Il calcio italiano? La partecipazione su base volontaria ai playoff proposta dal presidente di Lega Pro Ghirelli per stabilire la quarta promossa in B. O l’algoritmo annunciato dal presidente Figc Gravina, lo strumento cioè che dovrebbe ridefinire la classifica finale del campionato di serie A se – una volta ripartito – dovesse poi essere sospeso definitivamente. Ecco, il calcio italiano non smette mai di stupire. E dire che non si è ancora ripreso. Quando ripartirà scommettiamo che una delle prime questioni sarà l’incidenza arbitrale sul risultato? Le telecamere si soffermeranno più sugli spalti desolatamente vuoti oppure inquadreranno ogni millimetro di un’area di rigore? Proteste, contestazioni: non ci sarà nemmeno più bisogno di interpretare il labiale di giocatori, allenatori e arbitri. Il silenzio tombale di stadi trasformati in acquari ci farà ascoltare tutto. In attesa della Var e delle interpretazioni televisive corredate da sospetti e accuse, meglio dare uno sguardo a cosa si scrive, a cosa succede in Europa.
Ad esempio, il fattore “porte chiuse” potrebbe ribaltare partite e pronostico. In Germania la Bundesliga è in versione Geisterspiele da quindici giorni e dopo un avvio al rallentatore si è ripreso a segnare a valanga. Ma il dato più rilevante è un altro: il fattore casa è completamente saltato. Nell’ultima giornata su otto partite ben cinque sono state le vittorie esterne, compreso il 6-1 del Borussia Dortmund in casa del Padeborn. Più del 50%, dunque, anche se il Bayern in casa continua ad essere schiacciasassi. Ma il Bayern non fa statistica. Invece nelle complessive 35 gare in versione porte chiuse gli exploit esterni in Germania sono stati addirittura 17, 8 soltanto le vittorie casalinghe, dieci i pareggi. Una questione di pressione? Un fattore psicologico oppure situazionale?
Il quotidiano inglese Guardian ha pubblicato un report in attesa che il 17 riprenda la Premier League. Dove giocare nel proprio stadio e con il pubblico sugli spalti significa vincere il 45% delle partite e pareggiarne il 25%. Ma due studi (uno spagnolo e uno statunitense) dimostrano che non sono i tifosi a influenzare l’andamento delle partite di calcio: a incidere sarebbero gli arbitri. Involontariamente più restii a prendere decisioni discutibili contro la squadra di casa nel timore, magari subliminale, che gli spettatori gli si rivoltino contro. Quindi meno cartellini gialli e meno rigori fischiati contro: almeno questo dice il risultato della ricerca. In Germania finora discutibili decisioni arbitrali non ce ne sono state ma lì vanno sul pratico. Diversa è la visione latina del calcio. Quella del “Miedo escenico” ad esempio: la paura della scena, dello stadio avversario pieno, un concetto per anni cavalcato da Jorge Valdano, ex compagno di Maradona nella nazionale argentina, ex bandiera del Real Madrid, attualmente commentatore calcistico per El Pais. Proprio dalle colonne del quotidiano iberico ha espresso così il suo pensiero sul fattore porte chiuse, tornando sulla variabile arbitrale. «In assenza di pubblico l’arbitro non potrà giustificare la sua tendenza a essere casalingo». La presenza, o meglio l’assenza dei tifosi, però non conteranno soltanto per i direttori di gara. «Perché un calciatore fin quando non sfida un pubblico non sa che calciatore è. Ai più deboli serve trovare l’eroismo per battere i campioni e avere il tifoso al suo fianco lo trascina, al calciatore geniale serve la carica del tifoso per inventare. E poi ci sono partite che non appartengono più agli allenatori, perché la passione ambientale trascina i giocatori in un gioco meno programmato. Gli allenatori si disperano per quella furia che fa perdere loro il controllo della partita: senza tifosi una partita sarà una specie di opera ingegneristica». In Italia il grande vuoto come sarà riempito: dall’algoritmo o dalla Var?