Bruciato, fulminato e trombato nel 2021 quando correva da candidato presidente alla Lega di serie B (alla fine fu rieletto Balata dopo l’accordo Gravina–Galliani–Sebastiani, leggi qui e qui), bruciato, fulminato e trombato nel 2022 quando correva da candidato come consigliere indipendente della Lega serie A (alla fine fu eletto, non senza veleni e ricorsi, Gaetano Blandini sponsorizzato da Claudio Lotito, leggi qui), Ezio Maria Simonelli sfaterà il proverbio del “non c’è due senza tre” coronando così la volata alla presidenza della Lega serie A come da auspici anche del presidente federale Gabriele Gravina che intanto continua nel processo di “normalizzazione” di tutte le componenti federali assoggettandole tutte (nel caso di specie si è speso, e molto, coi presidenti di A per Simonelli mentre pare che il ministro dello Sport Andrea Abodi caldeggiasse il presidente della Lega A di basket Umberto Gandini, anche lui al tempo anni fa nella galassia del Milan di Berlusconi così come Simonelli) e preparandosi così alla scontata e plebiscitaria rielezione a presidente federale del 3 febbraio, saltando a piè pari anche il probabile (viene dato per scontato) rinvio a giudizio che la Procura di Roma pare possa notificargli ad inizio del nuovo anno?
Per varcare il portone di via Rosellini a Milano a Ezio Maria Simonelli servono quattordici voti su venti, uno in meno di quelli con i quali lunedì Paolo Bedin è stato eletto alla presidenza della Lega serie B (stesso indirizzo, stesso palazzo e più o meno stesse lunghe e velenose dinamiche, leggi qui ultima puntata) alla terza votazione, quando in realtà gliene sarebbero bastati appena undici. A Milano, venerdì, va in scena la seconda votazione, serve ancora il quorum di 14 per diventare presidente succedendo così al professore Lorenzo Casini, sfiduciato (pare sia ormai inviso non solo dalla maggioranza dei presidenti ma anche da parecchi nel condominio di via Rosellini 4), mollato anche dai suoi grandi elettori (Lotito e De Laurentiis) e nemmeno più candidato.
Al primo tentativo (9 dicembre), da unico candidato, Simonelli aveva raccolto 13 voti, due in meno però di quelli che gli erano stati accreditati alla vigilia, due voti (mancanti) alla fine però decisivi: perché dalla maggioranza guidata dal trio Inter, Atalanta e Juventus e composta da Bologna, Venezia, Udinese, Roma, Como, Parma, Fiorentina, Monza, Milan e Cagliari se ne erano sfilate due, una a votare no insieme a Lazio, Napoli, Lecce, Empoli, Verona mentre l’altra sulla scheda avrebbe provocatoriamente scritto Mario Draghi. Secondo ricostruzioni e ammissioni, ad annullare il voto scrivendo il nome dell’ex premier sarebbe stato il patron del Torino (l’editore di Gazzetta e Corriere da un po’ mostra segni continui di volubilità) Urbano Cairo che dunque si sarebbe (momentaneamente) sfilato dalla maggioranza insieme al Genoa, trincerandosi assieme dietro la richiesta di chiarimenti sulla candidabilità-eleggibilità di Simonelli.
Voci insistenti di Palazzo dicono però che il Torino venerdì in assemblea voterà per Simonelli, mentre lo farà di sicuro il Genoa che domenica sera l’ha incrociato (e incontrato, e il colloquio di chiarimento e rassicurazioni pare abbia dato frutti fecondi) in tribuna a San Siro mentre intanto il Milan inutilmente provava a battere i liguri allenati dall’ex rossonero Vieira. L’ultimo exit-poll dell’immediata vigilia accredita così al commercialista-tributarista milanese un pacchetto di 14/15 voti, margine certo per l’elezione e che magari potrebbe anche allargarsi se qualche altro club decidesse di accordarsi (spesso capita di salire in corsa sul carro dell’annunciato vincitore…) certificando così il rovesciamento degli equilibri in Lega A con l’asse Lotito-De Laurentiis in (apparente) caduta e un nuovo assetto di governo assai vicino (e gradito) al presidente federale Gravina.
Perché c’è voglia e fretta di chiudere, tra i presidenti corre forte e condiviso il desiderio di eleggere il nuovo presidente di Lega A prima di Natale, senza doversi così ritrovare il 10 gennaio per una nuova votazione, quando poi servirebbe la maggioranza semplice (11 voti) e il fronte pare compatto: c’è voglia di chiudere con la fumata bianca anche per una questione di immagine. Tra quindici giorni si vola in Arabia Saudita per la giostra della Supercoppa italiana: la serie A potrebbe presentarsi all’appuntamento senza il suo (nuovo) presidente, o con un presidente uscente (Casini) che non ha più forza e consensi? Il diktat sembra uno soltanto: volare a Riad mettendo così in valigia il nuovo pacchetto e archiviando così anche il parere del professore Natalino Irti che dieci giorni fa aveva fatto da baluardo (e per qualcuno) pretesto e scoglio all’elezione di Simonelli in primissima battuta: è questo il dettato che circola sempre più prepotente nelle stanze dei club di A, nei corridoi di via Rosellini a Milano e naturalmente anche nel palazzo di vetro in via Allegri a Roma.
Il parere pro veritate dell’illustre giurista – reso il 7 dicembre su richiesta del presidente Casini sollecitato dalle istanze di alcuni club – si chiude (sono in tutto sei pagine) con questa frase, relativa a norme e cavilli statutari: “Il soggetto, che si candidi all’ufficio di Presidente, deve di necessità possedere un previo requisito di indipendenza (nell’accezione propria dell’articolo 10 dello Statuto), e non può valersi del semplice requisito di compatibilità, ottenibile con atto dismissivo, condizionante l’efficacia di già avvenuta elezione”. Questo principio di indipendenza prescrive che non ci sia alcun “rapporto a qualsiasi titolo con le società associate e/o con gli azionisti di riferimento e le controllate delle società associate”. In sostanza, e in sintesi: chi si candida come presidente deve possedere al momento della presentazione della candidatura il requisito di indipendenza, e qualsiasi atto successivo, che ne certificasse l’indipendenza, renderebbe l’elezione soggetta a impugnazioni, ricorsi, annullamento e annessa figuraccia. Per dirla ancor più semplicemente: secondo il parere di Irti – secondo cioè quanto prescritto dall’articolo 10 e dall’articolo 14 dello Statuto di Lega – le dimissioni (successive all’invio della candidatura) dagli incarichi potenzialmente in conflitto (Mediaset, Fininvest, Mondadori ma anche Sisal) di Simonelli non sanerebbero il vulnus dell’indipendenza. In una pec inviata a corredo della candidatura, Simonelli ha promesso che si sarebbe dimesso da tutte le cariche potenzialmente (e realmente, il Monza ad esempio fa ancora capo al gruppo Fininvest; pare che per due volte, proprio a ridosso del closing, le trattative di cessione si siano arenate) in conflitto (per inciso, da Mediaset si è già dimesso). Sono stati chiesti pareri ad altri giuristi, e si è (ancora) in attesa di quello del Collegio dei Revisori della Lega A, organo anch’esso in scadenza…
L’ingresso di questioni giuridiche pone però dinanzi a una domanda: se la maggioranza va avanti (come ha annunciato) con Simonelli, dopo la sua eventuale elezione chi muoverebbe il ricorso, e soprattutto in quali stanze si discuterebbe questo ricorso? Si andrebbe dinanzi al tribunale federale, poi alla corte federale d’appello, e infine al Collegio di Garanzia. Dunque, l’affaire sarebbe oggetto di giudizio da parte degli organi di giustizia della Figc, federazione governata da Gravina… Secondo tema: l’opposizione di Lotito (e De Laurentiis) diventata minoranza avrebbe il tempo, il modo e la convenienza a portare avanti questa battaglia? “Lotito non combatte le cause che sa già perse” è la solita voce che ricorre anche stavolta. Come un’altra: “Lotito si farà piacere anche Simonelli, anzi vedrete che alla fine Simonelli risponderà anche alle istanze del patron della Lazio”. A corredo di questa lettura, c’è da ricordare come fu proprio Lotito nel 2021 a candidare Simonelli per l’elezione di Lega B in contrapposizione a Balata. Allora andò male, stavolta potrebbe andare male ma non troppo: in fondo a Lotito preme, a questo punto, conservare una poltrona da consigliere federale e dunque…
A proposito di consiglio federale: Luigi De Laurentiis, presidente del Bari e figlio di Aurelio, è stato eletto vice-presidente di Lega serie B e proprio lui potrebbe essere il secondo consigliere federale in quota cadetta insieme al presidente Bedin. Quanto ai consiglieri federali di Lega A, oltre a Marotta e Lotito che corrono per la riconferma, c’è adesso un altro posto da assegnare. In lizza ci sarebbero Fenucci (Bologna) e Campoccia (Udinese). Venerdì, da programma, si voterà anche per il rinnovo delle altre cariche, a partire da quella dell’amministratore delegato Luigi De Siervo. Ma sull’elezione (e sulle altre cariche) dell’ad di Lega serie A l’intenzione condivisa è quella di procedere in seconda battuta: eleggere cioè prima e solo il presidente, e poi rimandare al nuovo anno tutto il resto. Il manager fiorentino, nonostante un dossier anonimo circolato negli ultimi giorni e qualche malumore dei club per alcune operazioni, pare goda di buon vento: i presidenti però con lui vogliono prima stabilire un programma e un piano di interventi, precisare e definire gli ambiti e le sfere d’azione, per poi procedere al voto e al nuovo mandato (con annessa definizione dello stipendio) quadriennale.
Intanto, nell’imminente consiglio federale (e sempre in attesa che la “vecchia” Covisoc venga sostituita dall’Autority voluta dal ministro Abodi), andrà in approvazione (a questo punto bulgara) il nuovo manuale delle licenze sportive, cioè quello che prescrive gli adempimenti e le certificazioni che i club (di A, B, Lega Pro) dovranno produrre per iscriversi al prossimo campionato (2025/2026).
«Un grandissimo successo l’approvazione da parte del consiglio federale del Piano Strategico del Sistema Calcio. Un’approvazione arrivata a conclusione di un articolato processo di confronto tra tutte le componenti federali, sul tema delle riforme. Sono molto soddisfatto perché abbiamo raggiunto un ottimo risultato nell’ottica del risanamento economico-finanziario del calcio italiano. Avevamo preso un impegno verso gli stakeholders, anche e soprattutto verso coloro che seguono il calcio con passione, e lo abbiamo mantenuto. Questo percorso di sostenibilità pluriennale, graduale e proporzionale ci qualifica anche rispetto alle istituzioni, al Governo in particolare, perché rappresenta un’importante assunzione di responsabilità. È sulla sostenibilità economico-finanziaria che si è inizialmente incentrata l’iniziativa riformatrice, con l’obiettivo di arrivare ad un sostanziale risanamento dell’attuale criticità in un arco temporale di cinque anni. Nello specifico, ferma restando la successiva individuazione delle sanzioni per coloro che non rientrano nei parametri stabiliti, sono stati introdotti principi volti all’irrigidimento delle normative riguardanti la stabilità economico-finanziaria dei club e a un maggior numero di controlli durante la stagione sportiva»: così diceva Gravina il 28 marzo 2024, cioè esattamente nove mesi fa.
Il consiglio federale cioè approvava i nuovi principi (nuovi dunque, rispetto a quelli in vigore per il 2024/25) destinati a irrigidire le normative (e dunque gli adempimenti) sulla stabilità economico-finanziaria delle società. Ebbene, non è colpa di un effetto ottico né di una cattiva lettura (la bozza del Manuale che andrà in approvazione l’abbiamo letta tre volte con le modifiche – colorate di giallo – apportate): spariti (e mai tornati) gli indicatori di liquidità, il Manuale per le licenze 2025/26 è praticamente (tranne qualche dettaglio su incentivi all’esodo etc. etc.) identico a quello della scorsa stagione. Degli “irrigidimenti delle normative” annunciate il 28 marzo da Gravina non v’è proprio traccia. Con l’arrivo del Natale è pronto l’ennesimo pacco dono. Che sia tutta colpa della campagna elettorale e dell’assemblea straordinaria di novembre (leggi qui) , e degli indebitamenti (pesanti) di qualche grande elettore oltre che di molti club delle varie leghe?