Ma come si chiama? Sciocca e ingenua, la domanda avrebbe dovuto circolare già da una decina di giorni, da quando cioè il presidente della Figc Gabriele Gravina è comparso negli studi televisivi della Rai in “Notte Azzurra”. Chiamato a gran voce dal conduttore de “I soliti Ignoti” a raggiungere il centro della scena, elegante, compito e commosso avrebbe regalato agli italiani una sorpresa. Così. Tra le mani un book nero, a favore di telecamere disegni e bozzetti che scivolano però rapidamente tra i fogli e poi zac, ecco l’ultimo. Zac, ecco la sorpresa che proprio nessuno si aspetta: ecco la nuova mascotte della nazionale, un cucciolo di pastore maremmano-abruzzese, una sorta di incrocio come lo è il presidente federale che in Abruzzo ha messo radici (a Castel di Sangro gli affetti e un’impresa di costruzioni poi, dopo il divorzio dalla prima moglie figlia di un potente costruttore da cui ha avuto due figli, il legame con Francisca Ibarra, sorella di Maximo ex ad di Sky Italia l’avrebbe portato a dividersi fra Sulmona e Roma) partendo mezzo secolo fa da Castellaneta, dalla Puglia. Di strada ne ha fatta.
La mascotte resta invece in attesa: com’è adesso, ne farà di strada? È senza nome, è vestita di bianco e azzurro, ha lo sguardo tenero del cucciolo, ha il pallone e calza scarpette alle zampe. “Bellissima presidente, ma come si chiama questa mascotte?”. Così tanto preso dalla sorpresa, Amadeus non l’ha però chiesto a Gravina. Solo un commento, così tanto per dire, tanto per rendere solenne il momento: «Non c’è una nazionale senza mascotte». La colpa magari non è di Amedeus, al solito preparato. La domanda forse non era prevista in scaletta o chissà avrebbe provocato qualche imbarazzo, oppure avrebbe soltanto richiesto troppo tempo per spiegare. In tv non si può mica perdere tempo. La tv è pubblicità e spettacolo. «È un dono fattomi anni fa da Carlo Rambaldi, il papà di E. T. Questo è un modo per rendergli omaggio. Stasera regaliamo simbolicamente a Carlo Rambaldi il quarto Oscar e agli italiani tanta dolcezza»: questa la semplice motivazione di Gabriele Gravina seguita dagli applausi e dalla commozione in studio, presenti anche i figli del tre volte Premio Oscar, anche loro commossi tra gli ospiti della differita camuffata come diretta. Effetti speciali senza troppo share. Chissà. Certo è che questa tenera mascotte un nome (ancora) non ce l’ha. Sono passati dieci giorni dal lancio e dai comunicati stampa della Figc: siti, quotidiani e tv l’hanno ripresa quasi con il copia e in colla, e mentre la nazionale degli italiani e di Gravina esordirà negli Europei contro la Turchia stasera all’Olimpico di Roma, la mascotte degli italiani e dell’Italia se ne resterà chiusa, triste e solitaria in una teca di vetro in un vecchio deposito dell’Atac a Roma, lì dove è stata allestita “Casa Azzurri”, lì dove tra concerti e cene si consumerà un Europeo parallelo benedetto dagli sponsor, lì dove è stata allestita e presentata in pompa magna una mostra che durerà sino al termine degli Europei. Un mese. Tempo ce ne sarebbe per fare opera buona e giusta. L’ufficio marketing della Figc potrebbe addirittura cogliere la palla al balzo e magari sistemare all’ingresso un’urna lanciando un sondaggio tra i visitatori: “Scegli tu il nome della mascotte della nazionale italiana di calcio”. Gabry, Dante o Solito Ignoto? O ancora: Carlo, ET, o semplicemente Azzurro? Si accettano anche altri suggerimenti, se potesse anche il tenero cucciolo di cane pastore maremmano-abruzzese ne darebbe e ringrazierebbe. Non ha un nome, non ha radici. Non è nemmeno (ancora) in commercio. Ma allora da dove è spuntato? E perché? Come è diventato la mascotte di tutte le nazionali azzurre di calcio?
La storia della mascotte.
La storia del cane maremmano-abruzzese affonda in radici lontane, pare che le sue origini risalgano ai Romani: Varrone e Columella (II e I sec. A. C.) lo citavano come presenza costante nelle campagne romane come un grande cane bianco a custodia dei greggi. Però, pare di rivedere la strada all’incontrario di chi è partito dall’Abruzzo ed è arrivato a Roma come custode fidato di pecore e di greggi. La storia del cucciolo disegnato dal compianto Carlo Rambaldi diventato mascotte della nazionale invece parte dall’Abruzzo ed è assai più vicina nel tempo. In parte parte da Castel di Sangro, lì dove ha sede il “Gruppo Gravina” che opera da decenni in diversi settori imprenditoriali: edilizia civile e industriale, restauro e ristrutturazioni, demolizioni, impianti, opere infrastrutturali, energia e ambiente, immobiliare. Negli anni impegno e ramificazioni persino nello sport e nel campo dello spettacolo, così come si legge nella storia del gruppo rintracciabile sul sito internet: “L’esigenza del Gruppo è essere protagonista nell’ambito della responsabilità sociale, in particolare nel campo dello sport e della divulgazione della cultura. La principale società del Gruppo è la M.I.C. S.r.l. fondata nel 1973, che rappresenta una realtà consolidata nel panorama dei General Contractor italiani ed ha diverse partecipazioni azionarie in altre società nelle costruzioni e nell’immobiliare. Accanto al presidente Gabriele Gravina ci sono i due figli Francesco, consigliere e direttore Tecnico, e Leonardo, consigliere e responsabile commerciale, che hanno consentito al gruppo di diversificare ulteriormente l’attività aziendale”.
Lo spettacolo della Divina Commedia.
Musical International Company S.r.l., M.I.C. srl in abbreviato, è pure una società che si occupa di produzioni di spettacolo, fa parte anch’essa del Gruppo Gravina, e ha la sede legale in piazza Buenos Aires 14, a Roma. È la società che da quattordici anni produce un kolossal musicale e scenografico di impatto e successo: “La Divina Commedia Opera Musical”. Come si legge sul sito del Gruppo, “la società ha prodotto, investito e creduto nel massimo capolavoro della letteratura italiana sotto forma di spettacolo”. Una produzione che ha crediti e sponsor di rilievo, uno spettacolo che “ad oggi ha avuto più di un milione di spettatori, e oltre 500.000 studenti hanno potuto vedere il capolavoro di Dante Alighieri. La collaborazione con il tre volte premio Oscar Carlo Rambaldi, il creatore di E.T., ha permesso a quest’opera di avere un largo successo di pubblico ed a conseguire importanti premi come la medaglia d’oro della Fondazione Dante Alighieri ed il premio musical dell’anno nel 2008”. Tre atti, scanditi come un trailer di un film: prologo e discesa all’Inferno nel primo, ascesa al Purgatorio nel secondo e salita al Paradiso nel terzo. Un viaggio che si muove nell’inquietudine del vivere tra i suoni duri e spigolosi del rock e le dolci melodie, è un dialogo tra musica e letteratura impreziosito dagli effetti speciali. Il “tocco” che ha fatto la differenza è del Premio Oscar Carlo Rambaldi che dopo personaggi entrati nella leggenda, da E. T. e Alien a King Kong, ha firmato per l’opera il carattere e lo stile delle Tre Furie, il Volto di Lucifero e il Grifone.
Il tour.
È quindi nel 2007 che nasce l’incontro tra Rambaldi e Gravina. Rambaldi è morto nel 2014 a 87 anni, negli anni Gravina senior ha fatto carriera tra banche e Figc, il lavoro del Gruppo Gravina l’ha lasciato ai figli: deve occuparsi solo di questioni calcistiche e forse per questo lo stipendio è appena aumentato, dai 36mila euro lordi agli oltre 240mila. Non si vive di calcio. Si vive però di cultura: e così la Divina Commedia Opera Musical ha continuato negli anni a viaggiare. Ha dovuto fermarsi solo lo scorso anno per la pandemia, gli spettacoli programmati per l’inverno sono stati rinviati e spostati tra fine estate e l’autunno. A Torino come a Roma, basta andare sul sito per scoprire gli appuntamenti. Vuoi perdere proprio l’anno 2021, le celebrazioni per i settecento anni dalla morte del sommo poeta? Appuntamento da non perdere. Teatri, scuole e persino piazze, come si legge ad esempio nella richiesta di patrocinio (ottomila euro) fatta quest’anno dal parroco della chiesa di Santa Maria Assunta al sindaco di Positano (leggi qui).
Il comunicato Figc sulla mascotte.
Invece si legge nel comunicato ufficiale della Figc. Tra le righe che meritano. “Rambaldi – racconta il presidente della FIGC Gravina – nel 2007 mi consegnò un book che conteneva questi bozzetti che ho donato alla FIGC… Sono orgoglioso di aver dato vita ad un’altra sua creazione”. Ancora: “Negli appunti Rambaldi scriveva di aver scelto l’immagine del pastore maremmano-abruzzese perché dotato di grande coraggio, di capacità di decisione, tipicamente italiana, la capacità di iniziativa, la competitività, la fedeltà, il senso del gruppo”. E poi, sempre l’ufficio stampa federale: “Alla realizzazione di questo progetto hanno collaborato Victor e Daniela Rambaldi, figli del genio degli effetti speciali e titolari della Fondazione Carlo Rambaldi: Sono grata al presidente Gravina – ha dichiarato Daniela Rambaldi – per la grande dedizione verso questo progetto di mio padre, che rappresenta l’ennesimo grande traguardo, impreziosito dall’essere venuto da quell’Italia tanto amata, ma che ha gratificato poco il suo operato”. E ancora: “Dai figli di Rambaldi è nata l’idea di realizzare i bozzetti del padre in formato tridimensionale: “E’ stato un lavoro lungo – ha spiegato il figlio Victor – che ha richiesto molta attenzione ai dettagli”. Infine: “L’intero percorso, dai bozzetti ai disegni, dall’idea alla realizzazione in tridimensionale della mascotte di Rambaldi, saranno esposti per tutti gli Europei in uno speciale corner dedicato a Carlo Rambaldi all’interno di “Casa Azzurri” dove la FIGC ha inteso dare un’area espositiva alla Fondazione Carlo Rambaldi e alla Rambaldi Promotions”.
Il rapporto, il contratto, la donazione.
Quindi secondo il comunicato Rambaldi dona a Gravina i bozzetti che poi Gravina dona alla Figc. Però l’idea della realizzazione è nata dai figli di Rambaldi, che hanno una Fondazione e che sono titolari della Rambaldi Promotions. Questo dice il comunicato Figc. Sarebbero domande da porsi e da porre, insieme ad altre. Come si chiama questa tenera mascotte? Perché non ha (ancora) un nome? E perché non è (ancora, almeno) in commercio? E già, perché digitando su Google “mascotte nazionale italiana” compare il peluche Trudi, un leoncino di 25 centimetri acquistabile su Amazon a 8,71 euro più 5 euro di spedizione.
Domande da rivolgere chissà a chi. Magari alla domanda potrebbe o non potrebbe rispondere Benedetta Geronzi, secondogenita di Cesare già presidente di Mediobanca e patron di Capitalia, sposata dal cardinale Bertone con Cossiga testimone di nozze, e sorella di Chiara ex socia della Gea? Da oltre un decennio lavora in Figc dove è stata la responsabile dell’ufficio marketing della Federazione. Iniziative istituzionali, responsabilità sociale e progetti speciali: questo è il ruolo che le è stato affidato da Gravina da quache anno. Così almeno c’è scritto. Questo un passaggio dell’incarico assai ampio: “…Per il supporto e l’assistenza alla progettazione, sviluppo e realizzazione di specifici progetti anche di natura sperimentale… per il coordinamento di progetti e eventi culturali e la promozione di iniziative con finalità sociali e di supporto alle attività di fundraising di organizzazioni non profit“. Il progetto è passato al vaglio del suo ufficio? O magari nel contratto c’è un tema sulla parte commerciale che si dovrebbe sviluppare con la Fondazione Rambaldi? Domande, ma la prima, sciocca e ingenua, resta sempre la stessa. Come si chiama questa mascotte?
Magari se lo chiederà da oggi Gabriele Gravina, proprio oggi che comincia l’avventura dell’Italia di Mancini agli Europei. I tifosi azzurri sperano nel trionfo, un tonfo deve evitarlo Gravina che sul successo agli Europei si gioca molto. Il vento nel Palazzo comincia a spirare contrario, bisogna stare attenti al fuorigioco e agli autogol. È già successo negli ascolti di “Notte azzurra”, lo special event come un cadeau rispetto all’accordo commerciale tra Rai e Figc è stata la docu-serie “Sogno azzurro”, altro flop di Raiuno negli ascolti tv: qualcuno dice che la cosa più interessante si trovasse nei titoli di coda, lì dove compaiono i crediti e gli sponsor. Il terzo flop, quello della nazionale, no sarebbe davvero troppo anche per l’abruzzese Gravina che ha voluto un cane abruzzese come mascotte dell’Italia azzurra. Da oggi e per un mese la stringerà tra le mani, a mo’ di portafortuna. Il suo occhio e il suo fiuto puntano lontano: è diventato il vice di Ceferin all’Uefa (ieri entrambi in visita dal Papa), lui e l’Italia puntano a ottenere l’organizzazione dell’Europeo 2028. Un affare da non perdere per tutto il Paese, si dirà: una pioggia di miliardi da investire nelle infrastrutture e per gli impianti sportivi. Costruzioni e spettacolo. Magari la mascotte senza (ancora) nome potrebbe diventare la mascotte degli Europei 2028. Magari troverebbe finalmente un nome: altri suggerimenti, oltre Gabry, Dante, Carlo, Et, Solito Ignoto e Azzurro?