La Figc e quel milione svanito: il pasticcio nel Lazio e una giustizia a metà

Il caso del Comitato regionale e le responsabilità del presidente Zarelli. Due processi e sanzione ridotta. Il ruolo di Gravina, Viglione e Chinè
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«Tutte le condotte di Lotito ci sono e sono rimaste senza risposta. Come possiamo dire che il presidente Lotito non abbia influito nelle attività? C’è stata influenza: il calcio e la Figc, che non è strabica, sono ripartiti grazie ai protocolli, mentre qui è evidente che le regole non sono state rispettate». La Figc dunque non è strabica: così ha detto Giancarlo Viglione, il braccio destro (pare anche il sinistro) del presidente federale Gabriele Gravina. La Figc è sveglia e ci vede benissimo: l’ha ripetuto appena una settimana fa nel processo dinanzi al Collegio di Garanzia del Coni l’avvocato e consigliere Viglione in qualità di parte resistente (Figc) nel giudizio che avrebbe dovuto valutare la misura della sanzione (inibizione e ammenda) inflitta dalla Corte d’appello federale nei confronti del presidente della Lazio, misura che alla fine dovrà essere rivalutata in un nuovo giudizio.

In attesa delle motivazioni, verrebbe intanto da domandarsi e da chiedere: non è in un palese conflitto d’interessi, non influisce nel giudizio, non cozza con quanto disposto dall’art. 49 comma 9 del Codice di Giustizia sportiva (“le parti possono farsi assistere da persona di loro fiducia. Le persone che ricoprono cariche federali o svolgono incarichi federali e gli arbitri effettivi non possono assistere le parti nei procedimenti che si svolgono innanzi agli organi di giustizia sportiva”) la posizione del coordinatore delle segreterie degli organi di giustizia sportiva che tra l’altro proprio tre anni fa da Gravina fu posto a capo della commissione giustizia sportiva che ha riscritto il codice? Questa posizione (pare registrata anche in altri giudizi, lì dove giudicano i rappresentanti nominati dal consiglio federale) potrebbe forse costituire causa di nullità? E a che titolo giuridico-economico viene poi riconosciuta l’opera dell’ex delfino di Cosimo Sibilia diventato poi la spalla, la testa e l’ombra di via Allegri sotto la presidenza Gravina?

Domande che s’infrangono sui frangiflutti che proteggono l’isolotto federale, probabilmente isola a sé stante vista la strabiliante iniziativa presa venerdì 10 settembre dal presidente federale che d’imperio – “sentiti i vice-presidenti e in attesa di ratifica del consiglio federale” – ha deliberato la sospensione fino a nuova determinazione di tutti gli adempimenti fiscali delle società di A, B e C. I cittadini, i lavoratori, le imprese devono pagare le tasse; le società calcistiche no e senza nemmeno doverlo chiedere al Governo, a Draghi, al ministro dell’Economia. Possibile? Bah, intanto chissà se Gravina ha almeno chiesto un parere a Giuseppe Chiné, il capo della Procura federale che è anche capo di Gabinetto del Ministero dell’Economia e delle Finanze da cui dipende anche l’Agenzia delle Entrate. Il consigliere di Stato Giuseppe Chiné ricopre la doppia posizione da febbraio, i mesi però sono trascorsi invano in attesa di risposte: è compatibile la posizione, è causa di conflitto d’interessi, è quantomeno una situazione scomoda? Domande inevase, come altre che da mesi, alcune persino da anni, resistono senza risposte.

Che fine ha fatto ad esempio un milione di euro dal bilancio del Comitato regionale Lazio? È andato perso, si è smarrito? Investimento sbagliato? Ipotizzabile uno spreco di soldi pubblici? Si può parlare di una risorsa depauperata? Di chi è la responsabilità? Domande che anche il Codacons aveva formulato a gennaio in un esposto alla Figc e alla Corte dei Conti: la questione era tornata prepotentemente d’attualità nel corso della velenosa campagna elettorale invernale che avrebbe dovuto vedere contrapposti l’uscente presidente Melchiorre Zarelli e lo sfidante Luigi Lardone. L’ex arbitro ed (ex) fedelissimo di Sibilia avrebbe poi ottenuto l’ennesimo mandato quadriennale senza nemmeno la fatica di contare le schede: il candidato alternativo (proposto pare dall’ala graviniana anche con un bizzarro endorsement pubblico poi cancellato dal presidente della Lega B Mauro Balata) azzoppato e stoppato dalla giustizia sportiva. Bocciato il suo ricorso sulle presunte irregolarità nelle modalità di raccolta delle adesioni alle candidature, avrebbe infine lasciato campo libero a Zarelli, rieletto al soglio di via Tiburtina senza sfidante. Cinque anni prima (2016), nel giorno della precedente proclamazione, proprio Zarelli aveva illustrato lo stato dell’arte di uno dei suoi progetti più cari, un progetto varato nel 2012 e all’epoca (2016) e ancora (2021) senza nemmeno le fondamenta: dotare il Comitato Regionale Lazio di una sede di proprietà da condividere con la Figc e di un impianto sportivo.

L’esposto. Per la costruzione e la realizzazione della sede del comitato regionale Lnd il Codacons nel dicembre 2020 sottolineava come “sarebbe emerso che in aggiunta ai 347mila euro per le spese d’inizio cantiere, e ai 20mila per la costituzione della società Lnd Lazio, il Cr Lazio stanziò nel 2013 in favore della società Lnd Lazio la somma di 1 milione e 39mila euro che venne prontamente spesa per una serie di opere prodromiche alla realizzazione del complesso per un totale speso di circa 1,4 milioni di euro. Il progetto avviato e copiosamente finanziato dal Cr Lazio, tuttavia, subì un definitivo arresto a seguito della dichiarazione da parte del Comune di Roma della sussistenza di vincoli di natura urbanistica e paesaggistica sul terreno dove sarebbe dovuta essere realizzata l’opera. Il Cr Lazio quindi sembrerebbe aver investito e speso, per il tramite della controllata Lnd Lazio (con amministratore il medesimo Presidente del Comitato Regionale Zarelli) in favore di una cooperativa che parrebbe occuparsi di tutt’altro rispetto all’oggetto dell’incarico conferito, oltre un milione e mezzo di euro per la realizzazione di un impianto sportivo e della sede istituzionale senza accorgersi, se non dopo aver corrisposto interamente le somme e avviato i lavori, che sul terreno ove sarebbe dovuta sorgere l’opera, insistevano vincoli paesaggistici e urbanistici ostativi alla costruzione degli impianti”. All’esposto sarebbe poi seguita la denuncia di Lardone che s’era rivolto agli organi di giustizia Figc. «La questione dell’accantonamento destinato alla nuova sede con annesso centro sportivo, progetto poi naufragato senza dare spiegazione alcuna ai club, secondi i bilanci ha fatto perdere al Comitato oltre un milione di euro. Il Comitato Regionale ha messo a disposizione della LND Lazio Servizi, società amministrata da Zarelli, un’ingente somma per l’avvio dei lavori su un’area che è già stata riconsegnata al Comune di Roma perché non edificabile. Questa situazione comporta altre irregolarità sugli esercizi approvati in questo quadriennio».

Il primo giudizio federale. Deflagrata pubblicamente a gennaio, la questione sarebbe quindi arrivata tra via Allegri e via Campania, a Roma. Il 13 luglio, cinque mesi dopo la rielezione di Gravina protagonista poi di un tour di ringraziamento nelle sedi di tutti i comitati regionali un tempo feudi del rivale Sibilia, il Tribunale Federale Nazionale sezione Disciplinare (presidente Pierpaolo Grasso, relatore Amedeo Citarella, componenti Valentina Aragona, Andrea Fedeli, Valentina Ramella, rappresentante Aia Paolo Fabricatore) accoglieva il deferimento promosso dal Procuratore federale condannando Melchiorre Zarelli ad una inibizione di nove mesi, misura ridotta rispetto ai dodici chiesti dall’accusa ma solo perché non gli sarebbero state riconosciute le aggravanti (“fatti non preordinati a conseguire mandato dopo dieci anni”). Precise e gravi responsabilità, sì. Dal dispositivo.… “Il Presidente Zarelli era informato dalla società costruttrice, già dalla presentazione del Bilancio di quest’ultima per l’anno fiscale 2013, dei problemi burocratici inerenti al P.d.Z. C24 (Via Longoni), dove doveva essere edificata la sede del CR Lazio, che non avevano consentito l’inizio dei lavori… ha confermato di essere stato informato della circostanza che la soc. C.R.A.R. 80, nella nota integrativa al Bilancio 2014, aveva confermato che i problemi dell’anno precedente non erano stati risolti, tanto che la Cooperativa aveva richiesto al Comune di Roma di trasferire i diritti edificatori assegnati… ha riferito di essere stato informato dal presidente della C.R.A.R. 80 della conclamata impossibilità di giungere all’edificazione dell’immobile da parte della stessa società cooperativa che, con correttezza contabile, aveva riferito nella Nota Integrativa al Bilancio 2015 dell’impossibilità di edificare nell’area assegnata dal Comune di Roma… Nelle note integrative dei Bilanci della LND Lazio Srl, dal 2013 al 2017, non vengono mai date informazioni su quanto accaduto già l’anno successivo la stipula della Convenzione Generale nel 2012 avuto riguardo alla impossibilità della realizzazione dell’immobile. Solo nel bilancio chiuso al 30.06.2020, ove non era più prevista la redazione delle note, l’Amministratore Unico della LND Lazio Srl, Melchiorre Zarelli dando conto che la società non ha conseguito ricavi, fa presente che dopo la sottoscrizione di “un impegno con la C.R.A.R.80 per l’acquisto di un bene futuro, per il mancato rispetto degli impegni assunti da quest’ultima non ha potuto dare seguito al progetto imprenditoriale che avrebbe consentito di capitalizzare l’investimento e dare esecuzione al proprio oggetto sociale”, precisando che “nel corso dell’esercizio, la società è stata messa in liquidazione volontaria ”… Nei bilanci dal 2018 al 2020 della LND Lazio Srl, non essendo più prevista la nota integrativa per le “ micro imprese”, rimane comunque ancora indicata la posta “Immobilizzazioni Materiali ”, con lo stesso valore pari a 1.011.094,00 euro, quando a far data dal 2015 la costruzione non era oramai più attuabile, nel mentre tale voce avrebbe dovuto essere appostata tra i crediti da vantare nei confronti della società costruttrice in maniera da essere tempestivamente svalutata… Anche il CR Lazio ha mantenuto inalterata nel tempo nell’Attivo dello Stato Patrimoniale la posta Immobilizzazioni Finanziarie all’interno della quale è compreso il valore del credito, nonostante la sua palese incongruità in ragione della limitata disponibilità della controllata LND Lazio Srl che, in assenza di asset da poter vendere, poteva vantare liquidità per soli 8 mila euro… Il Bilancio dell’esercizio 2019/2020 del CR Lazio risulta essere stato approvato senza alcun minimo riferimento al credito vantato nei confronti della controllata LND Lazio Srl… Il Presidente Zarelli ha manifestato consapevolezza in ordine al diritto di informativa delle Società e tale diritto non poteva che essere soddisfatto attraverso un corretto appostamento delle voci di bilancio e la corretta svalutazione dei crediti… Di nessun pregio è il dedotto accantonamento di euro 523.471 nel Fondo rischi su crediti. Tale accantonamento non attiene al credito nei confronti di LND Lazio Srl, bensì al credito vantato nei confronti del Comune di Roma per la bonifica del terreno adiacente quello dell’erigenda nuova sede, su cui il CR Lazio intendeva realizzare un impianto di gioco. La circostanza trova conferma nella relazione in sede di approvazione del bilancio dell’esercizio 2019/2020… Contrariamente a quanto avvenuto per le spese di euro 347.791,69 sostenute per la bonifica del suddetto terreno, inizialmente contabilizzate nel bilancio del CR Lazio tra le immobilizzazioni immateriali e successivamente “girocontate” al conto creditorio “Debitori vari”, tale girocontazione non risulta essere stata operata nel bilancio della LND Lazio Srl con riferimento alla non più esistente e non svalutata “Immobilizzazione materiale” di 1 (uno) milione di euro… Alla luce di quanto esposto, il Collegio ritiene che la responsabilità del presidente Melchiorre Zarelli risulti provata con sufficiente certezza, in ragione del ruolo apicale rivestito e delle funzioni ad esso correlate sia nel CR Lazio, che nella LND Lazio Srl. Del resto, in quanto firmatario delle note integrative al bilancio presenti in atti, il deferito risulta essere pienamente a conoscenza della situazione patrimoniale sopra esposta”.

Secondo grado. Un mese dopo la vicenda sarebbe stata giudicata dalla Corte Federale d’Appello a Sezioni Unite (presidente Mario Luigi Torsello, relatore Raffaele Tuccillo, componenti Roberto Caponigro, Mauro Mazzoni, Marco Lipari) che avrebbe ridotto l’inibizione a Zarelli di tre mesi, portandola quindi da nove a sei. Il motivo? Pur riconoscendo “…che la responsabilità di Zarelli risulta provata con sufficiente certezza, in ragione del ruolo apicale rivestito e delle funzioni ad esso correlate sia nel CR Lazio, che nella LND Lazio Srl”… e che … “la vicenda è di grande impatto sociale ed economico e ha determinato una probabile perdita della somma di circa un milione di euro per il CR Lazio” la Corte federale d’Appello riconosceva l’attenuante a Zarelli di “…una condotta colposa e non dolosa”.

Singolarità. L’intera vicenda lascia aperti punti interrogativi strani, alquanto bizzarri. I due gradi di giudizio sportivo certificano le gravi irregolarità commesse eppure registrano anche uno strano corto circuito, tra silenzi, impacci e voragini; impilano responsabilità e omissioni dei vertici federali, a partire da Gravina passando per Chiné fino ad arrivare a Viglione, il legale che ha curato la parte resistente, cioè quella della Figc. La prima questione che balza agli occhi leggendo il dispositivo della Corte d’Appello federale: come è possibile che il reclamo alla sentenza del Tribunale federale (nove mesi di inibizione invece dei 12 chiesti dal procuratore federale) sia proposto dall’accusato-condannato e non dalla Federazione che non si è vista accogliere in pieno le richieste? Dopo il giudizio di primo grado, proprio la Procura federale non ha fatto ricorso vista l’esiguità della pena rispetto ad una colpa riconosciuta, grave ed effettiva. E in seguito la Corte Federale di Appello non ha pensato di agire con una reformatio in peius di cui pure ha facoltà ai sensi dell’art. 106 comma 2. Insomma, ha fatto da spettatrice, quasi lasciando che la vicenda si spegnesse da sola.

Ancora. Nei due gradi di giudizio il Collegio andava composto da almeno due membri con funzione consultiva e ciò non è accaduto (Statuto, art. 34 comma 14). “Nei procedimenti relativi a violazioni in materia gestionale ed economica che si svolgono dinanzi al Tribunale federale e alla Corte federale di appello, i collegi giudicanti sono integrati da almeno due componenti aggiunti con competenze specifiche in materia gestionale, economico-aziendale e tributaria, nominati dal Consiglio Federale”. Il Consiglio Federale non ha mai nominato questi “componenti aggiuntivi”, sia nel Gravina/1 che nel Gravina/bis. Le commissioni federali sono nominate per un quadriennio olimpico: la Figc ne diede notizia l’8 novembre 2018 con una nota sul suo sito ufficiale ma non ha mai reso noto il relativo comunicato ufficiale. Dovrebbe durare per un quadriennio olimpico quindi scadeva al termine del biennio del Gravina/1 (appunto scadenza naturale del quadriennio olimpico) o visto i noti fatti (covid) la sua validità è stata prorogata? In ogni caso il presidente Federale e il suo fido consulente (come anche il segretario generale Brunelli) parrebbero piuttosto distratti perchè questa Commissione non sarebbe stata ancora nominata. Come mai? Componenti aggiuntivi regolarmente presenti in altre vicende relative a irregolarità economico-gestionali, come ad esempio nei casi di fallimento dell’Ascoli (82/Tfn 2015/2016) oppure nel processo a Zamparini e Palermo (dispositivo numero 3, stagione 2020/2021 della Corte federale d’Appello, presieduta proprio da Torsello).

L’eccezione poi non è stata rilevata neppure dalla difesa di Zarelli che, da voci e spifferi, credeva invece di poter puntare direttamente all’assoluzione. Se questa eccezione fosse mossa al Coni dinanzi al Collegio di Garanzia, si potrebbe quindi forse addirittura ottenere la nullità processuale, mettendo così Zarelli (ex sibiliano di ferro) definitivamente in salvo. Certo però, sarebbe una (ennesima) figuraccia per la Figc e per il coordinatore delle segreterie della giustizia sportiva, quel Giancarlo Viglione che voci insistenti di corridoio vogliono presto a nuovi e prestigiosi incarichi. Possibile? Tutto è possibile nel mondo Figc, una sorta di feudo. Tornando alla vicenda Zarelli. I due organi di giustizia hanno accertato violazioni gestionali/amministrative nel bilancio. Però il procuratore capo Giuseppe Chiné (capo di Gabinetto del Mef e dunque posizione delicatissima in chiave governativa) e il presidente federale Gravina (che scrive a Draghi chiedendo aiuti di Stato e che si muove da ministro dell’Economia dispensando le società dai versamenti fiscali) non si sono attenuti – o non si sono ancora attenuti – al disposto dell’articolo 129 comma 1 del codice di giustizia sportiva che li obbliga, in funzione dell’incarico ricoperto, a denunciare la vicenda all’autorità giudiziaria. Inoltre Gravina avrebbe potuto azionare la facoltà riconosciutagli dall’art. 102, Reclamo del presidente federale): forse la conquista dell’Europeo l’avrà distratto. E Viglione che appena una settimana fa ha ribadito come “la Figc non sia strabica”, era forse distratto da altri casi? E ancora: come mai la Procura federale non ha deferito anche i componenti del consiglio direttivo del Comitato Regionale Lazio? Possibile che Zarelli fosse l’unico a redigere, esaminare, valutare e votare i bilanci? Domande in attesa di risposte, domande di sistema che sembrano riportare a secoli indietro. Al tempo del feudalesimo, lì dove nell’articolato sistema di potere la scala scendeva fino a vassalli, valvassori e valvassini, lì dove il sistema si reggeva sulla piena obbedienza al sovrano.

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