Felice, come se avesse (finalmente) conquistato una qualificazione al Mondiale. Soddisfatto, come se avesse (finalmente) centrato uno dei tanti punti dei tre programmi elettorali che, nell’arco delle tre presidenze (la terza è appena iniziata), finora non sono mai stati raggiunti. «Siamo molto soddisfatti, perché è stata riconosciuta la correttezza dell’agire della Figc, che si è sempre ispirata al rispetto della tutela della salute dei bambini, della legge e dei regolamenti del Coni. Davanti al giudice terzo, abbiamo dimostrato nel merito come l’istruttoria dell’Antitrust sia stata influenzata da dichiarazioni fuorvianti e si sia basata su un ragionamento giuridico errato». Questo il commento del capo (dal 2018) del governo pallonaro italiano pubblicato due giorni fa, in bella mostra, nell’home-page del sito Figc, a corredo della (buona) notizia: la Prima Sezione del Tar Lazio, annullando la decisione presa l’1 luglio 2024 dall’Agcm (Autorità Garante della concorrenza e del mercato), ha anche cassato la sanzione di 4,2 milioni (e spicci) di euro che la Federcalcio avrebbe dovuto pagare perché, secondo l’Antitrust, a partire almeno dalla stagione sportiva 2015/2016, “aveva abusato della propria posizione dominante nel mercato dell’organizzazione di competizioni calcistiche a carattere agonistico, con l’obiettivo di escludere gli enti di promozione sportiva e limitare anche le loro attività amatoriali”.
Sette mesi dopo, a incubo finito (la decisione dell’Antitrust, oltre a provocare un considerevole esborso nel bilancio Figc, avrebbe potuto costituire un pericoloso precedente giurisprudenziale e “rompere” una posizione dominante di una federazione sportiva), il presidente federale Gabriele Gravina avrà (almeno) sorriso a se stesso, compiacendosi di quel motto (“Avanti, a gonfie vele”), must della campagna elettorale appena due settimane fa conclusasi con un plebiscito (98%) a proprio favore. Nel segreto delle stanze di via Allegri, avrà ringraziato i difensori della Figc che, davanti al collegio della Prima sezione del Tar Lazio, hanno sostenuto le tesi federali ottenendo la vittoria? Chissà, la domanda forse è banale e non sta nemmeno in piedi. In fondo hanno svolto solo il proprio lavoro, e poi le capacità del professore Gennaro Terracciano e dell’avvocato Giancarlo Viglione il presidente federale le conosce (e apprezza) da anni. Il professore Terracciano (“segato” in questi giorni da un probabile posto nella Consulta), prorettore dell’Università degli Studi del Foro Italico, ad esempio era stato nominato nel 2022 da Gravina come commissario ad acta quando la Lega serie A (all’epoca belligerante) pareva non volesse adeguare lo Statuto ai principi informatori, mentre l’avvocato Giancarlo Viglione, in passato coordinatore delle segreterie degli uffici di giustizia sportiva, è stato da tempo promosso a responsabile giuridico della Federcalcio ed è il braccio destro (e sinistro) del numero uno della Federcalcio da tanti anni.
Al professore Terracciano e all’avvocato Viglione è andato così il merito di aver confutato l’assunto della decisione presa sette mesi fa dall’Antitrust (difesa, davanti al Tar, dall’Avvocatura Generale dello Stato) che, prendendo spunto da una denuncia del Centro Nazionale sportivo Libertas (la Cns Libertas si era rivolta all’Antitrust per segnalare che la Figc si era mossa per ostacolare le sue affiliate che volevano partecipare a tornei giovanili non agonistici, avviando anche nel marzo del 2023 “accertamenti in merito a tornei presumibilmente non autorizzati, organizzati da Enti di promozione sportiva ed alla eventuale partecipazione agli stessi di tesserati e società affiliate alla Figc” giocati in Campania tra il 2021 e il 2022, da qui sarebbero poi nati deferimenti della Procura federale e giudizi, prima degli organi di giustizia territoriali poi ribaltati della Corte d’appello federale che avrebbe dato ragione alla Procura Figc) e poi di altri enti di promozione sportiva, aveva stabilito che almeno dal 2015 la Federcalcio avesse utilizzato strumentalmente il potere regolatorio, che avesse attuato pratiche di concorrenza sleale e usato poteri intimidatori, sanzionandola con una multa di 4,2 milioni di euro per infrazioni durate 8 anni e 11 mesi (468mila euro l’anno), cifra stabilita in ragione di “una percentuale del 5% del valore degli introiti derivanti alla Figc per attività relative all’organizzazione di eventi sportivi calcistici giovanili a carattere agonistico e promozionale e ludico-amatoriale svolti nell’ambito del Settore Giovanile e Scolastico per ragazzi tra 5 e 17 anni”.
Per il collegio della Prima sezione del Tar Lazio invece, così come si legge nella penultima delle 34 pagine di giudizio, “i riscontri econometrici depongono in senso diametralmente opposto agli assunti in base ai quali è stata formulata la contestazione di abuso di posizione dominante” e quindi il ricorso della Figc è stato accolto e quindi annullato il (salato) provvedimento sanzionatorio dell’Antitrust. L’Autorità farà ricorso al Consiglio di Stato contro la decisione? Lo proporranno gli enti di promozione sportiva interessati? In attesa, possono (almeno) consolarsi con questo cadeau: il collegio del Tar ha compensato le spese legali “vista la novità delle questioni esaminate”.
Nelle 34 pagine della sentenza del Tar che ha fatto risparmiare alla Figc 4,2 milioni di euro il relatore-estensore del provvedimento ha ripercorso i vari passaggi, affrontando questioni di specie. Ad esempio, ha ricordato quasi ammonendo i ricorrenti all’Agcm, che “gli organi di giustizia sportiva agiscono nel rispetto dei principi di piena indipendenza, autonomia e terzietà” in base al comma 2 dell’articolo 45 del codice di giustizia sportiva e che quindi l’accusa che, per favorire il disegno della Figc, la Procura federale (e poi la Corte federale d’Appello) avesse proceduto con i deferimenti, non si tenesse proprio in piedi. Inciso: le nomine dei componenti della giustizia sportiva sono prese dal Consiglio federale, su proposta del presidente federale, scegliendo tra i soggetti che presentano domanda rispondendo alla pubblicazione delle manifestazioni di interesse, e vengono scelti in base a determinati requisiti e competenze, dopo aver superato il vaglio della Commissione federale di Garanzia.
In un altro punto della sentenza, l’estensore fa riferimento addirittura alla norma anti-Superlega, “che ha considerato legittima la possibilità di adottare norme sull’approvazione preventiva delle competizioni…non potendosi affermare che l’adozione di tali norme né tantomeno le sanzioni collegate, costituiscano in via di principio un abuso di posizione dominante”. Vien da dire che l’estensore del giudizio sia un profilo giuridico assai esperto (per fortuna) della materia (anche) sportiva. Ma chi è allora questo giudice relatore-estensore (gli altri componenti il collegio sono la presidente facente funzioni Francesca Petrucciani e il referendario Matthias Viggiano)?
È il 52enne consigliere Angelo Fanizza, magistrato amministrativo al Tar Lombardia dal 2012 al 2018, al Tar Puglia (Fanizza è pugliese) dal 2018 al 2021 e da gennaio 2022 al Tar Lazio (è stato anche in Quarta sezione). Da estensore della sentenza presa dalla Prima sezione del Tar Lazio, pubblicata il 17 febbraio (l’udienza si è tenuta il 5 febbraio), si è dunque occupato di una vicenda in cui una parte in causa è la Figc. Una parte (in causa) per la quale il giudice amministrativo Angelo Fanizza ha prestato servizio. È stato infatti un componente del Tribunale federale nazionale – sezione disciplinare – dal 2019 al 2021. Nel 2021 è stato nominato – dal consiglio federale, su proposta del presidente federale, in base alle domande ricevute e dopo il vaglio della Commissione di garanzia, cioè seguendo le procedure previste dallo Statuto federale – componente del Tribunale federale nazionale, sezione vertenze economiche: un incarico della durata quadriennale, per il quale è previsto solo il rimborso spese e una indennità di 46,50 euro (lordi) a udienza. Dal 2021 al 2023, come si può riscontrare facilmente su sito federale, ha partecipato a un’innumerevole serie di udienze e giudizi.
E avrebbe continuato fino alla naturale scadenza, cioè fino a giugno 2025: a fine novembre 2023 però il consiglio federale, su proposta del presidente federale, lo nominava componente della Covisoc, cioè la commissione che si occupa della gestione, degli adempimenti e dei conti delle società calcistiche professionistiche, così come prevede l’articolo 19 dello Statuto. Un organismo dunque che ha (gravosi) compiti di vigilanza e controllo. La sua nomina, e quella degli altri componenti della Covisoc, nell’autunno del 2023 era arrivata con una specie di blitz (leggi qui), con la pubblicazione del bando effettuata pochi giorni prima della scadenza del mandato della precedente commissione (il presidente era Paolo Boccardelli) eppure che fosse a scadenza lo si sapeva da (parecchio) tempo. Con il comunicato 118/A del 17 novembre 2023 Angelo Fanizza veniva dunque nominato nella Covisoc, insieme agli altri componenti in una commissione dalle spiccate competenze (ed esperienze) amministrative e poco sul versante finanziario e contabile. Insieme al giudice amministrativo (Tar) Fanizza, venivano designati la presidente Germana Panzironi (anche lei giudice amministrativo al Tar, presidente Tar Abruzzo), Gianna Galluzzo (avvocato dello Stato) e Salvatore Mezzacapo (già al Tar Lazio, ora presidente Tar Campania – sezione Salerno) che in passato era stato autorevole componente (e presidente) della Corte Federale di Appello della Figc: con loro, sarebbe rimasto il professore Giuseppe Marini, docente di diritto tributario, entrato in Covisoc nell’ottobre del 2021 dopo le dimissioni di De Siena e unico superstite di una commissione… rivoluzionata. Le nomine avrebbero riproposto così anche l’antico (e insoluto) dilemma sull’opportunità (e necessità) di questi intrecci tra giustizia sportiva e giustizia amministrativa, giustizia amministrativa dove negli ultimi anni sono approdati parecchi contenziosi tra la Figc, Leghe e club calcistici? Come non ricordare alcuni esempi (leggi qui, qui, qui e qui), se non il principale, quello che per anni ha visto il caso Chievo andare ramingo di tribunale in tribunale, 27 giudizi tra aule di giustizia sportiva, Tar e Consiglio di Stato fino all’epilogo con la richiesta di risarcimento danni (143 milioni di euro) accartocciata da una sentenza del Consiglio di Stato per “una pregiudiziale sportiva” (leggi qui). Fu, quella, una grande boccata d’ossigeno per la Figc di Gravina che negli anni ha dovuto aspettare spesso le sentenze amministrative per dar respiro alle decisioni federali e a quelle della giustizia federale.
Come è successo anche stavolta, con la bocciatura della sanzione (4,2 milioni di euro) irrogata dall’Antitrust grazie ad una sentenza del Tar Lazio nella quale c’è la firma dell’estensore Angelo Fanizza. Che dal 2019 (c’era già Gravina presidente federale, c’era già Viglione alle segreterie degli organi di giustizia) ha prestato servizio per la Figc.
Prima come componente del tribunale federale nazionale, e poi come componente Covisoc. Un incarico, quest’ultimo, che ha però avuto vita breve: appena sette mesi, da novembre 2023 a maggio 2024, quando cioè Fanizza, e con lui Panzironi, Mezzacapo e Galluzzo, rassegnarono le dimissioni, scaturite dalla scelta governativa (e avversata da Gravina e Figc) presa dai ministri Giorgetti e Abodi di istituire una Autority sui conti dei club calcistici professionistici in sostituzione appunto della Covisoc. Dimissioni che furono così commentate da Gravina: «Ringrazio la presidente Panzironi e i componenti per la competenza e l’imparzialità che hanno mostrato sin dal primo giorno della loro nomina; comprendo le ragioni di questa scelta e mi rammarico del fatto che il mondo dello sport perda figure di così alto profilo. In questi mesi, hanno svolto il loro incarico con professionalità e spirito di servizio». Un incarico breve, brevissimo, anche per Fanizza, un incarico per il quale aveva dovuto lasciare quello alla sezione vertenze economiche: un incarico alla Covisoc per il quale è previsto il compenso di 10mila euro annui (lordi) a tutti i componenti (al presidente invece 25mila euro, lordi).
Sette mesi dopo quell’addio alla Federcalcio, Fanizza ha dunque fatto da estensore di un giudizio nel quale era coinvolta proprio la Figc, in un giudizio nel quale come difensori federali c’era l’avvocato Viglione: un giudizio dal valore economico (e non solo) notevole, un giudizio nel quale era coinvolto un soggetto (la Figc) per il quale ha prestato (si perdoni il bisticcio di parole) prestazioni retribuite. Fermi i precedenti rapporti presso il tribunale (Tar), questa circostanza non lo obbligava (o non gli consigliava) di astenersi? Possibile pensare che Fanizza (o qualche altro giudice al Tar, dal presidente di sezione o altro) non se ne sia accorto? L’avvocato, ad esempio, non può difendere la controparte se non sono passati almeno due anni dalla cessazione di quel rapporto professionale, e per un giudice la condotta non dovrebbe essere ancor più rigorosa?
E invece, in questo caso, non era passato nemmeno un anno (appena sette mesi) dalla cessazione del rapporto con la Figc, cioè nella fattispecie dalla Covisoc, che svolge funzioni di controllo (art 19 Statuto). E addirittura basterebbe leggere quanto prescrivono le norme federali, per rimanere quantomeno basiti: ai componenti della Covisoc è infatti fatto “divieto di avere rapporti di qualsiasi natura con le società soggette a vigilanza; tale divieto permane per un anno dopo la cessazione dell’incarico”. Senza scomodare l’articolo 34 codice procedura penale (“quando sussiste una delle ipotesi di incompatibilità determinate da atti già compiuti nel medesimo procedimento, anche in altro grado, il giudice non possa esercitare la propria funzione. Sorge in tali casi un espresso obbligo di astenersi, disciplinato dall’art. 36 c.p.p.; la violazione di siffatto obbligo non comporta, tuttavia, un vizio di nullità dell’atto, stante l’assenza di una norma che stabilisca una previsione esplicita in tal senso”), nello specifico caso, Fanizza non ha sentito il dovere di astenersi, di rifiutare l’incarico di estensore? E nessuno l’ha notato, fatto presente? In attesa delle risposte, si resta in attesa del (probabile) ricorso al Consiglio di Stato. Dove, anche qui, sono presenti tanti giudici che hanno (o hanno avuto) rapporti lavorativi con la Federcalcio. Ad esempio, il presidente aggiunto a “Palazzo Spada” è Carmine Volpe, presidente della Prima sezione della Corte federale d’Appello Figc. E dove ha l’incarico di segretario il consigliere Giulio Castriota Scanderbeg, anche lui ex componente Covisoc.