Così bella mai, Azzurra. Ci sarebbero volti, azioni, minuti, da raccontare. Secondi eterni che a rivederli anche mille volte, non si crederebbe. Ci sarebbero i 21 punti di Melli, e i punti sono solo l’ultima gemma di un monumentale Nick che a 6’ dalla sirena stoppa Jokic. Ci sarebbe la follia di Polonara che di nome fa Achille e che tira dall’arco come se fosse a casa e non negli ultimi minuti dell’ottavo contro la Serbia e il pallone fa solo ciuf dentro la retina facendo saltare tutta l’Arena, tutta l’Italia. E poi ci sarebbe la tigna del capitano Datome, i salti di Biligha, l’energia di Pajola, e di tutti, panchinari, assistenti, persino del Poz che si fa cacciar fuori.
Ci sarebbero istantanee che restano negli occhi e non se ne vanno. Il volto incredulo di Jokic, lo sguardo perso nel vuoto di Micic e quello del ct della Francia Collet che strabuzza gli occhi come Nowitzki. Ci sarebbe un’azione, quella che racconta l’incredibile che diventa reale: Fontecchio che a 1’45 dalla fine mura Jokic come fosse un portiere e poi come un ballerino vola a canestro, segnando con una torsione irreale, impossibile.
Impossibile che questo ragazzo possa giocare a basket. È basso, troppo per la pallacanestro di alto livello. E invece eccolo Spissu, 184 centimetri che nel quarto quarto segna e sorride, sorride e segna quasi non ci credesse nemmeno lui. Sei triple di fila che triturano la Serbia, maciullata da Azzurra che con le mani, la testa e il cuore si regala una notte indimenticabile, tra le più indimenticabili e folli notti dell’intero sport azzurro.
È la prima volta, e la prima volta è sempre indimenticabile. La prima volta che l’Italia batte la Serbia dei giganti in un Europeo.
Ci sarebbero troppe storie da raccontare ma non ora, non adesso. È una notte folle, così folle da lasciarsi travolgere.
Una notte folle. Una notte per urlare. Nani sulle spalle dei giganti. Sotto il cielo di Berlino. Un cielo colorato d’azzurro. Il cielo di Azzurra, bella davvero. Come mai.