Non una parola. Non un soffio, non una carezza e nemmeno un sospiro. Nel surreale consiglio federale di ieri l’altro, l’ultimo di una stagione disastrosa, divisiva e dispersiva, il presidente federale Gabriele Gravina ha ricordato Sinisa Mihajlovic «come esempio di coraggio e determinazione», ha avuto parole affettuose per Mario Sconcerti, «giornalista dalle rare qualità intellettuali», eppure nemmeno una parola ha speso su Francesco Ghirelli che è ancora vivo e vegeto sulla terra ma che dopo oltre trent’anni si ritrova sbalzato dal pianeta pallone, costretto alle dimissioni da presidente della Lega Pro dopo che l’assemblea straordinaria della sua Lega aveva bocciato la sua proposta di riforma del format. Non una parola ufficiale di Gravina: non a caldo, non sabato nel giorno dell’ufficializzazione, non il giorno dopo e neppure l’altro ieri. Eppure era un appuntamento istituzionale. Il surreale ultimo consiglio federale dell’anno. Nel quale, costretto alle dimissioni, l’invitato Alfredo Trentalange legge una lettera di commiato ricevendo l’applauso e la vicinanza di tutti i presenti compreso Gravina prima di lasciare la stanza “Paolo Rossi”. Chissà, magari tra qualche mese ci ritorna. Un consiglio federale nel quale, a proposito di dimissioni, a un certo punto un serafico Abete proclama: «Qual è il problema delle dimissioni? Io le ho date quattro volte nella mia esperienza federale, una volta dopo l’eliminazione della Nazionale ai Mondiali…» e tutti a voltarsi verso Gravina, la cui espressione – raccontano – fosse tutto un programma. Un consiglio federale nel quale Claudio Lotito s’appisola più volte ma poi quando si desta riattacca il filo del discorso come se nulla fosse, protagonista anche lui delle nuove tensioni e del solito gioco al rimpiattino su responsabilità e promesse tra Lega serie A e presidente federale legate alle tanto sbandierate minacce e riforme, riforme sempre e naturalmente ferme al palo mentre le minacce continuano e l’unica decisione presa al termine di uno dei più lunghi consigli federali della storia si può leggere nelle ultime righe del comunicato federale: l’introduzione del fuorigioco semi-automatico e sempre su richiesta della serie A, deroga “alla Regola 3 del Regolamento del Gioco del Calcio per poter integrare il numero massimo dei calciatori di riserva che effettuano il riscaldamento contemporaneamente (fino ad un massimo di cinque)”. Un consiglio federale nel quale il presidente Gravina non ha speso una parola per salutare, congedare, almeno istituzionalmente ringraziare Francesco Ghirelli, per giunta il suo vice-presidente federale (uscente).
I vuoti e gli addii. Nella sala c’era come inviato Marcel Vulpis, il vice-presidente della Lega Pro che per statuto porterà la Lega Pro alle elezioni entro sessanta giorni, nella passata tornata elettorale s’era presentato da antagonista di Ghirelli che poi però avrebbe affiancato. Adesso invece l’ha sostituito nelle funzioni di reggente e sarà presto ufficialmente candidato al soglio fiorentino, in passato feudo proprio di Gravina: Vulpis c’era ma come un’ombra, semplicemente perché da statuto non poteva prendere parte al voto. C’erano e avrebbero poi invece regolarmente votato i punti nell’ordine del giorno i due consiglieri di serie C, Pasini e Marino. Magari anche loro un po’ imbarazzati e forse sorpresi: nemmeno due parole di saluto a Ghirelli. Sarebbero forse pesate a Gravina? L’avrebbero forse costretto a ripercorrere l’ultimo tormentato anno? L’avrebbero indotto a focalizzare volti di consiglieri federali che negli ultimi dodici mesi sono andati via? Chissà. Certo, l’elenco è lungo, e soprattutto pesante. Prima l’avversario Cosimo Sibilia, il presidente della Lnd costretto a lasciare, commissariati i Dilettanti e portati a nuove elezioni dal nominato commissario straordinario Giancarlo Abete poi eletto presidente. Poi Paolo Dal Pino, fedele alleato di Gravina e presidente della Lega serie A (e vice presidente federale) costretto alle dimissioni dalla rivolta dei presidenti di serie A. Ultimo della serie, Alfredo Trentalange: dopo aver commissariato la giustizia domestica s’è deciso a rassegnare le dimissioni evitando così il commissariamento dell’Aia. Persino per lui ha avuto parole di stima nel consiglio del congedo: Trentalange vinto ma salutato dall’applauso di tutti i consiglieri federali. Un passaggio che magari capziosamente l’Aia ha tenuto a ricordare con una nota sul proprio sito. “Dopo aver concluso il discorso di saluto, il Consiglio Federale ha applaudito Alfredo Trentalange, come attestato di stima e affetto, ringraziandolo per il gesto di responsabilità attuato nei confronti dell’Associazione Italiana Arbitri”.
Il quadro. Vuoti, sostituzioni, riposizionamenti, alleanze. L’ultimo anno è stato lacerante, disastroso. La questione fondi, la guerra con la serie A, l’indice di liquidità, il decreto crescita, la nazionale fuori dai Mondiali, l’inchiesta sulla Juventus, il processo sulle plusvalenze finito in bolle di sapone, il caso Chievo e i giudizi al Consiglio di Stato, i continui affondi con il sottosegretario Vezzali, le perplessità di Infantino sul pallone italiano e i dubbi di Ceferin sulle capacità dell’Italia di ospitare un Europeo: l’elenco non finirebbe più, come non finirebbe l’elenco degli appuntamenti nei quali, nel corso dell’anno, Gravina ha parlato di riforme strutturali. Rimandate, ancora una volta. «Dal 15 gennaio e comunque dopo che le società saranno rientrate dalla Supercoppa in Arabia Saudita, affronteremo giorno dopo giorno il tema, mi auguro ne esca una proposta condivisa perché fin qui non c’è stata intesa». In realtà in questi mesi c’è stato solo un tragicomico balletto di rinvii, rimpalli, restringimenti, riottosità. Il quadro era già chiaro da mesi, registrato in un crescendo di dichiarazioni e riunioni (riassunte qui), promesse e minacce, proclami e progetti. Era piena estate quando Gravina aveva proprio detto: elimino il diritto di veto, convoco un’assemblea straordinaria a dicembre e così faccio le riforme. Un intento naufragato presto: dopo aver ripiegato con la proposta formulata alle varie Leghe di presentare un progetto, s’è ritrovato sul tavolo solo ipotesi ed egoismi, sordi e ciechi. Ognuno per conto proprio, tranne forse la serie B che comunque ieri aveva portato in consiglio la decisione di mantenere anche per il prossimo anno il format a 20, del resto Balata è il più allineato ai pensieri del presidente federale. In consiglio federale ieri la tensione con la serie A s’è di nuovo tagliata a fette. “Presidente, lei l’11 ottobre non aveva chiesto una proposta condivisa ma di presentare dei documenti-proposta”. E Gravina: “Ma se siete stati voi della serie A a chiedere di percorrere questa strada?”. Il gioco a rimpiattino trasformatosi in conferenza stampa, sugellato da questa dichiarazione. «È emersa una volontà chiara: le componenti mi affidano il compito di fare una sintesi tra le varie proposte. Se questa mia sintesi dovesse trovare accoglimento è evidente che la riforma sarà presto e velocemente attuabile. Se il blocco resterà, allora andrà rimosso». Le parole di Gravina intanto si muovono lungo i precari equilibri su cui si regge attualmente la sua presidenza. Forte certo della maggioranza delle componenti (la Lnd in termini di voto ha il 34%, la B solo il 5% però l’Aic vale il 20%) ma il tempo potrebbe logorare salde alleanze. La serie A vale solo il 12% ma continua a muoversi forte in senso contrario: minaccia l’indipendenza e magari trova proseliti. Al quadro si è poi aggiunta l’instabilità della Lega Pro che vale il 17% (l’Aia vale il 2% ma anche qui la corsa elettorale potrebbe infiammare i rapporti). Tra meno di sessanta giorni ci saranno le nuove elezioni, i 60 club di terza serie dovranno scegliersi un nuovo presidente. Gravina vi guarda con estrema attenzione, avere la Lega Pro come alleato è fondamentale in questo caldo e delicato momento. Spifferi sostengono che veda di buon occhio la candidatura di Marcel Vulpis che in questi sessanta giorni cercherà di conquistarsi il consenso dei club. Sulla scena potrebbe arrivare un contendente e magari un terzo incomodo, giusto per allargare il quadro.
Ghirelli e l’addio obbligato. Le crepe nell’idilliaco quadretto dei rapporti personali e istituzionali tra Gravina e Ghirelli s’erano iniziate a registrare agli inizi dell’estate. L’anno prima i due avevano condiviso il sole e il mare in Sardegna, a pochi chilometri l’uno dall’altro, senza farsi mancare incontri e condivisioni. Del resto Ghirelli era anche vice-presidente federale. Quest’estate l’ormai ex presidente di Lega Pro l’avrebbe invece passata a scrivere lettere, a formulare inviti e proposte. Le prime tensioni con Gravina nella lettera (sempre con l’intestazione “Caro Gabriele, caro presidente”) nella quale prendeva posizione sull’indice di liquidità e sugli adempimenti economici. In un crescendo rossiniano avrebbe continuato a scrivere, proporre, fantasticare. Intanto le acque diventavano sempre più agitate, non fosse bastata l’esclusione del Catania a campionato in corso (aprile 2022), si sarebbe aggiunta poi la grana Campobasso, il rinvio dei calendari, la sospensione per un mese di tutte le attività dei club di Lega Pro: incerti i gironi, incerta la composizione, incerta la data d’inizio. Di certo c’erano solo le continue esternazioni di Ghirelli sui giudizi della giustizia amministrativa che più di qualche imbarazzo avrebbero creato. Poi una serie infinita di lettere e inviti ai presidenti delle altre Leghe per arrivare a una proposta condivisa sulle riforme. Mai una risposta, mai un accenno di risposta. Al fastidio di Casini e Balata si sarebbe aggiunta poi anche la sibillina reazione di Gravina, sempre più freddo e distante dall’amico e alleato di un tempo. «La riforma del calcio italiano non è la rimodulazione della Lega Pro. Se questo serve per una fuga in avanti dico già che non va bene». Il balletto sulle riforme, dalle lettere di Ghirelli alle promesse di Gravina: materiale per un libro (leggi qui il riassunto) a puntate del balletto. Il balletto conclusosi con la caduta di Ghirelli, una settimana fa. «Un progetto dal quale ha preso forma un’idea straordinaria»: le parole del pre-assemblea trasformatesi in silenzio assordante all’esito del voto.
Bocciata la proposta di riforma del format, spalle al muro Ghirelli, un altro segnale sinistro per Gravina. Il voto plastico come una bocciatura non solo della riforma ma proprio del sistema e della sua governance. A metterci la faccia tra i club contrari l’Entella con il suo dg Matteazzi, poi le big come Padova, Crotone, Pescara e Catanzaro. Ma contrari alla riforma anche molti club “piccoli” che pur potendo in teoria trarre qualche piccolo beneficio avrebbero alla fine bollato la proposta come strampalata rispedendola al mittente. Sorpreso, spiazzato, avrebbe elaborato il lutto Ghirelli. Un giorno intero prima di scrivere la lunga lettera d’addio: i pensieri a intermittenza pare spezzati da una telefonata proprio di Gravina che – pare – l’avrebbe inchiodato alle proprie responsabilità. “Non è possibile prendere tempo, devi lasciare, devi dare le dimissioni”. Un consiglio o un aut-aut non si sa, di certo Ghirelli ha lasciato la Lega Pro e il mondo del pallone con il cuore in subbuglio. E senza il conforto di una parola ufficiale del suo presidente federale che adesso sta pensando non solo al nuovo presidente di Lega Pro ma anche a chi affidare la carica di vice-presidente federale, poltrona lasciata vuota da Ghirelli. Che tocchi al presidente della Lega A Casini come gesto di tregua?