Figc contro Lotito. La serie A è appena agli albori, la stagione sportiva è ancora in rodaggio mentre la nazionale di Mancini arranca dopo il trionfo europeo: il pallone sgonfio – società in difficoltà economiche, movimenti di mercato a costo zero, stadi a capienza ridotta, braccio di ferro tra club e Governo su Green pass e aiuti di Stato – rimbalza invece già pesante nel campo della giustizia sportiva. Oggi ultimo round della guerra intestina tra Gravina e il presidente della Lazio: il rendez-vous nel solenne scenario del salone d’onore del Coni mentre tutto il Palazzo del calcio aspetterà con ansia il verdetto. È il più atteso, il più importante. È già decisivo. È inizio di settembre e invece è come se si giocasse la finale di Champions, è come se si trattasse di uno spareggio scudetto: dentro o fuori Claudio Lotito, presidente ritenuto ingombrante dal Sistema, accusato di mettersi di traverso a ogni progetto di cambiamento del pallone italiano. Un capo-popolo, vittima per alcuni e carnefice per altri. Condannato a sette mesi dal Tribunale Federale a marzo, squalifica un mese dopo aumentata a un anno dalla Corte d’Appello: cinque mesi in più che lo farebbero decadere dalla carica di consigliere federale. Il nodo più intricato sarà sciolto dal Collegio di Garanzia mentre alla vigilia voci insistenti parlano di un repentino cambio di tre componenti del collegio: si vedrà. Certo, una conferma della pena verrebbe salutata come una liberazione da chi attualmente regge le redini del calcio italiano. Figc e Lega Calcio in testa, mentre Malagò dal Palazzo del Coni finge disicanto.
La vicenda tamponi è un’appendice della scorsa stagione, una dei tanti capitoli rimasti aperti nei faldoni della giustizia sportiva: ghepardesca in alcune vicende, gattopardesca e bradipa in altre. Basterebbe riannodare i fili, ripensare a come la giustizia sportiva sia stata capace di smentire se stessa e di ribaltare completamente i protocolli: il caso Juve-Napoli, la sconfitta a tavolino azzurra e poi niente, tutto ribaltato, tutti in campo. O la vicenda Lazio-Torino sui tamponi, partita rimandata in coda alla stagione. Casi trattati in maniera diversa, deflagrati e poi silenziati. L’ultimo round si gioca oggi al Coni: a difendere Lotito sarà l’ex giudice costituzionale Romano Vaccarella mentre la Figc sarà rappresentata addirittura da Giancarlo Viglione, il braccio destro di Gabriele Gravina, il Richelieu di via Allegri, lì dove tutti lo chiamano “presidentino”.
È l’uomo ombra del pallone italiano, è il garante del patto di staffetta tra Gravina e Sibilia (di cui era il consigliere più stretto) poi disatteso. I maligni spifferi di via Allegri e via Campania lo raccontano, in virtù del ruolo, come visitatore frequente nelle stanze di giudici e procuratori federali. Lucano di Venosa, il paese che diede i natali a Orazio, quello del “assapora ogni istante, confida il meno possibile nel domani”. Massima raccolta in pieno dall’avvocato, amministrativista e consigliere, in passato delfino del ministro Pecoraro Scanio, poi passato vicino alle posizioni dell’ex ministro dello Sport Spadafora e pare ancora sotto l’ala del ministro Boccia, proprio lui – soffiano sempre gli spifferi – artefice del guazzabuglio Juve-Napoli e persino voce decisiva nella calda vicenda estiva Lazio-Salernitana-trust.
In tribuna alle spalle di Gravina per tutto l’Europeo, oggi Giancarlo Viglione uscirà finalmente dal cono d’ombra nonostante cavilli normativi ne suggeriscano una possibile incompatibilità: il lucano reggerà le ragioni federali nel processo a Lotito e alla Lazio, e dalle sue parole si capirà presto il vento che tira. Appena eletto, nel 2019 Gravina gli affidò l’incarico di rivedere e riformare il codice di giustizia sportiva: doveva essere più snello, invece è passato da 50 a 142 articoli. L’ultima menzione su Viglione in un comunicato Figc risale a giugno, quando fu definito “coordinatore delle segreterie degli organi di giustizia” (in passato ruolo svolto da Chiara Faggi) nel comunicato che dava conto dell’insediamento degli organi della giustizia sportiva endofederale.
Ben 176 componenti degli organi giudicanti (Corte Federale d’Appello, Corte Sportiva d’Appello e Tribunale Federale Nazionale) in carica dall’1 luglio e che avevano ricevuto questo saluto dal presidente Gravina: «Siete garanzia di imparzialità e indipendenza, il vostro ruolo è fondamentale per dare credibilità all’intero movimento calcistico italiano. Gli strumenti innovativi messi a disposizione dalla Federazione, uno su tutti il processo telematico, faciliteranno un compito così gravoso garantendo la tracciabilità di tutte le informazioni e delle documentazioni depositate, implementando un dialogo trasparente e sicuro». Alla riunione avevano partecipato i presidenti della Corte Federale d’Appello Mario Luigi Torsello, della Corte Sportiva d’Appello Carmine Volpe e del Tribunale Federale Nazionale Carlo Sica, nominati a fine aprile in un consiglio federale preso dall’emergenza Superlega e che avrebbe stabilito di corrispondere un compenso annuo di 240mila euro al presidente federale Gravina. A destare scalpore fu però anche la dolorosa e ancora inspiegata “perdita” del professore Piero Sandulli avvicendato in un silenzio roboante da Carmine Volpe alla Corte Federale, come singolare il rientro dalla porta di servizio dell’ex procuratore capo (ai tempi di Calciopoli) Stefano Palazzi nominato però giudice sportivo della serie C, ruolo in serie B affidato all’ex presidente del Tar Lazio Germana Panzironi, assurta alle cronache sportive tre anni fa per l’incredibile decisione del Tar di bocciare se stesso nella vicenda legata ai ripescaggi di Ternana, Pro Vercelli, Entella etc. etc. accogliendo così le istanze di revoca avanzate proprio da Figc e proprio dalla Lega B.
Alla prima raffica di nomine ne sarebbe poi seguita un’altra, proprio mentre cominciava l’Europeo: Gravina a “Casa Azzurri” rendeva noto l‘elenco dei sostituti procuratori federali sceso a 65 componenti dai 100 precedenti (copertura territoriale solo parziale, ben 27 laziali, 7 campani, 6 lombardi e 6 toscani, Veneto scoperto, Emilia con 1) oltre alla conferma del Procuratore Capo Giuseppe Chinè e alla definizione dell’elenco dei procuratori federali aggiunti (Sandro Ausiello, Pietro Mennini, Giorgio Ricciardi, Carlo Alberto Manfredi Selvaggi, e Paolo Mormando con funzioni di procuratore interregionale).
Giuseppe Chinè dunque continua a mantenere l’ambita poltrona di Procuratore capo, nonostante occupi anche quella di Capo Gabinetto del Mef. L’interrogazione rivolta il 13 maggio dai banchi del Senato al ministro dell’Economia Daniele Franco e al presidente del Consiglio Mario Draghi è ancora senza risposte. Il conflitto d’interessi è requisito? Non è più causa d’incompatibilità? E se anche fosse, l’omissione d’un incarico nelle dichiarazioni “d’insussistenza di cause di inconferibilità e di incompatibilità” e in quella per l’assolvimento degli obblighi di trasparenza, può essere motivo di dimissioni, o quantomeno di provvedimenti? Una serie di domande per spezzare una lunga melina: le domande però rimbalzano da mesi senza aver ancor ricevuto neanche una risposta. Come non c’è ancora risposta ad esempio alla vicenda Suarez, deflagrata giusto un anno fa: la Procura della Repubblica di Perugia ha chiuso le indagini e definito le accuse mentre il titolare dell’organo inquirente e requirente della Figc non ha ancora mosso nemmeno un passo.
Passi, anche questi senza ancora un approdo, li ha compiuti un’altra vicenda, tenuta anche questa nascosta: Chinè è al centro di un esposto presentato da un tesserato dell’Associazione allenatori, Daniele Serappo, alla Commissione federale di garanzia, l’equivalente del Csm per la Giustizia sportiva delle federazioni. Al Procuratore Chinè è stata contestata la violazione del dovere di riservatezza e di terzietà: l’accusa è aver trasmesso al presidente dell’Assoallenatori Renzo Ulivieri gli atti di un procedimento che non lo riguardava.
A renderlo noto sarebbe stato proprio Ulivieri, che scrivendo un esposto contro lo stesso Serappo, avrebbe ringraziato più volte la Procura federale per avergli trasmesso le motivazioni dell’archiviazione di un procedimento presentato contro di lui dalla calciatrice Priscilla del Prete del Pontedera, squadra che allenava Ulivieri. Le stesse motivazioni dell’archiviazione però sono state negate – prima e dopo i fatti – a Serappo, nonostante fosse l’oggetto di quel procedimento: a lui, la Procura in una lettera firmata proprio dal procuratore Chinè, aveva risposto specificando che “gli atti del procedimento disciplinare… esulano dalla sfera dei documenti amministrativi accessibili”. Insomma, non potevano essere inviati. Alla Commissione federale di garanzia spetterebbe ora decidere se davvero Ulivieri abbia – come scrive lui stesso il 19 ottobre 2020 – ricevuto l’accesso a quegli atti da Chinè (sempre i soliti spifferi suggeriscono: accompagnato nell’ufficio da Viglione?) o dalla sua procura ed eventualmente capire il perché. Secondo l’articolo 34 dello Statuto Figc, la Commissione federale di garanzia deve valutare provvedimenti disciplinari – compresa la destituzione – in caso di violazione dei doveri di terzietà e di riservatezza. Proprio quelli contestati nell’esposto contro Chinè che intanto resta a capo della Procura federale. L’organo decisivo nel mondo del pallone nostrano.
A fine luglio il quadro è stato completato con la nomina dei collaboratori della Procura, un altro esercito di uomini e donne che rappresentano la struttura e dalla quale in cambio hanno visibilità, prestigio e una tessera federale capace di aprire le porte di ogni stadio. Come si diventa collaboratori della Procura federale a livello regionale? Sulla procedura si è espresso l’avvocato pugliese Giulio Destratis. «Nessun concorso, nessun esame. Si viene semplicemente “nominati”. Nell’area dedicata ai Comunicati Ufficiali dei siti dei Comitati LND, è apparso un C.U. nel quale si informava che entro il 25.6.2021 sarebbe stato possibile, tramite una piattaforma ad hoc, inviare la manifestazione di interesse a ricoprire le cariche nella giustizia sportiva regionale unitamente al proprio cv. Un “bando” così importante avrebbe meritato maggiore pubblicità e condivisione, anche tenuto conto del fatto che questi rilevanti incarichi vengono conferiti solo ogni 4 anni. In Puglia il Comitato Regionale non ha ritenuto di dover pubblicare la notizia né tra le news sempre visibili e rintracciabili quotidianamente sulla pagina principale del sito internet, né sulla propria pagina Facebook ufficiale. E così anche gli altri Comitati, salvo isolatissime eccezioni. Perché? I requisiti per proporre la candidatura? Laurea in giurisprudenza o, paradossalmente, un diploma di scuola secondaria superiore purché si potesse dimostrare un tesseramento per la FIGC di almeno 3 anni o un’esperienza di 5 anni maturata nell’ordinamento sportivo. Troppo poco per garantire la specializzazione in ruoli giurisdizionali così delicati, in un ambito dilettantistico dove comunque sono previste sanzioni pecuniarie salate e lunghe squalifiche. Il procedimento meritava e merita più trasparenza». Laconica, ecco invece la risposta federale pubblicata sul sito ufficiale. “Il Consiglio ha provveduto a nominare i collaboratori della Procura federale con funzioni inquirenti. I nominativi, in numero ridotto rispetto al precedente quadriennio, sono stati tutti valutati dagli Uffici e dal procuratore Federale”. Dunque una valanga di posizioni valutate in nemmeno un mese. Bah.
Nomi, ruoli, professioni, parentele, singolari coincidenze: spulciando l’elenco – dai componenti dei collegi giudicanti a quelli della Procura federale per finire ai collaboratori – ce ne sono di appunti. Qualcuno lascia riflettere.
Titolare ad esempio di uno scranno alla Corte Federale di Appello è la dottoressa Antonia Fiordelisi, riconfermata dopo la prima nomina del 2019 ma difensore civico della Regione Basilicata e per questo motivo dimessasi alcuni anni orsono dall’albo forense (sembra nel 2012): è un particolare non da poco perché sic stantibus rebus non avrebbe forse i titoli per poter essere nominata (Statuto, Art. 35, comma 1: si parla di avvocati e non di ex avvocati).
Sul filo del rasoio potrebbe esserci ad esempio anche il neo Sostituto Procuratore della Procura Federale, il cilentano Giuseppe Ametrano: è laureato in Scienze Politiche e dunque parrebbe non disporre di un’idonea laurea in materie giuridiche come richiede l’art. 35 (comma 3 lettera g). Certo, la Figc non specifica cosa intenda per “lauree in materie giuridiche” e poi rispetto al passato i curricula non vengono più proposti a beneficio di tutti. Più d’un escluso dalla carica di Sostituto Procuratore ha fatto richiesta d’accesso agli atti per capire come alcuni soggetti siano stati nominati a dispetto di altri e ciò anche ancorandosi alle indicazioni sul tema del Tar Lazio che non permetterebbe alla FIGC di chiudere a doppia mandata le carte nei caveau di via Allegri (sentenze TAR Lazio n.4693/2020 e n.9848/2012 ma anche Consiglio di Stato, Ad. Plenaria 1999 n.4). La scappatoia però sarebbe sempre la stessa: il contesto sportivo è realmente specchio di un interesse pubblicistico?
L’interesse reale della giustizia – anche quella sportiva – è di arrivare alla verità oltre che al giudizio senza tempi biblici e con una buona produzione di attività. All’adagio non si adeguerebbe ad esempio la produzione del generale dei Carabinieri Antonio Basilicata, confermato nell’incarico nonostante i suoi atti si contino quasi sul palmo di una mano. Pochi faldoni e poco margine d’errore: riconferma.
A proposito poi d’incompatibilità e di generali, oltre quella di Chinè ci sarebbe da verificare anche quella del suo stesso vice, il generale Leandro Cuzzocrea. E sempre sul tema dell’incompatibilità sarebbe interessante valutare il ruolo dell’avvocato Sabrina Rondinelli, legale della US Catanzaro e calabrese di nascita per quanto con interessi e studio anche su Roma: ricopre ancora il ruolo di consulente per le aquile giallorosse? Se no, da quanto tempo? E a proposito di tempo, quanti anni dovrebbero passare per poterla ritenere “libera”? In altri termini, il suo studio è appurato che non continui a seguire con altra firma la società che milita nel girone C di Lega Pro? Chissà.
Se ci fosse ancora Andreotti si potrebbe ancora recitare l’adagio: “A pensar male si fa peccato ma spesso ci si prende”. Chissà cosa avrebbe detto di questo, il divino Giulio: l’ex maggiore dei Carabinieri Umberto Paolucci è anche un farmacista, siede al consiglio di Federfarma Roma lì dove siede anche la dottoressa Maria Grazia Mediati, la moglie del Procuratore Giuseppe Chinè. Una semplice eppure singolare casualità.
In Procura il ruolo di referendario è ricoperto tra gli altri da Andrea Schifani, figlio dell’ex presidente del Senato Renato Schifani. Nello stesso ufficio lavorano anche Monia Materazzi, sorella dell’ex campione del Mondo Marco, e Alessandro Fanfani, già titolare di diverse cariche in ambito di giustizia federale e parente del defunto professore onorevole Amintore. Il posto di segretario della Procura federale è attualmente ricoperto da Giuseppe Martucci che però – almeno così recitano spifferi romani – potrebbe a breve essere sostituito da Federico Ferretti, il figlio del dottore Andrea Ferretti che è a capo dello staff medico della Nazionale di Mancini.
Tornando alle nomine, promozione di grado per l’avvocato leccese Paolo Mormando, figlio dell’indimenticato avvocato Vittorio e già sostituto procuratore assai apprezzato nel Palazzo federale. La sua nuova avventura però non è iniziata nel migliore dei modi. È incappato in uno scivolone nell’ambito di due procedimenti intrapresi in primo grado dinanzi al Tribunale Federale Territoriale Puglia. Solo pochi giorni fa la Corte Federale di Appello ha dovuto ricordargli che da Codice è impossibile per la Procura Federale rinunciare agli atti di un ricorso in appello che proprio lei stessa ha introdotto, come da lui invece erroneamente (e sorprendentemente) richiesto.
Giustizia sportiva, due pesi e due misure? Un altro antipatico adagio sembrerebbe sempre d’attualità. Ad esempio è il caso del presidente del C.R. Basilicata Piero Rinaldi (deceduto inaspettatamente poco prima di Ferragosto) ma anche del già presidente della Divisione C5 Vittorio Zizzari e del presidente del C.R. Campania Carmine Zigarelli e in ultimo quello delle Marche Paolo Cellini, tutti abbracciati al salvagente del patteggiamento pecuniario per non scalfire il proprio ombrello di 12 mesi oltre il quale non sarebbe più possibile ricoprire incarichi federali. Esattamente l’inverso del caso Lotito che sarà discusso proprio oggi. Ma il mondo del calcio è fatto di amici e nemici. Ed è fatto sempre a scale. C’è chi scende e chi sale.
Sale ad esempio Gioacchino Tornatore: procuratore Federale aggiunto fino al 30 giugno scorso, è stato nominato presidente del Tribunale Federale Nazionale, sezione tesseramenti. La promozione di validi profili a ruoli di maggior pregio e responsabilità come nel caso di Tornatore e Mormando non deve però trarre in inganno perché così vengono a mancare alla base quelle colonne portanti dell’azione inquirente e requirente della Procura Federale. Uomini con maggiore esperienza non sostituiti da soggetti di almeno pari levatura e capacità con le inevitabili conseguenze che si pagheranno a tempo debito. Ma chissà, forse anche queste sono strategie. In realtà nel mondo della giustizia sportiva si assiste (quasi sempre) a un rimescolamento, a uno scambio di posizioni, funzionale a un sistema collaudato dove pare che tutto cambi e invece…
Ad esempio Mauro Mazzoni da vice presidente passa alla presidenza della III Sezione della Corte Federale d’Appello sezione Tesseramenti; Paolo Cirillo dalla presidenza della II Sezione della CFA passa a quella della Sezione Consultiva; Carlo Sica da Presidente della IV Sezione, sempre in CFA, passa alla Presidenza del Tribunale Federale Nazionale sezione Disciplinare: la sua è una bella e lunga storia d’amore con la FIGC cominciata nel 1986 e costellata di una miriade d’incarichi. Cesare Mastrocola da Presidente del Tribunale Federale Nazionale è diventato membro della Commissione Federale di Garanzia. Commissione Federale di Garanzia che a esempio non s’è mai espressa sul conflitto di interessi tra il ruolo di presidente AIAC di Ulivieri e la sua direzione alla Scuola Allenatori.
Tra tante promozioni e tanti passaggi, si segnala anche qualche bocciatura. In Puglia, ad esempio. Due sostituti procuratori, Michele Porzia e Michele Carbone. Nell’ambito delle indagini sul percorso elettorale che aveva portato alla riconferma per l’ennesimo quadriennio di Vito Tisci pare che i due avessero trovato qualche incongruenza sulla liceità delle procedure. Avevano quindi sostenuto l’accusa fino al deferimento: però tutto alla fine si è chiuso con un’archiviazione e a casa sono andati proprio loro, Porzia e Carbone.
Tra le teste saltate in Procura Federale c’è anche quella di Giampaolo Pinna (negli ultimi anni aveva seguito i procedimenti che avevano poi portato alle archiviazioni dei casi Rivera, Ulivieri, Tisci); di Francesco Di Leginio (anche lui comparso in una rocambolesca archiviazione di Perdomi di AIAC e già in Federcalcio Servizi srl); di Alessandro D’Oria (archiviazione del presidente del Settore Giovanile e Scolastico Vito Tisci su elezioni al CR PUGLIA e dichiarazioni lesive) che tuttavia lavora nello stesso studio di Paolo Mormando; i lucani Giuseppe Carlucci e Michele Sibillano, insieme quasi 900 procedimenti (evidentemente un’esperienza degna della pensione piuttosto che della condivisione e della crescita su base esperienziale di nuovi colleghi); Antonio Aloia (campano, anch’egli da anni alla Procura Federale, meticoloso all’inverosimile). E fuori anche il rappresentante della Procura Federale presso la Commissione Disciplinare del Settore Tecnico, Tullio Cristaudo, fatto fuori dopo che negli ultimi anni erano stati deferiti e squalificati molti esponenti di AIAC, a cominciare dal vice presidente degli Allenatori Professionisti, Biagio Savarese fino alle salate multe comminate a Ulivieri e Ragonesi (vice presidente del Settore Tecnico): qui però è stato tagliato di netto proprio quell’ibrido, discusso, discutibile e melmoso “mostro” della Commissione Disciplinare portando il giudizio sui tecnici direttamente (finalmente) al Tribunale Nazionale Sezione Disciplinare. Gianmaria Camici dalla Procura ha fatto più o meno lo stesso percorso di Tornatore: è finito (da epurato di lusso) al Tribunale Federale Nazionale. Aveva curato alcune pratiche di Perdomi/Aiac arrivando a un deferimento conclusosi con una tortuosa decisione della Commissione Disciplinare, in sostanza un nulla di fatto. Come spesso capita. In fondo nel variegato mondo della giustizia federale la secolare frase del filosofo Blasie Pascal calzerebbe a pennello restando sempre d’attualità: “Poiché non si poteva trovare la giustizia, si è inventato il potere”.