Dopo la puntata sui procuratori, magari Report potrebbe dedicarne un’altra sul calcio. Chiedersi, e chiedere: ma quanto è costata la vetrina azzurra? A Roma e non solo molti se lo chiedono, come fosse un vento di ponentino che soffia impietoso dentro l’afa sfiancante. Qualcuno dice 800 mila euro, qualcun altro 900, c’è chi sussurra arrivando al milione: una cifra così e poi un bel sospiro e poi gli occhi chiusi, come l’anziano nel film Bellavista di De Crescenzo. Magari Report potrebbe chiedere la documentazione al presidente federale Gravina, già ringraziato per la collaborazione nel corso della puntata sui procuratori. Una puntata che ha fatto rumore. Magari potrebbe chiedere la documentazione ufficiale delle spese, dei costi, dell’impegno. Anche se coperte dagli sponsor, interesserebbe sapere, magari metterebbe fine al vento impetuoso di cifre buttate là, quasi a caso. Spese sì, ma per cosa?
È il report economico-finanziario di “Casa Azzurri”, o meglio di ciò che è stata “Casa azzurri”, cioè per dieci giorni la vetrina della Figc e della nazionale italiana di calcio. Inaugurata con un cerimonioso e festoso taglio di nastro il 9 giugno e ufficialmente aperta al pubblico l’11, ha chiuso i battenti il 20, nel giorno dell’ultima gara dell’Italia a Roma: qualcuno (non solo qualche sponsor) in Figc avrebbe voluto tenerla aperta ancora ma niente. C’era una mezza possibilità, una mezza promessa, un po’ vaga ma comunque rimasta nell’aria: svanita, dissolta, evaporata invece. Così come i dieci giorni di convegni, seminari, conferenze, mostre, partite, cene, birre e concerti. Porte chiuse, via i cartoni, via le sedie, via anche i maxi-schermo, via persino la teca con la mascotte tanto cara al presidente Gabriele Gravina, un cucciolo di pastore abruzzese-maremmano (vedi qui) di cui però ancora non v’è traccia del nome. Sono rimaste solo le breccia nelle mura e i faretti sul soffitto. Il deposito è tornato vuoto. Per il fitto della struttura, comprese guardiania e pulizia, pare che la cifra corrisposta si attesti poco sotto i cinquantamila euro al giorno che moltiplicati per dieci farebbero cinquecentomila euro. Poi ci sarebbero però da mettere nel conto le spese e i costi sostenuti per l’allestimento della struttura, e anche qui il vento soffia quasi al 50%. Il totale complessivo per la dieci giorni, coperto comunque interamente dagli sponsor: 800 mila euro cifra al ribasso, i numeri galleggiano tra i 900 mila sfiorando quasi il milione. Per togliersi qualsiasi dubbio, servirebbe una traccia ufficiale, una risposta della Figc.
Poche tracce ha purtroppo lasciato anche “Casa azzurri”, se non nei rigorosi comunicati stampa lanciati dalla Figc e rilanciati in trafiletti come prescrive il bon-ton istituzionale-editoriale. Poche righe, poche immagini, pochi resoconti video, in tv come sul web per non parlare poi degli amati e ricercati social. Niente da ricordare e celebrare, molto invece sarebbe da riportare. Come le immagini di chi la struttura l’ha visitata, scattando istantanee. Parlano da sole. Eccole.
FOTOGALLERY (clicca per ingrandire)
-
L’ingresso -
Il padiglione -
Gli esterni -
La mascotte senza nome -
Il piazzale esterno -
La platea con vista maxischermo -
Sedie e cartonati -
La vetrata che dà sul ristorante -
Un angolo dell’esposizione -
Il tabellone degli sponsor Figc -
Interno, luci e soffitto
C’è chi l’ha ribattezzata “Tugurio azzurro”, qualcun altro l’ha definita “Casa degli spiriti” e qualcun altro ancora “Deserto azzurro”. Così, dopo aver registrato le presenze reali e la partecipazione del pubblico. Aperta per dieci giorni dalle ore 12 alle 24, separata in due aree – un’area hospitality riservata solo ed esclusivamente agli sponsor e ai partner ufficiali della Figc con relativi invitati, un’altra parte aperta invece al pubblico che per entrare ha dovuto prenotarsi – la location di “Casa Azzurri” è stata ospitata a Roma in una struttura del quartiere Prati. Un’area di cinquemila metri quadri, una porzione di un vecchio deposito abbandonato dell’Atac in viale Angelico. Il deposito si chiama Vittoria e la scelta è ricaduta sull’area oggetto di una riqualificazione urbanistica denominata PratiBusDistrict. Si legge difatti nella brochure: “È un progetto temporaneo di rigenerazione urbana ideato e realizzato da Urban Value by Ninetynine con il Comune di Roma e Atac al fine di creare valore nel breve periodo trasformando un vecchio deposito in un contenitore versatile e dinamico”.
Contenitore versatile e dinamico. Le due parole devono esser proprio piaciute al capo marketing della Figc. Quale miglior posto per ospitare una vetrina temporanea delle eccellenze (gastronomiche, culturali, canore) italiane e della storia della nazionale azzurra? Colta la palla al balzo, si è così passati all’accordo raggiunto con il supporto delle agenzie di eventi Alphaomega e Canaid e alla soddisfazione di Roma Capitale e Atac impegnate in un’area che dopo procedura concorsuale è oggetto di aste immobiliari purtroppo pare ancora infruttuose. “Casa azzurri”. Verrebbe da chiedersi: tanto più in periodo di pandemia, non c’erano posti più suggestivi a Roma da utilizzare invece che rinchiudersi, rintanarsi in una rimessa di autobus abbandonata?
L’operazione Figc si è così invece trasformata in vetrina nella vetrina della vetrina: la vetrina della federazione, della Capitale, dell’area e di chi nell’area ha interessi e coltiva progetti. Una vera operazione di marketing territoriale. E poi anche una bella passerella. Una sfilata politica ed economica. Al taglio del nastro tutti i presenti erano felici e sorridenti. Il presidente Figc e padrone della “casa temporanea” Gabriele Gravina, la sindaca di Roma Virginia Raggi, l’ex presidente federale Giancarlo Abete, Evelina Christillin (membro aggiuntivo della Uefa nel consiglio della Fifa), Vito Cozzoli (presidente Sport&Salute) ed il ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti. Così estasiato dalla visione da dire. «Complimenti per questa Casa Azzurri, ha fascino. Mi ricorda quelle strutture che a Londra furono riadattate per i giochi olimpici del 2012». Magari lo sguardo era rivolto al soffitto, ai cartoni e ai giocatori cartonati: o magari l’occhio era rivolto altrove, agli sponsor e al pallone, «una fetta dal valore economico importante, una risorsa per il Paese». Ministro e presidente Figc avrebbero tenuto poco dopo persino un seminario sull’industria della contraffazione. Nella sala stampa allestita a Casa Azzurri sarebbero risuonate queste alte e significative parole pronunciate da Gravina. «Benvenuti a Casa Azzurri, un luogo in cui, oltre all’Olimpico, potremmo condividere quelle emozioni che per troppo tempo abbiamo perso per la pandemia. Un luogo che racchiude la storia del nostro calcio, la memoria storica della nostra Nazionale. Qui organizzeremo degli eventi importanti, momenti di confronto ai quali stiamo lavorando. In Italia è partita la campagna #LORIGINALEVINCESEMPRE, per difendere il valore del brand made in Italy, contro la contraffazione. La difesa della qualità del prodotto è fondamentale per la valorizzazione del calcio».
Rispetto alle numerose e precedenti edizioni di “Casa Azzurri” (accompagna gli eventi della nazionale dal ’98, ma nelle altre edizioni gli ospiti di grido e di richiamo erano i giocatori e gli allenatori, stavolta il gruppo era a Coverciano), questa velocissima dieci giorni a Roma – 80mila, 90mila, quasi 100mila euro spesi al giorno? – avrebbe magari invece fatto pensare, chiedersi e soprattutto chiedere: ma non è mica possibile, ma possibile che siamo di fronte ad una contraffazione del prodotto italiano? Ma non è che ci troviamo ad una sagra? Una saga di seminari e accordi politici e di programma, due conferenze stampa presidenziali, ministri, sottosegretari e sottobosco a occupare brevemente la location temporanea in zona Prati. Divisa in due aree, una riservata solo ai munifici partner e sponsor della federazione, un’altra aperta al pubblico. Un museo con i cimeli azzurri e una mostra sulla storia della nazionale a cura di Matteo Marani, un pub da dove assistere alle partite in tv, un paio di ristoranti (uno riservato ai partners, l’altro ai tifosi), il negozio Puma (sponsor tecnico della nazionale) per personalizzare le magliette, lo shop per il merchandising, un maxischermo all’aperto e poi una serie di ospitate radiofoniche, politiche, federali, giornalistiche. E concerti. Sul palco i Negramaro, poi Alessandra Amoroso e Nek, infine Virginio e Meta. Eventi passati senza lasciare troppa traccia, senza una valanga d’immagini, comunicati, servizi. Nulla, quasi il silenzio. Una domanda, magari per romperlo: ma la band dei Negramaro non era composta da cinque elementi, visto che alla voce relativa nel budget pare ce ne fossero solo due? Domanda, come un’altra.
Il bilancio della manifestazione? Negli spazi riservati al pubblico poco affluenza, praticamente un quasi deserto, niente sussulti nemmeno nelle giornate delle tre gare della nazionale di Mancini. La difesa alla constatazione? “Spazi contingentati causa Covid”. Spazi poco occupati pure nell’area vip: nel ristorante (pare di un ex giocatore azzurro e ora commentatore Rai, altro partner Figc) vip molti coperti ma pochi pasti consumati. Di parole ne ha consumate invece Gravina nel giorno della chiusura di Casa Azzurri. Senza snocciolare le cifre per l’allestimento e il fitto della location (50% e 50%), spese sostenute a costo zero dalla Figc nel senso che la Figc incassa dagli sponsor registrando le entrate alla voce ricavi e poi tocca a lei bandire e assegnare le gara d’appalto e affidamento. Come avvenuto anche nel caso di Casa Azzurri. Sostanzialmente a costo zero, eppure la vetrina temporanea è costata parecchio: 800 mila, 900 mila, o quasi un milione di euro? Altre cifre, altre parole invece. Così, da dispaccio Ansa. «Casa Azzurri è stata una scommessa vinta. Può essere esempio per spettacolo e musica live. Casa Azzurri ha testimoniato come attraverso alcune forme di determinazione è possibile dare anche messaggi di speranza ad altri mondi come la musica dal vivo. Abbiamo dimostrato che anche come calcio possiamo essere un elemento trainante. Il calcio non ragiona mai con la logica di privilegiare solo i suoi interessi. Il mondo dello spettacolo può seguire il nostro esempio». Preso dall’impeto, avrebbe poi snocciolato cifre sommando lo share di Rai e Sky, rivelando «che la nostra comunità sui social media è cresciuta di mezzo milione di persone con nuovi profili in inglese e in arabo», e infine definendo come un “notevole successo” le 12mila presenze a Casa Azzurri. Parole risuonate come un apprezzamento sentito e dovuto al capo dell’uffico marketing della Figc. I numeri invece dicono altro. Dodicimila presenze in dieci giorni, almeno 60 euro pro-visita. Dodicimila presenze: contando pure gli invitati e il codazzo calcistico, politico, economico? Chissà, intanto l’occhio di Gravina e quelli del Palazzo che lo sostiene guardano lontano: puntano all’Europeo da ospitare in Italia nel 2028, o magari ai Mondiali due anni dopo. Costruzioni, stadi, appalti, è tutto un Paese che si rimette in moto. Progetti, sogni, alleanze. C’è tanto da fare. E da candidare.
Un messaggio da un’ospite di Casa Azzurri però subito è arrivato. «È importantissimo ospitare grandi eventi internazionali che possano essere una vetrina agli occhi del mondo. La proposta avanzata da Gravina dovrà essere analizzata passo per passo perché poi se l’Italia si candida, l’Italia deve vincere»: così la sottosegretaria Valentina Vezzali visitando la struttura per la firma di un accordo con il Ministero del Turismo. Gli occhi da tigre dell’ex campionessa di fioretto adesso però sono tutti proiettati su Milano-Cortina, sulle Olimpiadi invernali del 2026. Mancano cinque anni ma il lavoro da fare è tanto.
Per Milano-Cortina pare conti di lavorarci anche Giovanni Valentini, il capo dell’area business della Figc, ruolo assunto anni fa dopo aver maturato numerose esperienze nel settore pubblicitario e nel marketing sportivo. Dopo Sportfive, Publitalia, Coni e Infront è entrato in via Allegri, dove per trent’anni ha lavorato il papà. Antonello Valentini, già capo ufficio stampa e poi direttore generale fino al 2014, posto occupato ora da Marco Brunelli. C’è chi pensa che Giovanni Valentini aspiri proprio a quella poltrona eppure gli spifferi che soffiano nei palazzi della politica raccontano di altro. Bluff o realtà? Sondaggi ci sarebbero stati con gli entourage di Salvini e Franceschini, contatti stretti in area soprattutto di centro-destra, la vetrina temporanea di Roma come un altro punto da scrivere nel curriculum: lascerà la Figc per tuffarsi nell’impegno di Milano-Cortina? Chissà. Certo, anche lì è prevista Casa Azzurri. Mancano cinque anni, una location alla fine si troverà. Magari non in un deposito di autobus abbandonato, magari dentro una vecchia e bellissima baita di montagna.