Sono passati appena tre mesi dall’insediamento a Firenze: i rapporti tra il numero uno della Lega Pro Matteo Marani e il presidente federale Gabriele Gravina pare siano già ai verbi difettivi. Telefono caldo, caldissimo. A tal punto che – si racconta – lo sponsor Gravina abbia messo lo sponsorizzato Marani sull’attenti. E sulla soglia: sei qui grazie a me, sono io il presidente, devi prima consultarti con me, non puoi prendere iniziative senza attenerti al dettato federale che è fatto di norme, così come ti ho voluto così posso farti mandare via. Pare che Marani non l’abbia presa benissimo, pare fosse convinto di poter incidere profondamente sul tessuto del terzo campionato italiano, una lega che aspetta da anni riforme e da un paio almeno l’inglobamento in una divisione semi-professionistica. Rapporti in fibrillazione, tesi, magari deteriorati anche da certi segnali di disturbo milanesi. Gravina pare non abbia gradito molto un certo movimentismo di Marani con la Lega di serie A: a Milano il presidente federale non ha molti proseliti.
Pare sospetti un piano comune d’azione, soprattutto pare non abbia gradito le insistenze della serie A sulle seconde squadre: gli incontri tra Lorenzo Casini e Marani (che aveva già parlato con Balata della Lega B), le dichiarazioni dell’uno e dell’altro, le fughe in avanti. Troppo in avanti. È su questo punto che pare si sia consumato lo scontro più cruento (sul tavolo ci sono anche altre questioni, non ultima trovare budget e ruolo preciso a Bedin che intanto ha firmato una consulenza di tre mesi) e sul quale per ora il punto pare l’abbia messo l’ultimo consiglio federale. Il punto è: l’ammissione (e l’iscrizione) delle seconde squadre di serie A al prossimo campionato di Lega Pro. Così il comunicato stampa dell’ultimo consiglio federale: “In apertura di discussione il presidente federale ha riconosciuto come questo tema sia diventato un’esigenza condivisa del sistema e ha promosso un confronto diretto con le stesse società di A interessate per affrontare l’argomento sulla riforma complessiva delle norme attualmente in vigore però ci si dovrà necessariamente aggiornare a valle di una successiva delibera assembleare della Lega Pro che consenta il sovrannumero in serie C. Di conseguenza resta valida la normativa attualmente in vigore che prevede l’alternanza nei possibili ripescaggi”. In quell’avversativo – “però” – nella sottolineatura sulla paternità dell’iniziativa – “ha promosso un confronto diretto” e sull’iter – “a valle di una successiva” – si evidenzia il tema dello scontro.
La fuga in avanti, i contatti, lo scontro. E sì, perché il tema è questo: la Lega di serie A, spinta da alcuni club pronti ad imitare il percorso scelto anni fa dalla Juventus, hanno ripreso in considerazione un tema dimenticato e in passato snobbato: dotarsi di una seconda squadra che possa forgiare i talenti del domani, pronti per essere poi immessi in prima squadra oppure da valorizzare per poi essere ceduti in scambi di mercato superando così le forche delle plusvalenze “fittizie”. Una decisione varata nel 2018 dalla Figc cui aveva aderito però solo la Juventus. Il tema è tornato prepotentemente d’attualità (anche per i risultati ottenuti dal club bianconero che in prima squadra ha portato Fagioli, Miretti e altri), alcuni club di A spingono per iscriversi già per la prossima stagione agonistica. I club interessati al progetto sarebbero il Milan, il Monza, il Sassuolo, la Fiorentina, l’Udinese; forse anche Inter e Torino, si sussurra la Roma e si narra dell’Atalanta. Almeno cinque club comunque, oltre la Juve Next Gen. I club hanno però bisogno di programmare, di avere risposte in tempi rapidi: non c’è molto tempo ma d’altra parte bisogna creare le condizioni affinché possano iscriversi. Innanzitutto, c’è bisogno che ci sia il posto. Come fare, visto che attualmente l’organico della Lega Pro, divisa in tre gironi, è di 60 squadre? Arrivare a 66 bypassando il format è strada impraticabile perché c’è da tener conto dell’articolo 49 delle Noif. Per questo bisogna passare attraverso il dettato federale e arrivarci dopo una delibera dell’assemblea straordinaria della Lega Pro, cambio che se approvato dovrebbe poi essere messo ai voti. E ancora: poiché i gironi sono tre, le sei seconde squadre ammesse dovrebbero essere divise in tre gironi. Delle candidate non c’è nessuna del Sud, solo una del Centro: chi accetterebbe di iscriversi nel girone meridionale di Lega Pro? E ancora: i club che iscrivono le seconde squadre non hanno diritto ai contributi federali però, al momento, devono versare 1,2 milioni come tassa d’iscrizione. Tanto paga la Juventus: una cifra che è parte sostanziosa dell’intero budget del campionato. Le seconde squadre di A vorrebbero iscriversi ma non tassarsi per 1,2 milioni di euro. Chi decide a quanto fissare la tassa? E poi: quanti italiani dovrebbero esserci nelle rose delle seconde squadre visto che in quelle di molte Primavere sono presenti tanti stranieri? Domande stringenti che si legano ai tempi, sempre più stretti: si è ormai a maggio e le società avrebbero bisogno di sapere, programmare, decidere. Forse è già troppo tardi, forse i dilemmi saranno rimandati. Quando, quante squadre, quale tassa, quale girone? Domande, troppe.
Per risolvere la questione, a marzo la Lega A aveva avviato contatti con Marani, ricevendo disponibilità a discutere su modalità e tempi, in tempi ristretti. I club chiedevano poi (o chiedono ancora?) che sia automatico il via libera all’iscrizione di una seconda squadra in Lega Pro, senza cioè necessità di attendere il completamento dell’organico delle squadre di C a luglio per capire se ci siano “vuoti” da riempire. Un passo considerato troppo in avanti dalla Figc sentitasi scavalcata, un passo stoppato in attesa della riforma, del deliberato assembleare. Gravina pare abbia sentito puzza di bruciato, aria d’inciucio e pasticcio tra Lega A e Lega Pro; ha stoppato il passo troppo in avanti e ha avvertito Marani, l’ha pregato di studiare più a fondo le norme: bisogna fare prima la riforma. Marani pare abbia incassato.
Le dichiarazioni. Del resto il piano inclinato e il dietrofront lo si riscontra nelle dichiarazioni dei protagonisti. Appena qualche giorno fa Marani aveva detto in un’intervista ai microfoni di una tv irpina: «Le seconde squadre dal prossimo anno? Credo che una riforma necessiti di una proposta complessiva, altrimenti rischia di essere una cosa solo teorica. Credo che debba essere una riforma di sistema e non solo per la serie C, ma bisogna farla con tutte le leghe, non solo insieme alla serie B». Parole dai contenuti ben diversi se rapportati a quelli di un mese fa, prima cioè dell’ultimo consiglio federale, e seguiti ai continui incontri con la Lega A andata in pressing asfissiante. «In questi ultimi giorni si sta muovendo qualcosa, leggo interviste di interesse di altri club di serie A. È un processo lungo il progetto delle seconde squadre. È una risorsa importante se usata nel modo giusto, deve aiutare a trovare giovani, costruire serbatoi», aveva detto al tempo Marani. E Casini, nel corso di un intervento a Radio Rai, di lì a poche ore: «Sulle seconde squadre come serie A abbiamo fatto uno studio per presentare delle modifiche alla Figc che possano aiutare le squadre a metterle in campo. Abbiamo parlato con i vertici di Lega B e Lega Pro e ora puntiamo a cambiare il regolamento per dare la possibilità a più squadre di avere rose in Lega Pro». A sintetizzare il pensiero dei club interessati, ecco Joe Barone della Fiorentina: «Stiamo lavorando in Lega e in Federazione per le seconde squadre che sono un elemento importante per valorizzare i giocatori del settore giovanile, ma abbiamo bisogno dell’aiuto della Lega Pro perché ovviamente questa cosa ha dei costi».
Lo stop di Gravina, il convegno con Agnelli. Rinviato l’inizio dei playoff e playout (si è partiti in ritardo, del resto anche l’avvio del torneo era stato congelato in estate per la vicenda Campobasso) per via dei processi sportivi su inadempienze di alcune società, la Lega Pro deve anche fare i conti con la situazione economica di molti club. Quanti riusciranno a iscriversi? Quanti resisteranno? Quanti i vuoti da riempire con i ripescaggi? Come definire la graduatoria delle domande d’ammissione, quali i criteri? E così, mentre Marani idealizza, studia e teorizza («le seconde squadre? Sono prevalentemente favorevole. Bisogna capire quale modello seguire, esempi: quello tedesco, dove non possono essere promosse, o il modello francese, dove sono solo tra i dilettanti e non tra i professionisti. Oppure quello spagnolo, dove ci sono anche squadre in seconda divisione»), in concreto si attende la fine dei playoff e poi gli eventuali buchi, a luglio. Adesso no, non c’è tempo per cambiare il format. Si resta a 60. Troppo tardi per i club di A? Chissà. Dopo aver stoppato Marani, Gravina qualche giorno fa il suo punto l’ha messo così. «Modificare oggi l’assetto della Lega Pro non è possibile. Sulla riforma complessiva delle norme attualmente in vigore ci si dovrà necessariamente aggiornare a valle di una successiva delibera assembleare della Lega Pro che consenta il sovrannumero in C perché l’articolo 49 va modificato e serve un consenso della Lega. Servono assemblee e i tempi sono lunghi, abbiamo consentito che in caso di ripescaggio la prima squadra a essere ripescata sarà sempre una seconda squadra».
Quindi, i club di serie A interessati dovranno mettersi in lista d’attesa. Tutto sospeso. Rinviato. Eppure a dicembre, appena qualche ora prima che si scatenasse la nuova bufera sulla Juventus, il presidente Gravina ospite a Torino di Andrea Agnelli che aveva organizzato un convegno sulle seconde squadre, aveva detto complimentandosi con i bianconeri: «Il progetto seconde squadre fa bene alla Nazionale e anche alla Juventus. Basti pensare che la società bianconera ha schierato nella seconda squadra 97 giocatori e il 28% ha già esordito in prima squadra. Il progetto è stato visionato in maniera frettolosa, non approfondita, mentre è sotto gli occhi di tutti che una società che ha creduto in quel progetto ha effetti positivi, importanti a livello di sistema del calcio italiano». Aveva poi messo fretta agli altri club di A, scadenzando tempi stretti, precisi, ultimativi: «Questo non è più il momento delle discussioni, noi se vogliamo essere seri, sul tema delle seconde squadre, se vogliamo mettere il mondo del calcio, e mi riferisco al calcio d’élite, nelle condizioni di poter decidere in tempi rapidi, entro 60 giorni dobbiamo dare i termini per poter aderire al progetto. Se rinviamo questo tipo di possibilità e lo comunichiamo a maggio-giugno stiamo dicendo “non vogliamo le seconde squadre”. Mi auguro entro il 19 dicembre, in cui c’è consiglio federale, possano esserci i nuovi termini per aprire il mondo delle seconde squadre». Dal 19 dicembre di acqua ne è caduta sotto i ponti. Sono passati sei mesi. Anche il progetto delle seconde squadre resta imprigionato nel tunnel di ritardi e inefficienze.