo della Procura Figc, il procuratore capo federale ha chiuso le indagini sulle presunte responsabilità (e omissioni) di Trentalange e s’appresta a deferirlo e, contemporaneamente, s’attrezza per dar forza alla richiesta di revocazione del processo sulla Juventus e sugli altri club che hanno operato con quello bianconero nella galassia delle plusvalenze per non parlare della manovra stipendi. Il lavoro è notevolmente aumentato, ai vecchi fascicoli se ne sono aggiunti nuovi e assai scottanti: la Figc deve dare risposte chiare e immediate al Governo e al ministro Abodi dopo aver ricevuto sotto l’albero di Natale una serie di doni senza precedenti, ad esempio il decreto salva-calcio, l’appoggio alla candidatura per l’Europeo del 2032, il rito abbreviato per la disputa in sede amministrativa dei ricorsi sull’iscrizione ai campionati, la norma ribattezzata “norma Gravina” (così “Il Corriere dello Sport” nell’edizione del 31 dicembre) contenuta nel decreto sui Rave party.
L’infornata di nomine, la correzione e l’integrazione. Dopo aver commissariato la giustizia arbitrale (la cosiddetta giustizia domestica) nel consiglio federale del 15 novembre, l’ultimo consiglio federale dell’anno dopo aver “registrato” le dimissioni di Trentalange ha approvato una serie di nomine presentate dal presidente federale Gabriele Gravina integrando così gli organi della giustizia sportiva che ha aperto l’ombrello su quella arbitrale. “Per dare operatività dall’1 gennaio alla riforma della giustizia dell’Aia introdotta nella scorsa riunione, si è provveduto a integrare gli organici della Corte Federale d’Appello, del Tribunale Federale Nazionale e della Procura Federale”. Così il comunicato ufficiale Figc del 19 dicembre: 761 le domande ricevute, 495 quelle giudicate idonee e sottoposte al vaglio della Commissione federale di Garanzia presieduta da De Lise. Tra queste, un ristretto ventaglio di curricula sarebbe poi stato sottoposto all’approvazione dei consiglieri federali. Per la Procura federale questo l’elenco dei (nuovi) sostituti procuratori uscito dal conclave: Claudio Guerrini, Giulia Saitta, Giovanni Davide Pintus, Vito Lolaico, Alfonso Pepe, Nicola Monaco, Alessandro D’Oria, Francesco Ranieri, Angelo Fardella. In realtà però Angelo Fardella non esiste: esiste Angelo Fardello e la correzione sarebbe arrivata soltanto qualche giorno dopo. Il 23 dicembre, insieme a un’integrazione delle nomine in procura federale: i nuovi sostituti procuratori saliti da 9 a 11, nel nuovo elenco compaiono infatti anche Massimo Caravetta e Giovanni Grauso. Due nuovi ma in fondo due profili con abbondante esperienza alle spalle nel sistema della giustizia sportiva Figc, e non solo. Anche questi due profili “recuperati”: Caravetta era stato infatti in Procura federale ai tempi del prefetto Giuseppe Pecoraro ed era sbalzato fuori nella raffica di nomine tra aprile e giugno 2021 (leggi qui) quando il numero dei sostituti in Procura federale sarebbe sceso dai precedenti 100 ad appena 65, mentre Grauso è più volte negli anni entrato ed uscito dalle porte di via Campania a Roma. Alcune nomine – secondo spifferi romani – proposte in primis da Giancarlo Abete, il vecchio presidente federale adesso presidente della Lega Nazionale Dilettanti che proprio nel consiglio federale del 15 novembre, a proposito dello scandalo D’Onofrio, aveva posto la questione delle garanzie, delle procedure e dei controlli sulle nomine. Tra i (nuovi) sostituti procuratori tanti, se non tutti, sono profili recuperati, ripresi. Riassorbiti nel sistema dopo esser stati estromessi, cacciati, qualcuno inspiegabilmente allontanato. È rientrato ad esempio D’Oria, collega di studio del procuratore interregionale Paolo Mormando: tre mesi fa era stato reintegrato come collaboratore, adesso è di nuovo sostituto. È rientrato Pintus, già giudice territoriale regionale dimessosi nel 2020. Recuperato anche Nicola Monaco, prima collaboratore e poi sostituto, è rientrata la messinese Saitta anche lei finita sorprendentemente fuori due anni fa. Nominato collaboratore appena cinque mesi fa, il lucano Lolaico (il fratello è team manager del Potenza) è stato invece nominato per la prima volta sostituto procuratore: pare ci fosse anche lui con il papà il 5 dicembre scorso nel “Salone delle Feste” del Coni a Roma alla presentazione dell’opera del coordinatore delle segreterie degli organi di giustizia federali Giancarlo Viglione sul codice di giustizia sportiva, mastodontica opera che racchiude tutte le tematiche ordinamentali, organizzative, sanzionatorie e processuali della giustizia sportiva.
Grauso, il convegno e D’Onofrio. «Un pilastro fondamentale del nostro mondo»: questa la definizione nel giorno della presentazione – davanti al ministro Abodi, al presidente del Coni Malagò e al vice-ministro della Giustizia Paolo Sisto – del presidente federale Gravina. «Complimenti all’avvocato Giancarlo Viglione per la pubblicazione del Codice che sarà uno strumento indispensabile per la nostra attività in ambito di giustizia sportiva»: questo invece il plauso postato da Giovanni Grauso sulla bacheca di linkedin. Era il 5 dicembre e quel giorno Grauso era sì procuratore federale ma della Fidal, la federazione d’atletica leggera, carica mantenuta insieme a quella prestigiosa di presidente della sezione Roma capitale di “Anaoai”, l’associazione atleti azzurri e olimpici italiani riconosciuta come associazione benemerita dal Coni. Il 14 ottobre del 2021 la sezione presieduta proprio da Grauso aveva organizzato un convegno dal titolo “La Procura Generale dello Sport: Coordinamento e Vigilanza sulle attività inquirenti e requirenti svolte dalle Procure Federali” tenutosi al Circolo Ufficiali dell’Esercito in via Castro Pretorio a Roma. Relatore il prefetto Ugo Taucer, procuratore generale dello Sport presso il Coni. Tanti gli invitati di prestigio istituzionale e sportivo: tra i presenti c’erano l’allora ministro Azzolina, Giancarlo Abete e Antonello Valentini (il figlio di Grauso che ora fa lo psicologo e Giovanni Valentini attualmente capo dell’area business della Federcalcio, sono stati compagni di scuola per anni) questi ultimi due amici di vecchia data di Grauso. L’invito – visto il tema sulle attività inquirenti e requirenti delle procure federali – pare fosse stato inoltrato via mail anche a Rosario D’Onofrio, all’epoca procuratore capo dell’Aia. Agli arresti domiciliari (ma questo si è saputo soltanto a novembre del 2022 con il nuovo arresto) perché condannato a due anni e otto mesi per traffico di droga, D’Onofrio non si sarebbe presentato al convegno: sarà mai stata recapitata una targa come ricordo della manifestazione?
Il curriculum di Grauso. A luglio del 2022 Giovanni Grauso – si legge nel curriculum – era stato nominato sostituto procuratore arbitrale dell’Aia, l’associazione italiana arbitri. Da curriculum: laureato in Giurisprudenza, un passato in “Cassa Depositi e Prestiti” e un’esperienza nel comitato di “Italia ‘90”, Giovanni Grauso compare nei quadri arbitrali dal ‘74 all’86 nel settore giovanile e regionale Aia, poi tre anni nei quadri Lnd, poi in quelli di Lega Pro con esperienze (così almeno si legge nel suo lungo curriculum) da quarto uomo in A e B. Lunga anche la sequela di incarichi a livello sportivo: capo ufficio stampa della Divisione calcio a 5 Figc, poi ispettore antidoping, dal ’97 al 2013 collaboratore dell’Ufficio Indagini Figc, per due anni ispettore Lnd. Dal 2015 al 2017 sostituto procuratore federale: non riconfermato nell’incarico, sarebbe poi passato fino a giugno dello scorso anno in Lega Pro figurandone come delegato e per otto mesi (novembre 2021/giugno 2022) come componente del tribunale federale e della corte sportiva appello territoriale. Una serie di entrate e uscite dal mondo del pallone non senza lasciare traccia: tra le tante, si ricorda anche una denuncia nei suoi confronti (era collaboratore della procura federale, la denuncia riguardò anche il sostituto procuratore Antonio Villani adesso alla Procura generale dello Sport presso il Coni) partita dall’agente di calciatori Andrea D’Amico e approdata sino alla Commissione di Garanzia Figc che archiviò nel 2009 le accuse (sui metodi e modi utilizzati nel corso di un interrogatorio) oppure tra i brillanti protagonisti di un’indagine che fu ribattezzata “Premiopoli” (era uno degli uomini di Stefano Palazzi) ma che all’improvviso lo portò lontano dal Palazzo, e ancora tra gli investigatori di “Calciopoli”. Lasciarono traccia anche le sue dimissioni da procuratore federale della federazione italiana ciclismo.
Grauso e la bici. Carica ricevuta nel 2013 e lasciata due anni dopo. Era l’epoca dello scontro tra Federmedici e Federciclismo, scaturito anche dopo il deferimento di 57 medici sociali operanti tra professionisti e amatori cui era seguita la condanna per 36 “camici bianchi”, ai quali era stato contestato il mancato aggiornamento delle cartelle cliniche degli atleti: l’operato di Grauso finì nel mirino del presidente della federazione Di Rocco e nei pensieri del presidente del Coni, Malagò. Grauso annunciò le dimissioni irrevocabili (“per motivi personali di lavoro”) con una nota stampa cui giorni dopo ne seguì una assai affilata della Federciclismo che, prendendo spunto dalle nuove norme del Coni imposte per la nomina dei componenti dei tribunali federali e delle procure federali, faceva notare come “.. il Consiglio Federale, sulla base degli accertamenti compiuti e della decisione della Commissione Federale di Garanzia provvederà alle nomine per le quali dispone di candidati ritenuti idonei ai sensi della nuova normativa compresa la nomina del nuovo Procuratore Federale e di alcuni sostituti, il cui ruolo si è reso nel frattempo vacante. Infatti il dott. Giovanni Grauso non ha fatto pervenire la certificazione richiesta (peraltro non figurerebbe iscritto nell’Albo e nell’elenco speciale del Consiglio dell’Ordine di Roma) ha rassegnato le dimissioni “per motivi personali”. Un’autentica bufera anche perché alle dimissioni di Grauso sarebbero poi seguite anche quelle di alcuni sostituti procuratori, alcuni indicati proprio da Grauso ma mai effettivamente nominati dal consiglio federale.
Le scorie e le dichiarazioni. Lasciarono traccia anche alcune sue dichiarazioni. Ad esempio quelle pronunciate nel corso di un intervento (2 dicembre 2017) nel corso di un incontro organizzato dal consiglio direttivo dell’Acli. «Oggi gli Enti di promozione sportiva sono sani, ne ho avuto conferma. Spero che in futuro possa essere ancora così. Perché oggi il Coni è una garanzia di trasparenza alle spalle, l’auspicio è che gli Enti non vengano inquinati dal modo di fare delle federazioni. Il vostro mondo promuove sport sano e puro, dal momento in cui c’è qualche presidente che ha uno scopo diverso allora va attenzionato perché non ha capito lo spirito». O ancora, sulla questione scommesse (sempre nel 2017): «Oggi non è sparito il fenomeno scommesse. Sicuramente è stato fortemente attenuato perché le sanzioni sono più severe. Sicuramente i tesserati ci pensano di più prima di commettere qualcosa di illecito”. Ma a differenza dei campionati di vertice, il mondo più esposto ai fenomeni di illegalità è quello del calcio dilettantistico». Sull’indipendenza e sul ruolo di un procuratore federale. «Un procuratore federale avrebbe molte difficoltà a indagare il suo presidente per presunta incompatibilità o conflitto d’interesse: se c’è un procedimento che coinvolge un presidente di una federazione, se ne può occupare un’altra procura federale». Sul doping (sempre nelle parole del 2017): «Nel ciclismo ancora c’è il problema del doping. Per un atleta il Giro d’Italia è umanamente impossibile. Senza un “aiutino” è impossibile stare tra i primi 20 nel ranking. Sono uscite sostanze che consentono di non essere “pizzicati” dal sorteggio. L’effetto esce due mesi dopo quando il ciclista riposa. Tutto scientificamente calcolato. Io ho avuto più pressioni nel ciclismo che nel calcio. Nel 2013 mi chiamò Malagò chiedendomi di assumere l’incarico alla Federciclismo in vista di quel processo. È stato il più grande degli ultimi 30 anni nel ciclismo».
Nomine, spifferi e Martucci in bilico. Se il presidente del Coni abbia avuto un ruolo decisivo nel nuovo rientro nella Procura Figc di Grauso non si sa. Come non si sa se gli spifferi romani (minaccia di fuoco, fiamme e casini) sparsi dopo l’integrazione quattro giorni dopo al primo comunicato ufficiale della Figc, abbiano qualche fondamento o siano solo maldicenze. Certo è che per poter governare anche i procedimenti arbitrali la Figc si è affidata a chi ha avuto ruoli nella giustizia domestica o abbia avuto la tessera Aia. È il caso di Grauso ma anche quello di Nicola Monaco, arbitro effettivo dal 1985 al ’92, avvocato materano fatto fuori appena un anno fa e che magari adesso dovrà dimettersi dall’incarico di delegato di Lega Pro. Ultimamente era stato oggetto di una contestazione e di una segnalazione del Potenza in occasione della gara col Cerignola, a cui era seguita un’ammenda e un’inibizione nei confronti del segretario D’Ambrosio. Tagliato come sostituto due anni fa, il calabrese Gianfranco Marcello è andato invece al Tribunale federale. Estromesso due anni fa, è rientrato in Procura federale invece il romano Massimo Caravetta. Lui, la Saitta, Monaco: tutti profili ben conosciuti – dicono gli spifferi – da Giancarlo Abete, a riprova di come il peso dell’ex presidente federale – in un momento assai delicato per Gravina alle prese con la grana Lega Pro, la grana Aia, la grana Juventus, la grana Sampdoria e per gli equilibri in consiglio federale – sia tornato rilevante. Di rilevante ci sarebbe anche una voce, sempre più insistente: la posizione dello storico segretario della procura federale Giuseppe Martucci vacillerebbe assai, starebbe provando a resistere ma sente spirare vento contrario. Il suo posto potrebbe essere preso da Salvo Floriddia, attuale segretario del Tribunale federale Nazionale ma si valutano anche altri profili (tempo fa il ruolo pareva potesse andare a Federico Ferretti, figlio dell’ex medico della nazionale Andrea) tra cui anche quello di Joanna Dinolfo.