“Chi vince festeggia, chi perde spiega”. Diventata aforisma sportivo largamente abusato, la celebre frase di Julio Velasco risuona in queste prime ore del 2022 inondando la pagina di una logorante – a tratti farsesca – vicenda. Durata sette mesi, chiusasi felicemente in un minuto, allo scoccare quasi dell’ultimo minuto utile: la vincolante manifestazione d’acquisto presentata dalla “Idi srl” di Danilo Iervolino per le quote societarie della Salernitana confluite nel “trust Salernitana 2021” accettata dai trustee Isgrò (Melior trust) e Bertoli (Widar trust) e comunicata telematicamente alla Figc, il via libera e la proroga di 45 giorni per la chiusura dell’operazione che ha così scongiurato l’esclusione a stagione in corso dalla serie A della società granata altrimenti destinata – già consunta e consumata – a finire tra ceneri, macerie e veleni, ricostretta a ripartire a giugno magari (chissà, con tanto di norma paventata ad hoc) dalla prima categoria professionistica ma senza denominazione, simbolo e colori. Sarebbe stato uno strazio. L’ennesimo, il terzo in appena sedici anni. Sarebbe stato un duro colpo anche per Gravina e per la Figc, già nel mirino per una serie di spinose vicende, ultima delle quali la Sampdoria di Ferrero con annesso trust di Vidal.
Una figuraccia planetaria mentre il presidente Figc si spende e si spande per trovare risorse, a caccia di credibilità nazionale e internazionale, alla disperata ricerca di aiuti dal Governo e di appoggi per organizzare un Europeo o Mondiale che faccia ripartire la giostra, alla disperata ricerca dei voti per provvedimenti e riforme che sono promesse e cambiali, macigni su una poltrona che traballa. La fine della vicenda ha invece riservato l’epilogo previsto, scontato e impresso a fuoco come la data di scadenza apposta allo strumento giuridico ammesso il 7 luglio per garantire l’iscrizione: messo così, come un vincolo a metà stagione, quel 31 dicembre che inevitabilmente ha mozzato potenzialità sportive e deprezzato valore economico, s’è rivelato come il giorno decisivo. Il copione era scritto da mesi, l’epilogo scontato. La Palice non è più tra noi da secoli, eppure sembra di leggerlo e ascoltarlo: proprio non poteva essere altrimenti.
A poche ore dal botto, il proprietario in pectore Danilo Iervolino – 43enne imprenditore brillante, dinamico, intraprendente, facoltoso è dir poco – ha iniziato a dipingere il nuovo corso granata. Interpellato, intervistato, interrogato a destra e a manca, non s’è per nulla risparmiato. In mano un preliminare e negli occhi il futuro. Ha cominciato così subito a illustrare il suo progetto, «innovativo, nel segno della discontinuità e dell’innovazione». Dal settore giovanile alle speranze di salvezza, dalle strutture sportive alle analisi finanziare predittive, dalle istituzioni al mondo del calcio «finora gestito in modo approssimativo», dal cuore dei tifosi ai modelli di presidenti «come Berlusconi e Moratti, esempi che hanno marchiato il calcio ma voglio marchiarlo a fuoco col mio nome, sono un neofita però ho idee chiare»: fiume di parole in un crescendo rossiniano la cui base di partenza resta ancorata però alla prima nota. Ripetuta a tutti, ribadita in ogni intervista. «È successo tutto negli ultimi giorni, ho deciso solo il 30 dicembre». Visti i temi trattati e la scelta dell’ultima ora, si può dire che il patron della Pegaso abbia sostenuto un corso intensivo e accelerato? Novantasei ore dal Capodanno certo gli saranno servite a capire come funziona la giostra pallonara, specie quando arriva un proprietario che i soldi li ha davvero: promesse, proposte, pressioni, richieste, raccomandazioni. La giostra gira già vorticosa, velocissima. Al calcio c’è chi ci si avvicina convinto di cambiarlo uscendone poi stravolto, sfinito, stremato. Cambiato. Il calcio tritura. Il pallone è una luccicante vetrina (fino al 31 il nome di Iervolino avrebbe detto poco se non agli esperti di settore, adesso il suo volto e le sue parole sono sulla bocca di tutti) ma è pure un’infida giungla. Se ne accorgerà, forse se ne sta già accorgendo.
Lo sa bene Claudio Lotito. È tra i più longevi presidenti di A. Odiato, attaccato, osteggiato, considerato come un ostacolo alle riforme, al cambiamento e al rinnovamento del calcio tricolore, come un conservatore per fini e interessi personali, dipinto come l’azzeccagarbugli, l’attaccabrighe, il sabotatore, il burattinaio, l’agitatore. Abituato ad andare sempre all’attacco, con atti e parole. Eppure stavolta ha scelto la strada del silenzio, del riserbo. E la persegue. Il giorno di Capodanno l’ha passato in conferenza col guardiano del trust – l’ex generale dei carabinieri Coppola, anche il cognato e co-patron Marco Mezzaroma ha fatto altrettanto con il guardiano scelto in estate, il dottor Ianiro – poi un confronto continuo con avvocati, consulenti e professori che va avanti da giorni. Valutare una serie d’interventi e iniziative per capire se nell’attività dei trustee ci siano precise responsabilità, magari se ci siano gli estremi per bloccare il passaggio della Salernitana – al momento c’è ancora solo un preliminare – nelle mani di Iervolino. Tentativo estremo, difficile, anzi no: impossibile. Il passaggio a Iervolino è blindato. Però è certo che gli ex proprietari si sentano espropriati, quasi defraudati, scippati. La causa da intentare nei confronti della Federazione è iniziativa scontata, e poi c’è un conto da regolare col nemico numero uno, Gravina: per loro troppo basso il controvalore di una società che in estate la Ernst&Young scelta dai trustee per una perizia aveva valutato poco sopra i 40 milioni, una società che – considerano ancora – abbia crediti e saldo positivo (oltre tre milioni di euro) ad esempio nella differenza tra entrate e uscite 2021/2022. Troppo bassa quella cifra (10 milioni di euro c’è scritto nel preliminare accettato, eppure tra poste, annessi e spese l’intero passaggio sfiora i 15) accettata dai trustee per il passaggio delle azioni della Salernitana. «Ognuno risponderà per le azioni che ha messo in atto, ognuno dovrà dar conto di come ha agito». Questa è l’unica frase che s’è lasciato scappare Lotito, questa ripete mettendo in fila possibili azioni e contromosse. Nel mirino i trustee che ad esempio in uno dei tanti comunicati ufficiali avevano precisato come “il termine del 31 dicembre non avrebbe influenzato il prezzo di vendita” – una serie di appunti e di richieste erano già state manifestate nel corso dei mesi, richieste avanzate dai guardiani (sulle modalità di vendita, sugli strumenti usati per presentarsi al mercato, sui tempi per la redazione e la messa a disposizione dei documenti) pare senza ottenere esaurienti risposte – e naturalmente la Figc: i due ex proprietari e disponenti scorgerebbero un disegno preciso al quarto piano di via Allegri, quasi un ruolo attivo e determinante nella determinazione del prezzo finale e persino nella scelta dell’acquirente. Intanto gli uffici della Federcalcio che assistono l’acquirente nel disbrigo delle pratiche hanno chiesto di accelerare i tempi e di chiudere la pratica dal notaio per paura di ricorsi e azioni di responsabilità. Una domanda risuona nelle stanze, sempre la stessa: una società di serie A con i conti a posto («non capisco come non sia stata ancora venduta una società sana come la Salernitana, non capisco come non ci siano state offerte congrue», l’ha detto Gravina il 21 dicembre) può essere ceduta per 10 milioni? Ceduta, oppure svenduta oppure regalata? Questo si chiedono, questo chiedono non solo gli ex patron.
E così, paradossalmente, quella voce ascoltata nel corso dei mesi (“i trustee si muovono dietro le direttive dei disponenti”) si sarebbe completamente ribaltata. Senza considerarne un’altra: i rapporti col generale Ugo Marchetti, nominato amministratore unico del trust, da mesi sono diventati freddissimi, così come quelli con il dg Angelo Fabiani. Tutti in ordine sparso e contrario da mesi, evidenti le frizioni tra i due cognati e quelli nel management. Ognuno per conto proprio, ognuno in ordine sparso. «Hanno dimenticato il buono anche molti di quelli che ho messo nella Salernitana»: la frase di Claudio Lotito pronunciata prima di Lazio-Salernitana a novembre avrebbe meritato magari almeno più attenzione. Avrebbe di certo risparmiato inutili fiumi d’inchiostro. Come un’altra, ad esempio quella pronunciata da Gravina a fine agosto, ad Agropoli invitato dall’amico-imprenditore Domenico Cerruti. «A Fabiani va dato il merito non tanto per la promozione in A della Salernitana quanto per aver salvato il diritto di partecipare al campionato di serie A». Una frase accompagnata da una foto, la maglia del capitano Di Tacchio donata da Fabiani al presidente della Figc. Un’altra foto sarebbe comparsa quattro mesi dopo, il 21 dicembre. A Roma, mentre il consiglio federale ascoltava la relazione di Gravina sulla questione Salernitana – niente proroga, esclusione senza cessione delle quote nonostante il via libera della serie A – entrava nel palazzo di vetro tappezzato di foto e di azzurro l’imprenditore (anche Gravina è un imprenditore, i figli portano avanti diverse aziende di famiglia, tra cui una di costruzioni edili) Domenico Cerruti, piombato in via Allegri per «fare gli auguri al mio amico Gabriele». Nemmeno poche ore ed ecco il tentativo disperato di Cerruti: trovare forze imprenditoriali disposte a cementarsi nel tentativo di rilevare le quote azionarie della Salernitana, evitandone così la fine. Un’operazione in extremis, partita tra squilli e fanfare eppure sgretolatasi, eclissatasi nel giro di pochi giorni. Finita anche questa in un elenco di tentativi e proposte tra criptovalute e obbligazioni, sigle opache e sconosciute, tentativi e proposte molte delle quali meriterebbero un’analisi approfondita per credibilità, serietà, solidità e trasparenza eppure pompate, pubblicizzate, veicolate. In una ridda di voci incontrollate la chiederebbe anche l’avvocato torinese Paulicelli che il primo dell’anno aveva annunciato a mezzo stampa di voler presentare un esposto alla Procura della Repubblica di Salerno: secondo il legale, opinionista calcistico in una tv privata piemontese, i trustee avrebbero rifiutato un’offerta avanzata da un fondo (subito etichettato come svizzero, eppure labili tracce di sloveno e impronte nazionali) per un importo superiore a quello offerto da Iervolino, addirittura avanzando la possibilità di presentare un ricorso cautelare coadiuvato dal commercialista comasco (residente a Lugano) Scarsella finito un anno fa al centro di una inchiesta della Procura di Como per false fatturazioni. In attesa dell’eventuale deposito dell’esposto alla Procura di Salerno, alla Procura di Roma ce n’è invece un altro presentato dai trustee dopo le accuse, i rilievi e i tentativi di un altro (ipotetico) pretendente. Carte che si aggiungono a carte. Una montagna. Nodi che chissà se mai saranno tutti sciolti. Certi e sicuri degli atti compiuti, della bontà delle condotte e della correttezza osservate, i trustee – ancora da soci del “Trust Salernitana 2021” e sollevati dall’acquirente da ogni responsabilità, devono avviarsi ad approvare il bilancio d’esercizio (quello al 30 giugno 2021, perdita di 1,6 milioni di euro, nella proposta vincolante d’acquisto accettata l’acquirente “dichiara di ben conoscere le situazioni giuridiche attive e passive della società e di conoscere dettagliatamente e di accettare integralmente, senza riserve di alcun tipo, la situazione economico-patrimoniale e finanziaria attuale e prospettica della società, senza condizione alcuna, non trovando nulla da eccepire o contestare”, da precisare che le perdite d’esercizio dell’anno 2020/21 possono per una norma essere ricapitalizzate in 5 anni) vista la certificata, agognata e raggiunta continuità aziendale (i numeri quelli sono, c’è solo da modificare il capitolo sulla relazione della gestione e il paragrafo sulla continuità aziendale, dopo la relazione della società di revisione dovrebbero passare quindici giorni per la convocazione dell’assemblea che deve approvare il bilancio ma per accelerare i tempi c’è la possibilità di avvalersi della “rinuncia ai termini” e quindi di riunirsi subito consentendo così a Iervolino di essere operativo al più presto dopo la firma dell’atto notarile) – mentre rifiniscono la relazione sui sei mesi di mandato e cioè atti, passaggi, azioni. Carte: c’è da scommettere, saranno fonte di cause e ricorsi.
Intanto, a proposito di nodi, intrecci e battaglie. “A fine anno si è sciolto il nodo Salernitana: colpo di fortuna o altro?”. Questa la domanda solennemente posta a Gravina che, entrando nel nuovo anno per lui prodigo di speranze e progetti, ha risposto così. «Non è stato un colpo di fortuna. È stata il frutto di un’indicazione chiara e coerente della Figc. A me interessava solo far rispettare le regole, esserci riusciti senza mortificare la passione dei salernitani rappresenta una grande soddisfazione». Parole centellinate e affilate, un’autocelebrazione in tempi di magra, una pennellata per ridare colore a quel volto sempre più teso e nervoso: dalle plusvalenze al caso Suarez, dalla Superlega alla Sampdoria, dai debiti dei club alle richieste al Governo, dallo spettro del Mondiale alla questione fondi, il calcio italiano aveva bisogno di un punto a favore (almeno sulle colonne e sugli schermi nazionali, peccato che sponsor e pubblicità non arrivino oltreconfine) per ridarsi un tocco di credibilità. Per Gravina il caso Salernitana poi era un caso speciale, una questione personale, molto più della semplice e controversa questione multiproprietà: il braccio di ferro con Lotito va avanti da più di un anno, ogni punto oggetto di scontro virulento, fragoroso. Persa la guerra sui tamponi, persa soprattutto la possibilità di spazzarlo per sempre dal consiglio federale attraverso le sentenze della giustizia sportiva, Gravina adesso si gode il momento. La vittoria. Sonante, pesante: mentre Iervolino gasa e si gasa da futuro presidente granata, «presidente tifoso, anzi tifosissimo» ha sottolineato, mentre gli esclusi rimuginano (?) e gli ex proprietari provano a scuotersi dallo smacco, il presidente federale festeggia. Considerato il salvatore della patria, più ancora di Iervolino. Considerato come il custode fermo e rispettoso delle regole. Magari si prepara anche a onorare la promessa fatta al termine del consiglio federale del 21 dicembre. Quando al fuoco di fila dei tanti giornalisti – domande, dubbi, richieste – aveva così risposto. «La Salernitana è una società sana, scommettiamo che in questi dieci giorni verrà venduta? Sono pronto a pagare una cena a tutti voi». Così il presidente Figc, come fosse al tavolo di una trattoria tra amici e non nel palazzo della Federazione. Giancarlo Abete, suo predecessore in quel palazzo, più abituato forse a mantenere controllo e avere il senso delle istituzioni, il giorno dopo aveva inquadrato meglio la questione. Ormai agli sgoccioli. Ormai instradata. «Siamo nel pieno dell’iter esistente che dal qui al 31 dicembre realizzerà la parte più significativa. Se ci sarà qualcuno con una proposta, la farà a ridosso della scadenza. Il trustee cercherà fino all’ultimo di realizzare l’obiettivo massimo, altrimenti le norme sono quelle, ovvero che bisognerà ridurre il prezzo in base al mercato. Il pericolo è che ci potrebbero essere soggetti poco affidabili. Il trustee si renderà conto se accettare offerte di qualità pervenute o andare incontro all’eliminazione dal campionato con tutti i problemi legati al patrimonio societario. Sono fiducioso». Più chiaro di così? Più veggente di così? A completare le “voci di dentro”, ecco quella di un autorevole conoscitore di tutti i meandri di via Allegri, uno che ne ha viste passare tante e che proprio a chiusura dell’ultimo consiglio federale dell’anno avrebbe così inquadrato l’esito Salernitana. “Gravina? Concettualmente vuole creare danno a Lotito. Va avanti così da mesi. E ci riuscirà in ogni caso. O facendo accettare ai trustee una proposta sottoprezzo, sarò capzioso e dico magari favorendo qualcuno. Oppure estromettendolo dal campionato. Lotito perde, perderà comunque. Un’eventuale proroga? Possibile, ma solo se l’eventuale acquirente può interessargli. Altrimenti…”.
E così, agli sgoccioli dell’anno 2021, negli ultimi minuti prima della mezzanotte, ecco sciogliersi definitivamente il nodo, dopo un vorticoso giro di mail e comunicazioni via pec. I trustee accettano la proposta vincolante dell’acquirente – il giorno prima aveva messo sul piatto l’offerta immodificabile pare precisando di non voler partecipare ad aste, alle 14 del giorno 31 ecco il bonifico, pochi minuti prima delle 17 l’invio di tutta la documentazione – offerta a un prezzo di parecchio inferiore a quello per il quale i trustee avrebbero (27?) – pare – dovuto chiedere un parere ai guardiani dei disponenti. Un paio di ore prima delle 24 – mentre si diffondevano voci su offerte di un fondo svizzero e di un interesse americano – pare che i trustee avessero provato anche a esplorare il pensiero Figc su eventuale proroga, ricevendo però parere negativo: “La vicenda deve solennemente chiudersi al 31 dicembre”. Nel palazzo di via Allegri da giorni è caccia alla talpa, a chi avrebbe passato documenti sulle plusvalenze a qualche organo di stampa. Plusvalenze e talpe: la vicenda scotta parecchio, la vicenda non è chiusa. Almeno un sospiro: l’affaire Salernitana-Lotito sì.
Vicenda chiusa, sigillata telematicamente. Via pec la comunicazione a Giancarlo Viglione, il braccio destro di Gravina, l’avvocato che per mesi si è occupato in prima persona della questione Salernitana, la carriera ministeriale cominciata sotto l’egida del salernitano Alfonso Pecoraro Scanio e poi il salto, il cambio del re e la scalata in via Allegri. E via pec la comunicazione dei trustee all’acquirente, spedita alla casella di posta elettronica dello studio legale dal quale era partita la proposta vincolante d’acquisto formulata dalla “Idi srl”. Lo studio legale dell’avvocato Rino Sica, titolare della cattedra universitaria di “Diritto Privato”, professore di “Diritto Sportivo”, una serie di titoli accademici e una quantità industriale d’impegni, tra cui quello svolto per anni in Figc come componente della Corte federale d’Appello. Curiosamente, la vicenda trust partita a fine maggio da quello studio, sette mesi dopo si sarebbe chiusa proprio lì. Perché a Rino Sica si era rivolta la Salernitana di Lotito e Mezzaroma per interloquire con la Figc, per trovare una via d’uscita, per trovare l’intesa su un trust che ottenesse il via libera della federazione se non fosse nel frattempo spuntato l’acquirente disposto a rilevare la società all’astronomico prezzo fatto da Lotito. Giorni affilati, pasticciati, logoranti. Trascorsi tra presunte offerte di acquisto di presunti acquirenti, altre proposte irricevibili e opache, il desiderio specie di Lotito di non cedere, di andare fino in fondo al braccio di ferro, stessa scelta fatta da Gravina. E anche con Sica si sarebbe poi consumata la rottura, quel parere pro veritate rimasto lì, come la prima formulazione del trust. Agli sgoccioli, anche qui dopo uno scambio di bozze e frecciate, dopo un cambio di mani e d’inchiostro (la consulenza dell’avvocato Silvia Morescanti), si sarebbe arrivati alla stesura del nuovo trust. Al via libera della Figc ma solo fino al 31 dicembre, eppure nessuno o quasi a chiedersi: ma se la Figc ha accertato la condizione di autonomia e indipendenza da Lotito e Mezzaroma, perché fissare come limite metà stagione e non tutta, magari però scrivendo a caratteri cubitali che in caso di mancata cessione a fine stagione la Salernitana sarebbe stata esclusa da tutti i campionati? Perché fissare paletti ben più rigidi (tra l’altro inaspriti in corsa, ad aprile) di quelli previsti dall’art. 16 bis delle Noif? Perché fissare un limite innaturale rispetto alla stagione agonistica e diverso da quello delle altre 19 partecipanti? Altro che via d’uscita, come non pensare che sarebbe stato un cappio? Un cappio, soffocante: come non pensare che un acquirente non aspettasse l’ultimo giorno utile per acquistare la società, come non pensare che nel corso dei mesi il valore del club sarebbe precipitato al precipitare delle condizioni di classifica, come non pensare che le garanzie e le aspettative da offrire sul mercato avrebbero tenuto lontano tecnici e calciatori? Come non pensare persino che i risultati del campionato di serie A sarebbero risultati quantomeno influenzati da questa condizione di acclarata, palese, inferiorità? Come non pensare che tutto si sarebbe risolto solo con un bel fiocco ma solo nell’ultimo giorno dell’anno solare? Domande però che appartengono ormai al passato. Archiviate, cestinate, all’ingresso del nuovo anno. Del nuovo corso. Del nuovo orizzonte, schiusosi con l’irruzione di Danilo Iervolino. L’incubo è passato, la figuraccia sventata. Gravina sorride, Lotito si corrode, Iervolino infiamma.
Ha rilevato la Salernitana per quasi 15 milioni di euro, nella proposta presentata ai trustee l’impegno a investirne altrettanti (da gennaio a giugno sono in arrivo altri milioni di euro dai diritti tv) per tentare l’ardua impresa salvezza: certo comunque, numeri, impegni, garanzie e dettagli tali per presentarsi come la proposta migliore, quella congrua, in grado di scongiurare non soltanto l’esclusione e la sopravvivenza ma anche e soprattutto un roseo e brillante futuro al club. Realmente, l’unica. La sola proposta giusta, azzeccata, aderente, considerati poi i tempi e i “potenziali” rivali: come rifiutarla? Non potevano certo farlo i trustee Isgrò e Bertoli, ormai giunti stremati e sfiniti agli ultimi giorni della vicenda, dopo una serie di consultazioni e riunioni anche in via Allegri (più volte pare avessero ripetuto al duo Gravina-Viglione, “la strada è difficile se non impraticabile, attenzione che poi la patata bollente toccherà a voi…”), incoraggiati, spronati e rassicurati sulla strada ormai scelta.
Le scelte. Toccano adesso a Danilo Iervolino. Imprenditore di successo, dinamico, facoltoso, intraprendente, già prodigo di proclami e progetti prima ancora di diventare a tutti gli effetti proprietario del club. Parole adesso da tramutare in fatti. E atti. Dopo il bonifico dei 500mila euro come cauzione, bisogna rifinire la proposta vincolante in acquisto delle quote. E dunque il versamento dell’importo fissato per l’acquisto da parte della Idi srl (amministratore unico Generoso De Luca, cugino di Iervolino), l’atto notarile (il notaio è a Napoli), la prima assemblea che definirà il cda e che procederà alle prime nomine operative. Tempi che si provano a bruciare per essere sul prato il prima possibile. Detto della questione bilancio e della possibilità di avvalersi della rinuncia ai termini, l’atto notarile metterà così fine al trust, segnerà l’addio della gestione Marchetti: fino a quel giorno tutto bloccato, tutto in stand-by. Entro quindici giorni dall’atto notarile poi tutta la documentazione relativa all’acquisto dovrà essere spedita via pec alla Co. A. P. S. (sigla che sta per Commissione acquisizione partecipazioni societarie) della Figc, commissione presieduta dall’avvocato Pierfrancesco Bruno e nella quale figura Giancarlo Gentile, esponente di lungo corso federale da poco cooptato da Abete nella reggenza Lnd. La documentazione prevede: atto notarile di acquisizione/cessione, verbale assembleare di aumento di capitale, visure camerali aggiornate e altro ancora. L’acquirente dovrà produrre poi la documentazione che comprovi il possesso dei requisiti di onorabilità e solidità finanziaria. Passaggi sostanziali e formali, passaggi che Iervolino e la società acquirente non avranno difficoltà a compiere perché in pieno possesso di titoli e requisiti, passaggi questi che non comporteranno uno stallo nell’attività perché dalla stipula dell’atto di acquisto la società calcistica sarà pienamente operativa: alla Commissione della Figc spetta solo una valutazione dei documenti. Del resto poi la Figc già conosce le garanzie e i requisiti prodotti da Iervolino. Considerato come una ventata d’aria fresca e giovane per tutto il movimento calcistico tricolore, l’immagine di un imprenditore italiano giovane, serio, credibile, spendibile, un imprenditore che rileva una società di serie A dopo tanti anni marchiati da una serie di acquisizioni estere legate a fondi spesso impersonali, uno che investe nel calcio italiano e nella serie A che ha società che si reggono grazie ad equilibrismi finanziari, a passaggi azionari opachi, a prestiti, a promesse di aumenti di capitale, a deroghe (e sospensioni) su adempimenti fiscali e versamenti previdenziali, a società che passano ai fondi eppure gli ex proprietari restano con incarichi di consulenza e rappresentanza. Come non dare il benvenuto? Come non darlo proprio a lui, a “Mister Miliardo”?
È questa la sbrigativa etichetta che subito è stata data a Danilo Iervolino, eppure l’etichetta non rende merito al successo ed al percorso dell’imprenditore. Il fondatore di Pegaso, l’università telematica diventata in sedici anni un colosso, dall’argilla degli istituti paritari scolastici di famiglia edificata a vero gigante tanto da diventare oggetto d’interesse dell’alta finanza internazionale: l’ateneo valutato un miliardo di euro e ceduto in due tranche (la prima nel 2019) al fondo di private equity britannico Cvc Capital Partners, operazione definitivamente chiusa con l’acquisto delle quote della holding Multiversity a settembre del 2021, due mesi dopo l’archiviazione del Riesame del tribunale di Napoli dell’inchiesta avviata a febbraio dalla Procura per una presunta corruzione e che avrebbe visto poi iscritti nel registro degli indagati Danilo Iervolino e alcuni tra i suoi più stretti collaboratori (anche Maria Rosaria Andria, capo ufficio marketing e comunicazione di Pegaso e figlia dell’ex parlamentare salernitano Alfonso Andria), tra questi l’avvocato Francesco Fimmanò ed il commercialista Luciano Bifolco, due preziosi consulenti di Iervolino che da novembre hanno studiato anche il fascicolo Salernitana valutandone l’acquisizione. Accuse stroncate, sbriciolate, posizioni tutte archiviate dal Riesame e cestinate a luglio: a settembre il via libera alla chiusura dell’operazione con Cvc Capital Partners. Un’operazione brillante avviata da Iervolino tre anni prima, rapporti sempre più stretti con la casa madre britannica e trattative intessute e strette con i vertici italiani del fondo di private equity, i manager Giampiero Mazza e Andrea Ferrante. Un’operazione come un biglietto da visita delle capacità imprenditoriali e relazionali del 43enne di Palma Campania, sempre in equilibrio anche quando c’è da fare i conti con la politica, in buoni rapporti con Berlusconi ma anche Renzi, con una corrente del Pd ma anche con il governatore della Campania Vincenzo De Luca, «l’unico politico che realmente si è interessato alla vicenda Salernitana e col quale ho parlato», aveva detto Gravina al termine dell’ultimo consiglio federale. Felice di accogliere – lui come il presidente di Lega (e vice-presidente federale) Paolo Dal Pino – un imprenditore come Iervolino capace di interloquire e con successo con i vertici dei principali fondi internazionali. Quell’operazione come un biglietto da visita e magari anche come un passapartout, una chiave per riaprire un discorso bruscamente naufragato quasi in primavera, proprio quando stava per essere messa la firma all’accordo tra la Lega serie A e Cvc Capital Partners (in consorzio con Advent e Fsi): acquistando il 10% di una media-company appositamente creata, il fondo avrebbe versato 1,6 miliardi di euro. Cvc Capital Partners, lo stesso fondo che ha rilevato Pegaso, lo stesso fondo stoppato in via Rosellini da una fronda guidata dal duo Lotito-De Laurentiis capaci di raccogliere i voti necessari a bloccare la firma dell’accordo, progetto naufragato tra le ire del blocco che ha in Gravina, Dal Pino, Scaroni e Cairo i più tenaci e ardenti sostenitori. Un progetto solo accantonato, pronto a essere ripreso ora che la Lega dovrà uniformarsi ai nuovi principi informatori dettati da Gravina e Figc: quorum più basso nelle assemblee di Lega per decisioni strategiche. Alla Lega A, alla Figc di Gravina, serve il sì al fondo di private equity che sistemi le traballanti fondamenta del pallone italiano. L’ingresso di Iervolino – “mister miliardo”, l’imprenditore capace di chiudere l’accordo con Cvc – un altro tassello, scontato il sì della Salernitana quando si andrà alla conta, perché ogni voto è diventato necessario alla causa. È la madre di tutte le guerre, è un momento che Gravina attende da più di un anno: perché è proprio sulla vicenda fondi che s’era consumata la rottura definitiva con l’ex amico Lotito. Da allora una serie di battaglie, fino a quella sulla Salernitana. Questa vinta da Gravina. Un danno ingente per Lotito. Patrimoniale e d’immagine. Ancor più vinta perché il nuovo presidente granata, il successore di Lotito, è un convinto sostenitore dell’operazione fondi: per Gravina una goduria, per Lotito un altro smacco. Potrebbe mai far mancare il proprio voto proprio Iervolino? Potrebbe mai dire di no?
No, grazie. «Non c’è alcuna interlocuzione né ho mai avanzato proposte o fatto incontri per intavolare una possibile trattativa per l’acquisizione della società. Auguro alla Salernitana ogni bene e importanti risultati, anche per la sua straordinaria ed entusiasmante tifoseria». Era il 10 novembre del 2021, erano le parole di Danilo Iervolino che smentiva così le voci sul possibile acquisto del club. Voci erano già circolate a giugno, ma in quel momento i pensieri erano altrove: alla diversificazione degli investimenti – telemedicina cyber security – e all’inchiesta della Procura di Napoli ancora in piedi. Erano ritornate ai primi di settembre, ma anche allora i pensieri erano altrove: stava per essere concluso l’accordo con Cvc. Quasi due mesi dopo, nuove voci e altre indiscrezioni, consulenti e qualche amico imprenditore stava soffiando sul tavolo del patron di Pegaso: “acquistare la Salernitana potrebbe essere un affare, il calcio offre margini di investimento, crescita e vetrina, in una piazza come Salerno poi…”. Il discorso granata in sospeso, eppure il capitolo di un possibile ingresso nel calcio costantemente alimentato, caldeggiato soprattutto da un paio di consulenti: c’era già stata la possibilità di entrare nel Palermo, dopo i sondaggi i primi contatti con il presidente Mirri alla ricerca di un socio forte dopo la rottura con l’italo-americano Di Piazza. Un affare che pareva possibile e poi invece saltato, la trattativa portata avanti da alcuni consulenti di Iervolino. Due, in particolare. L’avvocato Francesco Fimmanò e l’imprenditore Giovanni Lombardi. Due nomi non nuovi, nell’universo Salernitana. Il primo era il legale a cui si affidò il presidente Aniello Aliberti nella causa intentata alla Figc dopo l’esclusione dai campionati della Salernitana nel 2005. Il professore avviò l’azione giudiziaria nei confronti della federazione all’epoca presieduta da Carraro (segretario Ghirelli): una causa ben incardinata per risarcimento danni che dopo il fallimento del club (decretato un anno dopo) sarebbe dovuta passare in carico alla curatela fallimentare. Passò invece in Figc l’avvocato Fimmanò, nominato componente della Corte federale d’Appello. Dopo l’esperienza in Figc – dove ha mantenuto parecchie amicizie – è diventato uno dei legali di Pegaso, direttore scientifico e direttore della scuola di specializzazione. Alla Salernitana non ha mai smesso di pensare invece Giovanni Lombardi: nel 2011 era ormai convinto di avercela fatta, poi però l’allora sindaco De Luca – spinto da un nugolo di consigliori – gli preferì la coppia Lotito-Mezzaroma per far ripartire il calcio a Salerno dopo il fallimento della Salernitana del costruttore edile Antonio Lombardi, nel 2005 scelto dall’allora sindaco Mario De Biase. Storie di fallimenti calcistici e imprenditoriali, una storia lunga come una storia lunga sarebbe scrivere delle tante esperienze calcistiche di Giovanni Lombardi, una girandola dalla Scafatese alla Cavese, dalla Casertana al Benevento, esperienze consumate tra veleni, polemiche, divorzi, pochi successi e qualche clamore, ad esempio il primo presidente di calcio a ricevere un daspo (era il 2016) per un’invasione di campo. Una lunga esperienza in Lega Pro nel corso della quale ha avuto modo di conoscere bene Gravina e Ghirelli, ad esempio. Da qualche anno in astinenza calcistica, da qualche anno il suo nome ha cominciato a comparire sempre di più sulle pagine di cronaca giudiziaria, quasi come una sorta di contrappasso alla scelta di gettarsi a capo fitto anche nel campo dell’editoria, prima con Metropolis e poi nell’acquisizione del quotidiano “La Città” da Gedi Editoriale, una pagina triste e amara ancora al vaglio dell’autorità giudiziaria dopo il fallimento della società che in fitto editava la testata dopo una girandola di società, soci e amministratori: nel 2017 e poi nel 2019 indagato per reati tributari, il suo nome un anno fa comparso poi nell’indagine sull’impero del boss stabiese Adolfo Greco. Il suo nome adesso invece corre per un posto nella nuova Salernitana, c’è chi sussurra come dopo l’atto notarile di passaggio delle quote e al primo consiglio d’amministrazione della società Giovanni Lombardi possa ricevere un’investitura ufficiale, c’è chi suggerisce come amministratore chi invece come direttore generale. Chiacchiere, per ora.
Le scelte spettano a Danilo Iervolino. Brillante, facoltoso, intelligente: ha i mezzi per far bene, per imprimere davvero una svolta guardando soprattutto al futuro più che al complicato presente. Intanto ha chiuso il 2021 con il botto. Il 30 dicembre la Idi Srl ha acquistato il 51% delle azioni di Bfc Media (società editoriale impegnata nel campo dell’informazione finanziaria) staccando un assegno di 6 milioni di euro (la società di revisione impegnata è la Bdo, la stessa che ha certificato il bilancio del club granata, società di revisione conosciuta e apprezzata in Figc), il giorno dopo s’è impegnata a versarne poco più del doppio per rilevare il 100% delle azioni della Salernitana mettendo così fine al trust, spazzando 177 giorni logoranti, chiudendo una guerra consumata sulla pelle della U. S. Salernitana 1919, motivando così, poche ore prima del brindisi e dell’ufficale via libera, la scelta di scendere in campo. «Vederla finire così sarebbe stata una disgrazia». Sei parole. Valgono e pesano davvero più delle migliaia profuse in questi primi giorni di giustificata euforia e di comprensibile sovraesposizione. La palla adesso però passa al campo. Lì dove solo chi vince festeggia e chi perde spiega. Il resto è solo cinema. Tanto che per restare in tema e all’attualità, per racchiudere compiutamente questi sette mesi, un titolo da dare alla fine di questa vicenda potrebbe essere: È stata la mano di…